Fra le diverse forme assunte dalla pedagogía di Leopardi, è degna di nota una linea teórica venata da un possibilismo di fondo e non priva di ricadute concrete. L'educazione dei giovani italiani è, a ben vedere, un caso a parte nel discorso leopardiano. Più precisamente, costituisce una risposta pratica a una questione specifica; e si tratta di una risposta more paedagogico perché al problema italiano Leopardi puó fornire questo tipo di sussidio. È il quadro storico, il contesto politico a esigere una mobilitazione pragmatica, come conferma la cultura italiana del tempo, tutta polarizzata in senso nazionalistico e risorgimentale. Anche nel caso di Leopardi vi è un movente patriottico1 a base dello sforzo teorico e la pedagogía che ne discende è, come dire, un núcleo a sé, delimitato anzitutto nella tematica. Non è una riflessione ingranata in un sistema complessivo e costituisce quindi un mero segmento, una tranche del discorso pedagógico. A dispetto di un Leopardi altrove poco fiducioso nelleducazione, il suo pensiero è qui senz'altro più possibilista. Non è infatti, questa, una linea teórica difensiva, volta a evitare gli urti del mondo e a lenire la sofferenza esistenziale, bensi una concezione attiva, quanto mai convinta e animata da un forte slancio ideale; cosicché il discorso pedagógico esibisce una diversa tonalità, qualificandosi sia per il preciso richiamo al contesto storico-culturale, sia per la validità pragmatica.
Davanti a un vistoso degrado morale, a un'Italia non ancora unificata e sempre gravata da tanti mali atavici, dinanzi a una gioventù fiacca, imbelle, senza ideale di patria né fierezza, il poeta marchigiano esprime il più vivo disappunto. Al contempo, vuole peró dar crédito ai giovani italiani. Punta quindi sulla reazione, sullorgoglio e s'impegna in uno sforzo di formazione civile, con la speranza di far germogliare una nuova sensibilità.
Molto vivace nei primi tempi, questa tensione propulsiva è comprensibile se si considera l'evoluzione del suo pessimismo. Leopardi è ancora convinto che l'infelicità sociale sia un fatto storico, rimediabile con la costruzione di una società diversa e più libera. Si è dunque nella fase del cosi detto "pessimismo storico", databile intorno agli anni venti2 e anteriore a quello "cosmico". Vi è insomma una sincera fiducia in un azione formativa capace di modificare la società italiana. Ne deriva una quantità di pensieri, di proposte e, nell'insieme, si delinea un ámbito a sé del discorso pedagogico, qua slegato dalla condizione esistenziale e dal più ampio problema di un'umanità sofferente; sicché la pedagogía leopardiana, per via délia specificità tematica, esibisce ora una fisionomía più definita.
A un primo esame, colpisce l'entità dell'impegno profuso. Un impegno davvero notevole, fondato sulle sue migliori abilità retoriche, come ben chiarisce un passo zibaldoniano del luglio 1821.
Cosi a scuotere la mía povera patria, e secolo, io mi trovero avere impiegato le armi dell'affetto e dell'entusiasmo e dell'eloquenza e dell'immaginazione nella lírica, e in quelle prose letterarie ch'io potrô scrivere; le armi délia ragione, délia lógica, délia filosofía ne' Trattati filosofici ch'io dispongo; e le armi del ridicolo ne' dialoghi e novelle Lucianee ch'io vo preparando3.
Non è abusivo definire "pedagogico" questo impegno civile, in quanto l'agognata riscossa puô aver luogo solo se la gioventù italiana è ben guidata, educata, indirizzata al nobile scopo. Non solo. Per Leopardi bisogna far leva sulla coscienza di tutti i cittadini, come le madri, i politici e le élites borghesi. Ne segue un opera formativa svolta a tutto tondo e affidata al suo migliore arsenale dialettico.
A ben valutare, il discorso pedagogico, qua lontano dal piano astratto e atemporale, assume una marcata valenza pragmatica; ma ció non deve stupire, in quanto la trattazione del tema educativo è occasionata dal contingente. Non a caso, sono frequenti i richiami al contesto storico-culturale e la riflessione pedagógica prende forma in relazione alie vicende italiane del primo Ottocento.
Questo filone pedagogico è da vedere nel suo duplice aspetto. Uno senz altro più pratico, esortativo, rivolto perlopiù ai giovani e aile madri, finalizzato a risvegliare la coscienza nazionale, a innescare una reazione salutare. L'altro più giocato sul piano speculativo. Leopardi svolge difatti una lucida analisi teórica, una diagnosi sociale con cui pone a nudo difetti e debolezze di un popolo non ancora maturo. Questo studio critico ha un alto valore informativo per la classe diligente, cui va imputata la responsabilità morale dell'educazione del popolo. Vi è di certo, in tutto ció, molta pedagogía e il discorso si salda con quello politico, cosi da potersi cogliere due linee d'intervento confluenti e sinergiche. Anzi, in alcuni punti la convergenza è cosi forte da non distinguersi un confine netto fra il politico e il pedagogico.
