0. Premessa
Nella Poética (4.1448b5-8) Aristotele facendo perno su mimesis propone una definizione di uomo:
«[...] l'attività mimesica (mimeîsthai) è connaturata (súmphuton) agli uomini fin dall'infanzia, ed essi si differenziano dagli altri animali perché sono gli es- seri più mimesici di tutti (mimetikótatón), e perché acquisiscono le conoscenze fondamentali attraverso la mimesis (diá miméseos)»1.
Esiste dunque unattività - sostiene Aristotele - che è nella natura umana, ma anche nella natura di altri enti2. Questa attività - pur se non esclusiva umana - è anche quel qualcosa che distingue gli uomini dagli altri animali, e ció soltanto per l'intensità con cui questa attività è presente nell'uomo, e per- ché attraverso di essa 1'uomo acquisisce le conoscenze fondamentali. Questa attività viene presentata da Aristotele con il verbo mimeîsthai.
1. L'uomo è un animale mimesico
Anche se la frase in cui è incastonata raffermazione antropológica di Ari- stotele è parte di un discorso che intende inserirla in un contesto molto defi- nito, e essa possiede un prima e un dopo che contribuiscono a costituirne il significato, e sui quali ci soffermeremo più avanti, essa, cosí isolata, si presenta come un'essenziale definizione dell'uomo che puô essere sintetizzata come se- gue: l'uomo è l'animale mimesico per eccellenza, e il suo proprio processo co- no sei tivo (che è anche ció per cui ha un primato tra gli altri enti) ha un legame fondamentale con questa eccellenza.
In questa sede Aristotele sembra non doversi preoccupare di chiarire cos'é mimesis, poteva certo giovarsi di un accordo che evidentemente esisteva al tempo sul significato del termine.
Quel che maggiormente pesa sul fraintendimento di esso nell'attualità è forse la traduzione invalsa che lo risolve come "imitazione". II termine "imita- zione" appare riduttivo e fuorviante per tradurre mimesis in quanto rimanda a un agire che coglie e esprime caratteristiche superficiali e esteriori, e/o carica quest'agire di una sorta di negatività3. E appare evidente, in base alla stessa definizione, che superficialità e negatività non possono certo essere caratteri- stiche che Aristotele assegna all'attività mimesica.
Pur se nella Poética non è presente un vero scioglimento del significato di mi- mesis, Aristotele, in più di un luogo dell'opera, usa hómoios (simile) per descrive- re tratti particolari delle opere mimesiche che si riferiscono a caratteristiche po- etiche4. Nella Política, con un respiro più ampio, troviamo la mimesis risolta con il tradizionale linguaggio greco che la associa più genericamente a somiglianza5.
Il "rendersi simile" era, già, stato utilizzato in maniera inequivoca da Platone quando nella Repubblica (393c ss.) ci fornisce la definizione del verbo mimeîsthai.
Nella pagina Platónica questa attività è inizialmente declinata come un agire in cui il soggetto rende sé simile, nella voce e/o nel gesto, a qualcuno. NelTincalzare poi delle esemplificazioni preséntate da Socrate il rendersi si- mile del soggetto viene esteso alia capacita di rappresentare qualsiasi cosa rendendosi appunto, in qualche modo, simile a essa. E proseguendo ancora nella lettura delle pagine della Repubblica, si trovano presentad i risultati che Tattività mimesica produce nelTinterioritá del soggetto anche in assenza di un movimento esteriormente apprezzabile, senza cioè un gestire corporeo o una vocalizzazione. Si traita di un agire mimesico interiore che si realizza davanti a qualunque manufatto umano e dice della radicale attitudine umana a rendersi simile, e a strutturare la propria interiorità attraverso un processo di assimilazione che puô essere anche completamente inconsapevole nel sog- getto in cui esso si realizza6.
2. Razionalità versus mimesicità
Metiere a confronto la definizione di uomo della Poética con un'altra assai nota presente nella Política, e sintetizzata con la formula: "Tuomo è un anima- le razionale"7, puô, a mio parère, aiutare a riconsiderare criticamente alcuni luoghi della prassi educativa, in un momento in cui la situazione di crisi ri- chiama a prospettare nuovi scenari per la formazione umana.
Si avverte immediatamente una radicale differenza tra i due concetti che costituiscono le due definizioni.
