Keywords
Apocryphal Literature, Gospel of Nicodemus, Polish Medieval Literature
Una parte cospicua della letteratura apocrifa medievale polacca è pervenuta fino ai giorni nostri in un codice assemblato nel 1544 da un altrimenti ignoto per noi Laurentius, originario del villaggio di Lask, nella Polonia centrale. I testi tràditi da quel codice sono copie di antigrafi risalenti all'ultimo quarto del XV secolo, nell'ordine: una traduzione- rielaborazione sulla passione di Cristo (Sprawa chedoga o mece Pana Chrystusowej), seguita dalla traduzione di una parte del Vangelo di Nicodemo (vale dire la parte finale delle Gesta Pilati e la Descensus ad inferos, seguita dalla lettera di Pilato all'imperatore Claudio), la traduzione della Historia Trium Regum di Johannes da Hildesheim (più che apocrifo, un romanzo collettore di narrazioni apocrife) e, di seguito a questa, la traduzione dell'intera prima parte del Vangelo di Nicodemo (vale a dire le Gesta Pilati).
Nel 1933 Vrtel-Wierczynski editò la "due" parti del Vangelo di Nicodemo polacco (unitamente all'altro apocrifo titolato Sprawa chedoga o mece Pana Chrystusowej), limitandosi tuttavia alla sola trascrizione del testo manoscritto [Vrtel-Wierczynski 1933] e indicando il modello prossimo della traduzione del Vangelo di Nicodemo in una stampa del testo latino, guadagnandosi con questo un aspro commento di Brückner per il quale - e a ragione - la redazione tràdita da quella stampa poco aveva a che fare con la traduzione polacca. Da allora, comunque, il codice di Laurentius - e i testi che tramanda - non è più stato studiato come pure meriterebbe, al punto che la traduzione della Historia Trium Regum è rimasta inedita. Solo cinquant'anni più tardi gli studiosi di Poznan Wydra e Rzepka, nella loro Chrestomatia staropolska (Wydra, Rzepka 1984) stamperanno brani del VN polacco nella loro trascrizione e translitterazione. Ben più ampi, invece, gli stralci del testo pubblicati alcuni anni dopo in translitterazione in una fondamentale antologia uscita dalla stessa "scuola" di Poznan (Rzepka, Wydra 1996: 335-344).
La nuova edizione, critica, per la Series Apocryphorum1 è aperta una parte introduttiva (in inglese, così come in inglese è il commento): dapprima una introduzione di Izydorczyk dedicata alla tradizione latina del Vangelo di Nicodemo e all'analisi dei luoghi capitali del manoscritto latino 1509 della Biblioteca Jagellonica di Cracovia, conclusa da opportune osservazioni sulla lingua e sullo stile del copista. Segue l'introduzione di Wydra, che si occupa invece della traduzione polacca. Quindi una accurata edizione dei due testi, su pagine affiancate (il volume è in quarto), che allinea la trascrizione del testo polacco, la sua traduzione in inglese, la translitterazione del testo polacco, approntata da Wydra e Rzepka2, e il testo latino del manoscritto 1509 (da segnalare, un palese refuso nell'edizione: cricifigatur (p. 49, 4.4), invece di crucifigatur : "[...] nos uolumus ut c(ru)cifigatur [...]", così si legge senza incertezze la parola, abbreviata, nel manoscritto, f. 90v, 7). In calce, l'apparato di note. La maggior parte del volume è occupata dalle concordanze del testo polacco, un lavoro imponente basato sul testo in trascrizione e che rende conto dell'intero contesto in cui occorrono i vocaboli; dall'indice di frequenza delle parole del testo polacco e, analogamente le conconcordanze e l'indice di frequenza del testo latino. In chiusura, un accuratissimo indice polacco-latino delle corrispondenze, potente strumento per ricerche lessicografiche.
Diciamo subito, che questa edizione costituisce un punto di svolta non solo per gli studi sul VN polacco, ma altrettanto per quelli sul VN latino.
