Abstract
Viktor Zivov
Linguistic Capital and Its Transformation in the History of Russian in the Twentieth Century
Standard language is conceptualized as linguistic capital, in terms of Pierre Bourdieu's soci- ology. The Twentieth century in Russia was an epoch of revolutions; linguistic developments in revolutionary and post-revolutionary situations may be efficiently analyzed as transformations of linguistic capital: the old linguistic capital is discredited in the course of a cultural revolution and revolutionary linguistic usage becomes new linguistic capital. This process is characterized in Russia (from 1910throughto the 1920s and again in the 1980s and 1990s) by the extensive use ofborrow- ings, vulgar and jargon words, obscene expressions. The end of cultural revolutions is accompanied by the emergence of a new elite and by partial restoration of the old linguistic capital; it is appropri- ated by the new elite and adjusted to their demands. The article describes two cycles of these devel- opments in the period from 1917 up to the present.
Keywords
Linguistic Capital; Russian Language; Language Transformation.
Per comprendere ció che awiene a una lingua in epoche di cataclismi storici è ne- cessario considerarla non come sistema astratto (ció che di solito studiano i linguisti), ma piuttosto come strumento sociale. Il funzionamento sociale della lingua nell'Età moderna fa si che i suoi elementi (fonetici, morfologici, sintattici e lessicali) vengano suddivisi in standard e substandard. Lo standard lingüístico è un importantissimo istituto sociocultu- rale della società meritocratica, che, insieme ad altri istituti, consente di riprodurre i rap- porti di dominio sociale. Il grado di padronanaza dello standard lingüístico è in rapporto con lo status dell'individuo nella gerarchia sociale, per cui la padronanza dello standard lingüístico è uno dei principali componenti di ció che Pierre Bourdieu chiama "capitale simbolico". Lo standard lingüístico, in quanto parte del capitale simbolico, sipuó chiamare, con Bourdieu, "capitale lingüístico" (Bourdieu 1988). Un francese che non sia in grado di costruire correttamente la frase o conservi nella sua pronuncia dei tratti dialettali è pratica- mente privo della possibilità di elevarsi ai vertici della scala sociale, qualunque sia la sfera di attività che si è scelto: política, affari, cultura.
I meccanismi sociali della società moderna (dell'Età moderna) assicurano la riprodu- zione del capitale sociale, o meglio, di quei concetti in cui si articola il capitale simbolico. Il valore della lingua standard (letteraria) è comunemente riconosciuto, owero riconosciuto da tutti coloro che contano', da tutti i protagonisti attivi sul mercato dei valori simbolici, sia che occupino una posizione determinante o subordinata. In francese, ad esempio, è nor- mativa (standard) la [r] uvulare (moscia). Questa norma si impone alla società attraverso i meccanismi del dominio culturale (in primo luogo mediante l'istruzione e l'idea connessa della preparazione culturale come condizione necessaria del successo sociale), viene poi fatta propria dalla società e diventa uno dei criteri di valutazione del peso simbolico del parlante, inducendo alla subordinazione quanti non hanno imparato la pronuncia corretta, ma ne riconoscono il valore simbolico. Come osserva Bourdieu, "Il riconoscimento, che questa violenza invisibile e silenziosa estorce, si mostra in alcune asserzioni, come quelle che permettono a [William] Labov di stabilire che la stessa valutazione della r è presente in locutori che appartengono a classi differenti e che, dunque, si distinguono nella pronuncia di questa consonante" (Bourdieu 1988: 30).
Un meccanismo molto importante per consolidare il valore dello standard lingüístico è l'istruzione. Una parte sostanziale dell'istruzione scolastica e universitaria è costituita dall'insegnamento délia lingua 'corretta', nelle forme scritta e orale. Quanto più l'istru- zione è prolungata ed elitaria, tanto più, in genere, l'allievo si impadronisce délia capaci- tà di usare un linguaggio elaborato. La durata stessa dell'istruzione è commisurata al suo carattere elitario: in genere essa è tanto più elitaria quanto più è prolungata (e percio più costosa). L'apprendimento dello standard lingüístico, peraltro, puo essere non solo il risul- tato dell'istruzione, ma anche la condizione délia sua prosecuzione. Chi non ha appreso a sufficienza la lingua standard puo (attraverso il sistema delle valutazioni, degli esami, dei test, e cosi via) non essere ammesso a proseguiré gli studi, cioè restare privo délia possibilità di continuare ad accumulare capitale simbolico (lingüístico), e quindi di progredire nella scala sociale. Lo standard lingüístico funziona quindi da regolatore sociale, che puntella le strutture di dominio determinatesi nella società.
Lo standard lingüístico interagisce con altri artefatti délia società meritocratica che assicurano la medesima struttura di dominio, in primo luogo con il corpus délia letteratura classica di quella lingua, con le opere degli autori esemplari. Da questi testi sono tratti gli esempi proposti negli esercizi scolastici: essi servono da modello di stile per i componimen- ti di Scolari e studenti, e in conformità con essi gli insegnanti correggono gli scritti dei loro allievi, inculcando loro il concetto di lingua letteraria e la capacità di utilizzarla. Lo stan- dard lingüístico funziona dunque di conserva col canone della letteratura nazionale. Anche quest'ultimo è un importante strumento di dominio sociale, che indottrina la società dei lettori e le instilla un particolare sistema di valori, di modelli di comportamento giusto o scorretto, di catégorie di valutazione e cosi via.