Questo pensiero è localizzabile anzi tutto negli anni giovanili, fino al 1821, con una serie di componimenti dove il tema civile-nazionale è dominante. A parte le prime posizioni, ancora condizionate a fondo dalle idee di Monaldo4, come comprova Agl'italiani. Orazione in occasione della liberazione del Piceno (1815)5, il giovane Leopardi acquista ben presto una più matura consapevolezza. Influenzato dal pensiero di Alfieri e del liberale Giordani, prova un impeto eroico e si risolve a servire la causa italiana con fermezza e passione. Questo stato d animo6 è ben visibile in una lunga lettera del 1817 a Giordani, nella quale, dopo aver manifestato la sua avversione per Recanati, sostiene «mia patria è l'Italia per la quale ardo d amore, ringraziando il cielo d aver mi fatto Italiano»7.
Quel che serve è risvegliare la coscienza nazionale in vista di una riscossa. Da qui tutto il suo impegno, profuso in senso poetico-morale. Fra i componimenti animati da tale impulso, sono del 1818 sia il Discorso di un italiano intorno alla poesía romantica, sia le canzoni All'Italia e Sopra il monumento di Dante che sipreparava in Firenze. Sulla stessa linea, è la canzone Ad Angelo Mai, quand'ebbe trovato i libri di Cicerone della Repubblica (1820), mentre seguono di un anno sia Nelle nozze della sorella Paolina, sia A un vincitore nelpallone. Sono da includere anche due abbozzi: Argomento di una Canzone sullo stato presente dell'Italia nonché Dell'educare la gioventù italiana8 le cui idee traggono spunto dalle nozze - solo previste, ma non celebrate - della sorella Paolina. A questi lavori sono da aggiungere il mirabile Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani, steso nel 1824, vero capolavoro di analisi sociale e antropológica; le non esigue nozioni disperse nel corpo dello Zibaldone oltreché la Palinodia dedicata al Capponi, i Nuovi credenti e i Paralipomeni, nei quali è ben viva e pungente la polémica contro le élites italiane, incapaci di promuovere un autentica formazione civile. Né vanno dimenticate le Operette morali, con il loro tono satírico e moralistico, finalizzato a sferzare la coscienza del lettore.
Per dare un'idea di un cosi intenso pathos esortativo, si veda la canzone All'Italia, in cui Leopardi delinea lo stato deplorevole di un paese grande nel passato, ma ora inerme, incatenato e piangente. Un paese ormai caduto «da tanta altezza in cosi basso loco». Un'Italia che nel passato fu donna, mentre ora è solo unapovera ancella, i cui figli combattono altrove, asserviti a comandi stranieri. Esemplari, in tal senso, alcuni versi.
Dove sono i tuoi figli? Odo suon d'armi
e di carri e di voci e di timballi:
in estranie contrade
pugnano i tuoi figlioli.
Attendi, Italia, attendi. lo veggio, o parmi,
un fluttuar di fanti e di cavalli,
e fumo e polve, e luccicar di spade
come tra nebbia lampi.
Né ti conforti? e i tremebondi lumi
piegar non soffri al dubitoso evento?
A che pugna in quei campi
l'itala gioventude? O numi, o numi:
pugnan per altra terra itali acciari9.
Non puó non colpire, in queste parole, tutta lamarezza per i giovani d'Italia impegnati oltralpe, ma pure il non rassegnarsi a un crepuscolo senza speranza. Leopardi crede con fermezza in un risveglio, in uno scatto d'orgoglio e tenta perció di stimolare la gioventù con le armi a sua disposizione, in primo luogo con esortazioni accorate.
Validi esempi di taie volontà compaiono nel finale del Discorso di un italiano intorno alla poesía romantica, quando sprona i giovani a non cedere a nessun altro quel primato da sempre detenuto nel campo artístico e letterario. Un primato - Túnico rimasto - da conservare comunque, sia pure in un quadro disastroso.
Soccorrete, o Giovani italiani, alia patria vostra, date una mano a questa afflitta e giacente [...] perduta la signoria del mondo e la signoria di se stessa, perduta la gloria militare, fatta in brani, disprezzata oltraggiata schernita da quelle genti che distese e calpestó, non serba altro che l'imperio delle lettere e arti belle, per le quali come fu grande nella prospérité, non altrimenti è grande e regina nella miseria10.