Il medievista polacco Izydorczyk (che lavora nell'Università di Winnipeg), ben orientandosi nella intricata tradizione testuale di VN che da anni costituisce il fulcro delle sue ricerche (ricorderemo almeno Izydorczyk 1993 e 1997), enuclea nell'ambito della tradizione nota di VN una redazione che definisce "boema", misto della redazione A e B di VN, attestata da alcuni manoscritti disseminati tra Austria, Boemia e Polonia (p. 18), tra cui appunto il manoscritto 1509 della Biblioteca Jagellonica di Cracovia qui edito. In questo manoscritto, Izydorczyk individua con sicurezza tutta una serie di lezioni non attestate, o solo alcune attestate debolmente, dalle redazioni note di VN. Lo studioso argomenta convincentemente come quelle lezioni siano traccia di una redazione riconducibile alla più antica tradizione testuale latina di VN - vale a dire quella rappresentata oggi dal palinsesto di Vienna (VPal) del V secolo - affondandovi anzi le radici "in some instances deeper, perhaps, than Vpal itself " (p. 24). Una redazione dunque conservata in periferia, trasferita in Europa Centrale forse da studenti che ritornavano dalle università dell'Italia settentrionale.
Wydra a sua volta, con indiscutibile perizia fornisce dapprima - e per la prima volta in maniera così accurata - una descrizione fisica del codice di Laurentius da Lask. Se nulla di nuovo poi può aggiungere sul copista Laurentius, rettifica però autorevolmente con stringenti argomentazioni le precedenti ipotesi sul possessore (o sui possessori) del codice, pur dovendo constatare che la questione della committenza rimane ancora non risolta in via definitiva. Ed è questione non irrilevante, aggiungiamo, dacché questo imponente codice tipicamente medievale per contenuti nasce in Polonia quando altrove fioriva da lunga pezza l'Umanesimo (sarà il caso di rammentare che quanto alla periodizzazione della letteratura polacca, la data, sia pur in certa misura convenzionale, dell'inizio del Rinascimento viene fissata all'anno 1543). Segue quindi un'analisi approfondita dei "due" Vangeli di Nicodemo polacchi tràditi dal codice. Wydra dimostra inconfutabilmente come si tratti di due differenti traduzioni polacche esemplate a partire da antigrafi latini che tramandavano due diverse redazioni di VN e che, per quanto riguarda il VN che segue la traduzione della Historia Trium Regum, "the Latin model from which it was translated" è lo stesso che "survives in the Kraków manuscript". Vale a dire quello edito in questo volume. Per evitare ulteriori confusioni, lo indicheremo d'ora in avanti come Gesta Pilati3. Wydra dissipa così un equivoco che dai tempi della scoperta del codice di Laurentius ha accompagnato i pochi, in verità, lavori ad esso dedicati (sostanzialmente Brückner e Vrtel-Wierczynski), vale a dire il tentativo di spiegare la presenza di due VN parziali e separati (si veda quanto sopra sulla composizione del codice) ipotizzando - ma senza badare neanche alle evidenti differenze linguistiche, stilistiche e testuali dei due VN - un ripensamento di Laurentius, che avrebbe inserito successivamente la parte iniziale di VN alla fine del codice.
L'edizione di Gesta Pilati polacco è anche occasione, per Wydra, di rettificare alcune soluzioni scelte per la citata pubblicazione antologica (Rzepka, Wydra 1996), vuoi per quanto riguarda la translitterazione4, vuoi per emendamenti congetturali apportati allora al testo polacco in assenza di un confronto con il testo latino, p. es. "Prokula do niego rzek<l>ac" (Rzepka, Wydra 1996), ma "Prokula <przyslala> do niego rzekac" (ed. Brepols, p. 53), là dove risulta evidente la caduta di un verbo o nell'esemplare latino o in quello polacco: "Procula misit ad eum dicens" (peraltro Wydra cita in nota la congettura operata a suo tempo, ma come possibilità da escudere. Comunque, il manoscritto 1509 attesta la lezione "misit").