Lo standard lingüístico è condizionato inoltre dall'attività normalizzatrice degli specialisti della lingua (i filologi), che pubblicano grammatiche normative (come quelle scolastiche, sulle quali si studia la lingua corretta') e compilano vocabolari normativi (de- scrittivi, ortografici, ortoepici). I loro giudizi, in genere piuttosto conservatori, influiscono direttamente sul carattere del capitale simbolico acquisito attraverso lo studio della lingua standard. Essi infatti attribuiscono una marca agli elementi linguistici, e in tal modo ne definiscono il rapporto con lo standard (ad esempio, 'scorretti', volgari, propri della lingua parlata dal popolo, dialettali, antiquati e cosi via); in tal modo si propongono come legi- slatori della lingua, e questa funzione sociale legittima Γ establishment accademico come componente indispensabile della società meritocratica. L'establishment, spesso in contrasto con l'idea che ha di sé, diventa cosi uno degli istituti del potere e della coercizione.
Dal punto di vista del sistema lingüístico, i tratti che differenziano l'uso standard da quello substandard sono in genere casuali. Per il sistema fonologico francese nel suo com- plesso è indifferente come si realizzi il fonema /r/, se nella variante uvulare (moscia) o in quella vibrante alveolare; questi sono solo dettagli fonetici. Percio la lingüistica strutturale tradizionale, concentrata sullo studio del sistema della lingua, ne ignora quasi sempre il rea- le funzionamento sociale. I suoi strumenti sono adeguati solo all'analisi della lingua indi- pendentemente dalla sua funzione di differenziazione sociale, ossia all'analisi di un costrut- to astratto, che funziona e si modifica in base a specifiche leggi astratte. Nello studio délia storia délia lingua questo approccio è causa di problemi notevoli, dato che la lingua cambia non in forza di fattori sistemici endolinguistici (le astratte 'leggi del cambiamento'), ma in seguito all'interazione dei diversi parametri socio-culturali délia sua utilizzazione. Nel suo funzionamento, come anche nelle sue modificazioni storiche, la lingua è collegata troppo direttamente con la storia sociale e culturale, perché si possa fare astrazione da quest'ulti- ma. Il rapporto si fa particolarmente evidente nelle epoche di cataclismi storici; e questo ci introduce al tema 'lingua e rivoluzione'.
Ció che awiene durante una rivoluzione, o almeno, ció che puó awenire durante una rivoluzione, si puó descrivere nel modo più adeguato come una trasformazione del capita- le lingüístico, del suo carattere e contenuto. Il vecchio capitale lingüístico viene screditato, presentato come elemento della vecchia cultura abbattuta dalla rivoluzione, e quindi necessa- riamente fatto oggetto di una rivoluzione culturale che, almeno in Russia, è anche una rivolu- zione lingüistica. In questa sede mi soffermeró in particolare sulla demolizione del capitale lin- güístico tradizionale dopo la rivoluzione del 1917 e sulla sua (parziale) restaurazione a partiré dalla fine degli anni Venti; tuttavia questi processi sono interessanti perché nella storia russa si ripetono. Fenomeni simili si osservano nella rivoluzione culturale di Pietro il Grande e in quel- la parziale restaurazione che ha inizio dagli anni Trenta del XVTII secolo (ne accenneró solo brevemente) e soprattutto nella rivoluzione degli anni Novanta del secolo scorso {perestrojka e primi anni postsovietici) e nella successiva restaurazione, che chiamerei 'putiniana'.
Curiosamente, tutte le rivoluzioni linguistiche russe sono caratterizzate da un uso in- tensivo di prestiti, si potrebbe dire una inondazione di prestiti, che alia luce di una certa ideología vengono percepiti come la fine della lingua e suscitano una reazione puristica che è parte della restaurazione. Non ho, purtroppo, la possibilità di costruire una tipología det- tagliata delle rivoluzioni linguistiche (anche se mi sembra una problemática interessante e poco studiata), ma, per quanto è possibile giudicare da dati disparati, questi tratti non sono affatto universali: sono assenti, ad esempio, nella Rivoluzione francese, che pure aveva un componente lingüístico (si pensi al mutamento di nome dei mesi), ma in questo caso manca- no l'inondazione di prestiti e il successivo ripiegamento puristico (più complesso sembra il caso della rivoluzione del 1968, ma non me ne occupera in questa sede). Da tutto ció sembra di poter desumere un tratto specificamente russo, e cioè il rapporto fra le rivoluzioni culturali russe e la contrapposizione Russia-Occidente: i rivoluzionari si orientano verso l'Occidente, i restauratori cercano invece di adattare il componente nazionale al sistema riformato dalla rivoluzione, di restaurare in qualche forma l'elemento nazionale del capitale lingüístico.
Gli studiosi che si sono occupati della lingua della rivoluzione bolscevica hanno indi- viduara come tratti caratteristici del linguaggio rivoluzionario una plétora di prestiti, caichi, lessico astratto, abbreviazioni, termini burocratici e arcaismi (slavismi, come ib o [poiché], sugubo [massimamente], vsue [vanamente] in Lenin), lessico volgare, elementi del gergo della malavita e parole dialettali. Questa scelta è stata interpretata in vari modi: si è detto ad esempio che fra i rivoluzionari vi erano molte persone istruite, giornalisti ed emigrant! politici, e che a ció si doveva la diffusione di prestid e caichi; si è attribuita alla presenza di ex-seminaristi l'uso degli slavismi e si è vista nei marinai rivoluzionari la fonte di parole vol- gari e del lessico furfantesco, e cosivia (cf. Seliscev 2003: 68-69). V.M. Zirmunskij riteneva, ad esempio, che il discorso rivoluzionario fosse debitore al linguaggio degli opérai delle parole spajka [saldatura]', uvjazka [impacchettamento, coordinamento], zazim [stretta, repressione], zveno [anello, componente] (Zirmunskij 1936: 99; cf. Granovskaja 2005: 207). Affermazioni di questo genere sono evidentemente indimostrabili, dal momento che abbiamo a che fare non col parlato di singoli gruppi sociali, ma con testi stampati, che in genere sono stati sottoposti a editing professionale. Deve dunque trattarsi non di abitudini linguistiche di singoli parlanti, ma di orientamenti dei rivoluzionari in quanto riformatori della lingua, che suggerivano il tono alla stampa rivoluzionaria.