Nel polemizzare con il romanticismo, Leopardi rivendica la grandezza délia nostra cultura e invita i giovani a esserne fieri, esortandoli a evitare ogni cedimento esterofilo: «Questa patria, o Giovani italiani, considerate se vada sprezzata e rifiutata, vedete se sia tale da vergognarsene quando non accatti maniere e costumi e lettere e gusto e linguaggio dagli stranieri...»11. È evidente, anche ora, la viva tensione nazionalistica tutta modulata in senso educativo e quanto mai decisa a scommettere sulla gioventù italiana. Va pure notato, in questo Discorso, come la dialettica formativa non si svolga secondo norma, cioè fra adulto e giovani, bensi tra pari, data l'età del poeta12. Leopardi è cosciente di tale propizia contingenza e non manca di segnalarla: «Sono coetáneo vostro e condiscepolo vostro, ed esco dalle stesse scuole con voi, cresciuto fra gli studi e gli esercizi vostri, e partecipe de' vostri desideri e delle speranze e de' timori»13. Una circostanza, questa, che per sua convinzione pedagógica dà senz'altro più forza alla persuasione. Nell'esaminare la posizione critica sostenuta nel Discorso, Walter Binni pone in evidenza la via seguita da Leopardi al fine di perorare la causa patriottica: «La passione nazionale e la volontà di riportare il discorso estetico in un quadro più vasto di ripresa culturale e civile italiana e di far valere la poesía come forza di rigenerazione patriottica si esplicitano nel finale enfático, ma tutt'altro che convenzionale, del Discorso, rivolto significativamente ai "giovani" italiani»14.
Sulla medesima linea di impegno civile, sono pure le due canzoni Sopra il monumento di Dante, del 1818, e Ad Angelo Mai, composta nel 1820, nelle quali l'amarezza per un'Italia dal glorioso passato è sempre molto viva. Non più ai giovani, ma aile madri italiane si volge l'esortazione nel 1821, con la canzone Nelle nozze délia sorella Paolina, i cui motivi figurano altresi nell'abbozzo Dell'educare la gioventù italiana. A Paolina, cosi come a tutte le madri, è rivolto un appello accorato: è necessario generare, allevare e formare figli non "codardi", ma forti, virtuosi, atti a ribaltare, un domani, la situazione dell'Italia.
Donne, da voi non poco
La patria aspetta; e non in danno e scorno
Dell'umana progenie al dolce raggio
Delle pupille vostre il ferro e il foco
Domar fu dato15.
Quest educazione materna ha il dovere di dare «forti esempi» ai figli, mirando alla virtù, al coraggio, al compimento di azioni nobili e generóse: «Madri d'imbelle prole / v'incresca esser nomate»16. Leopardi assegna un ruolo formativo di prim'ordine alle madri italiane, affinché riescano a governare «la santa fiamma di gioventù»; e individua cosi un'ulteriore sponda verso cui dirigere e far fruttare lo sforzo educativo.
¿'ideale patriottico è ben vivo anche nella canzone A un vincitore nel palíeme, in cui esalta la vitalità e l'esercizio físico, temi pedagogici a lui molto cari e svolti pure in tanti luoghi dello Zibaldone. II gioco del pallone, nel qua-le il «bennato garzone» è campione, dà l'occasione per elogiare sia la vitalità eroica, sia il vivere intenso e virile, contrario all'oziare: «Te rigoglioso dell'età novella / Oggi la patria cara / Gli antichi esempi a rinnovar prepara»17. Una cosa è sicura: Leopardi ripone le sue speranze nei giovani. Sono soltanto loro a poter capovolgere la situazione, purché siano animati da un impulso eroico, da una vera e profonda passione nazionale. Ne segue l'esigenza di educarli alia coscienza della grandezza perduta. Di educarli, perció, in senso patriottico; ed è senz'altro, questo, un nodo pedagógico che lo impegna a fondo, in un giro di pensieri prolungato e ripetuto.
Per una disamina più completa, è bene precisare quanto si frappone a questa educazione. Leopardi è consapevole di quanto sia vitale l'amor di patria e ne individua il peggior nemico nella filosofía moderna. Come chiarisce nello Zibaldone, la salvaguardia della liberta delle nazioni «non è la filosofía né la ragione, come ora si pretende che queste debbano rigenerare le cose pubbliche, ma le virtù, le illusioni, l'entusiasmo, in somma la natura, dalla quale siamo lontanissimi»18. Va denunciata, in particolare, l'idea di un amor patrio illusorio19, come rileva in questo pensiero.
Ed ecco un'altra bella curiosità della filosofía moderna. Questa signora ha trattato l'amor patrio d'illusione. Ha voluto che il mondo fosse tutta una patria, e l'amore fosse universale di tutti gli uomini [...]. L'effetto è stato che in fatti l'amor di patria non c'è più, ma in vece che tutti gli individui del mondo riconoscessero una patria, tutte le patrie si son divise in tante patrie quanti sono gl'individui, e la riunione universale promossa dalla egregia filosofía s'è convertita in una separazione individúale20.