Un luogo rimasto non spiegato, e arduo da spiegare nella traduzione polacca è l'indicazione del mese della passione di Cristo: "ksiezyca stojaczki", vale a dire agosto. Se nel commento allo stralcio antologizzato Wydra ipotizzava che il copista avesse tralasciato di scrivere il nome del mese (marzo), appoggiandosi a Brückner, per il quale "stojaczki" veniva aggiunto al nome del mese (Rzepka, Wydra 1996: 336, n. 4), nell'edizione Brepols deve convenire che "the translator uses this word vis-à-vis Latin April, and the reason [...] is not clear (p. 44, n. 1). Peraltro è il caso di aggiungere che questa denominazione del mese occorre ancora una volta nello stesso codice, nella traduzione inedita della Historia Trium Regum, come glossa (ci pare evidente) al nome latino: "[...] nie na ktorych [scil.: na niektorych] miescach gornych Augusti ksiezyca stojaczki snieg bywa5 nalezion [...]" che traduce, malamente, il latino: "[...] in aliquibus locis in montanis in mense augusti nix reperitur [...]"(170v).
Che la traduzione polacca di Gesta Pilati sia riconducibile alla redazione tràdita dal manoscritto 1509 della Jagellonica è fuor di dubbio. Segue parola dopo parola il dettato del testo latino, ma diversi scarti da quello escludono, e ben lo notano gli editori, che l'anonimo traduttore avesse sotto gli occhi proprio il manoscritto 1509. In realtà, esiste un altro manoscritto latino che tramanda la stessa redazione del 1509, conservato nell'Accademia Polacca delle Scienze di Cracovia, ma sfuggito alla pur accurata bibliografia approntata dallo stesso Izydorczyk (Izydorczyk 1993), accidente comune per qualsivoglia repertorio bibliografico che non toglie certo valore all'impresa del medievista polacco. Per colmo di sfortuna quel codice contiene due Vangeli di Nicodemo. Si tratta del codice 1713 (lo individueremo come PAU 1713), già ben conosciuto, che ai ff. 228v-235r tramanda appunto le Gesta Pilati nella stessa redazione del ms 15096. Di seguito, ancora una narrazione su Pilato (incipit: "Regibus olim in artibus liberalibus eruditis")7, quindi ai ff. 312r-323v il Vangelo di Nicodemo nella redazione "canonica" (dunque Gesta Pilati e Descensus, incipit: "Factum est in anno nonodecimo Tybery cesaris... Pylato tunc tenente Iudeam...").
Tuttavia è altrettanto chiaro che neanche il testo di Gesta Pilati tràdito da questo manoscritto sta alla base della traduzione polacca. Non poche lezioni indicano inequivocabilmente che essa si accorda ora con il manoscritto 1509, ora con PAU 1713, che talora, ma non sempre, tramanda la lezione corretta.
Si veda, ad esempio, uno tra i passi che gli editori commentano per rilevare come il testo latino tràdito da 1509 abbia evidentemente "perso" una lezione: "[...] venerunt viri a Galilea, viri mendacium odientes Deum et narrauerunt [...]" (p. 81, 15.1), seguito alla lettera dalla traduzione polacca: "[...] przyszli mezewie z Galile<j>ej, mezewie nieprawdy, nienajrzacy Boga, i powiadali [...]" (ibid.), giustamente rilevato dagli editori ("The latin text has probably lost the word "timentes" before or after "Deum" and the Polish translation reflects the same fault [...]", p. 80, n. 1), là dove PAU 1713 tramanda "[...] venerunt viri a galilea viri me(n)daciu(m) odientes deum time(n)tes et narrauerunt [...]" (233r), chiarendo così la corretta scansione del periodo ("mendacium odientes, Deum timentes"). Poco oltre, 1509 tramanda: "Et nullum vestrum interrogauit [...]" (p. 81, 15.1) a fronte di una traduzione "Zadny z nas nie pytal [...]" (ibid.), che l'editore adduce a un errato scioglimento "of an abbreviated form of the Latin pronoun" (p. 80, n. 2). Non è qui questione di abbreviazione (vrm (urm): vestrum (uestrum) / nrm: nostrum): in 1509 si legge senza fallo v(est)r(u)m, ma la lezione corrispondente di PAU 1713 non mi pare onestamente risolvibile non già a motivo dell'abbreviazione, quanto perché in quel manoscritto i ductus della "n" e della "u" sono eguali: "Et nullus u(est)r(u)m [n(ost)r(u)m?] scit [...]" (233r). Alla base della traduzione polacca potrebbe effettivamente esserci una siffatta confusione paleografica, ma è pure evidente che la traduzione segue 1509 nella forma verbale (interrogauit/pytal). Subito dopo, però, la traduzione polacca legge "Ale, jako nas naucza Pismo Swiete [...]" (p. 81, 15.1), a fronte di 1509 "Sed si<cut> [così integrano gli editori; PAU 1713 forse consiglierebbe altrimenti] docet Scriptura Sancta [...]" (ibid.), mentre PAU 1713 legge "Sed sic docet nos sc(ri)ptura s(an)cta [...]" (233r).