In questo orientamento ció che più contava era allontanarsi dallo standard lingüístico tradizionale e negare il vecchio capitale lingüístico. Era questo a unificare tutti i fenomeni disparati che caratterizzavano la lingua dell'epoca rivoluzionaria. Prestiti, volgarismi, arcai- smi, abbreviazioni rappresentavano ció che lo standard lingüístico tradizionale rifuggiva. Erano questi gli elementi che si insegnava a evitare nel linguaggio coito (orale e scritto). Il loro uso era incompatibile con la carriera di una personalità política o sociale (non mar- gínale), di un awocato, giornalista, ministro del culto. Dopo la rivoluzione la situazione cambió radicalmente: la nuova élite bolscevica si contrapponeva alla vecchia, il suo com- portamento lingüístico era la negazione delle vecchie norme e al tempo stesso l'introduzio- ne di norme nuove. Una carriera bolscevica si costruiva utilizzando la lingua bolscevica con tutto l'apparato di elementi linguistici che a una persona appartenente alia vecchia cultura non potevano non sembrare ripugnanti.
Questo cambiamento di modalità linguistiche è forse più evidente nell'uso del lessico volgare, gergale e osceno. La legittimazione di questi elementi testimoniava nel modo più eloquente il discredito del vecchio standard lingüístico e di tutte le istituzioni che esso rappresentava:l'istruzione tradizionale, la'buona' educazione (borghese o aristocratica),la regolamentazione del comportamento quotidiano e delle maniere linguistiche. La 'rozzez- za' bolscevica (al XIV congresso del partito Stalin disse di sé: "lo sono una persona diretta e rozza" - Seliscev 2004:107) è la negazione della cortesía' del vecchio regime, e il linguaggio rozzo è parte rilevante di questa negazione.
Nel suo articolo Per la cultura della lingua del Komsomol, pubblicato in "Molodoj Bolsevik" del 1926, N. Markovskij cita una frase piena di elementi gergali e tratta dal lin- guaggio scorretto' del Komsomol {Ja nadel klifi i kolësa i poseí na malinu k koresku [Mi sono messo cappotto e scarpe e sono andato a passare la serata dal mió amico]). Egli esorta a battersi contro un linguaggio di questo tipo e osserva: "Quando rimproverarono i compa- gni che usavano un simile lessico, quelli si impuntarono: «Come sarebbe, - dicevano - ci fanno parlare una lingua da 'intellettuali', che non ha niente a che fare con la nostra lingua di komsomol'cy»" (Seliscev 2003: 118-119). Anche se l'autore si pronuncia contro questo uso e sostiene che "non bisogna averpaura dell'istruzione, non bisogna averpaura della cul- tura" {ibid.), si tratta già delle prime voci della restaurazione; nei primi anni successivi alia rivoluzione le espressioni volgari erano tipiche del linguaggio bolscevico nel suo complesso, venivano utilizzate attivamente nella pubblicistica e pervadevano la nuova letteratura sovié- tica (nelle opere di F. Panfërov, Vsevolod Ivanov, F. Gladkov; cf. Granovskaja 2005: 205).
E molto significativa Γ informazione del diplomático soviético G. ?. Besedovskij sulle abitudini linguisitiche degli uomini di governo bolscevichi: "La discussione degli affati di stato in seno al Politbjuro e nei Commissariati sovietici del popolo è raramente scevra di parole impubblicabili" (Besedovskij 1931: 213; cf. Granovskaja 2005: 413). Evidentemen- te, per la maggior parte dei membri di quelle istituzioni, l'uso di espressioni oscene non era un fatto naturale (quanto a provenienza erano pur sempre intelligenty), ma un segno della loro appartenenza ail 'élite di governo. Besedovskij scrive peraltro sulla seconda metà degli anni Venti e rileva che a quell'epoca si osservava una "rigorosa gerarchia di parti to: sotto Stalin, solo Rykov e Vorosilov si permettono imprecazioni volgari, mentre gli altri se ne astenegono rispettosamente e danno libertà alla propria lingua solo quando la porta si chiude alle spalle di Stalin" {ibid.). Certo, si tratta di un aspetto particolare della restaura- zione staliniana, quando il decoro lingüístico torna a essere norma sociale, che solo al più anziano di quel gruppo sociale è consentito violare. Di conseguenza, la violazione dell'eti- chetta lingüistica diventa un tratto caratteristico del primato sociale e, in quanto taie, il les- sico osceno subisce un mutamento di paradigmi linguistici. Già nel 1940, nel periodo della restaurazione trionfante, il corsivista G. Ryklin scriveva: "Ci sono poi quelli che si sentono grandi intellettuali. Occupano posti di responsabilità e pensano che l'uso intensivo di les- sico osceno nel discorso caratterizzi un dirigente di polso"2. Ιο stesso ho fatto in tempo ad osservare questo uso dell'imprecazione da parte dei capoccia come símbolo di potere. Si è continuato cosi sino alla fine del regime soviético, anche se subito dopo la rivoluzione del 1917 i rapporti funzionali erano diversi: l'impiego collettivo di lessico osceno da parte dell'élite bolscevica corrispondeva al rovesciamento delle vecchie norme 'borghesi'.
