Keywords: prigionieri di guerra, schiave, prostitute, etere; prisoners of war, slaves, prostitutes, courtesans.
Laide. Una, due o tre donne?
Le fonti antiche accennano più volte ad un'etera di nome Laide. Una "cortigiana" di grande bellezza e successo e, in gioventù, di brillanti frequentazioni erotiche e sociali. Sotto quel nome di probabile origine semitica, nome diffuso e "parlante" che forse significa leonessa e ne evoca la lussuria, la critica è orientata a distinguere due etere se non di più.1 La prima, la più anziana, sarebbe stata un'etera corinzia nota per la brillante querelle sostenuta con Euripide.2 Ricordata da Aristofane nel Pluto,3 Strattide ne I Macedoni o Pausania,4 Teofilo nell'Amante del flauto5 e Anassandride nella Pazzia senile,6 oltre che da Lisia nell'orazione Contro Laide,7 sarebbe stata visitata in sogno da Afrodite Melainis8 e soprannominata axine, cioè "ascia", per il caratte- re selvaggio e l'esosità imposta agli stranieri di passaggio.9 Avrebbe frequentato il cinico Diogene, Aristippo il cirenaico10 e l'atleta Eubatas,11 prima di essere crudelmente canzonata per il triste declino dal comico Epicrate nell'Antilaide.12 Sarebbe infine morta durante un amplesso, binoumene, a detta di Filetero nella Cacciatrice,13 oppure soffocata da un nocciolo d'oliva,14 per trovare infine sepoltura a Corinto.15 La seconda Laide, originaria invece di Iccara, in Sicilia, e venduta a Corinto al tempo del sacco di Nicia, nel 415, all'età di sette anni, sarebbe nata, di conseguenza, nel o intorno al 422 e forse morta prima del 392, prima cioè della rappresentazione del Faone di Platone comico che la ricorda al passato.16 Figlia di Timandra (o Damasandra, probabile soprannome per «colei che doma gli uomini», una delle etere che accompagnarono Alcibiade nell'ultimo viaggio in Frigia), donna anch'essa di grande notorietà, avrebbe lasciato Corinto per la Tessaglia, al seguito di un uomo. Uccisa da un gruppo di donne gelose nel tempio di Afrodite, sarebbe stata sepolta nella valle del Peneo.17 La terza Laide, "fiorita" verso la metà del IV secolo, sarebbe stata altrettanto se non più celebre, forse iniziata dal pittore Apelle e frequentata invano da un frustrato, e rinunciatario, Demostene. E, infine, impegnata in un'accesa rivalità con la coetanea Frine.18
Le fonti antiche sono incerte e soprattutto confuse sull'attribuzione dei dettagli biografici. Tutte, ad esclusione di una, riferiscono le testimonianze ad un'unica etera di nome "Laide": alcune duplicano il singolo particolare, attribuendolo alla prima o alla seconda Laide, quando non a "Laide" e ad altre cortigiane, come Frine o la più giovane Aspasia. Ateneo, o meglio la sua fonte, è consapevole dell'esistenza storica di almeno due etere omonime, quando accenna alla più giovane delle due, la figlia di Timandra (13, 574e neotera). I moderni sono a loro volta discordi sulle testimonianze biografiche da attribuire all'una o all'altra, oppure alla terza etera. Nel Dictionnaire historique et critique del 1695-1697, Pierre Bayle, autore del sontuoso e dettagliatissimo articolo Laïs, uno dei saggi più informati dedicato all'etera, riferiva tutte le testimonianze antiche ad una sola Laide: le contraddizioni esibite dalle fonti antiche, ed in particolare l'impossibile sincronismo tra l'etera nata nel 422 ed i più tardi Apelle e Demostene, attivi nella seconda metà del IV secolo, lo inducevano però ad ipotizzare una seconda, se non una terza cortigiana omonima. 19 Ancora nel 1922, Giuseppe Capovilla tentava di armonizzare le incoerenze cronologiche, sostenendo l'esistenza storica di una sola etera ma, due anni dopo, Fritz Geyer tornava all'ipotesi della triplicazione del personaggio.20 Un'ipotesi, questa, che non è stata seguita né da Karl Holzinger o da Giuseppe Schiassi, tra il 1940 ed il 1951,21 né da Hans Volkmann22 o da Meret Strothmann,23 tra il 1979 ed il 1999, e neppure da Eleonora Cavallini, nel 1999,24 ma solo nel 2001, da Maria Luisa Gambato.25 Per tutti gli altri, le testimonianze superstiti potrebbero riferirsi a due etere omonime: la Laide di Iccara, nata nel 422, e l'etera più giovane, "fiorita" dopo la metà del IV secolo. Tutti i sostenitori dell'esistenza storica di più etere omonime hanno tentato l'attribuzione puntuale delle singole testimonianze. Questa opera- zione si rivela però razionalistica, in quanto uniforma e conferisce il carattere di dato biografico, in un certo senso oggettivo, ad attestazioni molto varie, di origine storica o geografica, ma anche teatrale, quando non di natura aneddotica, francamente di genere. Gli stessi studiosi sono divisi sui dati da attribuire ad ognuna delle due (o tre) etere.26 La necessità di ipotizzare una Laide precedente alla schiava di Iccara dipende formalmente dal passo di Ateneo appena ricordato, in cui la figlia di Timandra figura come la più giovane di due.27 La convenienza di immaginare una terza Laide è fondata, come si è detto, su ragioni squisitamente cronologiche, l'impossibilità, per la bambina catturata nel 415, di aver incontrato Apelle ancora giovanissima e di aver frequentato Demostene per una lauta mercede, quindi nel fiore degli anni. Molte delle puntuali attribuzioni sono però, a mio avviso, discutibili. Alcune sono più convincenti o almeno verosimili; altre, invece, assolutamente ipotetiche.
La difficoltà a distinguere le due o più etere omonime è dovuta a motivi cronologici, al fatto cioè che entrambe o tutte e tre siano vissute in archi temporali parzialmente coincidenti oppure non troppo distanti, ma anche al peso che il ritratto di genere ottiene nella definizione biografica di personaggi affidati in gran parte a testimonianze aneddotiche. Oltre che, naturalmente, sovrapponibili, per cui vicende simili vengono attribuite indifferentemente ad una qualsiasi delle tre etere, sacrificando nei fatti la storicità dei personaggi. La prigioniera di Iccara e la più giovane Laide conoscono una dura iniziazione, illustrata da pochissimi chiarimenti; tutte e tre frequentano dialetticamente prestigiosi e notissimi intellettuali, con i quali si misurano, all'occasione vincendo o perdendo il certame. Un altro motivo di confusione è, come si è visto, il fatto che le fonti antiche parlino di "Laide", riferendosi generalmente ad un'unica, celebre etera. È quanto fa, ad esempio, Ateneo nel libro XIII dei Deipnosofisti, il quale dedica all'etera un nucleo biografico compatto e densissimo, due capitoli (54-55) alle pagine 588c-589c, comprimendovi molte informazioni che dovrebbero però concernere etere diverse. Parla della madrepatria di Laide, localizzandola ad Iccara; degli incontri erotici, nell'ordine, con Aristippo, Demostene e Diogene il cinico; dell'apparizione di Afrodite Melenide; della menzione che Iperide fece dell'etera e della previsione di Apelle circa il suo futuro, singolarmente paragonata ad una inesistente previsione che Socrate avrebbe formulato intorno all'etera Teodote nei Memorabili (par. 54). Ateneo prosegue tornando a disquisire di Aristippo e Diogene e le loro querelles filosofiche -eroticamente triangolate intorno alla figura di Laide- e chiudendo la rubrica, anularmente, sul motivo dell'origine dell'etera, se corinzia o siciliana, infine sulla morte violenta e la sepoltura in Tessaglia, piuttosto che a Corinto (par. 55). Le fonti qui citate sono lo storico del IV-III secolo a.C. Timeo di Tauromenio, il periegeta di età ellenistica, forse della fine del III secolo, Ninfodoro di Siracusa (che probabilmente dipendeva da Timeo),28 ed un altro periegeta del II secolo, Polemone di Ilio; la seconda orazione Contro Aristagora di Iperide; il comico della Commedia Antica Strattide, senza considerare naturalmente Senofonte, che qui figura all'interno di un'analogia, mal escerpito e citato molto probabilmente di seconda mano. Dietro gli apophthegmata di Aristippo e Diogene, e la notizia su Demostene, si intravede, tràdita direttamente o meno, una fonte storico-filosofica, probabilmente