La razionalità, a differenza della mimesicità, è una caratteristica única- mente umana, una caratteristica che gli altri animali non hanno. L'uomo non è più razionale degli altri animali, Tuomo è razionale e gli altri animali non lo sono affatto: se un altro animale fosse razionale questi sarebbe un uomo.
La mimesicità, invece, è nella sua essenzialità forza connettivante, qua- si energia relazionale cósmica, no certo esclusivo possesso umano; seppure soltanto nelluomo, e non negli altri enti, essapuô esprimersi fino al vertice del fare arte.
Sia la mimesicità sia la razionalità dicono, dunque, delluomo, ma - sempre secondando Aristotele - mentre la seconda caratteristica dice delluomo in una linea di continuità con gli altri enti, laddove l'umanità si distingue soltan- to per la maggiore intensità con cui quel principio si manifesta nei soggetti che la compongono; la prima caratteristica si basa invece su una diversità radicale: laddove abbiamo Yesserci nelluomo, e il non esserci negli altri enti.
Difficile negare che per realizzare la paideia nelLOccidente del mondo si sia proceduto privilegiando, nelle istituzioni educative, l'attenzione a quella caratteristica delluomo che lo differenzia ontologicamente dall'altro da sé, e si sia sacrificato quellaltro esserci fondato sulla qualitá del suo interrelarsi allaltro da sé; si sia procurato, cioé, di sviluppare Lessenza per cui ci discri- miniamo dall'altro da noi, e di combatiere lessenza con cui ci assimiliamo allaltro da noi. Essenza - quest ultima - che pure, e con tanta perfezione e perfettibilità, è nelluomo8.
Questo procedimento, a favore del discriminante e a scapito del parteci- pante, puô avere conseguenze negative sul relazionarsi umano adulto? Al- lontanare l'uomo da quello che nella sua natura lo spinge ad as-similarsi allaltro (e al comprenderlo attraverso questo assimilarsi) allontana anche l'uomo dalla felicita?
Domande troppo dense per tentare risposte senza essere in possesso di evidenze. E le evidenze, d'altronde, come procurársele?
Non sapendo procederé in questo senso ho da anni intrapreso una strada che mi ha consegnato evidenze che non costituiscono prova scientifica, ma hanno la forza delle tante umanità incontrate.
Non si puô dar qui conto dei molti progetti che sono stati realizzati nel Laboratorio del nostro Dipartimento9, ma se ne puô segnalare uno che per ampiezza dei soggetti coinvolti e per il contesto multietnico in cui è stato re- alizzato puô forse fornire suggestioni utili a insegnanti e operatori che ne ap- prezzino la valenza.
Proporró, dunque, più avanti, attraverso una breve scheda e la visione di un video, di abbandonare il procedimento teorético per discendere al considerare quanto realizzato sul piano pratico; se lo stile dell'intero studio certamente ne risentirà, la ricaduta che questa proposta potrebbe avere sulla convivenza autorizza l'azzardo.
3. Il primato della mimesis per apprendere e comprendere
Per approfondire l'indagine su quello che potrebbe essere il senso di un'e- ducazione che prestí all'attivitámimesicaumanal'attenzione appropriataalia sua rilevanza antropológica, e per ipotizzare le ricadute che questa svolta edu- cativa potrebbe avere sulla costituzione di una nuova convivenza, mi sembra necessario, ora, prendere in esame per intero il passo in cui la definizione di uomo come animale mimesico per eccellenza è inserita.
«Sembra che la poesía debba in generale la sua esistenza a due cause, en- trambe naturali. Prima causa: lattivitá mimesica è connaturata agli uomi- ni fin dall'infanzia, ed essi si differenziano dagli altri animali perché sono gli esseri più mimesici di tutti, e perché acquisiscono le conoscenze fonda- mentali attraverso la mimesis. [Seconda causa:] tutti traggono piacere dagli oggetti mimesici. Un indizio di ciô è quello che succédé con le opere: noi proviamo piacere nel contemplare le immagini quanto più fedelmente ese- guite di quelle cose la cui vista troviamo, nella realtà, raccapricciante: corne le forme degli animali più spregevoli e dei cadaveri. Questo si spiega perché il comprendere risulta molto piacevole non solo ai filosofi, ma ugualmente agli altri uomini, benché le loro attitudini siano al riguardo limitate. La gen- te dunque prova piacere guardando le immagini perché, quando le osser- va, le comprende e ragiona sul significato di ciascun elemento (per esempio: questa persona è il tal dei tali). Perciô, se la gente non ha una precedente familiarità con il contenuto di un opera, quellopera procurerà piacere non già in quanto rappresentazione mimesica ma per la sua lavorazione, per il suo colore o per qualche altro motivo»10.