Anziché riderne e ritenerlo vano, l'amor di patria è invece basilare e va coltivato con molta cura nei cittadini. A ben considerare, il problema pedagógico è al contempo una questione política e, non a caso, Leopardi chiama in causa la responsabilità dei governanti. A questi e non ad altri va imputato il degrado italiano; e proprio da qui bisogna partiré. Con alcuni gesti ben pensati, con qualche modifica dall'alto, il popolo potrebbe risvegliarsi, sentire l'amor pa-trio e, quindi, operare un salutare cambiamento. Al riguardo, è da notare un altro passo zibaldoniano prefigurante uno scenario favorevole.
Se i principi risuscitassero le illusioni, dessero vita e spirito ai popoli, e sentimento di se stessi; rianimassero con qualche sostanza, con qualche realtà gli errori e le immaginazioni costitutrici e fondamentali delle nazioni e delle société; se ci restituissero una patria, se il trionfo, se i concorsi pubblici, i giuochi, le feste patriottiche, gli onori renduti al mérito, ed ai servigi prestati alla patria tornassero in usanza; tutte le nazioni certamente acquisterebbero, o piuttosto risorgerebbero a vita, e diverrebbero grandi e forti e formidabili. Ma le nazioni meridionali massimamente, e fra queste singolarmente l'Italia e la Grecia (purché tornassero ad essere nazioni) diverrebbero un'altra volta invincibili21.
Leopardi, dunque, non si limita a esortare i giovani e le madri d'Italia, ma spinge più avanti l'impegno patriottico, esaminando i vari modi per formare una gioventù forte e virtuosa. Nei giovani vi è molto entusiasmo il quale va perô apprezzato e potenziato, in vista di un amor patrio non disgiunto da virtù cívica. Cosicché i governanti dovrebbero agiré comerá uso nei tempi antichi, tenendo in gran conto il fervore giovanile, per valorizzarlo con una serie di premi e incentivi. Nell'educazione nazionale, questo è un punto decisivo, da focalizzare meglio e a cui Leopardi dà un contributo preciso: «L'ardor giovanile, cosa naturalissima, universale, importantissima, una volta entrava grandemente nella considerazione degli uomini di stato. Questa materia vivissima, e di sommo peso, ora non entra più nella bilancia dei politici e dei reggitori, ma è considerata appunto come non esistente»22. A quanto pare, discorso pedagógico e discorso politico, animati da un analogo tono propulsivo, sono qua unificati e trovano il punto di confluenza in una gioventù da meglio indirizzare.
L'ardore giovanile è la maggior forza, lapice, la perfezione, 1 ?χμ? della natura umana. Si consideri dunque la convenienza di quei sistemi politici, nei quali Γ?χμ? dell'uomo, cioè l'ardore e la forza giovanile, non è punto considerata, ed è messa del tutto fuori del calcolo, come ho detto in altro pensiero23.
Perianto, si è dinanzi a un problema sia politico sia pedagógico; in fondo, per ben governare i cittadini non si puó fare a meno dell'educazione, cosi come questa, nel suo pensarsi e proporsi, non puó tralasciare il momento della formazione cívica. Del resto, definire tale questione "política" o "pedagógica" è più un problema di semantica che di aderenza alla realtà.
A questo punto, è ben chiara tutta l'entità del suo impegno civile. Un impegno vero, intenso, in piena linea con la sua propensione per l'eroismo e l'azione magnanima. Non a caso, Leopardi guarda con sospetto la fredda ragione, in quanto genera il calcolo e l'egoismo. Nel giudizio di Cesare Luporini, questo impegno è cosi profondo da sovrastare altre spinte del suo pensiero: «La posizione superiore, filosófica, speculativa, sta certamente nel fondo délia concezione di Leopardi, ma non gli è suficiente, è anzi per lui secondaria, perché egli si sente soprattutto impegnato di fronte alla propria época, un combatiente in essa, e la presa di posizione dinanzi ai suoi tempi è per lui, di gran lunga, il problema più importante e urgente, più travagliato e drammatico»24. Parole, queste, senz'altro condivisibili che rinviano alla dimensione più pedagógica del suo impegno. È giusto riconoscere a Leopardi un'elaborazione finalizzata al mutamento e, perció, formativa, edificante, volta a scuotere le coscienze, a porre in quota la virtù, l'eroismo, l'amor di patria, cosi come, del resto, è sempre stato nellantichità. Perianto, il problema pedagógico coincide ora con l'individuare i modi più validi per spronare i giovani italiani; un obiettivo a cui tende, in prima linea, la sua poética.
L'impegno peró non si limita a più esortazioni accorate, ma si attua pure sul piano speculativo, la cui più alta, compiuta espressione è il Discorso del 1824. Leopardi analizza con cura vizi e usanze del popolo italiano, ne svolge una ricognizione lucida e formula una diagnosi, la cui sostanza pedagógica è duplice. Da un lato risiede nel valore di denuncia, di monito per ogni cittadino e, in particolare, per le classi agíate; dall'altro va vista nel suo aspetto funzionale, diagnostico e, per cosi dire, preparatorio, nel senso di dare precise informazioni su cui basare un eventuale, futuro rimedio educativo.
