Abstract: Sulla base delle testimonianze femminili -lettere censúrate, diari, memorie- e degli osservatori contemporanei, il saggio traccia un quadro delle esperienze femminili di deprivazione estrema in Austria e Germania, delle strategie di sopravvivenza, delle forme di protesta. Il saggio inoltre si sofferma sugli scritti di alcune pacifiste che tra il 1915 e il 1920 si recarono a Vienna, Berlino e altre citta tedesche per portare aiuti e un messaggio di pace. Dall'enormita delle sofferenze causate dalla mortalita infantile, dalla poverta e dalla disperazione delle madri queste donne trassero nuovo impulso per l'attivismo, rafforzarono le loro convinzioni pacifiste e avanzarono una nuova visione dell'economia e delle relazioni internazionali.
Based on women's writings -letters, diaries, memoirs- and on works by contemporary observers, the essay outlines a picture of women's experiences of extreme deprivation in Austria and Germany, of their survival strategies and protest. It dwells also on the writings of those feminist pacifists who went to Vienna, Berlin and other German cities from 1915 and 1920 to bring aid and a message of peace. From the magnitude of the suffering caused by disease, infant mortality, deprivation and despair of mothers, these women drew new impetus for activism, strengthened their pacifist and feminist beliefs, elaborated a philosophy of aid as an instrument of international peace and reconciliation, and worked out a new economic vision.
Keywords: Guerra, Germania, Austria, madri, poverta, mortalita infantile, femminismo, pacifismo; war, Germany, Austria, mothers, poverty, infant mortality, feminism, pacifism.
1. Pane e guerra
C'e qualcosa di silenzioso e composto, quasi solenne, in quelle code che le rendono decisamente commoventi [...] donne e ragazze dalle facce stanche, pazienti, ciascuna con la sua brocca o il suo piatto. [.] In quelle code si era di fronte a un aspetto minore della guerra, una guerra nella sua quotidianita, priva di gloria, la guerra nelle sue conseguenze ultime sulla popolazione civile: sofferenza e vite spezzate.1
Cosi nel 1916 la pacifista britannica Emily Hobhouse descriveva le strade delle citta attraversate durante la sua «missione di pace» in Belgio e in Germania.2
Simbolo delle privazioni patite dalle donne durante la guerra, quelle lunghe attese davanti agli spacci e alle cucine popolari si impressero nella memoria di coloro che ne fecero l'esperienza e turbarono profondamente gli osservatori e le osservatrici contemporanee. «Alla fine - scriveva il giornalista americano George Abel Schreiner nelle sue corrispondenze da Berlino - ero ossessionato da quelle code e provavo un grande sollievo solo quando vedevo che anche l'ultima di quelle donne aveva ottenuto quello per cui era venuta».3
A causare la mancanza di cibo e dei piû elementari bisogni della vita furono la drastica riduzione delle superfici coltivate nelle zone di operazioni, il crollo della produzione agricola per mancanza di braccia, fertilizzanti e animali, la chiusura dei mercati, le requisizioni -ovvero l'immenso spostamento di risorse dal fronte interno all'esercito-, le distruzioni su vasta scala operate dagli eserciti in ritirata (in Galizia, Lituania, Romania) e non da ultimo la guerra sui mari volta a impedire ai paesi nemici l'approvvigionamento di materie prime.
L'abbandono di una prospettiva di autosufficienza alimentare da parte dei paesi industrializzati nei decenni precedenti il conflitto e la specializzazione agricola che si era andata affermando a livello internazionale, avevano alterato i rapporti tra le nazioni e condotto a una politica di riarmo navale per proteggere gli approvvigionamenti alimentari. La vulnerabilita creata dalla catena delle dipendenze divenne un bersaglio strategico e il cibo la piû potente arma di guerra.
Impedire l'accesso alle risorse per portare al collasso l'economia della Germania e dei suoi alleati, indurre alla resa e distrugge- re il morale della popolazione era lo scopo del blocco navale, uno strumento paragonabile ai bombardamenti di massa della Seconda guerra mondiale, ma che fece molte piû vittime.4 Il blocco, pianificato dalla Gran Bretagna e reso via via piû stringente, interruppe per quattro anni i contatti della Germania con il mercato mondiale distruggendo le sue relazioni commerciali ed ebbe ripercussioni gravissime sui paesi suoi alleati e su quelli occupati.5 In un paese industriale e urbanizzato, dipendente dall'estero per un terzo del suo fabbisogno alimentare, le conseguenze furono devastanti. Un Memorandum a cura del Ministero tedesco della Sanita del 1918 valutava in 763.000 il numero dei decessi tra la popolazione civile a causa del blocco, in gran parte donne e bambini.6
Nel 1920 Ernest Starling, presidente della Food Commission della Royal Society, commentando l'aumento del tasso di mortalita della popolazione tedesca (+37% rispetto al 1913) osservo che quello relativo alle donne presentava valori piû elevati: erano le madri, affermava l'illustre fisiologo, quelle che avevano sofferto di piû.7
Delle drammatiche conseguenze del blocco durante il conflitto ben poco si venne a sapere; nei primi due anni di guerra la reale condizione della popolazione trapelo dai resoconti di osservatori e giornalisti dei paesi neutrali, in particolare americani. Tra le prime a recarsi in Germania nella primavera del 1915, e in seguito tra il luglio e l'ottobre 1916, fu Madeleine Doty, giurista, pacifista e riformatrice sociale, impegnata in particolare nell'ambito della condizione carceraria e della criminalita minorile. Gli articoli di Doty, pubblicati dall'«Evening Post» tra il 29 marzo e il 22 maggio 1915, furono ripresi dalla stampa americana e in particolare dal periodico femminista e pacifista di New York «Four Lights».8
In misura maggiore rispetto agli altri visitatori provenienti dai paesi neutrali,9 l'attenzione di Doty si sofferma sulla condizione femminile e rivela quanto la situazione fosse grave giâ nel primo anno di guerra.
2.Una donna americana in Germania (1915-1916)
«La tragedia della Germania non e rapida morte per fame di pochi; e denutrizione di un'intera nazione. Madri e bambini stanno andando lentamente alla deriva, l'intera nazione sta andando alla deriva».10
Doty prese la decisione di recarsi in Germania nell'aprile 1915 quando si trovava all'Aia dove oltre 1.300 donne di 12 paesi si erano riunite a congresso per parlare di pace.11
«Donne vestite a lutto avevano pronunciato discorsi. Madri addolorate avevano espresso la loro angoscia. Il campo di battaglia divenne una realta, coperto di mariti e figli morti e morenti. Questi spiragli della tragedia ci strinsero il cuore».12
Dopo quell'esperienza, tornare tranquillamente nell'America neutrale era impossibile.
«Ho fatto i bagagli col cuore che mi batteva. Avevo la testa piena di racconti di sofferenze e di carcerazioni. [...] Mi sono appuntata la mia piccola bandiera americana e il mio badge del Congresso internazionale della pace al risvolto del mio cappotto, mi sono infilata il passaporto in tasca. Con un piccolo bagaglio e nulla di scritto, sono partita».13
Le prime descrizioni di fame e poverta che troviamo nei suoi articoli, raccolti nel 1917 nell'opera Short Rations, si riferiscono ad Amburgo, «una citta addormentata», silenziosa e morente: le banchine del porto e i magazzini chiusi, gli edifici abbandonati alla ruggine e cadenti. Per le strade non si vedevano piú carrozze, solo lunghe code di donne e bambini, ciascuno con la sua ciotola in mano, di fronte a un grande edificio, prima un magazzino e ora una mensa popolare, tra le prime istituite in Germania. Le difficolta alimentari, infatti, si erano presentate gia a partire dall'autunno 1914 quando inizio a scarseggiare il pane.
«Quando le donne se ne vanno, suona una sirena. Poi da ogni direzione arrivano uomini anziani e ragazzi. Arrivano di corsa, a salti, a balzi; spinti dalla fame o dalla paura che gli ultimi non abbiano niente, tutti cercano di arrivare per primi. La polizia tiene l'ordine. Entrano in fila nell'edificio per mangiare».14
Il costo di una zuppa alle mense popolari era di 10 centesimi, una somma proibitiva per le donne delle classi popolari che, per un salario giornaliero 40-60 centesimi, lavoravano nelle fabbriche e in citta svolgendo tutte le mansioni piú dure, dalla posa delle rotaie dei tram, ai lavori di scavo, alla pulizia delle fogne.
Per ottenere i generi di prima necessita occorreva una tessera che autorizzava al ritiro di una specifica merce in uno specifico spaccio. Il razionamento era minuziosamente organizzato, ma era tutt'altro che efficiente. Ne e un esempio la vicenda della signora Dunker, operaia di fabbrica. La signora Dunker -racconta Doty- ha le calze rotte e chiede la tessera per gli articoli di abbigliamento; lascia la fabbrica nella pausa di mezzogiorno e si mette alla ricerca delle calze. Annota scrupolosamente il prezzo e il negozio; alla fine del turno si reca dalla polizia e si mette in coda per ricevere un documento che attesta le sue generalita e con questo si reca dal magistrato. Il magistrato chiede conto della sua richiesta e lei e costretta a togliersi le scarpe per convincere che i buchi nelle calze sono al di la di ogni possibile rammendo. Senza nascondere un senso di insofferenza, l'ufficiale autorizza la signora Dunker all'acquisto presso il negozio da lei indicato per il prezzo che aveva riscontrato al mattino. Nel frattempo, pero, il prezzo era aumentato e la trafila delle ricerche, delle autorizzazioni e delle code ai negozi doveva ricominciare.15
Accompagnata da un'attivista socialdemocratica, Doty raggiunse Berlino. Le donne e i bambini che si vedevano per le strade mostravano tutti i segni della denutrizione: pallore, occhi cerchiati, spossatezza. Era la «malattia inglese», come si diceva con risentimento.