quel Sozione, peripatetico del II secolo a.C., che scrisse di Laide e del cirenaico nelle Successioni dei filosofi, ma parlava anche del rapporto tra Laide e Demostene nel Corno di Amaltea.29 Un nome primeggia tra le fonti, quello di Polemone. Nel sesto libro della Replica a Timeo, egli citava lo storico e lo correggeva quanto all'origine di Laide.30 Se infatti lo storico siciliano ne aveva affermato l'origine iccarica, e forse la cattura, nel libro XIII delle Storie che trattava della Sicilia al tempo della Guerra del Peloponneso, Polemone -che accettava il dato- precisava però i successivi spostamenti di Laide a Corinto e in Tessaglia. Timeo non era il solo a puntualizzare l'origine siciliana di Laide, e più precisamente di Iccara: lo faceva anche Ninfodoro di Siracusa, nel libro intitolato Sulle meraviglie della Sicilia, forse una sezione dei Peripli.31 Lo faceva nel IV-III secolo anche Neante di Cizico -discepolo, come Timeo, di Filisco di Mileto, a sua volta allievo di Isocrate- che però identificava nella sicana Krastos la città natale di Laide, oltre che di Epicarmo.32 E lo faceva infine la fonte di Stefano Bizantino che, in un lemma che presenta tracce di sofferenza testuale, individuava in Eucarpia la città d'origine.33 Sicuramente Polemone, autore di una Replica a Neante, conosceva il passo del ciziceno e lo confrontava con quello di Timeo. Ateneo infine, o la sua Mittelquelle, costruiva buona parte della rubrica intitolata a Laide, adunando testimonianze relative alla sua origine (oltre a Timeo, Ninfodoro e Polemone, anche il frammento 27 K.-A. di Strattide, "piegato" ad attestare l'origine corinzia della donna, dato -questo- che il comico non problematizza affatto). È possibile che la presenza di Polemone in questo contesto vada cercata al di là della doppia, identica, citazione che apre e chiude i paragrafi 54-55. Quel che pare più sicuro è che un vero e proprio interesse "biografico" per Laide nasce non prima della seconda metà del IV secolo, e poi fiorisce nel III-II secolo, in ambienti storico-periegetici. Fiorisce con una vivace querelle intorno al dato dell'origine, che «i più» dicevano comunque corinzia, come si legge nella sintesi che compare in Stefano di Bisanzio.34 Prima di questa data, Laide figura in molte citazioni comiche, dove viene ricordata la sua bellezza, l'esosità, la triste vecchiaia e perfino la morte durante un amplesso.35 Figura anche nell'erudizione che sulle citazioni comiche è fondata, dal momento che ricorre nello scritto Sulle etere, in cui Aristofane di Bisanzio registrava e spiegava i nomi delle cortigiane ricordate dagli autori comici e da Macone, e nell'esegesi dei discepoli di Callistrato, allievo a sua volta di Aristofane bizantino e autore anche lui di un saggio Sulle etere.36 In altri contesti, peripatetici, Laide compare accanto ai filosofi con i quali si accompagnò, come in alcuni passi dello storico della filosofia Sozione. Ma è solo presso le fonti storiche e periegetiche ricordate che si concretizzano e sviluppano i primi spunti di tipo biografico, con il cristallizzarsi di dati scientifici intorno alla nascita ed alla morte, ma anche agli spostamenti dell'etera, costituendo il nucleo di una biografia coerente. Questa Laide di cui si racconta in fondo tanto è non solo, in queste fonti, l'unica etera di tal nome, ma sostanzialmente corrisponde alla nostra seconda Laide, l'unica ad aver ispirato una vera e propria "biografia". Non è da escludere, naturalmente, che intorno a questo personaggio i "biografi" abbiano addensato informazioni cronologicamente incoerenti, riferendo alla prigioniera di Iccara particolari, o incontri, che a lei non potevano essere attribuiti, come ha fatto Ateneo, o la sua fonte, quando ha fuso la Laide di Polemone con l'etera di Strattide e quella di Apelle e Demostene. In altre parole, non è da escludere una forma di cristallizzazione biografica progressiva, una sorta di reductio ad unum avvenuta nel corso del tempo.
I luoghi
Le fonti antiche, soprattutto quelle periegetiche cui si deve la vera e propria "costruzione" biografica, raccolgono notizie erudite non solo intorno al luogo di nascita della famosa etera, ma anche intorno a quello di morte. Lo fanno nello stesso spirito antiquario con cui indagano su qualche celebrità del passato, spesso a partire da un monumento (funebre, oppure un tempio o altro) legato a quel nome, risalendo al suo aition, cioè raccogliendo le tradizioni epicorie che "spiegano" la ragion d'essere, la storia, l'origine del monumento stesso. All'interno della dotta querelle di cui si è parlato, Polemone di Ilio leggeva le fonti storiche e forse anche quelle comiche intorno all'origine di Laide, ma si fondava anche su altre testimonianze per discutere la doppia localizzazione funebre, a Corinto ed in Tessaglia. Autore di una periegesi, Polemone probabilmente visitava, e sicuramente descriveva, le pretese "tombe" di Laide, almeno quella tessala, sulla riva del Peneo, contrassegnata da un'idria di marmo e da un sontuoso epigramma,37 ma forse anche quella di Corinto, sormontata secondo Pausania da una leonessa con un ariete tra le zampe.38 È forse a partire dalla fonte "archeologica", anzi, che Polemone svolgeva ricerche storiche sul personaggio, raccogliendo curiosità e puntigliosi dettagli e polemizzando con i predecessori circa l'origine dell'etera e l'identificazione corinzia della vera tomba di Laide, schierandosi per l'autenticità di quella tessala, se a lui appartiene il duro giudizio che chiude il paragrafo 56 di Ateneo: «Dunque inventa chi sostiene che fu sepolta a Corinto, vicino al Kraneion». Polemone sosteneva la localizzazione tessala della sepoltura perché conosceva la storia della morte violenta di Laide, avvenuta all'interno di un tempio di Afrodite in Tessaglia, per mano di donne gelose. Questa storia è l'aition dell'epiclesi dell'Afrodite tessala detta anosia («empia») o androphonos («omicida»), come si evince dalle parole «per questo motivo, il santuario fu detto di Afrodite Empia».39 Molto verosimilmente, la pagina di Polemone su Laide è confluita, con qualche variante, in Pausania e Plutarco, oltre che in Ateneo, nel II secolo d.C., e più tardi nello scolio al Pluto di Aristofane (179d). Pausania attinge a Polemone nel libro II, dedicato a Corinto ed al suo territorio: lo cita al paragrafo 2, 5, senza nominarlo, quando descrive la tomba di Laide e ne ricorda la nascita siciliana, ad Iccara, la cattura durante il sacco di Nicia, quindi il trasferimento a Corinto, venduta come preda di guerra. Menziona anche un'altra, «cosiddetta» (phamenon)40 tomba di Laide in Tessaglia, che collega ad un viaggio di Laide in quelle lande. Si guarda però dal riferire la storia dell'assassinio di Laide ad opera delle gelose donne tessale che avrebbe provato l'autenticità della sepoltura sulle rive del Peneo, come voleva Polemone. Pausania "lavora" la sua fonte, la modifica, la plasma e la fonde con tradizioni epicorie che sostenevano la localizzazione corinzia della vera tomba, tradizioni che hanno lasciato la "firma" nel paragrafo 2, 5 e precisamente nell'espressione «[si dice che Laide] godesse di tale ammirazione da parte dei Corinzi, che questi ancor oggi la rivendicano come propria». Plutarco, nell'Erotico, offre la stessa versione della morte, solo con la variante androphonos (in luogo dell'anosia tràdito da Ateneo) per l'epiclesi, variante che comporta una maggiore specificazione dell'empietà commessa. Più ricchi di minute informazioni, gli scoli al verso 179 del Pluto aristofaneo rappresentano forse la versione più ampia della "biografia" scritta da Polemone. La variante maggiore, in tutte le fonti che a lui attingono, si riduce invece a poca cosa: in Pausania il periegeta, il nome dell'amante tessalo, che in Ateneo (13, 589a) è Pausania, diventa Ippostrato. Nell'Erotico, il nome si presenta come Ippoloco, mentre si propone, in forma dubitativa, come Euriloco o Aristonico nello scolio al Pluto (v. 179d).