La rilevanza per l'educativo di questa pagina mi appare tanto vasta quan- to grave mi sembra Pignorarla in qualunque agire finalizzato a sviluppare il comprendere umano.
Ho volutamente sottolineato il verbo comprendere perché esso assieme a "mimesis" e al "piacere" è uno dei perni su cui ruota il passaggio aristotélico.
II verbo greco che ricorre nella frase è manthánein (e il sostantivo a esso relato máthesis) che come nota autorevolmente Halliwell abbraccia in sé i due significad di apprendere e comprendere (learning e understanding).
Aristotele, nello svelare le due cause che a suo parère sono motivo dell'e- sistenza della poesía, ci presenta lattivitá mimesica sotto due diversi dinami- smi, entrambiuniti dallafinalitàdell'apprendere/comprendere.
Nella prima causa egli ci presenta questa attivitá nella sua forma espressi- va, e ce la mostra nell'agire del bambino che naturalmente attua lattivitá mi- mesica quando crea sé a somiglianza di qualcuno o di qualcosa; nella seconda ci mostra l'attività nella forma impressiva quando cioè ci troviamo nella posi- zione di essere fruitori di un opera mimesica.
Quel che accomuna sia il movimento espressivo sia il movimento impressi- vo è proprio manthánein. Quando si fa l'attività mimesica si comprende quan- do si contempla l'attività mimesica fatta da altri si comprende. Questo si puo giustificare fácilmente se il movimento che agisce interiormente il soggetto è essenzialmente lo stesso, cioè se si sta, in entrambi i casi, agendo una mimesis: un processo che possiamo riconoscere come as-similazione. Aristotele sem- bra affermare che è nella natura umana il com-prendere per as-similazione. È l'attività mimesica, cioè quell'attività con cui ci rendiamo simili, che ci con- sente fondamentalmente di comprendere. Ed è un certo produrre e un certo relazionarsi all'oggetto prodotto che dimensionano l'attività del comprendere.
Tutto questo procederé è accompagnato dal piacere, ed è avvicinato, con margini di sovrapposizione, all'agire messo in atto dal filosofo.
Difficile immaginare righe più significative per riflettere sulTagire edu- cativo, e tali da costituire fonte di ineludibile inspirazione per Tistituzio- ne scolastica a motivo della centralità delTapprendere/comprendere che in esse si ritrova.
In esse è sintéticamente rappresentato Eoggetto da apprendere/compren- dere, e il movimento attuato da chi vuole apprendere/comprendere; la natu- ralità e il piacere che caratterizzano questo processo; e tutto ció lo troviamo presentato in una formulazione che ci consegna una straordinaria semplifica- zione di agireumano secondo natura, tutto descritto nellattivitàmimesica.
Aristotele sembra qui riconoscere un primato alla comprensione che si at- tua attraverso la mimesis, essendo questa attività a garantiré le conoscenze fondamentali (mathéseis prêtas), e a costituire Eoggetto della contemplazione che produce ulteriore conoscenza.
Quanto indicato nella prima causa con riferimento ai bambini non implica che Eapprendimento dià miméseos sia - per Aristotele - un agire circoscritto agli apprendimenti propri dell'età bambina: questa modalità potrebbe, infatti, caratterizzare ogni prima comprensione, e perianto quella fondamentale, su cui poggia ogni futura intensificazione del comprendere qualcosa11.
Questa interpretazione estensiva della prima causa consentirebbe una maggiore chiarificazione per il procedimento sviluppato da Aristotele nella seconda causa, e incentrato sul comprendere che si ingenera nel soggetto che contempla Topera mimesica in cui ri-conosce - provando uno specifico pia- cere - qualcosa giá conosciuto in precedenza, senza che pero qui venga speci- ficate attraverso quale dinamismo interiore il soggetto abbia acquisito quella prima conoscenza che consente ora il ri-conoscimento.
