Abstract: Il saggio intende presentare un as petto poco conosciuto della storia del matrimonio in Antico Regime: la concessione da parte dell'lnquisizione romana di dispense matrimoniali a donne delle minoranze -ebree o musulmane- che una volta co n vertí te al cristianes! mo chiedevano di potersi risposare con un cristiano, ottenendo una sorta di divorzio dal primo marito. La concessione larga delle dispense dimostra che tali matrimoni costituivano di fatto strumenti di integrazione, económica, sociale e di cittadinanza dei convertit!'. Il matrimonio rendeva più facile l'assimilazione entro il gruppo maggioritario. Per altro verso, pero, tali unioni costituivano anche una espressione di intolleranza, in quanto erano una modalité efficace di cancellazione, e dunque di manca ta accettazione, della diversité attraverso la conversione -più o meno forzata- di uno dei coniugi e l'educazione cristiana dei figli della coppia (specie se la convertita era la madre). L'assimilazione, oltre a tentare di cancellare ogni identité originaria passando per la conversione, non implicava affatto una piena tolleranza del mondo "altro", ma una sorta di "tolleranza repressiva". Si tratta insomma di process! in cui l'intolleranza religiosa appare più strisciante, sottile e meno evidente, ma pur sempre attiva.
This paper aims to deal with an unknown side of the history of marriage in Ancien Régime: the grant of marriage dispensations offered by the Roman Inquisition to the women belonging to minorities -Jewish or muslim. This people after their conversion to Christian religion asked for a permission to re-marry with a Christian. They, in this way, had to obtain a kind of divorce from the first husband. The facility to obtain the grant shows that these marriages worked as instruments of integration an assimilation of the women in the majority group. But on the other side the assimilation aimed to delete the original identity with the conversion. It did not involve a full tolerance of the "other", but a sort of "repressive tolerance": the religious intolerance appeared to be less evident but not less strong.
Keywords: dispense matrimoniali, matrimoni misti, conversion!, assimilazione, tolleranza repressiva; marriage dispensations, mixed marriages, conversion, assimilation, repressive tolerance.
Per affrontare il discorso relativo alle dinamiche dell'integrazione e dell'esclusione delle minoranze prendero le mosse da quella ebraica. Dopo la bolla Cum nimis absurdum del 1555, con cui papa Paolo IV Carafa istituiva a Roma e nel suo Stato il ghetto, vale a dire la separazione anche física tra la società maggioritaria cristiana e la minoranza ebraica, molti furono i decreti che si susseguirono per ribadire per tutta l'età moderna la nécessita di dividere gli ebrei dai cristiani e di impediré ogni forma di comunicazione e di scambio tra i due gruppi. Gli ebrei eran o considerad pericolosi -"nemici interni"- e occorreva separarli e anche distinguerli, con l'invenzione di diversi strumenti per identificarli (il segno giallo), isolarli (le mura del ghetto) e perlino cacciarli (espulsioni). Il timoré era che la diversitá ebraica, perturbante e minacciosa, potesse produrre una contaminazione, física e spirituale, de i cristiani.1
Se nella realtà della vita sociale la separazione non era afíatto osservata, né dagli ebrei né dai cristiani, che presentano un ampio ventaglio di comportamenti flessibili e liberi, ció non significava pero tolleranza o fine della conflittualità e dell'esclusione, anche perché la normativa antiebraica restava valida ed era particolarmente dura nei casi di "conversazione" o peggio di rapport! amicali o affettivi. In realtà, a ben vedere, anche le vicende di comport amenti vietati, che conosciamo perché finite davanti ai tribun ali ecclesiastici come quel- lo dell'Inquisizione romana, confermano la capacita, istituzionale, ma anche sociale, del controllo e del disciplinamento e la volontà di assimilazione totale del diverso: attraverso la conversione al cattolicesimo che ne sanciva la scomparsa, o attraverso la sua discriminazione finché rimaneva diverso.