In questo paradigma si inserisce anche l'uso dei prestid. A. M. Seliscev ne spiega la diffusione con l'estrazione' dei rivoluzionari: "In quanto intellettuali, nel discutere que- stioni della vita socio-politica, gli esponenti rivoluzionari introducono nel proprio modo di parlare molti termini la cui diffusione fino a quel punto era limitata agli ambienti colti, filosofici, oppure agli esperti di economía política e ai sociologi. Una gran quantità di que- sti termini sono prestid" (Seliscev 2003: 69). Seliscev cita numerosi esempi {aziotaz [aggio- taggio], iil'jiins [alleanza], burgfiiden [la temporánea tregua fra i partid tedeschi durante la prima guerra mondiale],garant [garante],gegemon [egemone] e cosi via); non tutti, pero, sembrano 'termini' provenienti dalla comunicazione fra intellettuali (ad esempio, aziotaz), e questo induce a ritenere insuficiente la spiegazione proposta dallo studioso.
Seliscev cita un fatto molto significativo riguardante l'utilizzazione di parole straniere, e cioè le glosse nel testo, che forniscono gli equivalenti russi dei prestid, come ad esempio: nelokal'nye, nemestnyesovety [soviet nonlocali, non del posto] (Lenin),gegemon (rukovodi- tel) vsej demokratii [egemone (capo) di tutta la democrazia] (Zinov'ev), èta modifikacija, èto izmenenie taktiki [questa modificazione, questo cambiamento di tattica] ("Pravda"), preventivnaja (predupreditel'naja) vojna [guerra preventiva (precauzionale] ("Izvestija"), e cosi via (Seliscev 2003: 271). Le glosse mostrano che i prestid sono ridondanti dal punto di vista della comunicazione, che se ne potrebbe tranquillamente fare a meno. Ció significa che i prestiti svolgono una funzione non pragmatica, ma simbólica. Il medesimo impiego era caratteristico anche dell'epoca di Pietro il Grande, altro periodo della storia russa che assistette a una rivoluzione culturale.
Ad esempio, in Pravda voli monarsej [Infallibilità della volontà del monarca] di Feo- fan Prokopovic, leggiamo:prezervativa, ilipredochranitel'noesredstvo [prezervativa, owero strumento preventivo], rezony ili dovody \rezony o motivi], èkzempli ilipriméry [èkzempli o esempi] e cosi via (PSR, VII: N°. 4870, 606, 607, 634): è un tratto caratteristico di quella letteratura civile' che Pietro cercava di introdurre. Glosse di questo tipo sono particolar- mente numeróse nei documenti legislativi di età petrina per il fatto che essi operano non solo come documenti giuridici, ma, in misura non minore, come opere didattiche (cf. Mo- rozov 1880: 254-255). L'impiego di glosse nei documenti legislativi petrini ha la stessa funzione didattica dei documenti nel loro insieme. Si potrebbe dire che il prestito e la rela- tiva glossa incarnino lo scontro fra il vecchio e il nuovo ordine statale e siano una sorta di manuale per un corretto comportamento civile. Ecco alcuni esempi dal General'nyjRegla- ment ili Ustav [Regolamento generale o Statuto] del 1720 (PSZ, VI: N°. 3534, 141-160): vmesto General'noj instrukcii (nakaza) [invece dell'Istruzione (ordine) generale], direkciju (ili upravlenie) [la direzione (o comando)], o vakacijach (ili upalych mestach) [sulle vacanze (o posti rimasti scoperti)], reljacii (otpiski) [relazioni (formali risposte)], kvitancnuju (ili rospiskam) knigu imet' [tenere un registro delle quietanze (o delle ricevute], general'nye formuljary (obrazcovyjapis'ma) [formulari generali (modelli di lettere)], akcidencii ili do- chody [le entrate o rendite], o landkartach ili certezach Gosudarevych [sulle mappe o disegni dello Stato], raport (ili donosenie) [rapporto (o relazione)], ecc. Non a caso, in appendice al General'nyj Reglament si legge la Spiegazione delle parole straniere, una sorta di manuale di comportamento lingüístico per il nuovo funzionario di stato.
Le glosse nel testo testimoniano di un processo di rinominazione, in cui vecchie cose assumono nomi nuovi (v. Birzakova, Vojnova, Kutina 1972: 289-290). Il significato cultu- rale di questo processo è evidente: la costruzione di una nuova cultura vi si rispecchia come un'attività volutamente mitopoietica, che chiude simbólicamente col vecchio e altrettanto simbólicamente diffonde il nuovo. Sul piano simbolico si realizzano la rinuncia alla tradi- zione nazionale e la rottura col passato nazionale, visto come incarnazione e fondamen- to simbolico di un ordine sociale ormai abbattuto (per maggiori dettagli v. Zivov 1996: 145-150). A questo proposito ha scritto Grot: "L'aspirazione patriottica degli scrittori a depurare la propria lingua dai variegati apporti stranieri puo anche rappresentare nell'evo- luzione délia coscienza sociale un fatto degno di assoluta attenzione da parte délia storia" (Grot 1873: 22); era appunto a questo atteggiamento verso i prestid, proprio del vecchio regime, che si contrapponeva il nuovo uso. L'abbondanza di prestiti nel linguaggio rivolu- zionario non è dunque altro che una manifestazione della política antirussa dei bolscevichi negli anni 1910-1920.