4. Verso una riconsiderazione educativa della mimesis
Il passaggio aristotélico apre a una circolaritánellagire educativo che puô essere fácilmente letta nella pratica scolastica ma anche estesa a qualunque pratica educativa che vede in scena un educatore e un educando (ma anche ogni qualvolta un essere umano fronteggi un altro essere umano con il desi- derio di comunicargli qualcosa di umanante).
Abbiamo finora accennato alie due parti in cui Aristotele articola la sua descrizione delle cause che hanno ingenerato Tarte poética. Se abbiamo rico- nosciuto nella prima parte il movimento espressivo della mimesis esemplificato dalTagire naturale delTuomo fin dalla sua infanzia, nulla ci vieta di estendere quest agire allagire delTinsegnante che intende produrre un processo di ap- prendimento e comprensione in un allievo; e di compattare le due parti pro- poste da Aristotele in una sintesi che abbia una incidenza educativa. Intendo dire che Tinsegnante, proprio in forza di questa capacita naturalmente uma- na, presente in ciascuno fin dagli inizi della vita, puô produrre, attraverso la sua azione didattica, una mimesis efficace a generare nelTallievo un apprende- re e un comprendere appropriati. L'insegnante puô cioè rendersi simile, inti- mamente e espressivamente, a quel che intende insegnare. In forza, cioè, della capacita naturale umana di agire la mimesis in maniera eccellente, colui che si trova a insegnare puô generare un'opera - la sua lezione - in cui egli stesso si assimila (e naturalmente esprime questa assimilazione) a ció che vuole sia assimilato dai suoi studenti. In questo modo la lezione scolastica puô essere avvicinata al prodotto mimesico - Topera darte - che caratterizza la seconda parte della definizione aristotélica, alia contemplazione della quale possono dedicarsi gli studenti traendone piacere e, nello stesso tempo, apprendendo e comprendendo.
Non credo ci siano forzature in questo procederé paragonando Topera delTinsegnante a quella del poeta, è lo stesso Aristotele in qualche modo ad autorizzarla: in primo luogo perché tutto Tagire legato alia mimesis è segnato dalla finalitá delTapprendere/comprendere; in secondo luogo perché il fatto che egli in qualche modo assimili Tagire del bambino a quello di un qualun- que artista, anche il più grande12, porta con sé la negazione del divino per giustificare la poiesi artística e lo sostituisce con un procedimento antropoló- gico13, nel quale chiunque motivato al processo dell'apprendere/comprendere puô sentirsi chiamato in causa.
Quando ci volgiamo al passato e guardiamo a quel che è rimasto vivo in noi, nella nostra memoria (ma ancor più nel nostro esserci), degli anni di stu- dio che ci stanno alie spalle, non riconosciamo, forse, che quel che è rimasto vivo in noi è proprio quel che ci è stato trasmesso vivo da un insegnante che si rendeva simile con passione a quello che era l'oggetto (o il soggetto) del suo insegnamento; qualcuno, cioè, che quasi riviva in sé quel che voleva noi apprendessimo e comprendessimo (e che poteva essere benissimo anche una qualità del pensare, e non un che di oggettivo) e noi, in forza della sua e della nostra mimesis, possiamo dire di aver appreso e compreso?
Sebbene abbiamo in qualche modo riconosciuto il fare la mimesis come un rendersi simili, credo che occorra uno sforzo ulteriore per comprendere cosa sia mimesis quando quest agire vive intensamente nell'umanità che lo attua; per far do pensó sia bene tornare (come ci suggerisce peraltro Aristotele) a guardare al giocare spontaneo dei bambini in qualunque parte del mondo essi siano nah.
Forse il modo più facile per farlo è accedere alla nostra esperienza di vita per ricordare un momento in cui abbiamo giocato a fare come sefossimo... la mamma, la maestra, un animale, un supereroe dei fumetti, la strega che vola sulla scopa...
Ancora una volta ci rendiamo conto come il verbo "imitare" sia estrema- mente riduttivo e inefficace per descrivere quel che avviene in quest agiré.
Se guardiamo in noi con sincerità e senza pregiudizi a questa azione stra- ordinaria possiamo riconoscere quanto poco essa abbia a che fare con l'imita- re e quanto invece costituisca per intensità e misteriosità quasi un vértice del vivere umano14.