Fuori dal tempo
La biografia moderna di un'etera greca è, come qualsiasi altra biografia, una costruzione anche letteraria, certo intenzionale e quindi razionalizzante, volta a connettere diversi episodi al fine di garantire loro coerenza, sviluppando la narrazione di una vita, intesa a snodarne gli eventi, dalla nascita fino alla morte. È un "intrigo", quindi, per certi versi, in assenza però di un'opera letteraria da interrogare, cui attingere preziosi dati biografici più o meno attendibili. Resta però un altro dato da sfruttare, il mestiere praticato, fonte inesauribile di informazioni per i biografi antichi ed inevitabilmente anche moderni. Professionalmente, un'etera non rivela profondità o storia nelle fonti, è un corpo impreziosito che vende piacere a tempo, e per un certo tempo, natura alterata solo dall'artificio che forgia ed esalta quel tipo di bellezza, e non un altro, oppure offuscata dalla vecchiaia -le sole intrusioni dell'idea del tempo in quel tipo di biografia. Le fonti antiche non si limitano però a descrivere le etere per la loro bellezza, lucente o sfumata: le raccontano invece in maniera aneddotica, per frammenti -tipizzati- o schegge spesso ripetitive di vita. Non raccontano, se non per vaghi cenni intenzionali, la storia reale, cioè sociale, delle donne che si vendono, tra sfruttamento, violenza e miseria e, ai livelli sociali più alti e faticosamente conquistati, successo e ricchezza. Ne raccontano dinamicamente le relazioni sociali, gli incontri, cristallizzandoli nel confronto aneddotico con grandi personalità, nelle risposte brillanti, la rapidità mentale. Ricostruita, la biografia di un'etera, così aneddoticamente parcellizzata nelle testimonianze antiche, si presenta spesso con i tratti di una biografia "eroica", il forzato racconto, frammentario, di una vita d'eccezione.41 La biografia di Laide, o delle tre etere, quale si ricava da fonti sparse e selettive nel trattarne la o le figure, non fa eccezione. Anch'essa è frutto di una costruzione, moderna e intenzionale, operata a partire da dati antichi e incoerenti, oltre che tipizzati, che tutto riconducono ad un'unica figura storica. Alla biografia di una donna di successo, di necessità un'etera, destinata ad incontrare dialetticamente, in un racconto che è la somma di tanti aneddoti, una miriade di personaggi famosi. Nelle fonti antiche, la costellazione di questi incontri serve a cristallizzare in un solo, luminoso, personaggio, tratti biografici plurimi, a costruire l'Ideal-tipo dell'etera quale donna di ventura al di fuori degli spazi matrimoniali, unica figura femminile a godere, nella Grecia antica, di forte visibilità sociale e, in un certo senso, "storica".42
Motivi eroici
Il duplice, o triplice, profilo biografico è strutturato, dicevamo, secondo categorie "eroiche", ovviamente secondo il genere, o più in generale eccezionali. Un prodigio impreziosisce la biografia di una Laide, forse la prima: il sogno di Afrodite che le preannuncia la "vocazione".43 La sua morte è violenta, ma in un tempio e per mano di donne gelose. Il riposo avviene in uno dei vari monumenti funebri che ne eternano le gesta. Afrodite -l'Afrodite Melainis che aveva il suo tempio a Corinto, la città della "prostituzione sacra"- le appariva in sogno, la notte, preannunciandole l'arrivo di amanti doviziosi.44 L'epiclesi "Melainis", cioè "nera", identifica nella dea dell'amore una dea ctonia, di probabile origine orientale e precisamente lidia.45 Il suo tempio si trovava nei pressi del boschetto Kraneion, proprio accanto alla tomba di Laide, come illustra Pausania:46 l'associazione tra lo mnema hetairas, la tomba dell'etera, ed il tempio della dea è conseguenza, per Eleonora Cavallini, di una secolarizzazione del mito, cristallizzata intorno al personaggio storico di Laide.47 Anche questo aneddoto, come molti altri, è di genere, si ripete nel caso della più giovane Aspasia, cui un sogno avrebbe profetizzato, secondo Eliano, la felice unione con il persiano Ciro.48 In origine, però, è motivo "alto", di ascendenza omerica: si veda l'apparizione che Afrodite riserva, nell'Iliade, ad Elena.49 Sulla morte di Laide circolavano svariate tradizioni: la fine sopraggiunta nel corso di un amplesso è professionale, a suo modo eroica.50 Quella per soffocamento, per aver ingoiato un nocciolo d'oliva, è invece "letteraria", perché quasi identica alla morte di Anacreonte, soffocato da un acino d'uva.51 La morte violenta della Laide di Iccara è ugualmente se non ancor più eccezionale. Laide fu uccisa, per invidia e gelosia, da alcune donne tessale che la colpirono con tartarughe lignee -xylinais chelonais, molto probabilmente offerte votive- nel tempio di Afrodite, nel corso di una festa riservata alle donne.52 Il luogo non è casuale: la morte sembra professionale almeno quanto la versione che voleva la prima "Laide" morta durante un amplesso. Il delitto svela una spiccata affinità con il rituale di eliminazione di un capro espiatorio, in altre parole di un elemento della comunità, avvertito come estraneo anche se, o proprio perché, eccezionale.53
Frequentazioni intellettuali
Le etere non erano prostitute. Lo erano, ma al livello selettivo, quindi sociale, più alto, quello cui le fonti antiche prestano più attenzione. Le testimonianze si concentrano generalmente sui tratti più luminosi della loro vita, trascurando gli aspetti oscuri. Ne ricordano la bellezza e di conseguenza il successo, la ricchezza, le relazioni sociali, a volte la classe e l'educazione, e spesso quella "cultura" fatta di arguzia, prontezza e uso di mondo che le distingueva dalle altre donne, più riservate, le mogli, sorelle e madri di cittadini. Tra le luci, l'accento cade frequentemente sull'identificazione dell'etera con il suo corpo perfetto e perfettamente disponibile, sul controllo di quest'ultimo, una sorta di efficiente corps-machine.54 Grazie ad esso, al corpo da cui trae il sostentamento, l'etera compie -e si concede- scelte sociali felici, sessuali e sentimentali. Laide è bella, anzi bellissima, presumibilmente di una bellezza di tipo professionale, artificiale perché interessata ad accentuare quei caratteri che servono a vendere piacere.55 La celebrano come tale, oltre all'autore dell'epigramma inciso sulla tomba tessala, anche Iperide, Ateneo, Pausania e Plutarco.56 Una eco della sua bellezza giunge fino ad Alcifrone, che di lei ricordarà i capelli biondi e gli occhi neri, rispondenti ai criteri di una bellezza canonica.57
La tradizione conosce numerosi incontri di "Laide", tutti con uomini famosi, quasi tutti intellettuali, da Euripide a Senocrate, da Diogene il cinico ad Aristippo, da Demostene ad Apelle, secondo il modello comune, già socratico, esperito nei Memorabili di Senofonte, del rapporto dialettico tra il filosofo e l'etera, l'intellettuale e la donna, bella e di piacere. Tra Socrate e Teodote, il filosofo che dà lezioni di seduzione all'etera e poi le resiste e l'etera che convince il filosofo, con ironia socratica, della sostanziale identità delle due figure professionali, lasciandosi guidare dai suoi consigli.58 Questi incontri, che naturalmente andrebbero attribuiti a più di una Laide se accolti come testimonianze storiche, rappresentano tentativi già antichi di istituire sincronie, secondo la mentalità cronologica greca che traeva la datazione dall'entourage frequentato e talvolta fittiziamente ricostruito, spesso forzando i dati. Quindi la prima Laide avrebbe incontrato Euripide, Diogene ed Aristippo, secondo Geyer; l'ultima, la più giovane, Demostene ed Apelle.59 Ma queste testimonianze costituiscono soprattutto la teatralizzazione dei caratteri attraverso l'aneddoto biografico, la domanda insidiosa, la risposta brillante, la vittoria e la sconfitta, alternate, dei protagonisti che in tal modo raccontano, nello spazio minimo dell'apophthegma, del Witz o dell'aneddoto, il massimo di sé. Sono, questi, incontri che mirano ad esaltare i tratti filosofici e personali dei singoli filosofi, i loro successi e le eventuali sconfitte, ad opera delle loro stesse armi dialettiche, adoperate con perizia dall'etera, cioè dall'antagonista culturalmente e antropologicamente più distante. Dell'incontro con Euripide parlava il poeta ellenistico Macone.60 Un giorno Laide scorse il tragico in un giardino, nei pressi di un tempio di Afrodite, intento a scrivere qualcosa su una tavoletta. Gli chiese a bruciapelo che cosa intendesse con l'espressione, utilizzata nella Medea al verso 1346, «Perisci, tu che hai commesso cose turpi» (aischropoios). Euripide, stupito, le girò l'accusa («perché tu chi sei, o donna? Non sei una che commette atti turpi?»), subito rintuzzato dalla brillante e maliziosa risposta dell'etera, che gli rinfacciò ridendo un suo stesso verso, tratto dall'Eolo, manifesto esplicito di relativismo morale: «Che cos'è la turpitudine, se non è tale per quelli che la commettono?».61 Coltissima citazione, questa, già parodiata da Aristofane nelle Rane, al verso 1475, dove Dioniso la ritorce, con identico meccanismo comico, contro lo stesso Euripide.62 Cosa che ci dà la misura del tratto erudito, e quindi costruito, oltre che raffinato, di questi dialoghi minimi e delle storie o degli apologhi che vi sono costruiti intorno, in questo caso un brillante rovesciamento di situazione per cui l'etera prevale dialetticamente sull'intellettuale, affilando le sue stesse armi.