Come nell'età petrina, l'uso di prestiti, a volte insensato (tale da togliere senso al te- sto), era il segno di una nuova fedeltà, un modo per identificarsi col nuovo regime, e quindi uno strumento di avanzamento sociale. A dimostrazione possiamo citare un certo numero di esempi; cosi, V. ?. Ovsjannikov scriveva nel 1933: "Nelle nostre riunioni non sentiamo dire altro che: 'Il segretario ha parlato a braccio (s èkspromptom). Il segretario è stato annul- lato (annulirovali). A questo punto ha cominciato a tirar fuori una metafisica (razvod.il me- tafiziku), dicendo che il progetto non era realístico'" (Ovsjanikov 1933: 7; v. Granovskaja 2005: 201). Ed ecco un altro passo dal verbale di una riunione, pubblicato nelle "Izvesti- ja" del 1925: "Noi giovani, tenendo conto di tutte queste serie tendenze e progetti, anche se in minima misura, ma siamo orientad a cercare seriamente, riflettendo intensamente a tale scopo, superando le vecchie, radicate opinioni, dobbiamo andaré decisamente avan- ti, riscuotendoci da un letargo e un'apatia secolari..." (Seliscev 2003: 95). Non a caso si cominciarono a pubblicare elenchi di parole straniere in allegato ai calendad per opérai e contadini (ad esempio, Sputnik rabocego, Moskva 1925; Krest'janskijkalendar', Sverdlovsk 1925 - Granovskaja: 201): si trattava di manuali per il corretto comportamento lingüí- stico. Proprio questa torsione che caratterizza il discorso del nuovo mondo è la base degli esperimenti linguistici di Andrej Platonov (ad esempio, in Kotlovan \Nelgrande cantiere]) e della costruzione dello skaz di Michail Zoscenko).
All'inizio degli anni Trenta la situazione cambia in modo sostanziale: si verifica il con- solidamento di una nuova élite di partito, la classe nuova', come la défini Milovan Dilas. Questa classe consolido la propria posizione creandosi un capitale simbolico nuovo, che per la sua stessa natura doveva fondarsi sulla tradizione: una tradizione che si potesse trasmet- tere e imporre attraverso l'educazione, l'istruzione e gli altri meccanismi di trasmissione e contrallo sociali. Nelle scuole staliniane tornano sia la storia russa, sia la letteratura classica russa e lo standard lingüístico che a quest'ultima fa riferimento. All'ombra della formula scolastica staliniana della cultura "nazionale nella forma, socialista nel contenuto", la tradi- zione nazionale diventa un requisito della nuova élite soviética, mentre il patriottismo russo entra a far parte del nuovo discorso imperiale. Il centenario puskiniano del 1937 fu una manifestazione grandiosa di questa nuova sintesi ideológica: Puskin vi era rappresentato anche come creatore della lingua letteraria russa. Il capitale lingüístico nazionale, che sotto la pressione delle idee dell'internazionalismo radicale e della rivoluzione mondiale aveva as- sunto nell'epoca rivoluzionaria connotazioni negative, ora viene reintegrato nei suoi diritti.
Questa restaurazione non significa, naturalmente, la completa rigenerazione del vecchio standard lingüístico. Il nuovo standard sintetizzava l'uso tradizionale e la lingua dell'epoca rivoluzionaria'. La sintesi consisteva nel fatto che gli eccessi' della lingua rivolu- zionaria erano stati eliminati, mentre lo standard prerivoluzionario aveva subito una riela- borazione ideológica, che lo adeguava alle esigenze di un regime totalitario.
Per quanto riguarda gli eccessi, non è owiamente possibile definirli con precisione. Con 'eccessi' intendo ció che era ormai superato, il che, naturalmente, rende la definizione tautológica. Veniva eliminato, verosímilmente, quanto aveva cominciato ad apparire incom- patibile con la configurazione di ció che si considerava patriottico e faceva riferimento alla storia del capitale lingüístico. Fu eliminata anche una parte degli elementi presi a prestito, come, ad esempio, burgfiiden, laborizacija [creazione di piccoli laboratori per l'attività extra- domestica],sefirovanie [affidamento a organizzazioni della supervisione sul lavoro agricolo]. Diminuí la frequenza del ricorso ad abbreviazioni. Già nel 1928 Seliscev osservava: "Ne- gli ultimi due anni l'entusiasmo verso queste abbreviazioni è nettamente diminuito: capita spesso di rilevare nel linguaggio di esponenti comunisti e sovietici l'impiego di parole intere al posto di o accanto a quelle abbreviate" (Seliscev 2003: 200). Analoga fu la sorte di volgari- smi, parole gergali e dialettismi, che in gran parte scomparvero dal nuovo standard lingüísti- co senza lasciar tracce o (più spesso) rimanendo relegati alia periferia della prassi lingüistica come elementi substandard. Nei suoi Saggi sulla lingua russa dell'epoca contemporánea, scrit- ti nella seconda metà degli anni Trenta, Seliscev scrive: "[Negli] ultimi anni queste parole, come quelle vicine al gergo furfantesco, sono quasi del tutto uscite dall'uso" {ibid.: 307). Nella lingua, come nelle altre sfere della cultura, si instaura uno specifico decoro soviético.
Permane tuttavia un buon numero di elementi propri dell'epoca rivoluzionaria, che cessano di essere percepiti come tipici del gergo bolscevico. Cosi, ad esempio, molti prestid erano stati ormai assimilati. Ad esempio, orientirovat'sja na [orientarsi verso], che Seliscev citava come un'innovazione [ibid.: 74), già negli anni Trenta viene percepito come neutro. I caichi del tipo ν obscem i celom [in genere e complessivamente], celikom ipolnost'ju [del tutto e plenamente], non vengono più associati con l'originale tedesco. Gli esempi di que- sto tipo sono innumerevoli.
Più interessante è osservare come si sia modificato lo standard lingüístico nel corso della sua restaurazione. Non solo, infatti, vi furono inserite alcune innovazioni rivoluzio- narie, ma il retaggio prerivoluzionario subi una riduzione sistemática, soprattutto al livello dei contenuti. Di quale tipo di riduzione si trattasse è evidente, se si analizzano la compo- sizione e le definizioni del vocabolario della lingua russa a cura di D.N. Usakov, un im- portantissimo documento della restaurazione staliniana. Come osserva N.A. Kupina nella sua monografía Totalitarnyj jazyk, in cui sottopone ad accurata disamina il vocabolario, "I materiali del vocabolario curato da D.N. Usakov tradiscono la pressione dell'ideología sulla semantica delle parole, l'espansione dei significad che hanno a che fare con la visione del mondo [...], il primato artificioso della funzione significativa, che qualifica la lingua come 'fissatore' degli ideali della lotta di classe, della rivoluzione socialista, della dittatura del proletariato" (Kupina 1995: 7).