Esaminato da tale angolatura, il Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani25 denota non solo una chiara cifra antropológica e psicosociale, ma pure notevoli nuclei di riflessione pedagógica, i quali emergono perlopiù per differentiam, vale a dire là dove Leopardi sottolinea le lacune, i punti deboli del popolo italiano e, quindi, le sue carenze formative. Cosicché questo Discorso va visto come un accurata ricognizione, un chiaro messaggio rivolto alie élites nonché un momento nodale del suo itinerario pedagógico. Vale senz'altro la pena, perció, dedicare qualche attenzione al suo contenuto.
Precisando di voler parlare dei costumi italiani «colla sincerità e liberta con cui ne potrebbe scrivere uno straniero», Leopardi rileva un generale affievolimento «dell'amore e fervor nazionale» nelle nazioni civili d'Europa. Nota peró come in alcune - Francia, Germania e Inghilterra - permanga un principio conservatore délia morale, sia pur mínimo: la società stessa, consistente «in un commercio più intimo degl'individui fra loro» il quale dà vita a un desiderio di onore e di stima reciproca. Non cosi avviene in Italia, dove la conservazione délia società «sembra opera piuttosto del caso che d'altra cagione, e riesce veramente maraviglioso che ella possa aver luogo tra individui che continuamente si odiano s'insidiano e cercano in tutti i modi di nuocersi gli uni agli altri»26. Deplorato lo spirito filosofico e ragionatore che «accresce i lumi e calma le passioni ed introduce uno abito di moderazione», Leopardi rileva la presenza, sia in Italia, sia in altre nazioni, di uno stile di pensiero freddo e calcolatore.
Gl'italiani dal tempo délia rivoluzione in poi, sono, quanto alla morale, cosi filosofi, cioè ragionevoli e geometri, quanto i francesi e quanto qualunque altra nazione, anzi il popolo, il che è degno di osservarsi, lo è forse più che non è quello d'altra nazione alcuna27.
A differenza di altri, gli italiani sono peró privi di fondamento morale, di principio di conservazione nonché di quella società «stretta» creatrice di vincoli e relazioni vicendevoli. Tale condizione è da spiegare, anzitutto, con il clima mite e con la vivacità naturale del carattere che fa preferire i piaceri dello spettacolo e dei sensi a quelli dello spirito e che, inoltre, Ii spinge «all'assoluto divertimento scompagnato daognifaticadell'animoe allanegligenzae pigrizia»28. Nel censurare le abitudini, specie quelle dei ceti più agiati, Leopardi evidenzia taluni tratti peculiari.
Gl'italiani non amano la vita domestica, né gustano la conversazione o certo non l'hanno. Essi dunque passeggiano, vanno agli spettacoli e divertimenti, alla messa e alia predica, alle feste sacre e profane. Ecco tutta la vita e le occupazioni di tutte le classi non bisognose in Italia29.
Altra nota distintiva è un forte individualismo, causato dalla mancanza di società che «lascia quasi interamente in arbitrio di ciascuno il suo modo di procedere in ogni cosa. Ciascuna città italiana non solo, ma ciascuno italiano fa tuono e maniera da se»30. Stante questa mancanza di società, è normale non tenere granché al proprio onore, cosicché «Ciascuno italiano è presso a poco ugualmente onorato e disonorato». A confronto con Francia, Germania e Inghilterra, in fatto di scienza filosófica e di cognizione matura e profonda dell'uomo e del mondo, l'Italia «è incomparabilmente inferiore». Va peró notato che se altre nazioni «son più filosofe degl'italiani nell'intelletto, gl'italiani nella pratica sono mille volte più filosofi del maggior filosofo che si trovi in qualunque delle dette nazioni»31. Ne segue una noncuranza del giudizio altrui nonché una svalutazione della vita e délia società.
Viene fuori un cittadino cínico, disilluso, che vede cosi bene la vanità delle cose umane e della vita da ritenere quest ultima inutile, sicché non ripone alcuna speranza nel futuro: «Or la vita degl'italiani è appunto tale, senza prospettiva di miglior sorte futura, senza occupazione, senza scopo, e ristretta al solo presente»32. Ne derivano costumi nocivi come la frivolezza, la dissipazione, il disprezzo della vita, l'indifferenza verso sé e gli altri. Ma tutto ció non deve stupire; infatti, se si conosce cosi a fondo la miseria dell'esistenza e la natura cattiva dell'uomo, è del tutto normale sposare una simile tesi.
La disposizione, dico, la più ragionevole è quella di un pieno e continuo cinismo d'animo, di pensiero, di carattere, di costumi, d'opinione, di parole e d'azioni [...] il più savio partito è quello di ridere indistintamente e abitualmente d'ogni cosa e d'ognuno, incominciando da se medesimo [...] Gl'italiani ridono della vita: ne ridono assai più, e con più verità e persuasione intima di disprezzo e freddezza che non fa niun'altra nazione33.