Più nutrito il gruppo dei filosofi. L'incontro con Senocrate, discepolo e successore di Platone alla guida dell'Accademia, si risolve in un fallito tentativo di seduzione.63 Più felici le relazioni con il cirenaico Aristippo ed il cinico Diogene.64 Ogni anno Laide trascorreva due mesi ad Egina con Aristippo, in occasione della festa di Posidone. Rimproverato per il denaro elargito all'etera, che invece si concedeva gratuitamente a Diogene, rispose che gliene donava molto per goderne i favori, non per impedire ad altri di farlo.65 Un altro aneddoto, raccontato come il precedente da Ateneo (13, 588ef), è fondato su una disputa a sfondo filosofico tra l'ascetico Diogene, che tentava di convertire Aristippo alla vita cinica, accusandolo di vivere con una prostituta, e quest'ultimo, l'edonista Aristippo, che non trovava invece assurdo coltivare una relazione con la donna di molti uomini.66 Il punto, per Aristippo, era il già socratico controllo del piacere, non il suo rifiuto: sempre a proposito di Laide, esprimeva questo principio, condensandolo nella formula: echo Laida, all'ouk echomai, «possiedo Laide, non sono posseduto».67 Laide figura in queste testimonianze come incarnazione del piacere, strumento di riflessione filosofica sul problema del piacere e catalizzatrice di opposti punti di vista. Alla stessa Laide, in un certo senso una "musa", Aristippo dedicò peraltro due trattati, A Laide e A Laide, riguardo allo specchio.68 L'incontro con il pittore Apelle, che s'impegnò ad iniziarla in occasione di un simposio, replica il topos dell'esordio precoce, vissuto, come vedremo, dall'etera di Iccara. Tradisce la volontà di istituire un legame, anche ma non solo cronologico, tra Laide e Frine, la coetanea e rivale che fu la modella del pittore per l'Afrodite Anadyomene.69 Più divertente, e tutto fondato sul contrasto avidità/avarizia, l'incontro con Demostene. Sulla scia di Sozione, Aulo Gellio ricordava la bellezza ed esosità di Laide, citando un celebre detto («Non a tutti gli uomini è concesso andare a Corinto») e raccontando di quando Demostene si recò da lei in segreto per ottenere i suoi favori. Di fronte alla richiesta esorbitante -diecimila dracme, una somma enorme- l'oratore però rinunciò, proclamando, deluso e rancoroso, un po' sprezzante, «Non compro così caro il pentimento».70
L'immaginario dell'etera e la realtà delle prostitute
Decostruita, la molteplice, scintillante ed impressionistica "biografia" mostra ombre dense e sfumature. Le ombre oscurano le origini delle etere omonime e la vecchiaia della più anziana, l'inizio e la fine delle rispettive vicende biografiche. Dietro il paravento erudito si intravede però un'altra realtà, meglio, un frammento di quella che era, fuori da ogni retorica, la realtà brutale della prostituzione nel mondo antico, a qualsiasi livello essa fosse. Realtà che la storiografia già antica, ma poi anche moderna, ottocentesca, ha tante volte trasfigurato, creando la figura romantica della cortigiana "colta" o di "buon cuore" e, di conseguenza, cancellando ogni accenno alla violenza ed allo sfruttamento cui essa andava incontro, ed ogni indagine in questo senso. Sulle origini delle etere più famose sappiamo poco e nulla: di Frine, apprendiamo dal comico Timocle, nella Neera, la condizione, almeno in principio, di grande miseria, se è vero che andava in giro raccogliendo capperi.71 Su Neera, acquistata giovanissima ed avviata alla prostituzione da Nicarete, sappiamo che vendeva il suo corpo, ancora sessualmente immaturo. 72 Di Pitionice, ci è noto che era schiava della flautista Bacchide, a sua volta schiava della prostituta tracia Sinope, sicché Teopompo poté chiamarla, nell'Epistola ad Alessandro, «tre volte schiava» e «tre volte prostituta».73 Sulla seconda Laide sappiamo forse qualcosa di più, per i motivi che si è detto. La Laide di Iccara è certamente una schiava, figlia di un'etera, venduta impubere in Sicilia e finita a Corinto, dono per la moglie del suo acquirente (da sola? Con la madre?).74 Pausania sostiene che fu presa prigioniera, e quindi venduta, «ancora bambina» (paida ousan).75 Plutarco sorvola sulla cattura, ad Iccara, dell'etera «ancora giovinetta» (eti koren).76 Lo scolio al Pluto di Aristofane ne precisa addirittura l'età della vendita, cioè sette anni.77 L'iniziazione della più giovane "Laide", avvenuta ad opera di Apelle, sembra meno violenta ma, naturalmente, viene narrata dal lato, luminoso, del desiderio maschile. A Corinto, il celebre pittore la incontrò alla fonte Pirene, mentre attingeva l'acqua, «ancora fanciulla » (eti parthenon ousan).78 Colpito dalla sua bellezza, la portò ad un simposio. Ed agli amici che lo deridevano per essersi accompagnato ad una vergine in luogo di un'etera, promise, tempo tre anni e anche meno, di mostrarla in tutta la sua bellezza, cioè nuda nella sua pittura, per il piacere maschile.79 Cosa ovvia per una futura etera, in quanto solo le cortigiane potevano fungere da modelle per gli artisti. Diversa, però, l'interpretazione che dell'incontro diede Alcifrone, sostenendo che Laide era stata «allevata come una bestia» da Apelle (theriotrophetheisa).80 L'iniziazione di Laide sembra qui più esplici- tamente animalesca, brutale se non addirittura sessuale. Secondo parametri soprattutto, ma non solo, moderni, naturalmente.
Il corpo non sfugge al tempo
Il corpo, una volta iniziato, consente ad un'etera non solo di vivere ma anche di condurre una vita brillante. Fino ad un certo momento. Fin quando, cioè, il corpo suscita attrazione sessuale, anche se molti passi provano l'esercizio del mestiere fino all'età più matura.81 Molti aneddoti insistono sul progressivo declino di "Laide". Nella ricostruzione biografica che noi ipotizziamo, pur nella consapevolezza dell'artificiosità dell'operazione, valida per il genere se non per l'individuo, il declino sembra procedere, appunto, per gradi, dalla perdita della seduzione al desiderio, frustrato, della stabilità matrimoniale. In realtà non esiste, nella genealogia di queste testimonianze, alcuna priorità cronologica o certezza storica. Un aneddoto edificante vede "Laide" seduttrice sfortunata di Senocrate, allievo di Platone e suo successore alla guida dell'Accademia. Come sostiene Diogene Laerzio tacendo la sua fonte, alcuni raccontano che furono gli allievi ad introdurre Laide nel letto di Senocrate, ma invano, perché egli era talmente capace di autocontrollo da sopportare bruciature ed amputazioni agli organi genitali.82 Un aneddoto simile, quasi identico, è attribuito di seguito a Frine, vero e proprio doppio di Laide. Diogene Laerzio racconta che Frine si impegnò a sedurre Senocrate: sfoderò il consueto e collaudato repertorio di minauderies, finse paura, cercando protezione da alcuni uomini che la inseguivano, e si rifugiò dal filosofo, trascorrendo con lui una notte bianca, nonostante i molti tentativi. Senocrate, difatti, l'aveva accolta, e aveva diviso un letto con lei, solo per spirito di umanità. A chi voleva sapere, Frine rispose che si era allontanata da una statua, non da un uomo, con brillante gioco di parole tra i genitivi andriantos (statua) e andros (uomo).83 La storiella di genere non insiste tanto, a dire il vero, sullo scacco professionale di Laide o Frine, e sulle sue motivazioni, quanto sul successo, sempre professionale, del filosofo che praticava l'enkrateia, l'autocontrollo, socratico, di fronte al piacere ed al dolore, oltre che sul brillante Witz di Frine. Non a caso, il modello di questa storia può essere individuato in quel passo del Simposio in cui Platone racconta del vano tentativo di sedurre Socrate messo in atto da Alcibiade.84 Un secondo scacco professionale fu, per "Laide", la storia del mancato matrimonio. La racconta Eliano nelle Storie varie.85 Laide si innamorò di Eubatas -il vincitore olimpico del 408 oppure quello del 364, a meno che non si tratti dello stesso atleta- e gli propose il matrimonio.86 Temendo la sua reazione, egli acconsentì, ma con riserva perché intendeva condurre un'esistenza casta. Così, dopo la gara, non sposò Laide ma non ruppe neppure la promessa fatta, portò invece un ritratto dell'etera a Cirene, dove la moglie ricompensò la sua fedeltà erigendogli una statua. Anche questa vicenda è aneddotica -oltre che costruita, come la precedente, su una variante del Putifar-theme- tutta fondata com'è sul gioco di parole tra agein «sposare» e «portare» (il ritratto a Cirene) dello spasimante in fuga, quindi intercambiabile nei protagonisti. E difatti, una storia simile viene attribuita da Istro sempre a Laide, ma ad un altro atleta, Aristotele di Cirene.87 Nella brama di Laide, nel timore e fuga precipitosa dell'uomo, e nell'inganno risolutore si indovina però qualcosa di più e di diverso. Così come nel fallimento con Senocrate, si indovina, pur all'interno dell'aneddoto di genere, un rifiuto sessuale, anch'esso di genere ma drammaticamente reale per ogni cortigiana, l'inversione dei rapporti di desiderio tra l'etera e l'universo maschile dei clienti, tra la domanda e l'offerta. Il fantasma di un fallimento professionale e di vita, il compiersi della legge del desiderio.