Nei quartieri popolari di Berlino visito numerose famiglie; nessuna aveva di che nutrire i bambini e la mortalita infantile era spaventosa: all'ospedale pediatrico della citta in soli tre giorni tra il 1914 e il 1915 avevano perso la vita 160 bambini.
Qui e li scoppiavano tumulti; le donne nelle code, stremate dopo una giornata di lavoro, con i bambini piccoli in braccio e i piů grandicelli attaccati alle gonne, improvvisamente iniziavano ad agitare i pugni, poi un mormorio attraversava la coda dando inizio alla protesta. Ad Amburgo, a causa della mancanza di patate, le donne si erano scagliate contro i soldati armati di baionette e molte erano rimaste uccise.16
Anche a Berlino e in altre citta, venne a sapere, c'erano stati disordini durante i quali la polizia aveva fatto fuoco sulle dimostranti.
E molto facile accendere la miccia della ribellione», mi disse un socialdemocratico. «Molte volte siamo andati al mercato a spingere le masse alla protesta. Ma ci siamo fermati perché le donne venivano incarcerate e i bambini erano abbandonati». Quando ci sono le patate non ci sono proteste. Finché c'e cibo per i bambini, per quanto inadeguato, le donne sono calme. Il loro animo e afílitto, ma non osano ribellarsi. Temono per quello che potrebbe capitare ai mariti al fronte se esse causano disordini [...] oppure temono che vengano loro sottratti i bambini. Ma quando parli con loro si dimostrano sagge e dicono: «aspettate che i nostri mariti tornino dal fronte e allora vedrete!1'
Poiché molte delle donne che stavano in coda, sempre sul punto di crollare per la debolezza, erano operaie industriali, Doty decise di visitare due fabbriche. Nella prima fabbrica, dove veniva estratta una specie di fibra tessile dal legno, le operaie trasportavano tronchi di dimensioni piú grandi di loro di cinque volte. Nella fabbrica d'armi Bosch, una societa che in America produceva munizioni per l'Intesa e in Germania, con lo stesso capitale, per gli Imperi centrali, 4.000 donne azionavano grandi macchinari; 1.200 erano madri e ricevevano una paga inferiore di almeno un terzo rispetto a quella degli operai maschi. Sfinite, spesso si ammalavano e -come disse il direttore- dovevano essere licenziate in misura maggiore degli uomini. La disoccupazione le spingeva nella spirale della poverta e condannava a morte i bambini.
«E un'idea folle quella di affamare la Germania -commenta Doty- questo sistema non colpisce né coloro che governano, né i ricchi. Loro non soffriranno fino a che tutti gli altri tedeschi non saranno morti. La fame uccide i poveri, non i militaristi. Questo non e il modo di schiacciare il militarismo».18
Le madri che vedevano i loro bambini deperire lentamente, ma inesorabilmente, odiavano il militarismo tedesco; le operaie che erano pagate molto meno degli uomini, odiavano il militarismo tedesco.
Per alleviare le sofferenze dei bambini Doty investi il denaro del Christian Work Fund a lei affidato nell'acquisto di alcune capre per garantire un po'di latte ai piú piccoli, ma era una goccia nel mare.
«Le sofferenze dei bambini mi ossessionavano finché non mi venne un'idea. [...] La cosa da fare era quella di affittare una nave, raccogliervi i bambini affamati e portarli in America. Nessuna nazione al mondo avrebbe osato colpire un tale carico».19
Poiché la Croce Rossa non accolse il suo progetto, la pacifista americana chiamo in causa l'opinione pubblica internazionale: «Che cosa fara il mondo? Se ne stara pigramente da parte o tendera la mano con compassione e comprensione verso questo popolo in difficolta e lo aiutera?». «America, cosa rispondi?».20
Dopo l'ingresso in guerra degli Stati Uniti il blocco fu reso ancora piú stringente e da allora cadde un velo di silenzio su quelle che verranno chiamate «le citta della morte», ad eccezione degli spiragli di verita aperti dalle corrispondenze dei giornali dei paesi neutrali e dalle traduzioni della stampa tedesca a cura di Dorothy Buxton per l'inserto del «The Cambridge Magazine»: Notes from the Foreign Press. Ma saranno le memorie, le lettere, i diari femminili e gli scritti delle pacifiste che tra il 1919 e il 1920 si recarono a Vienna, Berlino e in altre citta tedesche per portare aiuti e un messaggio di pace, a rivelare in tutta la sua drammaticita la condizione femminile negli anni piú bui del conflitto.
3.Nella morsa della fame: Berlino
«La citta era avvolta in un velo impenetrabile di tristezza [quel] grigiore [...] era il giusto sfondo per le donne vestite di nero dai volti pallidi che attraversavano tanto tristemente le strade, alcune portando la loro pena orgogliosamente come una corona sulle loro vite, altre spezzate, piegate sotto un peso troppo grande da portare».21
In Germania la situazione alimentare si aggravo rapidamente a partire dall'inverno 1916-1917. Nel complesso le importazioni di cereali crollarono e 1/5 del terreno coltivabile fu destinato alle patate e in seguito alle rape. La riduzione delle disponibilita di foraggio produsse una reazione a catena; il divieto di alimentare gli animali con rape, grano e patate, condusse all'inizio del 1915 alla macellazione di 9 milioni di maiali e un milione di mucche. E mentre la carne, il latte, i formaggi e il burro sparivano dal mercato, i grassi vegetali erano riservati alla produzione degli esplosivi. Anche altri prodotti quali il cotone, la lana e il cuoio vennero utilizzati in proporzione sempre maggiore alla produzione di calzature e divise militari rendendo piú difficile ai civili proteggersi dai rigori del clima. Un esempio significativo della discriminazione dei civili sul piano della distribuzione delle risorse alimentari e dato dal consumo di cereali: nel 1917 alla popolazione urbana (il 67% della popolazione complessiva) fu destinato solo il 33% del raccolto di cereali.22
In queste condizioni la resistenza alle malattie diminui rapidamente: tra il dicembre 1916 e la fine del conflitto i casi di tubercolosi raddoppiarono; nel solo 1917 le morti infantili (da 5 a 15 anni) superarono di 50.000 quelle dell'ultimo anno di pace. La mortalita delle giovani donne, dai 15 ai 25 anni, negli anni di guerra triplico.23 Il numero delle donne che morirono di parto raddoppio.24 Nel 1928 il presidente degli uffici sanitari tedeschi, Franz Bumm, compilo le statistiche della mortalita distinguendo per sesso e per eta e mise a confronto la mortalita femminile in Germania con quella riscontrata in Gran Bretagna. Se entrambi i paesi conobbero un aumento della mortalita del 6-8% nel 1914 e nel 1915, a partire dal 1916, mentre la mortalita femminile in Gran Bretagna inizio a declinare, in Germania aumento fino a raggiungere un incremento del 51% nel 1918.25
L'inverno 1916-1917 fu particolarmente drammatico: a causa del gelo -la temperatura raggiunse i 33 gradi sotto lo zero- il raccolto delle patate fu disastroso e da allora le rape divennero la base dell'alimentazione per chi non poteva permettersi di acquistare al mercato nero. Erano i «mesi delle rape» come saranno ricordati con orrore in ogni parte della Germania. Le calorie mediamente disponibili per abitante scesero a 700-900 al giorno e il vertiginoso aumento dei prezzi divorava il valore di salari e sussidi.
Le vedove, in grande maggioranza donne giovani con figli in tenera eta, ricevevano mensilmente un sussidio di 33,30 marchi, pari a un quarto del salario di un operaio qualificato.26 Un paio di scarpe costava 50-60 marchi, un abito 800 marchi, un paio di calze di cotone 20 marchi.27 Cosi si allungavano le code alle cucine popolari per ricevere un pasto a 35-40 centesimi; nel febbraio 1917 furono 152.000 le persone che si misero in fila per la zuppa.28 Come testimoniano le immagini fotografiche, si trattava in gran parte bambini; le donne fino all'ultimo rinunciarono a quel cibo scadente elargito come carita.
Durante la guerra il precario equilibrio che aveva garantito la sopravvivenza alle famiglie delle classi popolari e consentito di mantenere il decoro al prezzo di una grande quantita di lavoro domestico delle donne, si ruppe irrimediabilmente. Nonostante l'aiuto dei figli, e soprattutto delle figlie adolescenti, portare il cibo in távola divenne un compito pressoché impossibile e le madri si ritrovarono impotenti ad arrestare il deperimento dei bambini piú piccoli.29 Lo confermano le dichiarazioni dei medici raccolte da Lina Richter e apparse nell'immediato dopoguerra. «Se si osservano le donne, ridotte pelle e ossa, con i volti segnati e logorati dalle preoccupazioni -dichiaro il medico municipale di Chemnitz- si comprende dove siano realmente finite le razioni di cibo a loro assegnate».30 E il direttore della clinica pediatrica di Berlino: «In tutte le classi della societa l'ansia per la salute dei figli era cos! grande che specialmente le donne si privarono di tutto, senza riguardo per la propria salute per assicurare un nutrimento sufficiente ai bambini».31 Jane Addams, presidente della Women's International League for Peace and Freedom (WILPF), nel corso della sua visita alla clinica berlinese per malattie polmonari del prof. Kayserling nell'estate 1919, incontro alcune di quelle madri.
Una donna particolarmente deperita disse di avere sei figli, uno dei quali era morto di recente di tubercolosi, e aveva accompagnato alla clinica una figlia affetta dallo stesso male perché fosse visitata. Poiché i bambini avevano tutti superato i sei anni, non avevano diritto alle razioni giornaliere di latte tranne una mezza pinta destinata a lei perché soffriva di una forma grave di nefrite. «E quanto di questo latte arriva nel vostro stomaco?» chiese il professor Kayserling. La donna si limito ad alzare le spalle.32
La tubercolosi e le fratture spontanee al bacino colpivano le donne; il rachitismo, lo scorbuto, la dissenteria e alcune forme tubercolari che da tempo si ritenevano debellate, i bambini; la consunzione e le dermatiti affliggevano i neonati per i quali non c'erano né latte, né sapone, né fasce.
