Alcune brevi considerazioni, per lo più di natura storiografica, sulla presenza greca in Italia possono contribuire a meglio inquadrare la complessa figura di Massimo il Greco1.
La chiamata di Manuele Crisolora a Firenze2, il concilio di Ferrara-Firenze3 e la caduta di Costantinopoli4 costituiscono le tappe consuete della riflessione storiografica più nota e tradizionale: ognuno di questi punti evoca tematiche più ampie, ovvero l'apprendimento e la conoscenza della lingua greca, le traduzioni, il rapporto tra dottrine teologiche ed ecclesiologiche diverse, la diaspora di quelli che sono stati definiti per antonomasia gli Emigrés bizantini5.
Le ricerche di Deno Geanakoplos6, di Agostino Pertusi7, di Joseph Gill8, di Nigel Wilson9 e di altri ancora hanno segnato i confini di un quadro che sembrerebbe ormai definito. Ognuno di questi temi va probabilmente rivisto alla luce anche delle più recenti e singole ricerche. Per fare un solo esempio, gli studi di John Monfasani hanno dimostrato come l'arrivo dei bizantini in Occidente non sempre sia collegato al Concilio di Ferrara e Firenze del 143910 o alla caduta di Costantinopoli del 145311: a volte l'interesse era infatti di apprendere la filosofia e la medicina, come nel caso di Giovanni Argiropulo, che si era laureato a Padova nel 144412, o di Giorgio Trapenzunzio13 e Teodoro Gaza14, che erano arrivati in Italia rispettivamente intorno al 1416 e nei primi mesi del 1440. Solo tardi, negli anni '60 del Quattrocento15, i bizantini, molto spesso con il sostegno del cardinale Bessarione16, trovano un'adeguata collocazione insegnando a livello universitario la lingua e la cultura greca, come Andronico Callisto a Bologna nel 145817 o lo stesso Argiropulo a Firenze nel 145718; a volte con difficoltà, come nel caso di Costantino Lascaris che, dopo vario peregrinare, si stabiliva a Messina19. La validità di un professore greco, come sottolinea Monfasani, non consisteva nella sua capacità di insegnare il greco, ma nella piena padronanza della cultura latina e degli strumenti dell'oratoria latina20. Da questo punto di vista il dibattito tra la supremazia della lingua latina o della lingua greca presupponeva la conoscenza delle fonti greche a cui attingere in forma diretta o in traduzione21; tale dibattito, spesso ricorrente all'interno di scambi poetici o di accese polemiche, non deve però essere relegato a interessi di natura pedagogica o del cursus dell'apprendimento22, ma va allargato a temi politici e ideologici. Ribadire infatti la priorità della lingua greca da quella latina non significava riconoscere la supremazia della cultura greca, da cui quella latina appunto derivava, ma anzi, paradossalmente, sottolineare l'unità del mondo occidentale che si contrapponeva alla frammentazione linguistica e politica del mondo bizantino23. Né mancavano le lamentele come quella che il monaco basiliano Ioachim di S. Giovanni a Piro aveva il coraggio di rendere esplicite. Atanasio Calceopulo, infatti, nel Liber Visitationis, lo straordinario documento che registra alla data del 1458 la presenza di latini e greci nei monasteri dell'Italia meridionale, riporta: "et plus [frater Joachim] dixit: 'Stamu incappati in manu di questi Grechi, chi su venuti da lo Levante et non sapimu si su christiani oy turchi...'"24.
Secondo uno schema ormai in uso sono stati contrapposti da un lato i cosiddetti viaggi di istruzione verso la grecità, a cominciare, ad esempio, da Guarino Veronese25, Francesco Filelfo26, Giovanni Aurispa27, Antonio Cassarino, Giovanni Tortelli, dall'altro la fuga verso l'Occidente a causa della minaccia turca28, come nel caso, tra i tanti, di un Alessio Celadeni e della sua nobile famiglia29 oppure di Cabacio Manilio Rallo30, entrambi giunti in Italia intorno al 1466. Si poteva solcare l'Adriatico dalla penisola balcanica raggiungendo le sponde italiane per motivi di studio, come accade per il croato Elio Lampridio che prima si recava da Ragusa (Dubrovnik) a Ferrara, probabilmente attratto dalla fama di Battista Guarino, per poi approdare a Roma, dove nel 1484, in occasione del Natale di Roma31, riceveva la laurea poetica insieme con Lorenzo Bonincontri32. Oppure si poteva fuggire, come nel caso di Filippo Bonaccorsi, cioè quel Callimaco Esperiente che, dopo la congiura romana del 1468, andava a Creta, Cipro, Chio33.