La triste vecchiaia dell'etera, narrata nell'Antilaide di Epicrate, fornisce il ritratto più impietoso e crudo di una donna sfiorita e ormai fuori delle leggi di mercato. Pigra ed etilista, perennemente affamata, Laide (la prima, a meno che l'accenno a Farnabazo, il satrapo che ordinò l'assassinio di Alcibiade, non funga da orizzonte cronologico per la seconda Laide) viene paragonata alle aquile, appollaiate in vecchiaia sui templi, in cerca di cibo, cioè degli avanzi del sacrificio, perché ormai incapaci di volare e di predare. Irraggiungibile da giovane per i lauti guadagni, più di Farnabazo, appunto, Laide è diventata fin troppo accessibile in vecchiaia, quando ormai perde le armonie del corpo, esce per bere e accetta qualsiasi cliente, giovane o vecchio, per qualsiasi prezzo. Da selvatica a mansueta, ormai prende il denaro dalla mano, compiendo la metafora animale dell'addomesticamento. 88 Il modello degradato è naturalmente quello dell'uccello da preda, del rapace cui l'Ideal-tipo dell'etera è stato paragonato nei versi precedenti, rapace perché avida. E sull'esosità di Laide in gioventù erano fioriti, come si è visto, molti aneddoti.89 Triste, la vecchiaia dell'etera, povera ed ubriaca, pronta a concedersi a tutti con il venir meno della giovinezza e della bellezza. Pronta al massimo dell'offerta di sé. I versi dell'Antilaide forse costituiscono una fonte per la Laide storica, ma delineano soprattutto un ritratto di gruppo all'interno del quale "Laide" figura in qualità di generica etera dalla sorte condivisa. L'identificazione tra l'etera ed il suo corpo -giovane, bello, fonte di guadagni e di successi, potente strumento di riscatto e identificazione- si conclude in questa testimonianza nel modo più realistico e amaro. La vicenda, una vicenda di ascesa e caduta, si avvolge su se stessa e ritorna agli inizi. La biografia di "Laide" -delle Laidi greche- è la storia di una qualsiasi cortigiana del mondo antico. All'inizio e alla fine della vicenda, entrambe difficili, è la storia di tutte le schiave che vendevano il corpo in condizioni più difficili e, per giunta, senza splendore.
Dal paradigma biografico alla schiavitù storica
Come leggere storicamente queste fonti? Come l'ordito di una biografia impossibile, si è detto. Impossibile perché cristallizzatasi almeno due secoli dopo la vicenda storica, perché attenta a idealizzare e moltiplicare i tratti più spettacolari -degni di un rotocalco- di una vita di per sé già eccezionale. Fra tanti episodi inattendibili -in particolare la serialità degli "incontri", testimonianze dell'ascesa sociale- oppure verosimili, ma di genere, come la descrizione della vecchiaia dell'etera, spicca un dato, quello della cattura ad Iccara. Un dato puntuale che risale ad una tradizione locale (raccolta da Timeo) e che verosimilmente costituisce uno dei rari, se non l'unico, dato biografico storicamente fondato di quella biografia. Presa prigioniera durante il sacco di Iccara del 422, "Laide" perse la libertà e, come sostiene lo scolio aristofaneo, fu venduta come schiava ad un corinzio che volle farne dono alla moglie.90 A Corinto, dove la ritroviamo come etera di successo, smarrì per oscuri motivi quella "tutela" e cominciò ad esercitare la prostituzione -non sappiamo se, almeno agli inizi, a livelli poco prestigiosi, diventando comunque, con il tempo, qualcosa di molto diverso da una umile porne, diventando cioè un'etera molto richiesta. Le fonti -che sono diacroniche: mitistoriche come i poemi omerici (Iliade 1, 366 ss. ed altri) oppure storiche, lungo tutta l'età classica ed ellenistica- accennano alla pratica (considerata normale e tutto sommato umana) di vendere in schiavitù donne e bambini catturati nel corso di operazioni belliche, e all'uso (consueto) di abusare di loro, rispetto al costume (ritenuto crudele) di massacrarli. Le fonti storiche più antiche registrano in modo asciutto, e non sistematicamente, i singoli episodi di riduzione in schiavitù; quelle più tarde, ed in particolare le fonti ellenistiche influenzate dalle correnti filosofiche umanitarie e cosmopolite, ad esempio quella stoica, si effondono sugli eventi con maggiore ricchezza di dettagli, richiamando l'attenzione sulle violenze e le sofferenze subite dalle popolazioni, non solo se elleniche.91 Altre fonti, come Senofonte e soprattutto Aristotele, non si limitano ad attestare la pratica della cattura e divisione del bottino, anche umano, ma ne teorizzano il diritto, come diritto di conquista.92 Pausania e Plutarco (da Polemone?) ricordano succintamente il sacco di Iccara, e la vendita degli abitanti ridotti in schiavitù, ma lo fanno solo in virtù di Laide; Tucidide, ben prima di loro, accenna all'episodio, senza parlare dell'etera. Fornisce però preziose informazioni sulla vendita di quegli schiavi (decisa da Nicia a fini di incasso) che fruttò centoventi talenti.93 Le donne-bottino, preda bellica ma anche preda sessuale al momento della conquista (per vendetta, per il piacere dei soldati),94 venivano solitamente selezionate e vendute, anche in paesi molto lontani, generalmente a condizioni diverse perché diverse erano le condizioni della "merce". Non tutte finivano direttamente sul mercato del piacere -perché l'impiego della "classe" servile era diversificato nella società antica- né le schiave venivano destinate unicamente o espressamente a quel mercato, che contava invece alcune, non moltissime, pornai libere.95 Non vi finì ad esempio Laide, almeno subito dopo la vendita, quando approdò a Corinto come schiava domestica. Molte le varianti in gioco che determinavano il destino di queste donne: l'età della schiava, il profilo dell'acquirente, le circostanze della vita, rese ancora più incerte dalla precarietà di alcune situazioni (la guerra, la pirateria, il venir meno della protezione di un uomo). Donna libera ridotta in schiavitù, cioè ridotta ad un "corpo" (soma, uno dei nomi dello schiavo) venduto perché mercificato, dopo oscure vicende Laide rimette in vendita il suo corpo perché ne affitta il piacere. Non sappiamo se lo faccia da donna ormai libera oppure soggetta ancora al vincolo di schiavitù. È, quello tra schiava e porne, un corto circuito sociale tipico del mondo antico, lo sfruttamento sessuale di quello che è già nient'altro che un "corpo". Una seconda mercificazione del corpo stesso, dunque una forma di schiavitù "estrema". La riduzione della schiava a porne era nell'ordine delle cose, lo era in qualsiasi momento, ma naturalmente non accadeva di necessità, era motivata da circostanze di vita precise. Era teoricamente fondata sullo slittamento da una condizione di potenzialità all'atto, dalla disponibilità sessuale teorica ed illimitata, manifestata al padrone in forma più o meno spontanea, alla disponibilità reale, sussunta verso tutti più o meno volontariamente, con la prostituzione. Le fonti però sono molto parche nel fornire informazioni storiche su questi "passaggi" -come anche su queste condizioni di vita- così come sono avare sulla violenza, anche sessuale, che accompagnava di norma queste esperienze di vita, al di là naturalmente di casi macroscopici, ricordati perché funzionali al singolo progetto storiografico. Più in generale, il punto è questo, che cioè la donna non tutelata (da un marito, da un oikos) sia in tempo di guerra che di pace soffriva ancora più duramente, e spesso perdeva, la sua condizione di soggetto giuridicamente passivo eppure protetto. Con conseguenze drammatiche, tra cui ad esempio l'avviamento alla prostituzione, una forma di degradazione sociale per le donne libere e, doppia, per le schiave. Una degradazione ambigua, che sperimentava violenza ma anche, in alcuni casi, riscatto sociale grazie al denaro. Sia la schiava in generale che la porne di condizione servile sperimentavano qualche forma di tutela giuridica dell'integrità personale, ad esempio la graphe hybreos a protezione dalla violenza anche sessuale, più all'esterno che all'interno del rapporto di proprietà, un'azione legale che le tutelava dagli abusi subiti fuori dell'oikos, la cui ratio però mirava innanzi tutto a proteggere la comunità, e in fondo la proprietà stessa, dalla violenza privata, più che le persone fisiche di condizione servile, cui veniva estesa ma solo per "filantropia".96 Questa protezione, affermata dal dettato della legge, veniva comunque disattesa spesso nella sua applicazione concreta, al punto che Moses I. Finley ha potuto parlare di «disponibilità senza limitazioni dello schiavo ai rapporti sessuali».97 Un'affermazione -questa- senz'altro da accogliere sul piano teorico, soprattutto all'interno dell'oikos, meno al suo esterno, in quanto il padrone della schiava oltraggiata aveva interesse a difendere legalmente quanto possedeva. Il rapporto di proprietà indeboliva il diritto della schiava ad usare del proprio corpo e ad impedirne l'uso altrui per diniego della volontà. In questa condizione giuridica liminare ed ambigua, il corpo della schiava, che era pur sempre un "possesso animato", cioè un "bene", una merce particolare, era a disposizione del padrone in un modo che è teoricamente illimitato (ma giuridicamente, almeno in parte, contenuto) e lo era proprio per l'ambigua condizione di quel possesso, soggetto a leggi sulla proprietà più che a protezione, peraltro indiretta, delle persone fisiche.98 È questo il motivo per cui il corpo della schiava veniva spossessato della sessualità sia all'interno del rapporto di proprietà che all'esterno. All'interno, perché il rapporto di natura sessuale, se "imposto" dal padrone, non poteva configurarsi come rapporto di violenza (peraltro implicito, secondo parametri moderni, nel rapporto gerarchico anche se consensuale) ma anche perché il rapporto imposto, pur "violento" o non gradito, poteva essere accetto alla schiava se essa ne ricavava benefici di vita. Oppure in quanto, semplicemente, il padrone regolava la vita sessuale degli schiavi, concedendola e proibendola in base a criteri di potere ad esseri umani che in ogni caso non potevano contrarre matrimonio.99 All'esterno del rapporto di proprietà, per le inadempienze della legge. Così come era ardua una definizione legale della violenza contro lo schiavo che non fosse la violazione della proprietà altrui, non c'era neppure una distanza netta tra la disponibilità sessuale teorica, imposta ad ogni schiava e la disponibilità concreta, offerta sul mercato a pagamento da qualsiasi porne. Non tutte le schiave diventavano prostitute ma molte potevano scivolare in quella condizione -scelta?- insieme naturalmente a tante donne di condizione libera ma povera, di cui subivano la concorrenza. La specificazione (di Polemone) che Laide fu venduta ad Iccara "ancora bambina" o "fanciulla"100 o l'attestazione dello scolio aristofaneo, per il quale Laide aveva allora sette anni,101 mi pare siano fortemente allusive al futuro mestiere, ma allusive in modo da non dichiarare il portato di violenza implicito in quella iniziazione precoce. Violenza che si legge tra le righe anche nell'iniziazione promessa da Apelle alla terza, giovanissima, Laide, in un contesto quindi non bellico, oppure nelle vicende biografiche di Neera e delle altre schiavette, avviate al mestiere ancora immature.102 Se l'uso sessuale delle schiave, se la disponibilità ses- suale virtualmente imposta al loro corpo poteva coincidere con la disponibilità richiesta ad una prostituta, se ne distingueva solo per quell'ulteriore mercificazione in cui consiste l'affitto del corpo, per il passaggio di denaro, che costituiva e simulava una forma di consenso se la porne era libera, di guadagno e quindi di affermazione della sua volontà. Ma il consenso non sempre era libero, poteva essere coartato, ed il mercato in cui la porne agiva era regolato spesso da intermediari, ai quali essa poteva essere legata da un rapporto di proprietà, come Neera, prostituta e schiava di Nicarete. Per il resto non è facile distinguere tra due fenomeni storicamente distinti ma sociologicamente contigui, cioè tra lo sfruttamento sessuale della schiava soggetta alle richieste del padrone (dal quale poteva ricavare qualche utile) o dei suoi sodali, e lo sfruttamento della schiava prostituta che dal soddisfacimento della sessualità altrui ricavava i mezzi di vita, sia pure con la mediazione del o della prosseneta, ma con la possibilità, in casi eccezionali, di un'ascesa sociale anche spettacolare.