A curare il vocabolario furono i maggiori linguisti russi degli anni Trenta: D.N. Usakov, V.V. Vinogradov, L.V. Scerba, G.O. Vinokur e altri, specialisti e cultori della vecchia lingua russa letteraria. Tuttavia l'orientamento generale del Vocabolario non dipendeva da loro, ma dai committenti; i curatori eseguivano una ordinazione sociale e si attenevano a compiti for- mulad con la massima precisione. Il vocabolario, come scrivevano nella prefazione, era norma- tivo, e le norme che stabiliva erano quelle sovietiche. Anche se i curatori dichiaravano che "la stragrande massa delle parole che vi sono contenute appartiene alla nostra letteratura classica, da Puskin a Gor'kij" (Usakov 1934-1940,1: xi), una fonte non meno importante era costitu- ita dalle opere di Lenin, Stalin e di al tri capi bolscevichi, e proprio queste fonti erano utilizzate per spiegare le parole rilevanti dal punto di vista ideologico. Dove gli autori non si mostravano all'altezza del compito ideologico loro affidato, i redattori-censori Ii correggevano.
Le tracce di questo lavoro sono riconoscibili nel testo del vocabolario: ad esempio, la parola boginja [dea] viene definita nel modo seguente: "Femm. di bog (nei sign. 2 e 3)" (Usakov 1934-1940,1:161 ) ; ma la parola bog [dio] non contempla i significad 2 e 3 ; ne vie- ne fornito un solo significato con la seguente spiegazione: "Nelle credenze religiose, essere supremo che sarebbe al di sopra del mondo e lo governerebbe" {ibid.: 159); segue poi una citazione di Lenin sul fatto che l'idea di dio narcotizza "la lotta di classe". Evidentemente nella variante originaria i significad 2 e 3 si riferivano alie divinità pagane e alie persone la cui perfezione era espressa col termine dio3; il redattore preferí a queste finezze una breve dichiarazione antireligiosa.
In linea di principio il lessico religioso consente di scorgere con chiarezza le manipo- lazioni operate dal Vocabolario di Usakov sulla semantica della vecchia lingua letteraria e il modo in cui esse fanno di quest'opera di consultazione uno strumento perla creazione del discorso totalitario soviético. Ad esempio, come osserva Kupina, "i principi religiosi vi ven- gono separad da quelli etici", cosi che grech [peccato] viene definito come "per i credenti, la violazione dei dettami etico-religiosi", mentregrechovnyj [peccaminoso] è caratterizzato come parola antiquata (Kupina 1995: 29). Il lessico religioso è accompagnato dalle marche "eccl.", "ant.", "cosiddetto"; cf.: "Pascha, Festa cristiana dedicata alla cosiddetta resurrezione di Cristo". Kupina osserva: "La religione e tutto ció che ha a che fare con essa vengono pra- ticamente espulsi dal mondo spirituale dell'uomo soviético [...]. Il relativo concetto viene reso elementare e svuotato dei componenti semantici categoriali" [ibid.: 30).
Le medesime manipolazioni caratterizzano anche altri campi lessicali: politico, sto- rico, filosofico, etico, estetico. Significative, ad esempio, le marche attribuite all'aggettivo sinodal'nyj [sinodale]: "form.", "ant." (Usakov 1934-1940, IV: 187), nonostante che il Si- nodo della chiesa ortodossa russa continuasse ad esistere, almeno dejare. "Antiquato" non voleva dire "non più in uso", ma "soggetto a eliminazione", in quanto riferito a una tematica reprensibile o utilizzato da persone "non sovietiche".
Lo standard lingüístico creato negli anni Trenta soprawive sino alla caduta del regime soviético. Non si puo dire che in mezzo secolo non si sia modificato per nulla. Si puo ricor- dare, ad esempio, la campagna puristica délia fine degli anni Quaranta, quando vratar'so- stituisce definitivamentegol'kiper [portiere di una squadra di calcio], e napadajuscijprende il posto diforvard [attaccante]. Il fattore più rilevante fu, tuttavia, il passaggio del tempo: il tempo passava e la lingua quasi non cambiava. Per questo lo standard lingüístico si saldava alla struttura di dominio sociale ail'interno délia quale era stato creato e, di conseguenza, veniva percepito come attributo inscindibile del regime comunista, veniva inculcato a scuo- la e l'osservanza delle norme di questa lingua era sottoposta al contrallo di innumerevoli redattori, che in genere consideravano sowersiva ogni libertà stilistica. E evidente che que- sta posizione conservatrice nell'ambito délia lingua, come délia cultura soviética nel suo complesso, era motivo di proteste, e nel periodo post-staliniano diversi scrittori cercarono di liberarsi da un simile giogo lingüístico. Gli esperimenti rimanevano tuttavia alla periferia délia vita lingüistica soviética e non intaccavano in modo percettibile la struttura di fondo dello standard lingüístico formatosi negli anni Trenta. Taie standard costituiva il capitale lingüístico soviético, che funzionava in modo alquanto diverso, ad esempio, da quello della Francia contemporánea; ma anche le carriere nell'Unione Soviética si facevano in modo diverso dalla Francia, e per una carriera soviética ci voleva un capitale lingüístico soviético.