A collazionare, al momento in maniera provvisoria, i tre testimoni balzano subito agli occhi anche errori congiuntivi tra 1509 e PAU 1713, ma disgiuntivi rispetto alla traduzione polacca: "[...] nichil enim dignum mortis invenietis in curacione Sabbati" (1509, p. 57, 4.2; PAU 1713, f. 230r), a fronte del polacco "[...] zadnej rzeczy nie nalazuje w tem czlowiecze, dla ktorej by byl dostojen smierci [...]"; escluderemmo, senza remore, che il traduttore abbia corretto per conto proprio una seconda persona plurale (invenietis) con la prima persona singolare (nie nalazuje), che è la lezione giusta ("The 2nd person plural form invenietis [...] is apparently unique in the latin tradition. The source text of the Polish translation must have had the 1st person singular, as do the majority of LatA and LatB manuscript", commentano gli editori, p. 57, n. 5) . A meno che, certo, non sia stato proprio il traduttore ad utilizzare, accanto a un antigrafo da cui discendono 1509 e PAU 1713 portatori di quell'errore, un altro testimone che tramandava la lezione corretta. O che, altrettanto ipotizzabile, la correzione nella traduzione non sia dovuta alla mano del copista-revisore Laurentius. Ben si vede, oltretutto, che il passo polacco è rimaneggiato. Tutte ipotesi che al momento rimangono tali, fintanto che non si proceda a una collazione dei testimoni. Lo sottolineiamo qui, perché non è ancora stato chiarito l'effettivo ruolo svolto da Laurentius nel corso della copiatura e assemblaggio del codice.
Di seguito, qualche esempio di accordo tra traduzione polacca e PAU 1713 contro 1509: "[...] A tedy rzekl Pilat Zydom: 'Powiedzcie wy mnie, jako ja to mam udzialac [...]" (p. 47, 1.2), che traduce "[...] Tunc dixit Pilatus Iudeis dicite michi quo(modo) [...]" (PAU 1713, 229r), a fronte di 1509 "[...] Tunc dixit Pylatus Iudeis: 'Quomodo [...]" (p. 47, 1.2), ma il resto della frase, in cui il copista di PAU pasticcia alquanto, avrebbe bisogno di un commento più lungo; più oltre: "[...] Prawde jego niechaj wezmie [...] (p. 63, 5.2), che traduce "[...] veritatem eius accipiat [...] (PAU 1713, 230v), mentre 1509 legge: [...] Veritatem accipiat [...]" (p. 63, 5.2); o ancora "[...] aby ji przywiedli ksiazetom i starszym urzedownikom zydowskim [...]"(p. 73, 13.1), che traduce "[...] ut eum p(rese)ntarent p(ri)ncipibus et senioribus Iudeorum [...]" (PAU 1713, 232r), contro 1509: "[...] ut eum presentarent principibus senioribus Iudeorum [...]" (p. 73, 13.1); e poco oltre: "[...] Jozef, ktory prosil ciala Jezuzowego, jakoscie ji wsadzili w ciemnice i zamkneli, i jeszczescie zapieczetkowali uliczke [...]" (p. 75, 13.3), che traduce "[...] Joseph qui pecyt corpus Ih(e)(s)u inclusistis et incarce(r)astis claudentes et signantes ianua(m) [...]" (PAU 1713, 232v), contro 1509 : "[...] Ioseph qui pecijt corpus Ihesu inclusistis, incarcerastis, et signantes ianuam [...]" (p. 74, 13.3).