Abstract:
The ancient sources on Lais are misleading: apparently they concern only one hetaira, but actually they must refer to two or even three "courtesans" of the same name. This naturally reduces the possibility of writing the biography of a single hetaira called Lais, but on the other hand allows us to trace a genre biography, true, in its main lines, for more than one "courtesan" of Antiquity. "Lais", the second, for whom we dispose of more individualised historical details, was a hetaira of brilliant erotic and social success, but she was at the beginning of her life a prisoner of war, sold as a slave in Sicily and then moving to Corinth.
1 Cfr. Rudolf Herzog, Namensubersetzungen und Verwandtes, áPhilologusâ, 56, 1897, pp. 48 ss., A.S.F Gow, Machon. The fragments, Cambridge, Cambridge University Press, 1965, p. 93. Ma Lais potrebbe derivare da laos, ápopoloâ: cosi Wilhelm Pape, Gustav Eduard Benseler, Worterbuch der griechischen Eigennamen, Braunschweig, Bieweg & Sohn, 18843, p. 762. Sulla magna libido della leonessa, cfr. Plinio, Storia naturale 8, 42. Sullo sch.ma erotico della gleonessah, cfr. Aristofane, Lisistrata 231 e scolio ad locum, Macone, fr. 12 Gow.
2 Macone, fr. 18 Gow = Ateneo 13, 582cd.
3 Aristofane, Pluto 179 e 302-315, ma Ateneo 13, 592d preferisce leggere al v. 179 Nais in luogo di Lais.
4 Strattide, fr. 27 K.-A.
5 Teofilo, fr. 11 K.-A.
6 Anassandride, fr. 9 K.-A.
7 Lisia, fr. 59 Thalheim = 95 Carey.
8 Ateneo 13, 588c.
9 Eliano, Storie varie 12, 5 e 14, 35 = Aristofane di Bisanzio, fr. 366 Slater = 11 p. 279 Nauck (= Die Fragmente der griechischen Historiker (FGrHist) 347 F 2).
10 Ateneo 13, 588cf.
11 Eliano, Storie varie 10, 2.
12 Epicrate, fr. 3 K.-A. L'Antilaide fu messa in scena tra il 380 ed il 370.
13 Filetero, fr. 9 K.-A.
14 Tolomeo Chenno in Fozio, Biblioteca, cod. 190 (p. 146b, 17 ss. Bekker).
15 Pausania 2, 2.4, cfr. Ateneo 13, 589b.
16 Timeo, FGrHist 566 F 24, Ninfodoro di Siracusa, FGrHist 572 F 1, Polemone, fr. 44 Preller, Pausania 2, 2.5, Plutarco, Alcibiade 39, 8, Nicia 15, 4, cfr. Ateneo 12, 535b e 13, 574e, Sinesio, epistola 3 (Patrologia Graeca 66, 1327) in Stefano di Bisanzio, s.v. Eukarpeia. Vedi anche Stefano ss.vv. Krastos e Hykaron e lo scolio ad Aristofane, Pluto 179a (p. 41 Chantry).
17 Polemone, fr. 44 Preller: cfr. Ateneo 13, 589bc, Plutarco, Erotico 21, 767f-768a, Pausania 2, 2.5, scolio ad Aristofane, Pluto 179d (pp. 42-43 Chantry).
18 Apelle: Ateneo 13, 588cd, Alcifrone, fr. 5 Benner-Fobes. Demostene: Aulo Gellio, Notti attiche 1, 8, Ateneo 13, 588c. Rivalità con Frine: Ateneo 13, 588e. Ateneo conosce due donne di nome Frine. La Frine di Tespie, accusata da Euzia, venne difesa da Iperide (Ateneo 13, 590d ss.). Prassitele ed Apelle la ritrassero in veste di Afrodite (Ateneo 13, 590f ss.). Cfr. anche Ateneo 13, 558c, 567ef, 583bc, 584cd, 585ef, 588e, con Anthony Erich Raubitschek, Phryne, in Realencyclopädie der classischen Altertumswissenschaft (RE) 21, 1941, coll. 893-907.
19 Pierre Bayle Laïs, in Dictionnaire historique et critique, IX, Genève, Slatkine Reprints, 1969, pp. 11-27 (Rotterdam, 1695-97).
20 Fritz Geyer, Laïs (1 e 2), in RE 12 1 1924, coll. 513-516.
21 Karl Holzinger, Kritisch-exegetischer Kommentar zu Aristophanes' Plutos, «Sitzungsberichte der Österreichischen Akademie der Wissenschaft in Wien», 218, 1940, pp. 50-62; Giuseppe Schiassi, De temporum quaestionibus ad Atticas IV saeculi meretrices et eiusdem comicas fabulas pertinentibus, «Rivista di Filologia e di Istruzione Classica» 79, 1951, pp. 224-228.
22 Hans Volkmann, Lais (1 e 2), in Kleine Pauly (KP) 3, 1979, col. 457.
23 Meret Strothmann, Laïs (1 e 2), in New Pauly (NP) 6, 1999, coll. 174-175.
24 Ateneo di Naucrati, Il banchetto dei sapienti. Libro XIII - Sulle donne, a cura di Eleonora Cavallini, Bologna, Nautilus, 20012, pp. 199-200, cfr. Eleonora Cavallini, Le sgualdrine impenitenti. Femminilità "irregolare" in Grecia e a Roma, Milano, Bompiani, 1999, pp. 40-47.
25 Ateneo, I Deipnosofisti III, Roma, Salerno, 2001, p. 1445 n. 6, p. 1447 n. 1, p. 1460 n. 3, p. 1501 n. 2, p. 1515 n. 5.
26 Al punto che, per esempio, Aristippo e Diogene frequentano la prima Laide per Geyer, Laïs, col. 514, ma la seconda per Strothmann, Laïs, col. 175.
27 Cfr. Ateneo 13, 574e. Lo stesso contesto, attribuito da Georg Kaibel (Athenaei Naucratitae Dipnosophistarum libri XV, III, Stuttgart, Teubner, 1962, p. 659) esplicitamente al peripatetico Satiro, viene ripetuto in un altro passo di Ateneo, in 12, 535c: in esso però non figura il comparativo, magari solo per una scelta escerptoria differente. Cfr. anche Plutarco, Alcibiade 39, 8.
28 Lo pensa Anna Santoni, Mito e mirabilia in Ninfodoro di Siracusa, (Atti delle Quarte Giornate Internazionali di Studi sull'Area Elima, Erice 1-4 dicembre 2000), Pisa, Edizioni della Normale, 2003, p. 1170, n. 6.
29 Diogene Laerzio 2, 74-75: fr. 57 Mannebach = SSR IV A 96: la fonte è Sozione fr. 5 Wehrli, dalle Successioni dei filosofi. Aulo Gellio, Notti attiche 1, 8, dal Corno di Amaltea.