Basti dire scriverâ la pacifista quacchera Joan Fry nel resoconto della sua missione in Germania che l'orrore di quei bambini scheletrici [...] e di quei pianti stanchi di neonati dolenti nelle loro culle bagnate quando non c'era niente che assomigliasse a biancheria per tenerli asciutti, ma solo pannolini di carta, completamente inservibili, e indimenticabile.33
Alice Hamilton -medica e pacifista a cui si deve l'affermazione della medicina del lavoro in America- nell'estate 1919 scrisse: «Il diario della mia missione in Germania e una successione di immagini di fame estrema, [.] mi sono trovata di fronte a ció che mai avevo osservato prima se non nei manuali di medicina».34 Nello stesso anno il medico e cineasta amatoriale William Held, in tre documentari volle offrire testimonianza dello scempio sui corpi infantili causato dalla denutrizione e della disperazione delle madri negli ambulatori medici.35
Tutto ció che i dottori potevano fare per le madri che si rivolgevano a loro era una prescrizione di latte vaccino, disponibile solo irregolarmente, spesso annacquato e di scarso valore nutritivo a causa della cattiva alimentazione degli animali. Il consumo di questo alimento a Berlino crolló da oltre un milione di litri prima della guerra a 150.000 nell'inverno 1918-1919.36 Esso era rigorosamente riservato alle madri, ai bambini da uno a quattro anni e agli ammalati di tubercolosi conclamata, ma le quantita di queste razioni di sopravvivenza vennero progressivamente ridotte.
Lionel Pyke, internato britannico nel campo berlinese di Ruhleben, che sotto scorta aveva il permesso di recarsi in citta come «ispettore delle cucine del campo», fu colpito da una giovane madre incontrata in una farmacia. A giudicare dal modo in cui il vestito ricadeva sulla sua figura, doveva aver perso molto peso; pallida e scavata, dava sfogo alla sua disperazione e implorava il farmacista di fare ancora un tentativo per procurarle del latte condensato per il suo neonato: «ma voi ci riproverete, non e vero? Io devo averlo, voi dovete procurarmelo».37
Tutti i pensieri e tutte le preoccupazioni ruotavano attorno alla salute dei figli. «Nelle file per il pane, afíermó lo scrittore Ernst Gläser nel suo romanzo autobiografico, le donne parlavano piú della fame dei loro bambini che della morte dei loro mariti».38 Le sofferenze morali delle madri, donne private del loro «obbligo primario di conservare la salute dei loro figli», come scrisse Jane Addams, erano assai piú dolorose dei patimenti fisici.
Queste madri intelligenti sapevano perfettamente quanto fosse importante una buona alimentazione, ma non riuscivano ad ottenere le piu elementari necessita per i loro bambini. Una di loro ci disse che la cosa piu dura era quando, di notte, dopo che i bambini erano andati a letto, li sentivano piangere e lamentarsi per la fame prima di addormentarsi e anche nel sonno. Non so come abbiano potuto sopportarlo, loro che erano costrette a vive- re sempře nella stessa stanza con i bambini e non potevano offrire loro alcun sollievo.39
Infatti, per non disperdere quel po' di calore che riuscivano a ottenere bruciando la legna e i frammenti di carbone raccattati dai bambini, le famiglie si stringevano in un'unica stanza. E quando il freddo infieriva fino a gelare l'acqua nelle condutture, alle madri non restava che cedere i loro scialli ai figli.
Oltre al cibo, infatti, iniziarono a scarseggiare e poi a sparire dal mercato il carbone, la legna, il sapone, i tessuti e persino il filo per rammendare gli abiti. Le privazioni e la fatica di percorrere miglia in campagna per acquistare il cibo, nel gennaio 1918, stroncarono la vita della madre del dodicenne Ernest Buchner di Norimberga. Un mese prima il ragazzo aveva annotato nel suo diario: «La mamma si infila sempre le sue scarpe dalle suole di legno con cui e tanto faticoso camminare e noi siamo sempre addolorati quando deve percorrere quel lungo tragitto».40
Nel febbraio 1915 si verificarono le prime manifestazioni per la mancanza di patate, in ottobre, in seguito all'aumento del prezzo del burro, la citta fu scossa da oltre 50 manifestazioni femminili che coinvolsero migliaia di persone; nel 1916 se ne registrarono 1.224. Le donne delle classi popolari, a cui nel 1917 si unirono le operaie, gridavano la loro rabbia per la cattiva distribuzione delle derrate e l'aumento dei prezzi; chiedevano eguaglianza di trattamento nei razionamenti -che favorivano coloro che svolgevano lavori pesanti nell'industria del munizionamento e riducevano le quote di latte per le madri-, chiamavano in causa lo stato e la sua responsabilita per la condizione alimentare, maledicevano la guerra.41 Cosi Evelyn Blücher in un passo del suo diario riassumeva quelle espressioni di protesta:
Perché dovremmo lavorare, patire la fame, mandare i nostri uomini a combattere? Che cosa ci guadagniamo? Piů lavoro, piů poverta, i nostri uomini invalidi e le nostre case rovinate. A cosa serve tutto questo? Cosa ci importa di aggiungere un pezzo di terra alla nostra gia grande Germania? Abbiamo abbastanza terra. Dovremmo lottare per una piu equa distribuzione delle ricchezze del mondo. Se otterremo terra o ricchezza per la "patria" dopo la guerra, noi non vedremo alcun cambiamento nelle nostre vite. [...] Lo stato che ci ha chiesto di lottare non ci da neppure del cibo decente, non tratta i nostri uomini come esseri umani.42
Solo quando fame e denutrizione costrinsero la Germania ad accettare le condizioni di pace, il blocco fu sollevato. Dichiaro Winston Churchill alla Camera dei Comuni all'inizio del 1919:
La Germania e molto vicina alla morte per fame. Ne ho ricevuto le prove che dimostrano, in primo luogo, le grandi privazioni di cui soffre la popolazione civile e, secondariamente, il grande pericolo di un collasso dell'intera struttura sociale e nazionale sotto la pressione della fame e della denutrizione. Ora dunque e arrivato il momento di concludere.43
4.Nella morsa della fame: Vienna
Vedo davanti a me una serie di piccoli quaderni neri, uno per ogni anno dal 1914 al 1924. [...] Parlano della mia lotta contro il bisogno e la miseria [...], una lotta disperata contro la poverta e la sofferenza che quotidianamente e a ogni ora minacciava di privare me e tutti coloro che mi erano cari non solo di tutte le nostre risorse materiali, ma della vita stessa.44
Cosi scriveva Anna Eisenmenger -casalinga viennese- nell'introduzione ai suoi diari di guerra che dedicava a tutte le donne del mondo, un appello perché si opponessero alla guerra e insegnassero ai loro figli ad odiarla.
In Austria la situazione fu ancora piú drammatica rispetto a quella che si viveva in Germania: il blocco, la perdita della produzione granaria della Galizia -la regione che piú di ogni altra garantiva il rifornimento alimentare-, l'interruzione delle importazioni da Romania e Ungheria, l'indiscussa priorita assicurata all'esercito negli approvvigionamenti, ridussero la popolazione dell'Impero sull'orlo della morte di massa per fame.45 All'inizio del 1915 inizio il tesseramento del pane e in seguito quello di tutti gli altri prodotti alimentari; le razioni furono ridotte in misura tale da non garantire l'apporto calorico necessario alla sopravvivenza e, per di piû, raramente quel poco cibo era disponibile. Cosi, molte di quelle donne che si erano messe in coda alle prime luci dell'alba o nel cuore della notte, restavano a mani vuote, in media dal 13 al 17% secondo i calcoli della polizia.46
«Noi casalinghe ci siamo abituate negli ultimi quattro anni a fare la fila, ci siamo abituate anche a sentirci dire dopo ore di attesa che le provviste erano esaurite e che potevamo provare ancora dopo una settimana, e cosi via. Dovevamo tornare a casa a mani vuote e con lo stomaco ancora piû vuoto».4'
La mancanza di foraggio e la conseguente strage di animali aggravarono la penuria di latte e carne; il consumo giornaliero di latte a Vienna crollo da 900.000 a 63.000 litri. Il bilancio in termini di vite umane fu terribilmente alto; gravissima la mortalita femminile che raggiunse l'apice nel 1918: 23.898 decessi in confronto ai 15.390 del 1914.48
Il diario di Anna Eisenmenger, una delle rare testimonianze della vita a Vienna negli anni di guerra, ricostruisce la lotta per la sopravvivenza di una donna di classe media che prima del conflitto conduceva una vita agiata. Morto il marito, un medico, all'inizio delle ostilita, arruolati i figli, Anna dovette provvedere a sé, alla figlia e al nipotino di cinque anni. Nelle sue annotazioni descrive i viaggi verso la campagna per acquistare qualcosa al mercato nero su treni a cui era stato gia tolto fino all'ultimo pezzo di stoffa, vetro, e soprattutto cuoio che era diventato estremamente raro; narra il precipitoso rientro attraverso i campi per non incorrere nella polizia che avrebbe sequestrato il pane, i fagioli e il miele che aveva acquistato.49 In campagna ella poteva ricorrere alle antiche pazienti del marito con tando sul loro debito di riconoscenza e acquistare a prezzi accessibili; le donne delle classi popolari che non possedevano denaro e non avevano nulla da barattare, a centinaia battevano la campagna per raccogliere, rubare, spigolare. Lo confermano le storie di vita e le interviste raccolte in anni recenti dalla viva voce di chi allora era un bambino o una bambina.50 Anton Srmcka, 15 anni, ha raccontato:
Sono tornato a casa un sabato. Mia madre era la seduta, piangeva e diceva: «non posso darti niente. Non ho niente da mangiare». Siamo andati in campagna a raccogliere le spighe di grano, anche se lo avevano gia mietuto. [...] Poi io, poiché c'erano tutt'intorno dei covoni, sono andato a prendere qualche spiga. E non mi vede un poliziotto? Cosi mia madre pianse e lo prego che non mi portasse via; disse che aveva bisogno di me. E lui si convinse.51
Il rispetto della legge -lo ammise anche Anna Eisenmenger- doveva essere abbandonato; la sua osservanza equivaleva al suicidio. Bisognava ignorare imposizioni e divieti, sfuggire alle guardie che sorvegliavano stazioni e campagne, aggirare la proibizione di portare zaini e nel novembre del 1918 bisognava fuggire anche dai reduci che, affamati, razziavano le campagne e nascondersi nei boschi o dietro ai covoni. E mentre i viennesi abbattevano gli alberi del Wienerwald, alberi giovani che avrebbero dovuto rimboschire il colle, in citta le donne si sottoponevano alle solite lunghe attese. Nel 1917 ogni giorno da 250.000 a 350.000 persone (dal 12 al 17% della popolazione) formavano oltre mille code per i generi di prima necessita di fronte a mercati e negozi o per avere un pezzetto di carne dei cavalli che l'esercito aveva requisito e che non poteva piu nutrire per mancanza di foraggio.