Gli anni fine Ottanta-Novanta rappresentano un nuovo cataclisma culturale, una nuova época in cui il vecchio capitale simbolico e lingüístico (soviético, questa volta) viene esposto al discredito. Qui si impongono alcuni confronti con la lingua dell'epoca prerivo- luzionaria, e vale la pena di prestarvi attenzione. Come allora, la retorica del contrallo ver- bale che si propone come portatore di civiltà ('moderazione' ed educazione') viene sosti- tuita dalla retorica della spontaneità. Nel quadro di questo cambiamento, come nell'epoca rivoluzionaria, si diffonde l'uso di parole ed espressioni grossolane, volgari, gergali, oscene. La loro funzione è idéntica: gettare discredito sul decoro del periodo precedente. Cosi come nell'epoca rivoluzionaria parole ed espressioni associate al vecchio regime (comego- spodin [signore], vernopoddaniceskie cuvstva [sentimenti di leak devozione], blagoname- rennyj [benpensante]) cominciano ad essere úsate con connotazioni sprezzanti e ironiche, cosi negli anni Novanta si riversa nella sfera pubblica il cosiddetto 'stëb' [canzonatura], che decostruisce gli elementi portanti del discorso soviético (Dubin 2001). Non meno rilevan- ti in questa rivoluzione lingüistica sono gli elementi provenienti da altre lingue, ancora una volta con funzione di rifiuto della tradizione nazionale (questa volta, soviética) a favore di un orientamento verso modelli occidentali.
Sulla marea di prestiti (soprattutto anglicismi) che si è riversata nella lingua durante laperestrojka e nei primi anni successivi alla fine dell'Unione Soviética si è scritto molto, e non è quindi necessario soffermarvisi. Sarà suficiente un esempio molto significativo. ? ormai consuetudine per noi oggi parlare di élite ed élites: si tratta di un concetto sociologi- co comunemente accettato, che si legge in ogni riga di giornale e si sente nei telegiornali. Non è una parola nuova, ma si trova, ad esempio, nel vocabolario di Usakov col primo significara di 'società eletta' e la marca lett. raro (Usakov, IV: 1417-1418). In seguito, pero, in questa accezione la parola esce quasi dall'uso: non la si trova nelle prime edizioni del Vocabolario di Ozegov (Ozegov 1949), mentre nel Vocabolario della lingua russa in quattro volumi del 1961 (il cosiddetto Piccolo vocabolario accademico) leggiamo solamente: "Èlita. agr. 1. L'esemplare migliore di una certa qualità di piante, selezionato per produrre qualità nuove. Èlita rzi [délia segale].Èlitapsenicy [del frumento].Èlita kartofelja [déliapatata]. Il Animale di razza particolarmente pregiata. Ne toi'ko molodnjaku, èlitam, ovcam i rogatomu skotu, daze starym tabunam, vsegda zivsim na odnojpast'be [Non solo alle bestie giovani, aile élites, alle pecore e bovini, ma perfino alle vecchie mandrie che erano sempre vissute nello stesso pascolo]. A. Kozevnikov, Zivaja voda [Acque profonde], 2. Semi di piante da coltivazione prodotti da centri di selezione e da vivai che garantiscono una qualità pura » (Evgen'eva 1957-1961, IV: 1039)4. La popolarità di questa parola si deve alla riproduzione negli anni délia perestrojka e in quelli successivi del discorso sociologico occidentale, che divenne di uso corrente insieme con le concezioni occidentali délia società. Per la retorica soviética questa parola era certamente bastarda, e proprio questo ne spiega la scomparsa. Ma per la retorica postsovietica il suo uso rappresenta un segno di adesione ai nuovi valori occidentali e di rinuncia al vecchio discorso con la sua lotta di classe' e i suoi rapporti di produzione. Insieme ai colloquialismi e all'uso ironico, esso fa parte del nuovo capitale lingüístico che garantisce il successo nella Russia postsovietica.
Quanto detto non implica affatto che la situazione linguistico-culturale fosse idéntica durante il periodo del ristagno brezneviano e nella Russia imperiale alla vigilia délia rivolu- zione. Il capitale simbolico degli anni prerivoluzionari aveva struttura e parametri diversi da quello del periodo precedente alla perestrojka. Del tutto diversi erano anche i sistemi di indottrinamento che sostenevano il valore del capitale simbolico. Simili, tuttavia, furono i modi in cui tale capitale venne screditato o, se si preferisce, in cui venne rovesciato in modo rivoluzionario lo standard lingüístico tradizionale. I meccanismi distruttivi operano secon- do una lógica interna, che non dipende da ció che viene distrutto.
Non meno significative sono le somiglianze fra i diversi tentativi di restaurazione di un capitale simbolico perduto: ancora una volta purismo, ipocrisia, ritorno dei classici so- vietici' e ripresa di quegli strati lessicali che erano stati eliminati nello standard lingüístico staliniano. La deriva puristica è quanto mai evidente nella Legge sulla lingua russa come lingua statale della Federazione Russa, approvata nel 2005. In uno degli articoli si dice: "Nell'uso della lingua russa come lingua statale della Federazione Russa non sono ammes- se parole ed espressioni che non corrispondano alle norme della lingua letteraria odierna, fatta eccezione perle parole straniere che non abbiano corrispondenti di uso comune nella lingua russa". Presupposto di questa oscura formulazione è l'affermazione che i prestiti per i quali esistano corrispondenti di uso comune non rispondano alle norme della lingua russa. Questa affermazione era più esplicita nelle redazioni precedenti della legge, ad esempio quella del 2003, dove si diceva: "Nell'uso della lingua russa come lingua statale della Fede- razione Russa non è ammesso l'impiego di parole ed espressioni di carattere popolaresco, spregiative, ingiuriose, e anche di parole straniere, se esistono equivalenti di uso comune nella lingua russa"; in seguito, pero, gli autori della legge cominciarono a rendersi conto che queste catégorie linguistiche sono soggette a diverse interpretazioni e preferirono una cauta oscurità (ν. più in dettaglio Zivov 2006). Tuttavia il segnale era stato dato e, anche se gli effetti pratici della legge non sono molto evidenti, i valori della restaurazione vengono continuamente proclamad e modificano, se non il comportamento lingüístico in sé, il si- stema di giudizi che il parlante applica al comportamento lingüístico che ha sotto gli occhi.