Esisteva però un altro tipo di circolazione, meno appariscente, in quanto riscontrabile per lo più su fonti legate alla storia degli ordini religiosi, cioè la circolazione, all'interno dei monasteri e dei conventi, di religiosi di nazionalità diversa. A parte, per ovvi motivi, l'ordine Basiliano - e qui è sufficiente ricordare il già citato Atanasio Calceopulo34 - è alta la presenza di quanti attraversavano l'Adriatico, giungendo molto spesso a Roma, città nella quale, oltre alla presenza della Curia pontificia con la sua forza attrattiva35, avevano sede i generalati dei rispettivi ordini. Caso esemplare è fornito dall'inquieto francescano dalmata, Giorgio Benigno Salviati (Juraj Dragisic) che, dopo essere stato accolto nell'entourage del cardinale Bessarione, si trasferiva ad Urbino e poi a Firenze, prendendo in seguito le difese del Savonarola36. E per contro il domenicano Giovanni Gatti si recava presso il convento di San Domenico a Chio37. Non solo per istruzione, ma anche per lavoro si attraversava l'Adriatico: il caso di Lorenzo de Monacis, veneziano, notaio a Creta, conoscitore della cultura greca e bizantina38, ma tenace sostenitore della Repubblica veneta39 e assertore della superiorità del mondo latino, è uno dei primi ed emblematici esempi di una circolazione legata alle carriere e al lavoro intellettuale. I rapporti con l'Adriatico greco non coinvolgevano però solo Venezia, dove pure la "colonia" greca era ben radicata40. Il fiorentino Cristoforo Buondelmonti41, con la descrizione delle isole egee, dava inizio negli anni '20 alla moderna cartografia42; Ciriaco d'Ancona si sottraeva al suo lavoro di mercante con le esplorazioni antiquarie43, ma allo stesso tempo non si dimostrava insensibile alla questione de unione44; viaggiando in senso opposto, invece, Benedetto Cotrugli elaborava, di pari passo con l'esercizio della mercatura, anche il suo sviluppo teorico45. Per ovvi motivi, comunque, Venezia rimaneva la meta privilegiata, come testimonia, tra le tante, la vita di uno dei più prolifici copisti greci presenti in Italia, quel Giovanni Rhosos che negli ultimi anni di vita si sarebbe ritirato da Grottaferrata proprio a Venezia46.
In altri casi il lavoro era di carattere diplomatico-ecclesiastico: se da un lato Niccolò Segundino, greco bilingue, svolgeva prevalentemente il ruolo di traduttore orale al Concilio di Firenze, dall'altro Cristoforo Garatone sviluppava le sue qualità di mediatore già evidenziate come nunzio di Eugenio IV47 e a Costantinopoli portava con sé il giovane Lilio Tifernate48, alla riscoperta della cultura greca e della teologia bizantina, in linea con le direttive politico-religiose della curia romana49; in anni successivi Niccolò di Cattaro, vescovo di Modrussa50, avrebbe coinvolto nei suoi spostamenti alcuni familiari, più o meno importanti, da Francesco Maturanzio51 a Giovanni da Itri52.
Ai viaggi degli uomini, tra cui anche quelli dei pellegrini che solcavano l'Adriatico53, vanno accostati, ovviamente, anche i viaggi dei libri: è noto come in tempi molto precoci Giovanni Aurispa portasse dalla Grecia alcuni codici greci54; è nota la ricerca di testi e manoscritti greci promossa dal cardinale Bessarione che si rivolgeva a Michele Apostoli ed altri55, come pure il commercio librario promosso da Lauro Quirini56; sono note le ricerche di codici intraprese da Giano Lascaris su istanza di Lorenzo de' Medici57. Il panorama, in questo senso, risulta abbastanza completo in quanto per il settore dei manoscritti greci la catalogazione, ovvero il controllo di quanto si è conservato, è attualmente ad un livello più avanzato rispetto agli studi codicologici latini, forse per il semplice fatto che il numero dei codici è decisamente più limitato58. Si è però ormai compreso che a volte le grandi ricerche, già sistemate, costituiscono certamente un aiuto insostituibile, ma a volte costituiscono anche un blocco, una sorta di arresto per le ricerche stesse. Solo attraverso un ritorno alla visione diretta dei codici, non più mediati dalle descrizioni, emergerebbero di sicuro elementi di interesse e di novità.