Di notte erano i bambini a sostare davanti a spacci e magazzini, un crimine contro l'umanita, secondo il socialdemocratico Max Winter, che paragonava quei bambini affamati e infreddoliti, accasciati ai margini delle strade agli uomini in trincea sul fronte orientale.52
Le madri mandavano i figli a fare la coda nella speranza che fossero in qualche modo favoriti, al contrario, spesso accadeva che ci si approfittasse della loro debolezza per respingerli alla fine della fila. Lo ricorda Anna Müller: «Quando arrivavamo davanti alla porta del negozio gli adulti ci dicevano di andare in fondo; dicevano che eravamo passati avanti, ma non era vero e allora facevamo la fila due volte [...] eravamo mezzi morti dal gelo, perché facevamo la fila anche d'inverno e quando arrivavamo davanti all'ingresso del negozio le patate non c'erano piú».53
La necessita di trascorrere lunghe ore in coda mal si conciliava con la cura dei bambini ed era incompatibile con il lavoro. George Abel Schreiner ebbe modo di parlare con una delle madri che stavano in coda sotto la pioggia battente. Era arrivata alle sette. A casa aveva tre bambini.
Non ho nessuno a cui lasciare i bambini. Anche le mie vicine devono fare la fila. Cosi li tengo lontani dalla stufa avvicinando il tavolo. A un lato del tavolo metto il divano e all'altro la credenza. I bambini non possono spostarla. [.] Di lavoro ce ne sarebbe a sufficienza. Ma come faccio con i bambini? Per procurare loro da mangiare devo fare la fila e passarvi meta del mio tempo.54
Dal governo riceveva un sussidio di 60 corone e altre 90 per i bambini. Per l'affitto se ne andavano 48 corone, il resto non bastava neppure per il carbone che peraltro divenne estremamente raro a causa delle difficolta di trasporto.
Il lavoro disponibile per le donne era costituito prevalentemente da lavori di cucito per l'esercito che tuttavia all'inizio del 1916 si interruppero per mancanza di materie prime; il lavoro nelle fabbriche di munizioni, dove per 13-16 ore al giorno e per 7 giorni alla settimana le operaie ricevevano un salario pari a un terzo o alla meta di quello degli uomini, era precluso alle madri con bambini piccoli.
La disperazione delle donne, e talvolta dei figli adolescenti, prorompe dalle lettere ai mariti e ai padri al fronte: «Quando tornerai non ci trovera! vivi»; «Ormai ho perso le speranze che io e il nostro unico bambino possiamo rivederti perché stiamo morendo di fame»;55 «Siamo soli senza nostro padre, e forse presto saremo anche senza madre [.] Ogni giorno lei esce senza mangiare e noi a pranzo beviamo solo caffe nero. Torna a tarda sera sfinita e piange dalla fame, e noi piangiamo con lei».56
Via via che passavano i mesi, oltre alle privazioni si accumulavano i lutti; ne sono un esempio le perdite di Anna Eisenmenger: dei tre figli al fronte uno rimase ucciso, un altro torno completamente cieco, un altro mentalmente scosso; il genero perse entrambe le gambe. A causa della denutrizione il nipote si ammalo di scorbuto, la figlia di tubercolosi, la vecchia zia di osteoporosi. Anna lotto costantemente per procurare cibo e combustibile, per tenere la morte lontana dalla casa. Lotto contro il freddo e nascose la legna procurata al mercato nero che le sarebbe stata requisita, lotto contro l'impoverimento spirituale e la demoralizzazione.
Voglio infondere nei miei cari invalidi la rassegnazione e il coraggio per sopportare la loro sorte. Voglio cercare per quanto possibile di tenere insieme i miseri resti delle loro vite spezzate e rendere quelle vite degne di essere vissute. Voglio cercare, in queste circostanze amare e innaturali, di procurare loro qualche piccola gioia senza le quali questi terribili colpi della sorte non potrebbero essere sopportati a lungo finché il tempo, questo infallibile benché spesso crudele e inesorabile guaritore, non abbia trasformato in abitudine anche le perdite piu dure.57
La forza morale delle donne, che le sostenne nella lotta per la sopravvivenza, le indusse anche alla protesta. L'indignazione per la mancanza di rispetto per i bisogni elementari dei piu deboli si esprimeva nella ribellione aperta. Scoppi improvvisi di rabbia alle code per il pane o le patate davano avvio a imponenti manifestazioni contro i razionamenti, l'aumento dei prezzi, l'insufficienza dei sussidi e contro la guerra, proteste che si susseguirono a partire dalla primavera 1915.58 Il Tirolo, come in altre regioni dell'Impero, fin dall'aprile 1915 fu scosso da vere e proprie rivolte femminili. Al grido di «vogliamo pane per noi e per i nostri figli», «vogliamo la pace!», «vogliamo i nostri uomini!» a centinaia e a migliaia le donne, talvolta armate di bastoni o battendo sulle pentole, formavano cortei, invadevano piazze e municipi, rompevano vetri, presentavano petizioni all'Imperatore.59
La protesta femminile si esprimeva anche individualmente nelle lettere alle autorita e alľimperatore. Una donna, che si firmava «Una madre che sta morendo di fame con i suoi bambini», cosi nell'aprile 1917 scrisse al sindaco:
Dal XIV distretto! Caro signor sindaco! La carne e molto costosa e molto scarsa. Nente verdura. Patate una al giorno a persona. Invece di mezzo chilo di farina alla settimana abbiamo farina di patate. Per farci cosa? [...] Abbiamo dimostrato abbastanza pazienza e spirito di sacrificio. Non puô andare avanti cosi. Di tutti i paesi del mondo l'Austria e il piu disperato. Pace ad ogni costo6
Nonostante l'impegno delle associazioni femminili -che distribuivano pasti, procuravano lavori di cucito e raccoglievano denaro-, nonostante la creazione di numerosi «orti di guerra» (157.000 nella sola Vienna nel 1918), in cittâ la situazione continuo ad aggravarsi.61 Ancora nel 1920 su 200.000 bambini esaminati dai centri sanitari della capitale solo il 3,3% non presentava segni di denutrizione e nel 46,7% dei casi erano decisamente gravi.62 C'erano bambini di 2-3 anni che non avevano mai bevuto latte e lo sviluppo infantile si era semplicemente arrestato. Negli adolescenti di ambo i sessi la mortalita per tubercolosi era aumentata del 160%.63
Alla fine del 1918 Frédéric Ferriere, delegato della Croce Rossa internazionale a Vienna, riscontro nei bambini e negli adolescenti non solo una terribile debilitazione, ma anche un acuto senso di disperazione che aveva portato al diffondersi della prostituzione e dei suicidi.64 I bambini che conducevano una vita da vagabondi men dicando per le strade della capitale austriaca erano migliaia.65 Nonostante tali sofferenze fossero ormai note, il blocco fu mantenuto ancora per mesi dopo la fine del conflitto e i vagoni colmi di derrate alimentari furono fermati alla frontiera svizzera dove quel cibo prezioso ando in rovina. «I pacificatori, ricorda Herbert Hoover nelle sue memorie, avevano fatto del loro meglio per rendere l'Austria un paese senza cibo».66
Quando, tra il giugno e il luglio 1919, alle missioni umanitarie fu concesso di varcare il confine, cosi si presentava la situazione nei quartieri popolari viennesi alla dottoressa Ethel Williams:
Le persone non stavano morendo di fame [...] non c'era né colera né peste [.] non c'era né tifo né vaiolo, ma faumento della tubercolosi era spaventoso. [.] Nelle parti piu povere di Vienna non ho visto bambini di due o tre anni camminare: quelli che ho visto erano in braccio alle loro madri, miseri brandelli di umanita. [.] I bambini piu grandi che si vedevano erano pallidi, anemici con gli occhi infossati di un colore sbiadito, nient'altro che pelle e ossa. [.] L'immagine dell'ambulatorio si e impressa a fuoco nella mia mente [...] non c'era gioco, né risa, nessun bambino correva. La vita per loro era diventata qualcosa da sopportare.6'
5.Maggio 1919, il Congresso internazionale per la pace delle donne a Zurigo
«Era sbagliato! Era sbagliato! Era sbagliato!»68 Dopo cinque anni di conflitto, la prima occasione di incontro tra le donne tedesche e austriache e quelle degli altri paesi belligeranti fu il Congresso delle donne per la pace che si tenne nel maggio 1919 a Zurigo. Da quell'incontro nacque la prima organizzazione internazionale pacifista femminile: la Women's International League for Peace and Freedom.