Fra gli strati lessicali che sono stati restaurad, il più appariscente è quello del lessico religioso, che ora risuona non solo sulla bocca di sacerdoti di vario rango, a volte anche in programmi televisivi, ma altresi di esponenti politici e uomini d'affari patriottici: parlano di fede, di preghiere, di peccato ed espiazione, dei comandamenti cristiani e della chiesa. Anche in questo caso, naturalmente, non abbiamo una pura riproduzione del discorso re- ligioso ortodosso prerivoluzionario, ma, come awiene in tutti i processi di restaurazione, vengono prodotti nuovi simulacri. Questo carattere innovativo della restaurazione è evi- dente anche in parametri formali: ad esempio, il nuovo accento assunto da parole come poslusnik [novizio] al posto della forma corretta poslusnik, e talora anche duchovnik [con- fessore] al posto di duchovnik''.
lo mi sono occupato della parolagréchovodnik, che designa una persona dedita al pec- cato (soprattutto di carattere sessuale), ma ha anche una connotazione di condiscendenza perle debolezze dell'interessato (qualcosa disimile all'italiano vecchiopeccatoreimpeniten- te, ma con maggiore simpatía verso il peccatore). Nei testi sovietici la parola in pratica non veniva usata, mentre in quelli postsovietici si è cominciato a usarla come esatto sinonimo di gresnik [peccatore], cioè con una caratteristica deformazione semantica (Zivov 2009). Comunque sia, anche questi elementi diventano parte del nuovo standard letterario, e la padronanza del loro impiego fa parte del nuovo capitale lingüístico, che consente di restare felicemente nei corridoi del nuovo potere russo.
La dinamica dello standard lingüístico nella Russia del XX-inizio XXI secolo è dun- que caratterizzata da slittamenti di carattere rivoluzionario, che si possono descrivere in termini di discredito del capitale lingüístico dell'epoca precedente in seguito a una rivo- luzione culturale e di successiva restaurazione (in forma risemantizzata e modificata) del capitale lingüístico precedentemente screditato. ? interessante il fatto che la rivoluzione russa contenga un componente lingüístico, di cui fa parte l'uso intensivo di prestid oc- cidentali'. Questo fa si che i processi linguistici rivoluzionari si correlino coll'opposizione Russia/Occidente, presente anche nei processi di restaurazione, nei quali vi è dunque an- che un elemento di purismo.
Traduzione di Maria Di Salvo
1 Spesso parole concrete hanno acquisito un significato traslato e più astratto; quando in italiano le due accezioni richiedono traduzioni diverse, le si è indicate entrambe fra parentesi [N.d.T.]
2 G. Ryklin, Ulybka [Un sorriso], "Pravda", 3 aprile 1940 (cf. Fesenko, Fesenko 1955: 83).
3 Cf., ad esempio, la definizione della parola-Sog· nel vocabolario a cura diJa.K. Grot: (1) Uni- co Essere eterno e onnipotente, Creatore e Signore del mondo, il vero Dio ; (2) dio pagano ; in generale: essere perfetto immaginario; (3) Rappresentazione di un dio pagano, idolo, simulacro; (4) Ispirazione poética; (5) In generale, personificazione di qualcosa di santo e perfetto (Grot 1895: 226-227).
4 Nella seconda edizione del dizionario (1984) il significato che ci interessa è presente, anche se al scondo posto: "Èlita [...] 1. Gli esemplari, le qualità migliri, scelti, di piante, animali, ottenuti per via di selezione per produrre qualità nuove. Elita rzi. Elita kartofelja. 2.1 migliori rap- presentanti della società o di una sua parte" (Evgen'eva 1981-1984, IV: 758).
5 Nella sesta edizione dell'Orfoépiceskij slovar' [Dizionario ortoépico] (del 1997) poslusnik è seguito dalla notazione "! scons[igliato]", non "! errfato]" (Borunova, Voroncova, Es'kova 1997: 137,416).
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Viktor Zivov, filologo russo, specialista nel settore della lingua, letteratura e cultura russa, già docente dell'Università Statale di Mosca, insegna oggi presso l'Università di Berkley in Cali- fornia ed è tra i dirigenti dell'Istituto di Lingua Russa dell'Accademia delle Scienze di Mosca (IRJa RAN). I suoi interessi scientifici abbracciano i settori della Storia della lingua russa e delle lingue slave, della cultura bizantina e slavo-orientale, della letteratura russa dal periodo antico al XVIII secolo. Ha al suo attivo numeróse pubblicazioni, tra articoli, saggi e monografie.
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Copyright Firenze University Press 2012
Abstract
Standard language is conceptualized as linguistic capital, in terms of Pierre Bourdieu's soci- ology. The Twentieth century in Russia was an epoch of revolutions; linguistic developments in revolutionary and post-revolutionary situations may be efficiently analyzed as transformations of linguistic capital: the old linguistic capital is discredited in the course of a cultural revolution and revolutionary linguistic usage becomes new linguistic capital. This process is characterized in Russia (from 1910throughto the 1920s and again in the 1980s and 1990s) by the extensive use ofborrow- ings, vulgar and jargon words, obscene expressions. The end of cultural revolutions is accompanied by the emergence of a new elite and by partial restoration of the old linguistic capital; it is appropri- ated by the new elite and adjusted to their demands. The article describes two cycles of these devel- opments in the period from 1917 up to the present. [PUBLICATION ABSTRACT]
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