La conversazione in Italia è sempre tesa a pungere e a deridere i presentí. A ben guardare, la vera abilità di un conversatore è quella di «mostrar colle parole e coi modi ogni sorta di disprezzo verso altrui, l'offendere quanto più si possa il loro amor proprio, il lasciarli più che sia possibile mal soddisfatti»34. Cosicché si assiste a una continua schermaglia dove «tutti sono armati e combattono contro ciascuno», con l'esito di «disunire e alienare gli animi di ciascuno da ciascuno». Una pratica di conversazione, dunque, deleteria e "pestífera", capace di recare solo egoísmo e misantropía. A differenza di altre nazioni, dove il conversare è garbato, rispettoso nonché «mezzo efficacissimo d'amore scambievole si nazionale che generalmente sociale», in Italia, invece, «è un mezzo di odio e disunione, accresce esercita e infiamma l'avversione e le passioni naturali degli uomini contro gli uomini, massime contro i più vicini»35.
Valutata nel suo insieme, la società italiana è contraria al costume e al carattere morale. Non che altrove il vizio e il malcostume siano assenti, ma in Italia sono di sicuro maggiori, più gravi e dannosi. Questo confronto è per-dente non solo con le nazioni più civili, ma pure con le meno colte e istruite, come Russia, Spagna, Polonia e Portogallo, le quali «conservano ancora una gran parte de' pregiudizi de' passati secoli, e dalla ignoranza hanno ancor qualche garanzia della morale»36. Fra i vari motivi di debolezza, Leopardi nota in Italia la mancanza di propri costumi nazionali. Anziché costumi, vi sono abitudini e usanze le quali, peraltro, sono municipali e provinciali, ma quasi mai nazionali. Non solo. Usi e costumi consistono nel seguire l'uso e il costume proprio. A ben guardare, sono abitudini seguite soltanto
per liberissima volontà, determinata quasi únicamente dalla materiale assuefazione, dall'aver sempre fatta quella tal cosa, in quel tal modo, in quel tal tempo, dall'averla veduta fare ai maggiori, dall'essere stata sempre fatta, dal vederla fare agli altri, dal non curarsi o non pensare di fare altrimenti o di non farla (al che basterebbe il volere); e facendola del resto con pienissima indifferenza, senz'attaccarvi importanza alcuna, senza che lamino né lo spirito nazionale, o qualunque, vi prenda alcuna parte, considerando per egualmente importante il farla che il tralasciarla o il contraffarle.37
Nel completare il quadro, Leopardi denuncia altri aspetti negativi come un'indifferenza «perfetta, radicatissima, costantissima», un'inattività "efficacissima", una noncuranza "effettivissima" e segnala una sorta di paradosso. Benché fra le nazioni coite l'italiana sia la più vivace, calda e sensibile per natura, è pero fra tutte, per via di assuefazione, «la più morta, la più fredda, la più filosofa in pratica, la più circospetta, indifferente, insensibile, la più difficile ad esser mossa da cose illusorie, e molto meno governata daU'immaginazione neanche per un momento, la più ragionatrice nell'operare e nella condotta»38. Com'è evidente, questa ricognizione non si limita al mero momento descrittivo, ma pone pure in luce le varie cause, di tipo storico, politico, psicologico e antropologico. L'Italia ha avuto si la ventilazione d'idee del secolo dei lumi, ma è rimasta comunque arretrata, ferma nei suoi schemi di sempre, cosi da crearsi un dannoso contrasto fra la dimensione culturale e quella più pratica e quotidiana.
Nel valutare il pensiero leopardiano dinanzi alle dilacerazioni della modernità, Bruno Biral riconosce tutto il pregio di una diagnosi cosi lucida, ca-pace di cogliere i veri motivi di una stagnazione deleteria: «Siamo davvero grati al Leopardi per aver individuato questa specifica carenza dell'Italia: non basta un profondo rinnovamento nel campo delle idee perché possa costituirsi una nuova moralità. Se ad una cultura progredita non corrisponde un reale progresso nella struttura e nelle attività del paese, si determina una situazione contraddittoria e pericolosa»39. Queste parole invitano a guardare il nodo civile-morale con più attenzione e ad inserirlo entro un contesto critico più largo. Visto da un angolatura pedagógica, uno scenario cosi deprimente offre il vantaggio di una lettura in controluce. L'analisi leopardiana segnala non solo tutta l'urgenza di una formazione morale e nazionale, ma indica pure, con molta precisione, i vari punti su cui urge intervenire.