Nei mesi precedenti le pacifiste britanniche e americane erano state raggiunte da appelli disperati; nel novembre 1918 Anita Augspurg69 si rivolse a Jane Addams perché intercedesse per un allentamento del blocco e fossero messi a disposizione mezzi di trasporto per far giungere in Germania le derrate alimentari.70 Un altro appello delle donne tedesche giunse a Kate Courtney71 e apparve sul «Manchester Guardian» il 15 gennaio 1919. Presentandolo ai lettori, la pacifista britannica chiamava in causa la Societa delle Nazioni il cui primo compito avrebbe dovuto essere quello di garantire i bisogni elementari dei vari paesi membri.
A Zurigo le delegate dei paesi vincitori provarono un senso di colpevolezza e di imbarazzo verso le delegate dell'Europa centrale. «Noi eravamo fortunate e al sicuro -scrisse Hamilton- loro erano indifese e non sapevano neppure quale destino le attendesse».72 Le donne austriache e tedesche erano talmente debilitate da apparire l'ombra di sé stesse. Ricorda Helena Swanwick nella sua autobiografia:
A Zurigo facemmo l'esperienza straziante delle conseguenze della lenta morte per fame. Forse le austriache e le ungheresi erano le piu commoventi. Ricordo una donna torturata dalle notizie che riceveva ogni giorno dalla figlia ricoverata in un sanatorio e che morí prima della conclusione del congresso. [...] Una donna minuta e gentile morí di debilitazione subito dopo il congresso. Le donne non osavano accostarsi al buon cibo che stava di fronte a loro, avevano patito troppo a lungo la fame [...]. Il sapone era il bene piu prezioso che potevamo offrire loro.73
Al Congresso le partecipanti furono turbate anche dalla tristezza e dalla profonda demoralizzazione delle delegate dell'Europa centrale. Nella sua autobiografia Alice Hamilton riporta le parole di una donna viennese a proposito di quella tensione continua che gradualmente cambiava le persone rendendole irritabili, risentite, egoiste. «I nostri nervi erano sempre talmente tesi che abbiamo perso l'abitudine alla cortesía. Sai, non potevamo pensare ad altro che al cibo, in ogni momento. [...] E una cosa che fa regredire. Cosi la civilta e perduta».'4
Su questo tema intervenne diffusamente l'austriaca Leopoldine Kulka. Giurista e personalita influente del movimento suffragista austriaco, Kulka aveva collaborato con Bertha von Suttner ed era legata a Jane Addams da una lunga amicizia. A Zurigo la pacifista americana stento a riconoscerla: «fui sopraffatta da un senso di pieta e di allarme quando mi resi conto che la mia amica era sull'orlo della morte». 75
Definendosi «una donna che viene dalla terra dell'odio e dell'egoismo», la pacifista austriaca affermo:
La cosa peggiore, mi sembra, e che non solo le nostre case, ma anche le nostre anime stanno andando in rovina. Lo si puo vedere dalle statistiche della criminalita minorile, da quelle sulla prostituzione delle giovani donne, il cui numero e aumentato in modo spaventoso. [.] La nostra etica e quella della nave che affonda, in cui ciascuno e aggrappato alla sua tavola, in cui nessuno sa nulla dell'altro. Questo e l'aspetto orribile: ciascuno cerca di ottenere qualcosa per sé e diventa spietato nella piccola guerra per ottenere cio che puo da mangiare. Tutte le classi sociali: la classe elevata, la classe media, la classe lavoratrice, tanto in citta che in campagna, fanno a gara nel pensare a sé e non agli altri.76
I patimenti fisici e morali stroncarono la vita di Leopoldine Kulka pochi mesi dopo il suo rientro a Vienna. Per molte di coloro che parteciparono al congresso o ne seguirono gli sviluppi fu impossibile sottrarsi al dovere di agire. «Nessuno di noi dei paesi dell'Intesa - scrisse Hamilton a Rozet Smith- puo fare a meno di compiere tutto il possibile perché il blocco sia eliminato».7' A Zurigo la continuazione illegale del blocco dopo l'armistizio fu il tema centrale della discussione e le delegate approvarono un ordine del giorno in cui la fame causata dalla guerra era definita una «disgrazia per la civilta» e si sollecitavano i rappresentanti dei vincitori riuniti a Parigi a revocare immediatamente il blocco e ad impegnarsi per garantire libero accesso alle risorse alimentari da parte di tutti i paesi.
Dopo la firma dei trattati l'indignazione per la pace punitiva - che aveva imposto alla Germania di cedere persino 140.000 mucche da latte- diede un nuovo impulso all'azione.78 Helena Swanwick si impegno per conto della Women International League (WIL), la sezione britannica della WILPF, a inviare un milione di tettarelle per i bambini che dovevano essere allattati artificialmente a causa della denutrizione materna; Emily Hobhouse, per conto di Save the Children -l'organizzazione nata nel maggio 1919 per iniziativa di Dorothy Buxton e Eglantyne Jebb-, elaboro un programma per nutrire 11 mila bambini di Lipsia e per inviare i piû indeboliti in Svizzera presso le famiglie disposte a ospitarli. Molte altre si unirono alle missioni quacchere che collaborarono con la American Relief Administration (ARA) diretta da Herber Hoover. Il 7 luglio 1919, una delegazione guidata da Jane Addams e Alice Hamilton si reco in Germania per coordinare la distribuzione degli aiuti raccolti in America.
A Vienna le pacifiste quacchere Hilda Clark e Edith Pye organizzarono l'acquisto di 1.400 mucche da latte in Olanda e la loro distribuzione ai contadini austriaci assicurando cosi l'approvvigionamento del latte destinato ai bambini. Nei centri in cui veniva dispensato il latte furono le madri a garantirne la distribuzione capillare. «Le madri hanno parlato alle madri, e le madri hanno agito per conto delle madri».79
Anche in Germania dove, grazie ai finanziamenti americani e alle generose donazioni delle comunita tedesche negli Stati Uniti, gli approvvigionamenti alimentari raccolti consentirono di alimentare 1.750.000 bambini, fu decisivo l'impegno nella distribuzione di decine di migliaia di madri e di insegnanti.80
La filosofia dell'aiuto delle pacifiste, delle volontarie nelle missioni quacchere, in Save the Children e nella WILPF, si discostava per molti versi da quella della American Relief Administration. Hoover, infatti, benché animato da sincero spirito umanitario, negli aiuti vedeva anche uno strumento di controllo politico per scongiurare moti rivoluzionari e prevenire l'influenza sovietica. Gran parte delle donne impegnate nelle varie missioni, al contrario, soccorrendo le vitti me civili intendevano non soltanto alleviare la disperazione e sanare le ferite causate dal conflitto, ma anche e soprattutto testimoniare, affermare il proprio dissenso nei confronti di una guerra che aveva colpito gli inermi, delle menzogne diffuse dalla propaganda e dai discorsi pubblici che per anni avevano seminato odio e si proponevano di avviare un processo di trasformazione radicale delle relazioni internazionali attraverso l'azione volontaria.81
«Che siano le donne a intraprendere un lavoro che gli uomini nelle loro associazioni politiche sembrano incapaci di portare avanti».82
6.Pane e pace
Le conseguenze della guerra sulla parte piú debole della popolazione civile avevano dato un grande impulso al lavoro di aiuto, ma anche alla riflessione teorica. La consapevolezza che la violenza strategica sui civili era stata l'arma vincente del conflitto imponeva l'affermazione di una nuova etica delle relazioni internazionali e una nuova visione dell'economia.
Solo le donne che, piú degli uomini, aderivano alle «realta tangibili dell'esistenza», e che meno degli uomini erano inclini alle astrazioni, avrebbero potuto rimediare alla «immensa distorsione negli affari internazionali» orientati alla morte. In alcuni interventi pubblici nel corso del 1918, al Congresso di Zurigo e nell'opera Peace and Bread in Time of War, Jane Addams espose le sue riflessioni sul tema del rapporto tra la produzione e la distribuzione del cibo e la pace, riflessioni che restano a tutt'oggi un punto di riferimento fondamentale per il pensiero femminista in tema di giustizia economica e di sicurezza alimentare.83
Il «lavoro del pane», ovvero il fondamento dell'esistenza, a parere di Jane Addams, avrebbe dovuto essere sottratto al completo dominio del mercato e tornare ad assumere il significato puramente umano che aveva rivestito per secoli, fino a che la produzione e la conservazione del cibo non furono sottratte alle donne. L'avvento del patriarcato, infatti, aveva rotto l'equilibrio antico tra le donne e la natura, tra le donne, la terra e il lavoro del pane.
«Sappiamo che quando i raccolti di cereali e di radici, prodotti con tanta sollecitudine dalle donne primitive, iniziarono ad avere un valore commerciale, della loro produzione e del loro scambio si impadronirono gli uomini, proprio come successivamente si impadronirono della ceramica e di altre attivita femminili».84
Questo predatorio modo di appropriazione era divenuto il paradigma dell'economia e di tutte le relazioni di sfruttamento e nel corso della guerra aveva rivelato tutta la sua distruttivita. Ora il mondo doveva rivolgersi all'etica primitiva creata dalle madri.