30 Polemone, fr. 44 Preller, Timeo FGrHist 566 F 24.
31 Ninfodoro, FGrHist 572 F 1.
32 Neante di Cizico, FGrHist 84 F 13.
33 Stefano di Bisanzio, s.v. Eukarpeia, che menziona Timeo, ma in un contesto oscuro. Ma per Stefano s.v. Krastos, Apione, grammatico e lessicografo alessandrino, vissuto tra il I secolo a.C. ed il I d.C., sosteneva che solo Polemone la dicesse corinzia (FGrHist 616 F 30). Anche questo lemma non è affatto chiaro, forse a causa della drastica epitomazione subita: in ogni caso, Polemone la diceva "corinzia", in quanto Laide fu venduta a Corinto.
34 Stefano di Bisanzio, s.v. Eukarpeia. Vedi anche Stefano ss.vv. Krastos e Hykaron.
35 Cfr, supra, pp. 107-108.
36 Aristofane di Bisanzio, frr. 364-366 Slater (5 p. 277 e 11 p. 279 Nauck). Cfr. Aristophanis Byzantii grammatici alexandrini Fragmenta, Hildesheim, G. Olms, 1963 (Halle 1948), p. 278. Il saggio di Callistrato è ricordato da Ateneo in 13, 591d (FGrHist 348 F 1). L'esegesi della sua scuola a proposito di Laide è attaccata nello scolio ad Aristofane, Pluto 179b.
37 Further Greek Epigrams (FGE) 130 P.
38 Pausania 2, 2.4.
39 Cfr. Polemone, fr. 44 Preller = Ateneo 13, 589ab, Plutarco, Erotico 21, 767f-768a, scolio ad Aristofane, Pluto 179d. Su Polemone, oltre all'edizione ormai superata di Ludwig Preller (Polemonis periegetae fragmenta, Lipsia, Engelmann, 1838), si veda Karl Deichgräber, Polemon von Ilion 9, RE, 21, 1952, coll. 1288-1320 ed il recente Maria Chiara Angelucci, Polemone di Ilio, «Studi Classici e Orientali», 49, 2003, pp. 165-184.
40 Su phamenon cfr. Pausania 1, 27.4 e 6, 19.6. Su Polemone, fonte di Pausania, cfr. Preller, Polemonis periegetae fragmenta, p. 76. Vedi anche James G. Frazer, Pausanias's Description of Greece V 3: Commentary on Books II-V, III, London, Macmillan, 1913, p. 19.
41 Penso naturalmente alla biografia di etere contigue al potere come Pitionice, Glicera, Lamia -legate ad Arpalo o a Demetrio Poliorcete- su cui vedi Cavallini, Le sgualdrine impenitenti, pp. 59-68.
42 La moglie genera figli legittimi, la concubina attende alle cure del corpo, l'etera dona piacere: questa la tassonomia fissata dallo Pseudo-Demostene nel Contro Neera, al paragrafo 122, su cui rinvio al commento sfumato di Elisa Avezzù in Demostene, Processo ad una cortigiana (Contro Neera), Venezia, Marsilio, 1986, p. 169. La bibliografia sulle cortigiane del mondo antico è esondante: si veda almeno Klaus Schneider, Hetairai in RE 8 2, 1913, coll. 1331-1372; Catherine Salles, I bassifondi dell'Antichità, tr. it. Milano, Rizzoli, 2001; Hans Herter, Il mondo delle cortigiane e delle prostitute, in Giampiera Arrigoni (a cura di), Le donne in Grecia, Roma-Bari, Laterza, 1985, pp. 363-397; Albin Lesky, Le etere, in Claude Calame (a cura di), L'amore in Grecia, Roma-Bari, Laterza, 1984, pp. 61-71; Claude Mossé, Splendore e miseria della cortigiana greca, in Id., (a cura di), La Grecia antica, tr. it. Bari, Dedalo, 1992, pp. 267-285; Carola Reinsberg, Ehe, Hetärentum und Knabenliebe im antiken Griechenland, München, Beck, 1989, pp. 80-162; David M. Halperin, The democratic body: prostitution and citizenship in classical Athens, in Id., One hundred years of homosexuality and other essays on Greek love, New York-London, Routledge, 1990, pp. 88-112; Claude Calame, I Greci e l'eros, Roma- Bari, Laterza, 1992, pp. 82-87; Claude Mossé, Neera, la cortigiana, in Nicole Loraux, Grecia al femminile, Roma-Bari, Laterza, 1993, pp. 145-173; James N. Davidson, Courtesans and fishcakes. The consuming passions of classical Athens, London, Harper Collins, 1997 ed i recenti Wolfgang Schuller, Zwischen Verachtung und Hochachtung: Die Hetären, in Maria Gabriella Angeli Bertinelli, Angela Donati (a cura di), Il cittadino, lo straniero, il barbaro, fra integrazione ed emarginazione nell'antichità, Roma, Bretschneider, 2005, pp. 21-29, Christopher A. Faraone, Laura K. McClure (eds.), Prostitutes and courtesans in the ancient world, Madison (Wisc.), University of Wisconsin Press, 2006 e Marella Nappi, Professionnelles de l'amour, Paris, Les Belles Lettres, 2009.
43 Geyer, Laïs col. 514.
44 Ateneo 13, 588c. Cfr. Pausania 2, 2.4. Sull'Afrodite Melainis, cfr. Pausania 8, 6.5; sull'epiclesi, Vinciane Pirenne-Delforge, Retour à la source. Pausanias et la religion grecque, Supplément à «Kernos», 20, 2008, p. 270. L'esistenza storica della prostituzione sacra è stata posta recentemente in discussione da alcuni studiosi: cfr., ad esempio, Stephanie Lynn Budin, The myth of sacred prostitution in antiquity, Cambridge, Cambridge University Press, 2008.
45 Mario Torelli, Il santuario greco di Gravisca, «La Parola del Passato», 32, 1977, pp. 429 ss.
46 Pausania 2, 2.4.
47 Eleonora Cavallini, Afrodite Melenide e l'etèra Laide, «Studi Classici e Orientali», 47, 2001, pp. 247-264.
48 Eliano, Storie varie 12, 1.
49 Iliade 3, 383.
50 Filetero fr. 9 K.-A., a meno che non si alluda in questi versi ad una morte per surmenage.
51 Laide: Tolomeo Chenno in Fozio, Biblioteca cod. 190 (p. 146b, 17 ss. Bekker). Anacreonte: Plinio 7, 7.44.
52 Polemo fr. 44 Preller = Ateneo 13, 589ab, Plutarco, Erotico 21, 767f-768a, scolio ad Aristofane, Pluto 179d. Cfr. anche Pausania 2, 2.5. Per l'interpretazione di chelone come "tartaruga" (votiva) e non come "sgabello" (per cui vedi Henry George Liddell, Robert Scott, Henry Stuart Jones, A Greek-English lexicon, Oxford, The Clarendon Press, 1996), cfr. Salvatore Settis, Chelone. Saggio sull'Afrodite Urania di Fidia, Pisa, Nistri-Lischi, 1966, pp. 27-32.
53 Cfr. Walter Burkert, Mito e rituale in Grecia, tr. it. Roma-Bari, Laterza, 1991, p. 102 ss.
54 Non sempre, però: alcune fonti mettono a frutto l'effetto comico della malattia o scarsa avvenenza o della vecchiaia di prostitute e cortigiane. Sul motivo della vecchiaia galante, cfr. Aristofane, Pluto, 959 ss., Filetero, fr. 9 K.-A., Epicrate, fr. 3 K.-A., Timocle, fr. 27 K.-A., Macone, fr. 16, 44 Gow, con Fritz Wehrli, Motivstudien zur griechischen Komödie, Zurich-Leipzig, Max Niehans Verlag, 1936, p. 25.
55 Il comico Alessi fornisce nell'Esatta misura (fr. 103 K.-A.) una descrizione perfida delle manipolazioni estetiche imposte alle cortigiane greche. Si veda anche quanto Antifane, nel saggio Sulle etere, diceva di Nannio, soprannominata "Proscenio" per la scarsa avvenenza, una volta spogliata degli ornamenti (FGrHist 349 F 2).
56 Cfr. FGE 130 P., Iperide, fr. 13 Jensen, Ateneo 13, 588cd, Pausania 2.2.5, Plutarco, Erotico 768a.
57 Alcifrone, fr. 5 Benner-Fobes.
58 Senofonte, Memorabili 3, 11.1-18, variazione della scena di mancata seduzione che figura in Platone, Simposio 212b-223d. Cfr. Michel Narcy, La meilleure amie de Socrate: Xénophon, «Mémorables», III 11, «Études Philosophiques» 2, 2004, pp. 213-234.