Nelle pagine del Discorso è ben visibile come il problema pedagógico - l'educazione civile in Italia - sia pensato perlopiù nei termini di una responsabilità della «società stretta». Quest ultima potrebbe svolgere un prezioso ruolo formativo, dando lesempio all'intera popolazione. Con altre parole, il suo compito potrebbe consistere nel promuovere un códice di valori e di comportamenti. Con «società stretta», Leopardi vuole intendere la classe agiata del tempo, specialmente la borghesia colta, cui riconosce, in potenza, l'esercizio di un grande ruolo educativo: quello di fungere da esempio, da modello etico e culturale, cosi da conferire un certo tono all'intera società. Anziché svolgere simile funzione, questa élite è dedita solo a un vivere frivolo e dissipato, a ridere, a disprezzare tutto e tutti, cosicché il problema pedagógico è spostato a monte, coincidendo, ancora una volta, con la pochezza dell'educatore. Più precisamente, è da rintracciarsi in una crónica mancanza di responsabilità, senso cívico e, più in generale, di cultura moderna.
Nel recare il suo contributo alia causa nazionale, Leopardi manifesta la sua sensibilità pedagógica e dà prova di saper equilibrare la dimensione teórica con quella più pratica. Pensata nella sua totalità, l'educazione morale délia gioventù italiana è assunta come un problema serio, incalzante, cui dedicare il massimo impegno. A questo punto, non pare affatto fuori luogo includere Leopardi fra i pedagogisti del Risorgimento italiano40.
Se comparato in chiave sincrónica, il contributo in esame denota una certa similarità con altre posizioni teoriche coeve. Non diversamente dalla pedagogía del primo Ottocento italiano, nellelaborazione leopardiana confluiscono motivi culturali i più diversi. Nel problema educativo risorgimentale - problema molto vivo nei pensatori del tempo - si annodano i più svariati interessi teorici; un fenomeno, questo, ben rilevato da Lamberto Borghi che parla di una «orchestrazione integrata delle scienze sociali» quale «motivo operante dell'indagine pedagógica ottocentesca»41. Nei maggiori studiosi del tempo, l'elaborazione pedagógica è stata «terreno d'incontro di interessi molteplici, filosofici, religiosi, logici, morali, politici, sociali»42. Ne danno prova le più grandi figure del Risorgimento, come Capponi, Cattaneo, Cuoco, Lambruschini, Mazzini, Romagnosi, Rosmini, Tommaseo - tutti studiosi molto sensibili al tema educativo, nei quali peró prevale un altra cifra culturale: política, storica, economica, giuridica, filosófica, letteraria o religiosa.
A ben vedere, l'incursione nella sfera pedagógica è una sor ta di deviazione pragmatica dallasse epistemico principale. La teoría educativa declinata in senso risorgimentale e nazionale puó quindi vedersi come il piano pratico di un imperativo etico-politico superiore, all'epoca pervasivo e accomunante pressoché ogni intellettuale. Leopardi non fa eccezione e dà prova di contribuiré con eficacia alla stagione di una pedagogía finalizzata alla riscossa.
Con questa riflessione, Leopardi si cimenta con il problema educativo nella sua concretezza, affrontandolo con realismo e lucida determinazione. Ció consente di qualificarne il discorso in termini di validità pragmatica, operativa, di aderenza alla datità storico-sociale del tempo. A essere precisi, è bene distinguere fra la produzione poética giovanile e il Discorso del 1824. Nella prima, domina la tonalità emotiva, persuasiva, esortativa. Nel secondo, prevale invece l'argomentare svolto con rigore, distacco e precisione, ció che genera un esito di teoricità ben diverso. Bisogna perô riconoscere un'utilità a entrambe le modalità discorsive, senza porle in antitesi; e ricordando che alla base vi è pur sempre un movente preciso: modificare la situazione italiana. Con questo contributo a favore della causa nazionale, Leopardi svolge un ruolo duplice, attivandosi sia nella veste dipedagogista, sia in quella di educatore.
Michele Zedda, Leopardi educator of Italians: youth and civil conscience. Notes
Leopardi contributes effectually in education of young Italians, exhorting them to be proud of the past and rebel against foreign yoke. The Author hopes for an authentic civil and national education. In 1824 he writes a Discorso on Italian people faults; this work is a catalogue of weak points on which it's necessary to operate with education.
1 II pensiero politico di Leopardi è ben delineato nel saggio di L. Salvatorelli, II pensiero político italiano dal 1700 al 1870, Einaudi, Torino, 1941. Si veda pure il volume di Fabio Russo, Leopardi politico o délia felicità impossibile, Bulzoni, Roma, 1999.
2 Un'utile precisazione in tal senso viene da Sebastiano Timpanaro: «Il cosiddetto "pessimismo storico" di questa prima fase non è, a rigore, ancora pessimismo, cioè non si è ancora assolutizzato ed eretto a sistema. È piuttosto vivissima insofferenza dell'atmosfera stagnante dell'Italia e dell'Europa délia Restaurazione, vagheggiamento di una società repubblicana, libera da superstizioni mortificanti e da ascetismo ma anche da eccessi di razionalismo e di raffinatezza, capace di vivere una vita intensa sotto l'impulso di energiche e magnanime illusioni»(cfr. Timpanaro S., Classicisme e illuminismo nell'Ottocento italiano, Nistri-Lischi, Pisa, 1969, p. 153).