Come le donne originariamente crearono l'etica dell'umanita affermo Jane Addams nel suo intervento a Zurigo nel desiderio di nutrire i figli, di tenerli stabilmente in un luogo finché il grano non fosse maturo e cosi trattennero in quel luogo gli uomini, inclini a spostarsi verso i sentieri di caccia, cosi forse oggi che il mondo e stato messo in ginocchio dalla fame, esse si possono incontrare su quell'antica base [...]. Forse le antiche vie sono le uniche che si possono percorrere. Evidentemente non siamo in grado di incontrarci su un piano piů elevato, ma e possibile che questo primitivo legame umano ci terra insieme, e se iniziamo da questa base, arriveremo a una nuova fratellanza fondata su questo semplice bisogno umano. [.] Ricordiamoci che la distribuzione del cibo puo diventare una cosa sacra. Possiamo farla diventare la base di un nuovo internazionalismo, [.] una base spirituale su cui il mondo puo essere riportato ancora una volta alla normalita. Vorra questa conferenza femminile iniziare da questi primitivi obblighi e bisogni?85
Per organizzare il mondo su linee pacifiche occorreva fare appel - lo non solo alla ragione, ma anche «a quel primitivo, impellente impulso umano a favorire la vita e a proteggere i deboli di cui le donne [erano] state le prime custodi». A tali impulsi universali, concludeva Jane Addams, occorreva dare l'opportunita di espandersi.86
In un mondo in cui 160 milioni di persone erano a rischio di morte per fame87 solo la manifestazione di quell'impulso religioso che obbliga a porgere il nutrimento a chi soffre la fame avrebbe potuto creare un nuovo ordine mondiale fondato sulla compassione. Una tale trasformazione poteva realizzarsi unicamente a partire dalle relazioni quotidiane, relazioni di cura, nutrimento e protezione della vita.
«Un grande obiettivo mondiale non puo essere raggiunto senza la nostra partecipazione fondata su una comprensione intelligente - e sulla piú ampia empatia e solo se esso entra a far parte delle nostre abitudini domestiche poiché il suo successo dipende da un mutamento consapevole delle nostre abitudini quotidiane».88
L'immaginazione empatica delle esperienze degli altri, capace di trovare concretezza nelle azioni quotidiane di ogni giorno, era, a parere di Jane Addams, il solo vero inizio di ogni mutamento. Raccogliere fondi per chi moriva di fame in collaborazione con gli immigrati europei poteva divenire la base di un nuovo internazionalismo.
Se la Societa delle Nazioni, in cui Addams inizialmente aveva riposto le sue speranze, avesse considerato quella moltitudine di bambini affamati un suo problema concreto, provvedere al loro nutrimento sarebbe stata la via piú efficace e rapida per ripristinare relazioni di pace tra i paesi europei. Il cibo avrebbe potuto diventare una strategia per diffondere lo spirito di riconciliazione e porre le basi per la pace. Al contrario, la Societa delle Nazioni non aveva contrastato il nazionalismo dogmatico ed intollerante nato dalla guerra, rinunciando cosi a essere lo strumento di un nuovo ordine mondiale. Ora, ne era convinta, esso poteva nascere solo dal basso, dalle persone semplici che dedicavano la vita a soddisfare i bisogni quotidiani, da coloro che conducevano un'esistenza di umili fatiche, in particolare dalle donne e dalle madri.
Molte altre pacifiste e volontarie nelle missioni di aiuto espressero la stessa fiducia nelle donne semplici legate dalla comune esperienza della vita, da quell'etica della cura cosi lontana dall'immaginario bellico, dall'idea di forza, competizione, dominio. Dorothy Detzer, lavoratrice sociale americana, dopo aver espresso la sua indignazione per i metodi di guerra che avevano inflitto le sofferenze piú dure ai bambini, scrisse: «Eppure c'ero io, c'era Frau Guise e Frau Lieper e milioni di persone come noi in giro per il mondo divise l'una dall'altra únicamente da barriere artificiali di lingua e nazionalitâ, ma unite dai profondi legami istintivi delle donne».89
7.Maternita e pace
«Le donne - come la terra - dopo ogni guerra hanno mostrato il loro potere di ricreare ció che la guerra ha distrutto. Cosi faranno anche questa volta. Ma lo faranno senza condizione?».90
Il nesso maternita e pace, tra militarismo e oppressione delle donne, ha origini antiche; la sua espressione piû nota in eta contemporanea e l'appello Alle donne dei due mondi di Julia Ward Howe in cui l'autrice, che aveva promosso numerose societa per la pace negli Stati Uniti, nel 1870 avanzava la proposta di un grande congresso femminile per «la pace universale». Generare ed educare i figli dava alle donne il diritto di avere voce nelle decisioni sulla guerra che annientava l'impegno delle loro vite.91
Tuttavia, solo a partire dalla Grande guerra il nesso maternita e pace divenne il fulcro del pensiero e dell'agire politico delle femministe pacifiste. Non gia un «maternalismo» regressivo, astratto e retorico, bensi calato nella realta concreta delle esperienze delle donne nella guerra moderna. Coloro che si appellavano ai valori della maternita avevano colto le nuove caratteristiche dei conflitti contemporanei e ne avevano prefigurati gli esiti micidiali. La guerra totale non aveva semplicemente coinvolto tutta la popolazione civile nello sforzo bellico, ne aveva fatto il bersaglio strategico principale, colpendo e straziando i piú deboli. Da allora i conflitti tra gli stati avrebbero esteso progressivamente la loro violenza sugli inermi.
Lo aveva gia previsto all'inizio del secolo Emily Hobhouse, la pacifista che denuncio la strategia adottata dall'esercito britannico nella guerra del Sud Africa -la terra bruciata e la deportazione delle donne e dei bambini nei campi di concentramento- e che per prima sollevo la questione della liceita di colpire i civili nei conflitti armati.92 Hobhouse raccolse, tradusse e pubblicó le memorie delle deportate, per lo piû madri che avevano perso i propri figli uno dopo l'altro. Nei campi sudafricani, infatti, morirono di fame e stenti oltre 22.000 bambini, un numero ben superiore a quello dei combattenti di entrambe le parti.93 Almeno una generazione era stata annientata.
Pur in assenza di dati certi, sappiamo che la Grande guerra stronco un numero maggiore di vite tra i civili rispetto ai militari e che in ogni paese le morti infantili crearono un forte squilibrio demografico.94 Nell'immediato dopoguerra in Serbia, in Romania, in Grecia, in Polonia gli osservatori internazionali notarono quanto fosse difficile imbattersi in bambini al di sotto dei 5 anni.95 In Germania le prime elaborazioni del censimento della popolazione del 1919 rivelarono che la mortalita infantile, sommandosi al declino della natalita, aveva ridotto di un terzo la classe di eta tra 1 e 5 anni e del 50% quella da 1 a 3 anni rispetto al 1910.96 Nulla toglie all'immensita del dolore causato da quelle perdite -e al disonore delle istituzioni politiche e militari- il fatto che quello squilibrio si sarebbe colmato in pochi anni.
Dalla drammaticita della condizione infantile e femminile durante la guerra, dall'ostinata difesa della vita dei bambini da parte delle madri, dalla loro protesta, molte pacifiste trassero la convinzione che i valori legati alla maternita, ovvero i «poteri creativi e conservativi del mondo»,97 fossero in grado di contrastare le forze distruttive scatenate dalla politica creata dagli uomini.
Ovunque le pacifiste riuscirono a far sentire la propria voce: nei congressi internazionali che si tennero nel 1915 -a Washington nel gennaio e all'Aia ad aprile-, negli articoli pubblicati dalle riviste pacifiste, nelle opere che apparvero per lo piû nei paesi neutrali dove era piû facile sfuggire alla censura, ma anche nelle poesie, nei racconti, nei copioni teatrali, il tema di una maternita forte e libera, in grado di sovvertire una visione del mondo fondata sulla competizione e la violenza e ricorrente.98
Il significato che nei loro scritti le pacifiste attribuirono al materno non e quasi mai deterministico. Quando esse fanno appello alla maternita, e anche quando usano il termine «natura» o «istinto», si richiamano all'esperienza femminile della vita che ha il suo fondamento nel corpo, fonte di conoscenza, non pura biologia, a quella concretezza particolare con cui le donne osservano il mondo, a un'etica per cui la morte e sempre motivo di dolore e non di astratte considerazioni, a un pensiero in cui a essere centrale e la nascita e non la morte. Per potersi riversare nel mondo devastato, i valori legati alla maternita avrebbero dovuto essere liberi di esprimersi al di la dell'ambito domestico in cui erano stati confinati.
Il nesso maternita/pace elaborato in quegli anni era dunque molto piû di una immagine suggestiva di grande impatto emotivo. Era la condanna piû severa della guerra; era l'affermazione di una cittadinanza che non si arrestava all'inclusione nella vita politica, ma che poneva al centro il soddisfacimento dei bisogni essenziali della vita; era un modo di intendere la democrazia come una quotidianita fatta di cura, solidarieta e compassione capace di trasformare le relazioni di dominio e pertanto di allontanare la guerra dall'orizzonte umano.
Biodata: Bruna Bianchi insegna Storia delle donne e questioni di genere all'Universita Ca' Foscari di Venezia. Studiosa della Grande guerra, si e occupata del pensiero pacifista e femminista. Fa parte del Comitato scientifico dell'Historial de la Grande Guerre, Péronne e dal 2004 dirige «DEP. Deportate, esuli, profughe», rivista telematica di studi di genere e di storia delle donne (<http://www.unive.it/dep>), (<http://www.unive.it/dep>).
Bruna Bianchi teaches Women's History and Gender Studies and History of Contemporary Political Thought at the University of Venice (Ca' Foscari). Her work focuses largely on the involvement of society during the First World War, on pacifist and feminist thought. She is member of the Scientific Committee of the Historial de la Grande Guerre, Péronne; since 2004 she has been Co-editor in chief of DEP. Deportate, esuli, profughe, an on-line journal on gender studies and women's history (<http://www.unive.it/dep>).
1 Ruth Fry? Emily Hobhouse. A memoir, London, Jonathan Cape, 1929, p. 274.
2 Sulla missione di pace di Emily Hobhouse si veda John V Crangle, Joseph O. Baylen, Emily Hobhouse's peace mission, «Journal of Contemporary History», 14, 1979, n. 4, pp. 731-744; Jennifer Hobhouse Balme, Agent of peace: Emily Hobhouse and her courageous attempt to end the First World War, Stroud, The History Press, 2015.