La rivisitazione dei codici, ai quali ormai si accede con occhi più critici, guardando alle provenienze, alle mani che hanno postillato, facendo interagire il tutto con gli epistolari e con i documenti di archivio, va però con tutta probabilità affiancata da una rivisitazione - ma sarebbe più corretto dire esplorazione - del settore inerente il mondo dei primi volumi a stampa59, fino alla più tarda stagione di Aldo Manuzio60. Da questo punto di vista andrebbe valutata da un lato la partecipazione di studiosi di nazionalità bizantina alla organizzazione delle stesse imprese tipografiche61, soprattuto sotto il profilo dei contributi di carattere filologico. Nelle officine tipografiche aveva fornito la propria consulenza Teodoro Gaza62, che aveva collaborato con Giovanni Andrea Bussi alle prime edizioni romane, in particolare per Aulo Gellio63, Strabone64 e Plinio65; a Firenze Giano Lascaris aveva sperimentato la princeps della Anthologia Planudea66; a Venezia Marco Musuro67 aveva offerto le sue competenze filologiche alla impresa aldina68. Dall'altro lato però andrebbe anche considerato quali sono i testi di autori bizantini contemporanei che vengono stampati, se in traduzione come i Rhetorica di Giorgio Trapezunzio69, un testo che divenne un veicolo importante per la cultura bizantina70, o lo stesso In calumniatorem Platonis del cardinale Bessarione71 o in lingua originale come le varie grammatiche, che ovviamente avevano una loro utilità didattica72, a partire da quella di Manuele Crisolorora fino a quella di Costantino Lascaris73 o gli Erotemata di Demetrio Calcondila74. Ci chiediamo allora: se è vero che l'introduzione della stampa costituisce una sorta di cesura tra i testi che continuano ad avere fortuna e ad essere ristampati, e quanti rimangono relegati al mondo del manoscritto, qual'è l'eredità culturale che i cosiddetti emigrée hanno lasciato? Quali i testi messi a stampa75? Chi erano i finanziatori di queste edizioni?
Forse il caso più emblematico è costituito dalla creazione a Roma nel 1514 da parte di Leone X del Ginnasio greco76, al quale era annessa una tipografia greca77 guidata da Zaccaria Calliergi78 e nel quale confluirono molti prestigiosi insegnanti, quali lo stesso Giano Lascaris, Marco Musuro (morto prematuramente)79, Arsenio Apostolis. È stato tramandato, ai ff. 110v-111r del Marc. Gr. II 99 (1261), il resoconto della presentazione al pontefice di dodici giovannetti80 che erano stati portati dalla Grecia a Roma: lo scopo era di insegnare loro anche la lingua e la cultura latina.81: ma quale era il senso di questa operazione?
Il Ginnasio greco ebbe vita effimera ed altri tentativi furono fatti. Probabilmente il disegno che stava alla base - e che, nonostante le apparenze, voleva significare la supremazia della cultura e della chiesa latina - era destinato a fallire. Il recupero dell'antichità classica si rivelava un sogno82; le radici della cultura moderna andavano cercate altrove.
1 Oltre agli interventi qui offerti, si vedano Garzaniti 2005 e 2008 con le indicazioni bibliografiche.
2 I recenti atti del Convegno di Napoli rappresentano una ripresa di interesse per il dotto bizantino: Maisano, Rollo 2000, Pontani 1999, Rollo 2000, 2001, 2003, 2004b, Martinelli Tempesta 2006, Thorn-Wickert 2006.
3 Nella ricorrenza del 550° anniversario del Concilio di Ferrara e Firenze si sono svolti almeno tre Convegni: Alberigo 1991, Castelli 1992, Viti 1994.