Non è questo il luogo per entrare in ulteriori dettagli commentando tutta una serie di passi8, ma sarà opportuno almeno indicare un altro elemento per nulla irrilevante al fine di ricostruire le vicende della traduzione polacca di Gesta Pilati, integrando qui una acuta osservazione di Wydra. Ha ben ragione il filologo medievista di Poznan quando ipotizza, di passaggio e in nota (p. 37, n. 2), che il traduttore di Gesta Pilati possa aver seguito una successione di testi già ordinati sequenzialmente in un manoscritto latino, visto che in 1509 le Gesta Pilati seguono la Historia Trium Regum esattamente come nel codice assemblato da Laurentius da Lask e, aggiungiamo noi, come in PAU 1713, traducendo cioè subito dopo la Historia Trium Regum le Gesta Pilati che la seguivano. L'ipotesi di Wydra può essere trasformata in certezza, dacché è altrettanto fuor di dubbio che, per quanto riguarda sia la Historia Trium Regum, sia le Gesta Pilati, diversi errori significativi condivisi dai rispettivi testimoni permettono di raggruppare sotto un unico ramo il manoscritto 1509, PAU 1713 e le relative traduzioni polacche. Resta tuttavia da chiarire l'oscillazione della traduzione polacca di Gesta Pilati tra il dettato di 1509 e quello di PAU 1713, circostanza che indurrebbe a supporre, come via d'uscita più ovvia, di essere in presenza, anche in questo gruppo, ma solo per Gesta Pilati, di una tradizione contaminata. La collazione e la disamina delle lezioni dei tre testimoni (tali vanno considerate anche le traduzioni polacche in quanto tradizione secondaria), dovrebbe poter chiarire la questione.
Il lavoro di Izydorczyk e Wydra schiude così nuove prospettive nello studio della tradizione del Vangelo di Nicodemo e della sua fortuna nella cultura latina e volgare della Polonia medievale.
Abstract
Marcello Piacentini
An Important Contribution to the Studies on Apocryphal Literature. The Gospel of Nicodemus in Poland: Latin Textual Tradition and Polish Translation
The critical edition of Gesta Pilati in the Polish translation, which was edited together with a Latin text of this famous account, is one of the most important outcomes for studies on apocryphal literature. Medievalist scholar Zbigniew Izydorczk points out that the 1509 Latin manuscript kept in the Jagellonian Library reflects the traces of the earliest Latin translation of this account. Polish philologist Wieslaw Wydra demonstrates that the Polish translation dating back to the end of XV Century derives from the same redaction of the Latin text handed down by the 1509 manuscript. Yet some differences suggest that the 1509 manuscript is not the direct antigraph of the translation. Indeed there exists another witness (PAU 1713) which belongs to the same family as the 1509. The Polish translation clearly agrees partly with the 1509 one, partly with the PAU 1713 one.
1 A Gospel of Nicodemus Preserved in Poland, Introduction and Notes by Zbigniew Izydorczyk and Wieslaw Wydra, Polish Version from the Codex of Laurentius of Lask edited by Wieslaw Wydra, Latin Version from Kraków, Biblioteka Jagiellonska MS 1509 edited by Zbigniew Izydorczyk Brepols Publishers, Turnhout 2007 (= Corpus Christianorum. Series Apocryphorum phorum. Instrumenta, 2), pp. 429.
2 Il sodalizio tra Wojciech Ryszard Rzepka e Wieslaw Wydra ha fruttato risultati tra i maggiori per la filologia medievale polacca. È durato fino alla tragica improvvisa scomparsa di Rzepka, il 21 novembre 2008. Tre anni prima aveva ricevuto l'omaggio dei suoi colleghi per il sessantacinquesimo compleanno (Migdal 2005). Il suo nome figura solo nell'indice del volume di Brepols, è giusto e doveroso ricordarlo in questa sede.