3 George Abel Schreiner, The iron ration. Three years in the warring Central Europe, London-New York, Harper, 1918, p. 258.
4 Sulla politica del blocco si veda: Paul Vincent, The politics of hunger The allied blockade of Germany, 1915-1919, Athens-London, Ohio University Press, 1985; sul confronto con la guerra sottomarina: Avner Offer, The First World War An agrarian interpretation, Oxford, Clarendon, 1989; sul blocco come strategia «lowcost» quando la guerra si presento piû costosa del previsto in termini di uomini e mezzi: Alexander B. Downes, Targeting civilians in war, Ithaca, Cornell University Press, 2008; sulle vittime dei bombardamenti in Germania (305.455): United States Strategic Bombing Survey, Summary Report (European War), Washington, September, 30, 1945, p. 36.
5 Sulle ripercussioni della politica del blocco navale e sulle conseguenze assai piû gravi in Polonia, Serbia, Lituania e in Medio Oriente, si veda Bruna Bianchi, Crimini di guerra e contro ľumanita. La violenza ai civili sul fronte orientale (1914-1919), Milano, Unicopli, 2012.
6 Il Memorandum apparve il 16 dicembre del 1918 con il titolo Schädigung der deutschen Volkskraft durch die feindliche Blockade. Denkschrift des Reichsgesundheitsamtes. Dezember 1918, Berlin, Oldenburg, 1919.
7 Ernest H. Starling, Thefood supply of Germany during the war, «Journal of the Royal Statistical Society», 83, 1920, n. 2, p. 243.
8 Alice Duffy Rinehart (ed.), One woman determined to make a difference. The life of Madeleine Zabriskie Doty, Bethlehem (PA), Lehigh University Press; London, Associated University Presses, 2001, pp. 134-135. «Four Lights» pubblico una recensione e ampi brani dell'opera nel numero di marzo 1917.
9 Oltre allo scritto di George Abel Schreiner, The iron ration, ricordo le opere di Ernest Lionel Pyke, Desperate Germany, London-New York-Toronto, Hodder and Stoughton, s.d. e di Mary Ethel McAuley, Germany in wartime. What an American girl saw and heard, Chicago, Open Court, 1917.
10 Madeleine Zabriskie Doty, Short rations. An American woman in Germany, 1915... 1916, New York, The Century? 1917, p. 134.
11 Presieduto da Jane Addams, insignita del premio Nobel per la pace nel 1931, il congresso fu un evento di grande rilievo per il pacifismo a livello internazionale e pose le basi per la prima organizzazione internazionale femminile per la pace: la Women's International League for Peace and Freedom (WILPF). Sul Congresso dell'Aia la bibliografia e molto vasta; si vedano in particolare: Anne Wiltsher, Most dangerous women. Feminist peace campaigners of the Great War, London-Boston-Henley, Pandora Press, 1985; Linda K. Schott, Reconstructing women's thoughts. The Women's International League for Peace and Freedom before World War II, Stanford, Stanford University Press, 1997; Maria Grazia Suriano, Percorrere la nonviolenza. L'esperienzapolitica della Women's International League for Peace and Freedom fra le due guerre mondiali, Roma, Aracne 2012.
12 Zabriskie Doty, Short rations, p. 23.
13 Ibidem, pp. 26-27.
14 Ibidem, p. 103.
15 Ibidem, pp. 136-137.
16 Ibidem, p. 148.
17 Ibidem.
18 Ibidem, p. 134.
19 Ibidem, pp. 163-164.
20 Ibidem, p. 264.
21 Evelyn Blücher, An English wife in Berlin. A private memoir cf' events, politics, and daily life in Germany throughout the war and the social revolution of 1918, New York, Dutton, 1920, p. 100. Britannica, sposata a un nobile tedesco, Evelyn Blücher all'inizio del conflitto fu espatriata a Berlino. Benché alloggiasse in hotel dove non soffrl delle ristrettezze della gente comune, nel suo diario annoto il progressivo peggioramento delle condizioni di vita in citta.
22 Mentre il consumo di carne nell'esercito dal 1915 al 1918 subi una leggera diminuzione (da 132 grammi giornalieri a 127), quello degli abitanti delle citta crollo da 135 a 28 grammi: N. P. Howard, The social and political consequences of the allied food blockade of Germany, 1918-1919, «German History», 11,1993, n. 2, , p. 164.
23 Vincent, The politics of hunger, pp. 124-156.
24 Arnulf Scriba, Berlin in the 1914-1918 War, «Cahiers Bruxellois-Brusselse Cahiers», 46, 2014, n. 1, p. 180, <https://www.cairn.mfo/revue-cahiers-bruxellois-20141E-page173.htm>.
25 Franz Bumm, Deutschlands Gesundheitsverältnisse unter dem Einfluss des Weltkrieges, Stuttgart-Berlin-Leipzig, Deutsche Verlags-Anstalt; New Haven, Yale University Press, 1928, pp. 38-39.
26 Le vedove di guerra tedesche nel 76% dei casi avevano meno di trent'anni e nel 97,9% dei casi erano madri di bambini sotto i sei anni: Robert Weldon Whalen, Bitter wounds. German victims of the Great War, 1914-1939, Ithaca (NY), Cornell University Press, 1984, pp. 69-76.
27 Holger H. Herwig, The First World War. Germany and Austria-Hungary 19141918, London-New Delhi-New York-Sidney, Bloomsbury? 2014, p. 292.
28 Si trattava di meno del 10% della popolazione. Belinda J. Davis, Home fires burning Food, politics, and everyday life in World War I Berlin, Chapel Hill, University of North Carolina Press, 2000, pp. 154-158. A quest'opera rimando per una ricostruzione attenta della politica annonaria e delle responsabilita statali per la sua disorganizzazione.
29 Sulla condizione di vita e di lavoro degli adolescenti si veda Andrew Donson, Youth in the fatherless land. War pedagogy, nationalism and authority in Germany 19141918, Cambridge-London, Harvard University Press, 2010, pp. 125-153.
30 Lina Spiess Richter, Family life in Germany under the blockade, London, National Labour Press, 1918, p. 15.
31 Ibidem, p. 16.
32 Jane Addams, Alice Hamilton, Official report to the "American Society of Friends", Service Committee, Philadelphia. A graphic picture of hunger and disease in stricken central Europe, Nebraska Branch, American Relief Fund for Central Europe, 1919, p. 10.
33 Joan Mary Fry, In downcast Germany, 1919-1933, London, Clarke, 1944, p. 15.
34 Alice Hamilton, Exploring the dangerous trades, Boston, Little, Brown and company, 1943, pp. 245-246.
35 Si veda in particolare il documentario girato nel 1919, Hunger Blockade Germany, <http://www.europeanfilmgateway.eu/search-efg/blockade>. Held era nato in Austria nel 1871 e all'eta di vent'anni emigró negli Stati Uniti.
36 Addams, Hamilton, Official report, p. 5.
37 Pyke, Desperate Germany, p. 92.
38 Ernst Gläser, Class 1902 [1928], Columbia, The University of South Carolina Press, 2008, p. 327.
39 Addams, Hamilton, Official report, p. 5.
40 Ernst Buchner [Eduard Mayer], 1914-1918. Wie es damals daheim war Das Kriegstagebuch eines Knaben, Leipzig, Die Neue Zeit, 1930, p. 203.
41 Belinda J. Davis, Geschlect und Konsum. Rolle und Bild der Konsumentin in den Verbraucherprotesten des Ersten Weltkrieges, «Archiv für Sozialgeschichte», 38, 1998, pp. 119-139; Ead., Home fires burning, pp. 76-88; 160-169.
42 Blücher, An English wife, p. 94.
43 Herbert Hoover, The memoirs of Herbert Hoover. Years of adventure 1874-1920, New York, MacMillan, 1951, pp. 340-341.
44 Anna Eisenmenger, Blockade. The diary of an Austrian middle-class woman 1914-1924, New York, Long-Smith, 1932.
45 Nel complesso e stato calcolato che nell'Austria-Ungheria 467.000 civili abbiano perso la vita principalmente a causa delle privazioni alimentari, con un aumento della mortalita del 51%. Leo Grebler, Wilhelm Winkler, The cost of the World War to Germany and to Austria-Hungary, New Haven, Yale University Press, 1940, p. 147.
46 Alla fine della guerra le razioni consistevano in 35,7 grammi di farina, 180 grammi di pane, 5,7 grammi di lardo, 17,8 grammi di carne; 71,4 grammi di patate, 25 grammi di zucchero, 23,8 grammi di marmellata e 8,9 grammi di caffé, ovvero circa 830 calorie; Maureen Healy, Vienna and the fall of the Habsburg Empire. Total war and everyday life in World War I, Cambridge (NY), Cambridge University Press, 2004, p. 45, 82.
47 Eisenmenger, Blockade, 8 novembre 1918.
48 Healy, Vienna and the fall, p. 42.
49 Eisenmenger, Blockade, 26 ottobre 1918 (cito dalla versione online priva di numeri di pagina), <https://archive.org/details/Blockade-TheDiaryOfAnAustrianMiddle-classWoman 1914-1924>.
50 Si vedano le 24 storie di vita raccolte da Christha Hämmerle (Hg.), Kindheit im Erstem Weltkrieg, Vienna, Böhlau, 1993.
51 Reinhard F. Sieder, Behind the lines. Working-class family life in wartime Vienna, in Richard Wall, Jay? Winter (eds.), The upheaval of war. Family, work and welfare in Europe, 1914-1918, Cambridge, Cambridge University Press, 1988, p. 112.