4 Pertusi 1976.
5 Geanakoplos 1962, 1983, 1988.
6 Id. 1966.
7 Pertusi 1980.
8 Gill 1959.
9 Wilson 2000.
10 Monfasani 1990.
11 Id. 2004.
12 Id. 1993.
13 Id. 1976, 1984b.
14 Bianca 1999b: 738, Repici 2003, Gionta 2004.
15 Monfasani 1990: 52-54.
16 Bianca 1999a, Rigo 2001, Braccini 2006, Harris 2006, Ronchey 2006, Bianca 2009.
17 Chines 1992, Rollo 2006.
18 Field 2001.
19 Martínez Manzano 1998.
20 Per esempio, come accade per Teodoro Gaza, cf. Monfasani 1994.
21 Fiaccadori 1996.
22 Bianca 1997.
23 È quanto emerge dal discorso accademico elaborato da Lorenzo Valla nel 1455 a Roma: Rizzo 1994, 2002: 95sgg.
24 Laurent, Guillou 1960: 160.
25 Fiesoli 2006, Rollo 2004a, 2005.
26 Cf. infra nota 58.
27 Resta 2002, Schreiner 1994, Sottili 2002.
28 Hankins 1995: 111-207, Martl 2005, Meserve 2006, Albanese 2008, Carile 2008.
29 Monfasani 1984a, Speranzi 2009.
30 Manoussacas 1972.
31 Tournoy-Thoen 1972, Novakovic 1999, Bianca 2008.
32 Field 1996, Giorgetti 2002.
33 Così scrive il Bonaccorsi in una lettera del 13 aprile 1471 al conte palatino Derslav de Rythwyani, pubblicata anche in Laurent, Guillou 1960: 217: "... in Greciam transmitti curavi et prius in Cretam, deinde in Ciprum navigavi, [...] inde in Chium navigavi". Cfr. anche Medioli Masotti 1987.
34 Cf. il profilo delineato nell'Introduction a Laurent, Guillou 1960: XVIII-XXXIII. Si vedano anche le pertinenti osservazioni sul basso livello culturale della Calabria bizantina, non esclusa l'intera Italia medionale, di Lucà 2006.
35 Bianca 2004.
36 Vasoli 1989. Cf. anche Bianca 1999a: 135-136.
37 Monfasani 1997.
38 Pertusi 1965, Poppi 1967, cf. anche Solymosi 2002.
39 Poppi 1972-1973. Il de Monacis sosteneva la superiorità di Venezia rispetto a Roma quale garante della libertà. Marx 1978: 5.
40 Fedalto 1967, cf. da ultimo Tsirpanlis 2002: 123-149, Tucci 2002.
41 Weiss 1964, Luzzatti Laganà 1987, Barsanti 2001.
42 Turner 1989, Barsanti 1999: 35-54, 2001.
43 Weiss 1989, Di Benedetto 1998.
44 Come si deduce dalla lettera del 3 dicembre 1443, spedita da Ragusa al cardinale Giuliano Cesarini: Cyriac of Ancona 2003: 12. Cf. anche Niutta 1992.
45 Cf. Boschetto 2005, 2006.
46 Fornaci 1990.
47 Cf. Pesce 1974.
48 Jaitner-Hahner 1994.
49 Niutta 1990: 14.
50 Cf. Mercati 1937, Neralic 2003: 15-23.
51 Il viaggio in Grecia è assegnato al 1472, cf. Zappacosta 1970.
52 Cf. Cherubini 1980.
53 Cf. Ravegnani 2005.
54 Nel 1416 l'Aurispa vendeva alcuni codici greci a Bologna; nel 1417 vendeva un Tucidide a Niccolò Niccoli; nel 1421 aveva con sé a Roma alcuni codici di cui forniva l'elenco: Sabbadini 1931. Inoltre, in una lettera del 27 agosto 1421 da Bologna, Aurispa riferiva ad Ambrogio Traversari di aver inviato in Sicilia non pochi codici greci di argomento sacro: "miseram ex Constantinopoli electissima quaedam volumina sacra non pauca in Siciliam iam pridem" (Ibid. 119). Cf. Schreiner 1994.