Quando un bambino fa la mimesis, produce in sé un apertura in cui l'altro, che è l'oggetto della mimesis, puô entrare con una propria originalità, e abitare nello spazio vitale di quella singóla umanità bambina; il cucciolo dell'uomo offre tutto quel che c'è di vitale in lui affinché l'altro possa esprimersi con le caratteristiche sue proprie, ma, nello stesso tempo, e in virtù di un processo che possiamo ricondurre alla razionalità, è il bambino a direzionare l'agire dellaltro di cui fa la mimesis; e puô intensificare, modificare, regolare la stessa mimesis che sta realizzando. Prova ne sia che un bambino che sta facendo la mimesis dell'Uomo-ragno (Spiderman), seppure si sentira veramente agile e invincibile, non perde il contatto con la realtà al punto di aprire la finestra e di gettarsi felicemente nel vuoto (se questo accadesse non saremmo più in un processo di assimilazione, che è proprio della mimesis, ma in un processo di identificazione che qui avrebbe carattere patológico).
Naturalmente la mimesis che l'insegnante produce sarà in primo luogo dipendente dalla conoscenza vitale dell'oggetto, o dellargomento, che questi intende far apprendere agli studenti; in secondo luogo essa dipenderá dalla liberta e dalla padronanza del proprio agire espressivo.
Dunque, in virtù della propria capacita mimesica, finsegnante puô pro- durre una mimesis efficace all'apprendimento e che procura piacere proprio perché accende il comprendere; ma la circolarità della definizione aristotélica apre anche all'insegnante la possibilitá di comprendere dalla mimesis prodot- ta dagli studenti per apprendere.
Quel che diventa cruciale in questo processo di apprendimento e di com- prensione, che riconosce il ruolo centrale al dinamismo mimesico e intende operare al meglio per servirlo, è che gli studenti siano il più possibile invogliati a realizzare la mimesis della lezione mimesica prodotta dalfinsegnante, di quel- la lezione cioé che è realizzata offrendo tutte le fibre del proprio essere affinché l'oggetto, o il soggetto, da insegnare trovi ncllagirc didattico dell'insegnante la sua espressione più efficace per provocare l'apprenderc e il comprendere.
Nellagire mimesico degli studenti sembra giocare un ruolo cruciale il cor- po, che ritroviamo naturalmente coinvolto nel giocare spontaneo dei bambini a cui poco sopra si alludeva.
Credo sia un errore incastrare il corpo del bambino tra una seggiola e un banco se si ha piena consapevolezza che è nella misura in cui si realizza la mimesis che si comprende. Nella misura in cui noi facciamo noi stessi simili úYaltro che vogliamo comprendere noi lo apprendiamo. Una maggiore pos- sibilité di agire corporeo faciliterebbe, dunque, è questa la mia ipotesi, qua- lunque processo di assimilazione, cosí come, al contrario, ogni inibizione del movimento che puô essere riconosciuto come mimesis dell'oggetto (o del con- cetto) insegnato inibisce, in qualche modo, anche il processo di assimilazione. Ma ogni apprendimento puô essere riconosciuto come assimilazione di un movimento, e piuttosto che limitare la mimesis al movimento corporeo è bene riconoscerla anche nei movimenti del nostro pensare.
Inoltre la liberté espressiva nel processo di apprendimento favorirebbe la pos- sibilité per l'insegnante di comprendere i propri studenti e di approfondire quel che si è voluto insegnare e di avere segni evidenti di quel che è stato compreso.
Noi nulla sappiamo dei movimenti interiori dell'altro e l'espressione mi- mesica costituisce il più primitivo movimento a disposizione dell'essere uma- no per esprimere il proprio sentimento, ogni altra attivité espressiva si produ- ce, in qualche modo, a partiré da essa15.
Note di accompagnamento al video che presenta il progetto realizzato nell'an- no scolastico 2011/2012presso VIstituto comprensivo "Daniele Manin" di Roma.
(link: http://www.youtube.com/watch?v=ahslKBedVBs)
II progetto ha coinvolto 17 classi dell'Istituto: scuola dell'infanzia, scuola primaria, scuola secondaria di primo grado, e alcune classi del CTP (centro territoriale permanente) frequentate da migranti adulti per l'apprendimento dell'italiano come seconda lingua.
Il progetto prevedeva una prima fase in cui gli insegnanti delle classi coin- volte svolgevano un corso in cui erano chiamati a riscoprire in sé la propria capacité mimesica.
Una seconda fase in cui ciascun insegnante sceglieva un ámbito curricola- re in cui era interessato a sperimentare una didattica che facesse perno sulla capacité mimesica di alunni e insegnanti.