52 Healy, Vienna and the fall, p. 75.
53 Sieder, Behind the lines, p. 120.
54 Schreiner, The iron ration, p. 217.
55 Healy, Vienna and the fall, p. 41.
56 Lettera censurata di Stefanie Pekná, adolescente boema, in Tara Zahra, «Each nation cares for its own». Empire, nation, and child welfare activism in the Bohemian lands, 1900-1918, «The American Historical Review», 111, 2006, n. 5, p. 1391.
57 Eisenmenger, Blockade, 8 novembre 1918.
58 Nel maggio 1915 a Vienna la rabbia femminile si accese per la mancanza di pane, in ottobre a Linz 1.000 donne manifestarono di fronte al municipio contro i razionamenti. Nel gennaio 1916 a Vienna le madri che protestavano per la mancanza di latte e di cibo furono disperse con gli idranti; Herwig, The First World War, pp. 270-273.
59 Per il Tirolo italiano faccio riferimento alla ricerca in corso di Quinto Antonelli e Anselmo Vilardi presentata al Convegno internazionale di studi svoltosi a Trento il 16-18 novembre 2017, J'accuse! 1914-1918: opposizione rifiuto, protesta dal titolo Trentino, Tirolo, Austria: scioperi e proteste. Ringrazio gli autori per avermi permesso di leggere e citare la loro relazione. Per il Tirolo si veda: Matthias Rettenwander, Eroismo silenzioso?: Storia economica e sociale del Tirolo nella Prima guerra mondiale, Trento, Societa di studi trentini di scienze storiche, 2006.
60 Healey, Vienna and the fall, p. 58, corsivi nelľoriginale.
61 Friedrich Hertz, What the famine means in Austria, in Fight the Famine Council, The famine of Europe. The facts and suggested remedies. Being a report of the International Economic Conference, called by the Fight the Famine Council, London, Swarthmore Press, 1920, p. 17.
62 Ruth Fry? A Quaker adventure. The story of nineyears'relief and reconstruction, London, Nisbet, 1926, p. 202.
63 Intervento di Else Beer-Angerer, in Report of the International Congress ef Women, Zurich May 12 to 17, 1919, Geneva, Women's International League for Peace and Freedom, 1919, p. 209.
64 Clare Mulley, The woman who saved the children. A biography of Eglantyne Jebb founder of Save the Children, Oxford, Oneworld, 2009, pp. 238-239.
65 20.000 secondo Friedrich Hertz, cfr. Id., What thefamine means, p. 19.
66 Hoover, The memoirs, p. 392.
67 Women's International League for Peace and Freedom, Towards Peace and Freedom, August 1919, pp. 10-11.
68 Helena Maria Swanwick, I have beenyoung, London, Gollacz, 1935, p. 317. Helena Maria Swanwick (1864-1939), suffragista e pacifista, durante la guerra si uni alla Union ef Democratic Control e fu la prima presidente della sezione britannica della WILPF.
69 Anita Augspurg (1857-1943), personalita influente del movimento femminista tedesco, nel 1915 aveva partecipato al congresso dell'Aia e nel 1919 divenne vicepresidente della WILPF.
70 L'appello fu riportato dal «The New York Times» il 15 novembre 1918.
71 Kate Courtney (1847-1929), all'inizio del secolo, affianco Emily Hobhouse nella denuncia dei campi di concentramento in Sud Africa, nel gennaio 1919 fu tra le promotrici del gruppo di pressione Fight the Famine Committee per l'abolizione del blocco.
72 Hamilton, Exploring the dangerous trades, p. 234.
73 Swanwick, I have been young, p. 319.
74 Hamilton, Exploring the dangerous trades, p. 234.
75 Jane Addams, Peace and bread in time of war, New York, Macmillan, 1922, p. 159.
76 Report of the International Congress, p. 192.
77 Barbara Sicherman, Alice Hamilton. A life in letters, Urbana, University of Illinois Press, 2003, p. 229.
78 Sull'azione delle pacifiste nei paesi dell'Europa centrale si veda Bruna Bianchi, «That massacre of the innocents has haunted us for years». Women witnesses of hunger in Central Europe, in Bruna Bianchi, Geraldine Ludbrook (eds.), Living war, thinking peace (1914-1924), Cambridge, Cambridge Scholar, 2016, pp. 64-92.
79 Dorothy Detzer, Appointment on the Hill, New York, Holt, 1948, pp. 8-9.
80 Lester M. Jones, Quakers in action. Recent humanitarian and reform activities of the American Quakers, New York, Macmillan, 1929, p. 55.
81 Sulla filosofia di aiuto delle missioni quacchere rimando a Bruna Bianchi, «Una grande, pericolosa, avventura». Anna Ruth Fry, il relief work e la riconciliazione internazionale (1914-1926), «DEP. Deportate, esuli, profughe», 6, 2009, n. 9, pp. 2354, <http://www.unive.it/media/allegato/dep/n9correzioni/Ricerche/Bianchisaggio-a.pdf>; su quella delle donne impegnate in Save the Children: Linda Mahood, Feminism and voluntary action. Eglantyne Jebb and Save the Children, 1876-1928, New YorkLondon, Palgrave Macmillan, 2009.
82 Lo affermo Eglantyne Jebb nel maggio 1919, Mulley, The woman who saved the children, p. 243.
83 Si veda a questo proposito: Anne Marie Pois, Foreshadowings. Jane Addams, Emily Greene Balch, and the ecofeminism/pacifistfeminism of the 1980s, «Peace & Change», 20, 1995, n. 4, pp. 439-465; Lisa Yun Lee, Hungry for peace. Jane Addams and the HullHouse Museum's contemporary struggle for food justice, «Pece & Change», 36, 2011, n. 1, pp. 62-79.
84 Addams, Peace and bread, p. 82.
85 Report oj the International Congress, pp. 195-196.
86 Ibidem, p. 196.
87 Citato in John Richardson Marrack, Experience of Last War and since. Current state of nutrition in occupied Europe and elsewhere, in Sixteenth Scientific Meeting, London School of Hygiene and Tropical Medicine, November 1943, pp. 177-179.
88 Jane Addams, The world's food supply and woman's obligation, General Federation of Women's Clubs Biennial Convention, Hot Springs, Arkansas, 1918, p. 260.
89 Detzer, Appointment on the hill, pp. 9-10.
90 Ellen Key, Santa insurrezione, «Coenobium» 9, 1915, n. 2, p. 18.
91 Julia Ward Howe, Appeal to womanhood throughout the world [settembre 1870], in Laura E. Richards, Maud Howe Elliott, Julia Ward Howe, I, Boston, New York, 1916, pp. 302-303.
92 Emily Hobhouse, The brunt of the war and where ilfell, London, Methuen, 1902; Ead., War without glamour. Or women's war experiences written by themselves 18991902, Bloemfontein, Nasionale Pers Beperk, 1924.
93 Le perdite furono 8.189 tra i boeri e 7.792 tra i britannici: Bruna Bianchi, Memorie dal Sud Africa (1899-1902), in Ead. (a cura di), Deportazione e memoriefemminili (1899-1953), Milano, Unicopli, 2002, pp. 19-86.
94 Nel 1920 l'economista John Atkinson Hobson valutava il numero dei decessi causati dalla guerra tra i non combattenti in non meno di tredici milioni. John Atkinson Hobson, Failure of recuperative forces, in The needs of Europe. Its economic reconstruction. A Report of the International Conference Called by the Fight the Famine Council, 11-13 September 1920, London, Fight the Famine Council, 1921, p. 15. Sulle perdite tra i civili in Austria si veda: Anatol Schmied-Kowarzik, War losses (AustriaHungary), in 1914-1918-online. International Encyclopedia of the First World War, ed. by Ute Daniel, Peter Gatrell, Oliver Janz (et alii), Freie Universität Berlin, <https:// encyclopedia. 1914-1918-online.net/article/war_losses_austria-hungary>; sullo squilibrio demografico in Germania: Robert Weldon Wahlen, War losses (Germany), ibidem, <https://encyclopedia.1914-1918-online.net/article/war_losses_germany>.
95 Si veda, ad esempio, il rapporto di Homer Folks (direttore della American Red Cross Civil Aissistance): The human cost of the war, New York-London, Harpers, 1920, pp. 229-248.
96 Starling, The food supply, p. 244.
97 Key, Santa insurrezione, p. 18.
98 Tra le opere si vedano: Ellen Key, War, peace, and the future, New YorkLondon, Putnam's Sons, 1916; Jane Addams, The long road of woman's memory, New York, Macmillan, 1916; Helena Swanwick, The war in its effect upon women, London, Union of Democratic Control, 1916. Sulle riviste edite dalle donne: Bruna Bianchi, Towards a New Internationalism. Pacifist journals edited by women (1914-1919), in Christa Hämmerle, Oswald Überegger, Brigitte Bader-Zaar (eds.), Gender and the First World War, New York (NY), Palgrave Macmillan, 2014, pp. 176-194. Dal 1917, inoltre, in Francia apparve «La mere éducatrice», una rivista fondata da Madeleine Vernet, interamente dedicata al ruolo delle madri nell'educazione alla pace.
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Abstract
Sulla base delle testimonianze femminili -lettere censúrate, diari, memorie- e degli osservatori contemporanei, il saggio traccia un quadro delle esperienze femminili di deprivazione estrema in Austria e Germania, delle strategie di sopravvivenza, delle forme di protesta. Il saggio inoltre si sofferma sugli scritti di alcune pacifiste che tra il 1915 e il 1920 si recarono a Vienna, Berlino e altre citta tedesche per portare aiuti e un messaggio di pace. Dall'enormita delle sofferenze causate dalla mortalita infantile, dalla poverta e dalla disperazione delle madri queste donne trassero nuovo impulso per l'attivismo, rafforzarono le loro convinzioni pacifiste e avanzarono una nuova visione dell'economia e delle relazioni internazionali.