3 Ché di quelle si tratta. Seguiamo qui quanto stabilito da Tischendorf 1876.
4 Impossibile, in questa sede, addentrarsi nei problemi posti dalla translitterazione, vale a dire interpretazione, della grafia anticopolacca complicata dall'assenza pressoché totale di una norma grafica.
5 Nel ms.: niebywa, da emendare in bywa.
6 Di recente il codice è stato nuovamente descritto da Kaliszuk (Kaliszuk 2005: 82-85) che forse per una svista titola con una certa imprecisione il testo vergato ai ff. 228v-235r come "De morte Pilati (= Evangelium Nicodemi pars I)".
7 Si tratta della narrazione altrove intitolata "De ortu, vita et fine pylati, de veronica, et destructione iudeorum et subversione ierusalem" (o anche "Vita Pilati", e altre varianti). La narrazione sulla morte di Pilato, secondo l'edizione di Tischendorf (che la titola Mors Pilati qui Iesum condemnavit) inizia: "Cum autem Tiberius Caesar Romanorum imperator gravi morbo teneretur..." (Tischendorf 1876: 456).
8 Ne discutiamo, ancorché ancora parzialmente, in un articolo in corso di stampa, al quale ci permettiamo di rinviare (Piacentini 2011).
Bibliografia
Izydorczyk 1993: Z. Izydorczyk, Manuscripts of the 'Evangelium Nicodemi'. A Census, Toronto 1993 (= Pontifical Institute of Medieval Studies. Subsidia Medievalia, 21).
Izydorczyk 1997: Z. Izydorczyk (a cura di), The Medieval Gospel of Nicodemus. Texts, Intertexts, and Contexts in Western Europe, Tempe (Arizona) 1997 (= Medieval & Renaissance Texts & Studies).
Kaliszuk 2005: J. Kaliszuk, Medrcy ze wschodu. Legenda i kult Trzech Króli w sredniowiecznej Polsce, Warszawa 2005.
Migdal 2005: J. Migdal (a cura di), Ad perpetuam rei memoriam. Profesorowi Wojciechowi Ryszardowi Rzepce z okazji 65. urodzin, Poznan 2005.
Piacentini 2011: M. Piacentini, Tradizione latina e traduzione polacca della "Historia Trium Regum". Questioni testuali preliminari, in: A. Mingati, D. Cavaion, C. Criveller (a cura di), Uomini, opere e idee tra Occidente europeo e mondo slavo. Scritti offerti a Marialuisa Ferrazzi, Trento 2011 (in corso di stampa).
Rzepka, Wydra 1996: W.R. Rzepka, W. Wydra (a cura di), Caly swiat nie pomiescilby ksiag. Staropolskie opowiesci i przekazy apokryficzne, introduzione di M. Adamczyk, Warszawa-Poznan 1996.
Tischendorf 1876: C. De Tischendorf, Evangelia Apocrypha, adhibitis plurimis codicibus Graecis et Latinis ... editio altera, Leipzig 1876.
Vrtel-Wierczynski 1933: S. Vrtel-Wierczynski (a cura di), Sprawa chedoga o mece Pana Chrystusowej i Ewangelja Nikodema, Poznan 1933.
Wydra, Rzepka 1984: W. Wydra, W.R. Rzepka, Chrestomatia staropolska. Teksty do roku 1543, Wroclaw-Warszawa-Kraków 1984 (19952).
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Copyright Firenze University Press 2011
Abstract
The critical edition of Gesta Pilati in the Polish translation, which was edited together with a Latin text of this famous account, is one of the most important outcomes for studies on apocryphal literature. Medievalist scholar Zbigniew Izydorczk points out that the 1509 Latin manuscript kept in the Jagellonian Library reflects the traces of the earliest Latin translation of this account. Polish philologist Wieslaw Wydra demonstrates that the Polish translation dating back to the end of XV Century derives from the same redaction of the Latin text handed down by the 1509 manuscript. Yet some differences suggest that the 1509 manuscript is not the direct antigraph of the translation. Indeed there exists another witness (PAU 1713) which belongs to the same family as the 1509. The Polish translation clearly agrees partly with the 1509 one, partly with the PAU 1713 one. [PUBLICATION ABSTRACT]
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