59 Geyer, Laïs, col. 514-515, cfr. Maria Luisa Gambato, Ateneo: I Deipnosofisti, Roma, Salerno, 2001, p. 1501, n. 4.
60 Macone, fr. 18 Gow = Ateneo 13, 582cd.
61 Euripide, fr. 40b 2 Mette = 19 Nauck2 = 19 Kannicht. A "Laide", che risponde brillantemente ad Euripide su problemi di etica sessuale, sono attribuiti manuali di sapere ginecologico. Plinio la cita due volte nel libro 28, sull'aborto e le malattie femminili: la prima volta la associa ad Elefantide (28, 23.81), su rimedi di tipo abortivo; la seconda a Salpe (28, 23.82), sul sangue mestruale come rimedio alle febbri terzana e quartana. Al paragrafo 83 Plinio cita Sotira, la levatrice. Elefantide, ammirata dall'imperatore Tiberio (Svetonio, Vita di Tiberio 43; Marziale 12, 43), fu autrice di libri "erotici" e, secondo Galeno, di un trattato di cosmetica; Salpe, di Lemno, scrisse sulle malattie femminili. Sotira scrisse di argomenti medici.
62 Cfr. Mary R. Lefkowitz, Visits to Egypt in the biographical tradition, in Michael Erler, Stefan Schorn (eds.), Die griechische Biographie in Hellenistischer Zeit, Berlin-New York, de Gruyter, 2007, p. 104.
63 Diogene Laerzio 4, 7 = Xenocrates, T 2 Isnardi Parente.
64 Aristippo, test. 60 Mannebach = SSR IV A 91; Diogene di Sinope, SSR test. V B 213.
65 Test. 61 Mannebach = SSR IV A 92.
66 Test. 64a Mannebach = SSR IV A 92.
67 Diogene Laerzio 2, 74-75: fr. 57 Mannebach = SSR IV A 96. La fonte è Sozione fr. 5 Wehrli, dalle Successioni dei filosofi.
68 Diogene Laerzio 2, 84-5: lo specchio del titolo è quello che Laide, nell'Antologia Palatina 6 1, 18, 19, 20, 53, dona ad Afrodite per non contemplare il proprio sfiorire. Cfr. Maria Ypsilanti, Lais and her mirror, «Bulletin of the Institute of Classical Studies», 49, 2006, pp. 193-213.
69 Ateneo 13, 591a.
70 Aulo Gellio, Notti attiche 1, 8.
71 Timocle, fr. 25 K.-A.
72 Pseudo-Demostene, Contro Neera 18 e 22.
73 Teopompo FGrHist 115 F 253.
74 Scolio ad Aristofane, Pluto 179a.
75 Pausania 2, 2.5.
76 Plutarco, Vita di Nicia 15, 4.
77 Scolio ad Aristofane, Pluto 179a.
78 Come si vede, il motivo dell'iniziazione di una giovanissima donna immatura è un vero e proprio topos.
79 Ateneo 13, 588cd.
80 Alcifrone, fr. 5 Benner-Fobes.
81 Cfr. n. 54.
82 Diogene Laerzio 4, 7 = Xenocrates T 2 Isnardi Parente.
83 La statua: Diogene Laerzio 4, 7. Cfr. Valerio Massimo 4, 3 ext.3.
84 Platone, Simposio 212b-223d. Cfr. supra, n. 58.
85 Eliano, Storie varie 10.2.
86 Sull'atleta Eubatas, si vedano i due olimpionici omonimi registrati da Luigi Moretti, Olympionikai, i vincitori negli antichi agoni olimpici, «Memorie della classe di scienze morali e storiche dell'Accademia dei Lincei», 8, 1957, nn. 347 e 421, p. 110 e 121.
87 Istros FGrHist 334 F 55 = Clemente di Alessandria, Stromati 3.6.50.4-51.1.
88 Epicrate, fr. 3 K.-A. = Ateneo 13, 570bd. Sull'Antilaide si veda Heinz Gunther Nesselrath, Die attische Mittlere Komödie. Ihre Stellung in der antiken Literaturkritik und Literaturgeschichte, Berlin-New York, de Gruyter, 1990, pp. 197-198, 277, 319 n. 97.
89 Ateneo 13, 585d, 588c, Eliano, Storie varie 12, 5 e 14, 35, Aulo Gellio 1, 8. Si veda però Ateneo 13, 588ef (SSR IV A 92), sulla liberalità manifestata nei confronti del cinico Diogene, ed Ateneo 13, 588e, sulla rivalità con Frine e la decisione di accogliere un più alto numero di amanti, senza distinguere tra il ricco ed il povero.
90 Scolio ad Aristofane, Pluto 179a.
91 Cfr., e.g., Erodoto 6, 18-19; 3, 14.2; 3, 134.5, Tucidide 3, 35-50; 3, 67.1-2; 4, 122.6; 5, 32.1; 5, 84 ss. e 8, 28.3-4, Diodoro 12, 72.7; 13, 58 e 14, 53.4, Polibio 11, 5.5, Plutarco, Vita di Arato 45, 7 (da Filarco), con Giovanna De Sensi Sestito, Schiave di guerra tra dikaion ed omotes, in Francesca Reduzzi Merola, Alfredina Storchi Marino (a cura di), Femmes-esclaves. Modèles d'interprétation anthropologique, économique, juridique, Napoli, Jovene, 1999, pp. 111-128 e, più in generale, Pierre Ducrey, Le traitement des prisonniers de guerre dans la Grèce antique, Paris, de Boccard, 1999 (1968).
92 Cfr. Aristotele, Politica 1255a3ss., per il quale appartiene al vincitore, per convenzione, quanto è stato conquistato in guerra, tra i cui i vinti, cioè le persone fisiche (somata). È, questa, una forma di schiavitù kata nomon. Cfr. Senofonte, Ciropedia 7, 5.72 s., Memorabili 4, 2.15; Polibio 5, 11.3, con Virgilio Ilari, Guerra e diritto nel mondo antico, I, Milano, Giuffré, 1980, pp. 220 ss.; William Kendrick Pritchett, The Greek state at war, V, Berkeley, University of California Press, 1971, pp. 226 ss.
93 Tucidide 6, 62.3-4, da fonti locali informate e puntuali. Su questo (evidentemente cospicuo) traffico degli schiavi di Iccara, Tucidide insiste in 7, 13.5.
94 Sulla cupidigia e la brama del piacere tipica dei soldati, e sinteticamente definita con l'avverbio stratiotikos, cfr. Plutarco, Moralia 258df.
95 Sull'impiego delle schiave nel mondo antico, molte delle quali erano schiave domestiche e si dedicavano a lavori come la raccolta dell'acqua alla fontana, la filatura e la tessitura, si vedano i saggi raccolti in Reduzzi Merola, Storchi Marino, Femmes-esclaves. Cfr. anche Yvon Garlan, Les esclaves en Grèce ancienne, Paris, La Découverte, 19952, pp. 38-39, 66-79. Sulle pornai di condizione libera o servile, cfr. Salles, I bassifondi, pp. 83-85.
96 Demostene, Contro Midia 21, 45-47 ed Eschine, Contro Timarco 1, 17 attestano che la graphe hybreos -l'azione che chiunque poteva intentare contro il responsabile di uno stupro- tutelava anche gli schiavi; vedi Alick Robin Walsham Harrison, Il diritto ad Atene. La famiglia e la proprietà, tr. it. Alessandria, Edizioni dell'Orso, 2001, pp. 176 e 180. Su questa ed altre forme di tutela legale degli schiavi ateniesi, cfr. Annalisa Paradiso, Schiavitù femminile e violenza carnale: stupro e coscienza dello stupro sulle schiave in Grecia, in Reduzzi Merola, Storchi Marino, Femmes-esclaves, pp. 145-162.
97 Moses I. Finley, Schiavitù antica e ideologie moderne, tr. it. Roma-Bari, Laterza, 1980, pp. 124-125. Violenze impunite in e.g. Demostene 22, 54 e 24, 166.
98 Lo schiavo, «possesso animato»: Aristotele, Politica 1253b32.
99 Nell'Economico di Senofonte (9, 5), il marito mostra alla moglie la stanza delle schiave separata dalle zone maschili non perché, in assoluto, non facciano figli, ma perché non li facciano senza il consenso dei padroni: su ciò e sui benefici che la schiava poteva ricavare dal rapporto con il padrone, cfr. Paradiso, Schiavitù femminile e violenza carnale, in Reduzzi Merola, Storchi Marino, Femmes-esclaves, pp. 160-162.
100 Pausania 2, 2.5 paida ousan; Plutarco, Vita di Nicia 15, 4 eti koren.
101 Scolio ad Aristofane, Pluto 179a (sempre da Polemone, come la maggior parte delle altre informazioni ivi tràdite su Laide?).
102 Ateneo 13, 588cd eti parthenon ousan ed Alcifrone, fr. 5 Benner-Fobes theriotrophetheisa; Pseudo-Demostene, Contro Neera 18 e 22.
Biodata: Annalisa Paradiso insegna Filologia classica e Storia greca all'Università della Basilicata. Studia la trasmissione testuale di alcuni storici antichi.
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Copyright Firenze University Press 2009
Abstract
The ancient sources on Lais are misleading: apparently they concern only one hetaira, but actually they must refer to two or even three "courtesans" of the same name. This naturally reduces the possibility of writing the biography of a single hetaira called Lais, but on the other hand allows us to trace a genre biography, true, in its main lines, for more than one "courtesan" of Antiquity. "Lais", the second, for whom we dispose of more individualised historical details, was a hetaira of brilliant erotic and social success, but she was at the beginning of her life a prisoner of war, sold as a slave in Sicily and then moving to Corinth. [PUBLICATION ABSTRACT]
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