Una terza fase in cui un esperto del MimesisLab affiancava il docente nella realizzazione di 10 ore di lezione in cui si affrontava la materia del curricolo giovandosi della capacita mimesica.
Si è1 inoltre utilizzato il método mimesico di Orazio Costa Giovangigli16 per procederé all'insegnamento dell'italiano come seconda lingua in alcune classi di migranti adulti. Nello specifico si è proceduto alla lettura espressiva di alcune pagine dell'Opera pirandelliana.
II video che presenta una sintesi dell'attività realizzata è stato montato da Elisa Muscillo ed è visibile nella pagina web del MimesisLab - Laboratorio di Pedagogía delEEspressione del Dipartimento di Progettazione Educativa e Didattica delEUniversitá Roma Tre.
Gilberto Scaramuzzo, from theoretical reflection to educational praxis
The article reflects on Aristotle's Poetics, 4.1448 b4-19. It examines how the defi- nition of man as a mimetic animal (b5-9) is underestimated in educational prax- is, and then, according to Aristotle, points to mimesis as the core of the under- standing/learning processes. Arguing a revaluation of mimesis as necessary to educational praxis, the article presents a project delivered through this principle in a multi-ethnic school context.
1 Scelgo di tradurre il greco mimeîsthai con attività mimesica ricalcando la traduzione di Stephen Halliwell che lo traduce con "mimetic activity". Non utilizzo dunque imitare (scelta più affermata, che segue la tradizione della traduzione latina di mimesis con imitatio, e del verbo corrispondente con imitari). La scelta è motivata dal fatto che mimeîsthai non puó, se non in rari casi, essere tradotto con imitare senza ingenerare gravi incomprensioni e veri e propri fraintendimenti, come avremo modo di sottolineare più avanti. Il vocabolo greco mimesis si utilizzerà nel testo senza tradurlo: operando la sola traslitterazione e omettendo l'accento; e si utilizzerà, inoltre, mimesico/a in luogo del più usato "imitativo/a" e del più immediato "mimetico/a", al fine di valorizzare la relazione dell'aggettivo con il sostantivo, e di evitare le possibili precomprensioni fuorvianti che potrebbero gravare sia su imitativo/a sia su mimetico/a.
2 Aristotele riconosce esplicitamente anche la mimesis degli animali e offre esempi specifici con riferimento agli uccelli. In proposito si veda Aristotele, Storia degli animali, 8.12, 597 b23-26; 9.1, 609 bl6; 9.49, 631b9.
3 Nella modernità e nella contemporaneità i due più articolati studi filologici in cui si ri- trova seriamente e radicalmente confutata l'equi-walenza di mimesis con 'imitazione' (Na- chahmung, imitation) sono quelli di H. Koller, Die mimesis in der antike. Nachahmung, Dar- stellung, Ausdruck, Berna, Francke, 1954; e di S. Halliwell, The aesthetics of mimesis. Ancient texts and modern problems, Princeton University Press, Princeton, 2002; i due studi produco- no la loro confutazione con percorsi di ricerca e di analisi assai distinti. Sulla nécessita di am- pliare il significato di mimesis oltre l'angusto spazio veicolato dal vocabolo 'imitazione' vedi anche G. Gebauer, C. Wulf, Mimesis. Kultur, Kunst, Gesellschaft, Reinbeck, Rowohlt, 1992.
4 Poética, 2.1448a6 e al2; 15.1454bl0.
5 Segnala a questo riguardo Halliwell: «Nel libro VIII della Política (8.5, 1340a), infatti, egli afferma che le mélodie e i ritmi contengono somiglianze (homoiomata, 18) con certe qualitá dei caratteri {ethé) e poi precisa che le mélodie e i ritmi sono forme mimetiche (ovvero che contengono mimemata, 39) di questi ethe. Qui i due termini sono chiaramente sinonimi, come conferma, nello stesso passo, l'uso delle somiglianze (ta homoia, 23) per descrivere sintéticamente gli artefatti mimetici» (S. Halliwell, L'estetica della mimesis. Testi antichi e problemi moderni, Palermo, Aesthetica, 2009, pp. 140, 141).