3 Zibaldone, p. 1394 (27 luglio 1821).
4 II condizionamento di Monaldo è limitato solo al primissimo Leopardi. La tesi di un Leopardi "monaldesco", sostenuta in particolare da Croce, è ormai superata.
5 Leopardi rivela qua il suo precoce misogallismo. È contro Napoleone ed esalta gli ideali della Restaurazione. Propende inoltre per forme di paternalismo e di legittimismo, riponendo la pace e la felicita del popolo «nellamministrazione paterna di Sovrani amati e legittimi» (cfr. Agí'italiani, in Tutte le opere [a cura di W. Binni], Sansoni, Firenze, 1969, vol. I, p. 872).
6 Sul titanismo leopardiano, si rimanda all'accurato saggio di Umberto Bosco, Titanismo e pietà in Giacomo Leopardi, Le Monnier, Firenze 1957, nel quale lo studioso ricostruisce, dall'iniziale alfierismo, la storia interna di questo atteggiamento più o meno eroico o sconsolato.
7 Lettera a Pietro Giordani, Recanati, 21 Marzo 1817.
8 Leopardi si limita in questo abbozzo a stilare una serie di punti da sviluppare. Fra i più significativi, figurano i seguenti: incitare padri e madri a generare figli forti, educandoli a pensieri e ideali grandi oltreché all'amor di patria; necessità di ricordare i fatti passati, di svincolarsi dai pregiudizi, di liberare il collo dal giogo, di far risorgere l'amor della patria; i genitori ricordino che fortes crean tur fortibus et bonis; valore esemplificativo dei padri e delle madri del mondo antico; le amanti spronino i loro uomini alle imprese di guerra; richiamo alie donne di Sparta; esempio di Pantea e di Virginia.
9 All'Italia, vv. 41-53.
10 Discorso di un italiano intorno alla poesía romantica, in Tutte le opere, cit., I, p. 946.
11 /vi, p. 947.
12 Leopardi compone il Discorso di un italiano intorno alla poesía romantica all'età di venti anni.
13 Discorso di un italiano intorno alla poesía romantica, cit., p. 947.
14 W. Binni, La protesta di Leopardi, Sansoni, Firenze, 1973, p. 35.
15 Nelle nozze délia sorella Paolina, vv. 31-35.
16 Ivi, vv. 61-62.
17 A un vincitore nel pallone, vv. 11-13.
18 Zibaldone, p. 115 (7 Giugno 1820).
19 Leopardi manifesta qui una totale avversione nei confronti del razionalismo e del cosmopolitismo della cultura illuministica.
20 Zibaldone, p. 149 (3 Luglio 1820).
21 Zibaldone, p. 1026 (10 Maggio 1821).
22 Zibaldone, pp. 195-196 (1 Agosto 1820).
23 Zibaldone, pp. 1169-1170 (15 Giugno 1821).
24 C. Luporini, Leopardi progressive, Editori Riuniti, Roma, 1996, p. 48.
25 Questo Discorso, composto nel 1824, rimase sconosciuto fino al 1906, quando comparve in una raccolta di inediti a cura di Giovanni Mestica. Sulla datazione dell'opera e sulle circostanze relative alla composizione, si segnala la pregevole analisi di Marco Dondero, Leopardi egli italiani. Ricerche sul «Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani», Liguori, Napoli, 2000.
26 Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl'italiani, in Tutte le opere, cit., p. 968.
27 Ivi, p.970.
28 Ivi, p. 971.
29 Ibidem.
30 Ibidem.
31 Ibidem.
32 Ivi, p. 972.
33 Ivi, p. 975.
34 Ivi, p. 976.
35 Ivi, p. 977.
36 Ibidem.
37 Ivi, p. 980.
38 Ivi, p. 981.
39 B. Biral, La posizione storica di Giacomo Leopardi, Einaudi, Torino, 1987, p. 102.
40 Non deve stupire che Giovanni Caló ha dedicato alpensiero di Giacomo Leopardi alcune pagine del suo pregevole volume, Pedagogía del Risorgimento (Sansoni, Firenze, 1965).
41 L. Borghi, II pensiero pedagógico del Risorgimento, Sansoni, Firenze, 1958, p. VII.
42 Ibidem.
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Abstract
Leopardi contributes effectually in education of young Italians, exhorting them to be proud of the past and rebel against foreign yoke. The Author hopes for an authentic civil and national education. In 1824 he writes a Discorso on Italian people faults; this work is a catalogue of weak points on which it's necessary to operate with education. [PUBLICATION ABSTRACT]
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