55 Cf. Saffrey 1997, De Gregorio 2000: 317-396, in particolare 358-364, Zorzi 2002. Cf. anche Diller 1967.
56 Cf. Branca 1977, King 1989: 617-620.
57 Cf. Gentile 1994, Pontani 1992a e di recente Speranzi 2005, 2007.
58 Cf. Agati 2003. Cf. anche Eleuteri, Canart 1991.
59 Cf. Manoussakas, Staikos 1986, Staikos 1998.
60 Scapecchi 1994, Zorzi, Negri, Eleuteri 1994, Dionisotti 1995, Balsamo 2002.
61 Monfasani 1990: 56. Cf. anche Fantuzzi 1992.
62 Bianca 1999b: 743. Cf. anche Gionta 2004.
63 IGI 4186, IERS 28, ISTC ig00118000: cf. Bussi 1978: XXXIX e 15; la prefazione a questo volume è ristampata in Miglio 2002: 23-85.
64 IGI 9170, IERS 23, ISTC is00793000: cf. Bussi 1978: 35.
65 IGI 7879, IERS 65, ISTC ip00787000: cf. Bussi 1978: 44. Cf. per gli strascichi polemici di questa edizione, Fera 1995, 1996: 210-215, insieme con la relativa scheda di Casetti Brach 1998; cf. anche Davies 2002.
66 Pontani 1992b.
67 Pagliaroli 2004b, Cataldi Palau 2004, Speranzi 2006.
68 Cf. Manoussakas, Staikos 1986: 102-108.
69 La prima edizione fu stampata a Venezia da Vindelino da Spira non prima del 1472: IGI 2625, ISTC ig00157000. La Rhetorica fu ristampata a Milano da Leonard Pachel il 30 luglio 1493: IGI 4221, ISTC ig00158000. Cf. Manoussakas, Staikos 1986: 20.
70 Monfasani 1983.
71 IGI 1621, IERS 30, ISTC ib00518000. Cf. Monfasani 1981.
72 Pertusi 1962. Cf. anche Plebani 1994.
73 Martínez Manzano 1998: 141-158.
74 L'edizione è assegnata al tipografo Uldericus Scinzenzeler, a Milano, intorno al 1493 (IGI 3404, ISTC ic00419860), quando il Calcondila, trasferitosi a Milano nel 1491, era ancora in vita. Cf. Manoussakas, Staikos 1986: 76.
75 Follieri 1977, cf. anche Irigoin 1994, Layton 1994, Mouren 1998.
76 Fanelli 1961, Saladin 2000, Campanelli, Pincelli 2000: 173, Pagliaroli 2004a: 256-292.
77 Barberi, Cerulli 1972, Hobson 1976, Staikos 1998, Niutta 1989, 2005.
78 Manoussakas, Staikos 1986: 127-129, Staikos 1998: 391-433, Niutta 2005: 81-84.
79 Manoussacas 1970.
80 Pagliaroli 2004a: 252-256.
81 Insegnante di latino era Giovanni Benedetto Lampridio, cf. Onorato 1990.
82 Rico 1998.
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Abstract
Per fare un solo esempio, gli studi di John Monfasani hanno dimostrato come l'arrivo dei bizantini in Occidente non sempre sia collegato al Concilio di Ferrara e Firenze del 143910 o alla caduta di Costantinopoli del 145311: a volte l'interesse era infatti di apprendere la filosofia e la medicina, come nel caso di Giovanni Argiropulo, che si era laureato a Padova nel 144412, o di Giorgio Trapenzunzio13 e Teodoro Gaza14, che erano arrivati in Italia rispettivamente intorno al 1416 e nei primi mesi del 1440. Diller 1967: A. Diller, Three Greek Scribes working for Bessarion: Trivizias, Callistus, Hermonymus, "Italia medioevale e umanistica", X, 1967, pp. 403-410 (rist. in: A. Diller, Studies in Greek Manuscript Tradition, Amsterdam 1983, pp. 415-426). M.L. King, Umanesimo e patriziano a Venezia nel Quattrocento, II, Roma 1989. Meserve 2006: M. Meserve, News from Negroponte: Politics, Popular Opinion and Information, "Renaissance Quarterly", LIX, 2006, pp. 440-480.
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