6 Leggiamo in Platone, Repubblica, III, 401bl ss. «Dobbiamo dunque solamente sorvegliare i poeti e forzarli a dare nei loro poemi rimmagine del carattere buono, o, se no, a non svolgere tra noi la loro opera poética? O dobbiamo sorvegliare anche gli altri artefici e impediré loro di rappresentare questo cattivo carattere, questa intemperanza, bassezza e ineleganza sia nelle immagini di esseri viventi sia nelle costruzioni sia in ogni altra loro opera? Non si deve proi- bire agli incapaci di lavorare tra noi, per evitare che i nostri guardiani, educati tra [nutriti da] immagini di vizio come tra l'erbaccia, moite volte al giorno, a poco apoco, mietano epascoli- no da parecchie parti e contraggano nell'anima loro, senza accorgersi, un único grande male? Occorre invece ricercare quegli artefici che per felici doti naturali siano capaci di seguire le tracce della naturale bellezza ed eleganza; e cosí i giovani, come se abitassero in un luogo sano, trarranno vantaggio da ogni parte donde un effluvio di opere belle, come una brezza spirante da luoghi salubri e recante salute, ne colpisca la vista o l'udito; e fin da fanciulli senza che se ne avvedano [lantháne] li guidi alla somiglianza [homoiótetá], all'amicizia [philian] e alla concordia [symphonían] con la bella ragione [kalô logo], - Si, rispóse, cosi sarebbero allevati benissimo [kállista trapheîen]».
7 Si tratta della traduzione invalsa, seppur non fedele, della celebre formulazione relativa all'uomo come zôon logon échon ricavata da due luoghi della Política di Aristotele (1253a9- 20; 1332b5).
8 A proposito dell'eccellenza deU'animale-uomo come mimatore e del primato della facoltà mimetica sulle funzioni superiori delluomo cf. W. Benjamin, Sulla facoltà mimetica, in An- gelus Novus. Saggi e frammenti, Torino, Einaudi, 1995, p. 71.
9 II Laboratorio a cui si fa riferimento è il MimesisLab - Laboratorio di Pedagogía dell'E- spressione del Dipartimento di Progettazione Educativa e Didattica delEUniversità degli Stu- di Roma Tre.
10 Aristotele, Poética, 4.1448b4-19. Perla traduzione cf. Halliwell, S., L'estetica della mimesis, ed. cit., pp. 159, 160 dove Loriana Maimone Ansaldo Patti ricalca la traduzione dell'autore, da questa mi sono sostanzialmente distanziato seguendo Diego Lanza nel tradurre prótas (1448b8) con "fondamentali" (anziché con "prime" come ivi proposto), di questa scelta daró conto più avanti.
11 Dell'esistenza di un primo apprendimento imperfetto abbiamo evidenza in Etica Nicoma- chea (7.3,1147a21) dove Aristotele parla dei proton mathóntes come di coloro che possiedono un primo apprendimento di qualcosa ma che ancora non hanno veramente compreso, e in questo caso non c'è specifico riferimento all'etá bambina. Per una riconsiderazione del ruolo della mimesis sul processo attraverso il quale gli uomini apprendono e comprendono l'agire virtuoso (riconsiderazione che si avvale di Poética 1448b4-10), cf. H.J. Fossheim, Elabituation as mimesis, in T. Chappel, (edited by), Values and Virtues. Aristotelianism in Contemporary Ethics, Oxford, Clarendon Press, 2006, pp. 105-117.
12 Scrive Halliwell facendo riferimento a Poética (1448b4 ss.): «Qui non emerge alcun ele- mento per cancellare le enormi differenze tra il gioco dei bambini e, poniamo, una tragedia di Sofocle o un affresco di Polignoto. Aristotele vi coglie anzi un tratto comune: la naturale propensione umana verso la messinscena immaginaria di realtà possibili, con il conseguente piacere di "apprendere" e di "comprendere" (il verbo chiave manthanein indica entrambe le cose) tramite l'attività mimetica» (S. Halliwell, op. cit., p. 160).
13 Cf. D. Lanza, Come leggere oggi la «Poética», in Aristotele, Poética, Milano, Rizzoli, 1993, p. 40.
14 Scrive Vico seguendo la traccia di Aristotele (utilizzando il termine "imitare" che va qui riconosciuto come fare la mimesis) come l'apprendere attraverso la capacita mimesica segni una tappa fondamentale nella storia delFumanità: «Ifanciulli vagliono potentemente nell'i- mitare; perché osserviamo per lo più trastullarsi in assemblare ció che son capaci d'appren- dere.
Questa Degnitá dimostra, che T Mondo /andullo fu di nazioni poetiche, non essendo altro la Poesía, che Imitazione.
E questa Degnità daranne il Principio di ció, che tutte YArti del necessario, utile, comodo, e n buona parte anco delYumano piacere si ritrovano ne' secoli Poetici, innanzi di venir i Filosofi: perché YArti non sono altro, ch'imitazioni della Natura, e Poesie in un certo modo reali» (G. Vico, Princip) di Scienza Nuova. D'intorno alla comune natura delle nazioni, Firenze, Parenti, 1847, p. 57).
E più Avanti nella sua opera Vico riprende il discorso facendo ricorso pressoché alle stesse parole:
«[...] non solo le cose necessarie alla vita, ma Yutili, le comode, lepiacevoli ed infino alle super- flue del lusso si erano già ritrovate nella Grecia innanzi il provenirvi i Filosofi, come il farem vedere, ove ragioneremo d'intorno alYEtà d'Omero: di che abbiamo sopra proposto una De- gnitä ch'i Fanciulli vagliano potentemente ne\Yimitare; e la Poesía non è, che Imitazione; e le Arti non sono, che Imitazione della Natura, e 'n conseguenza Poesie in un certo modo reali» (Ivi, p. 131).
15 È bene qui rileggere ancora per esteso la lezione di Benjamin a cui anche in una precedente nota si è accennato:
«La natura produce somiglianze. Basta pensare al mimetismo animale. Ma la più alta capa- cita di produrre somiglianze è propria dell'uomo. Il dono di scorgere somiglianze, che egli possiede, non è che un resto rudimentale dell'obbligo un tempo schiacciante di assimilarsi e condursi in conformità. Egli non possiede, forse, alcuna funzione superiore che non sia con- dizionata in modo decisivo dalla facoltà mimetica.
Ma questa facoltà ha una storia, e in senso filogenetico come in senso ontogenético. Per quan- to riguarda questo secondo, la sua scuola è per molti rispetti il gioco. II gioco infantile è tutto pervaso da condotte mimetiche, e il loro campo non è affatto limitato a ció che un uomo imita dall'altro. II bambino non gioca solo a «fare» il commerciante o il maestro, ma anche il mulino a vento e il treno» (W. Benjamin, op. eit, p. 71).
16 Orazio Costa Giovangigli, regista e formatore di generazioni di attori della scena italiana, è stato con Silvio d'Amico il principale animatore dell'Accademia Nazionale d'Arte Dram- matica. Per ogni approfondimento sul método che da lui prende il nome cf. G.G. Colli, Una pedagogía dell'attore. L'insegnamento di Orazio Costa, Roma, Bulzoni, 1996.
Bibliografia
W. Benjamin, Sulla facoltà mimetica, in Angelus Novus. Saggi e frammenti, Torino, Einaudi, 1995.
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G. Vico, Principj di Scienza Nuova. D'intorno alla comune natura dette nazio- ni, Firenze, Parenti, 1847.
Ringraziamenti
AlTattenzione e alla cura severa di Francesco Mattei sono debitore per la forma che ha assunto il lavoro.
Sono debitore a Stephen Elalliwell, la cui ricerca è per me fonte di continua ispirazione, per il dialogo su un punto nodale del presente studio.
A Valentina Tinelli e a Elisa Muscillo per il lavoro sul campo.
A Enrica Zabeo, funzione stumentale formazione, a Letizia Ciferri, diri- gente scolastico, e a tutte le insegnanti dell'Istituto Comprensivo "Daniele Manin" di Roma per Eapertura di fiducia.
A tutti i bambini, ai loro genitori, e agli adulti migranti che hanno accon- sentito a essere ripresi nell'intimita della loro ricerca espressiva.
Gilberto Scaramuzzo
Ricercatore di pedagogía generale e sociale, Università di Roma Tre
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Copyright Firenze University Press 2013
Abstract
The article reflects on Aristotle's Poetics, 4.1448 b4-19. It examines how the defi- nition of man as a mimetic animal (b5-9) is underestimated in educational prax- is, and then, according to Aristotle, points to mimesis as the core of the under- standing/learning processes. Arguing a revaluation of mimesis as necessary to educational praxis, the article presents a project delivered through this principle in a multi-ethnic school context. [PUBLICATION ABSTRACT]
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