Le unioni tra ebrei e cristiani erano proibitissime in età moderna, sia sul piano del matrimonio sia su quello delle relazioni sessuali. All'interno di una vita sociale fatta di relazioni e contatti aweniva tuttavia molto spesso che i maschi ebrei riuscissero a sedurre le donne cattoliche con regali e promesse, in particolare prospettando loro una posizione económica migliore o una imp rob ab île loro conversione al cristianesimo. Sovente si verificavano situazioni, condannate sia dalle autoritá cristiane che da quelle ebraiche, che configuravano delle unioni, delle convivenze stabili o perfino una sorta di "matrimonio": situazioni in quell'epoca impensabili su cui gravavano pene gravissime, fino alla condanna a morte. I crimini sessuali -come l'adulterio, il concubinato, la bigamia, la sodomía-, pur costituendo read di misto foro, cioé di competenza sia del giudice ecclesiastico che di quello secolare, quando coinvolgevano ebrei e cristiani, e dunque delicate questioni di fe de, non potevano che ricadere nella sfera giurisdizionale ecclesiastica e dell'Inquisizione in particolare.2
II concubinato era un reato grave in generale e ancora più grave se commesso da una coppia mista. Nel caso di ebrei e cristiani il commercio carnale, considérate un pesante delitto già dal diritto romano e dal diritto canónico almeno dal IV Concilio Lateranense (1215), per molti giuristi, come il celebre penalista Prospero Farinacci (1544-1618), era passibile di pena capitale.3 Ovviamente, il matrimonio tra cristiani e ebrei non era ammesso. La normativa tridentina, sempre ribadita e poi precisata nel Settecento da Be- nedetto XIV, considerava invalide e nulle per la disparitas cultus le unioni tra un battezzato/a e un non battezzato/a.4 E dunque anche tra cristiani e musulmani.5
Nonostante queste limitazioni pesanti, le indagini sulle conversioni al cattolicesimo di ebrei e musulmani hanno messo in evidenza situazioni qualificabili come matrimoni "misti". Infatti all'interno della definizione di "misto'', se non canónicamente certo storicamente, possono rientrare le unioni sacramentali, assai ben viste e anzi incoraggiate, tra infedeli convertid e cristiani originari. Pur costituendo unioni di persone appartenenti alla stessa fede, sia pure con tempi e modi diversi di aggregazione religiosa, anch'esse risultano pero quali connubi problematici per le diversitá originarle, culturali in senso lato, e etniche, e per le conseguenze che potevano comportare. Non va dimenticato, peral tro, che il cosiddetto "privilegio paolino" permetteva, in linea di principio, a un convertito di restare a convive re con il coniuge che non aveva aderito al battesimo, purché sine inimia Creatoris, vale a dire senza dare scandalo e con il consenso, da parte del coniuge restato nella sua fede originaria, di battezzare gli eventuali figli.b
Si configurava in tal caso una situazione di convivenza e di vero e proprio matrimonio tra coniugi di fe de diversa, difficile da incontrare nelle fonti e in ogni modo ancora tutta da s tu diare per quanto riguarda l'unione convertito/infedele. Ma anche nel caso di unioni tra un convertito e un cristiano originario o in cui entrambi i coniugi fossero convertiti, la consapevolezza della loro diversitá originaria e il timoré che potesse causare cedimenti religiosi tra gli sposi, magari con la tentazione per questi ultimi di tornare alia fe de abbandonata 0 di introdurre nel ménage familiäre comportamenti sincretici e non totalmente ortodossi, inducevano le autorità ecclesiastiche cattoliche a complesse e severe modalità di controllo della nuova coppia. E, ad esempio, ció che aweniva a Roma, dove entrambi i coniugi erano obbligati a frequentare la confraternita di S. Giovanni per i neofiti e a seguirne le attività di predicazione e di catechesi, esattamente le stesse a cui erano sottoposti e obbligati gli ebrei: il che ci dimostra, nel caso dei convertiti e pe idilio dei cristiani originari, quanto le autorità ecclesiastiche continuassero a "monitorare" la nuova coppia e 1 loro figli per evitare qualsiasi rischio di giudaizzazione. ' E dunque possibile far rientrare anche quest o tipo di unioni albin ter no delle diverse tipologie di "matrimoni misti".
E un dato acquisito che il fenómeno delle conversion! di ebrei e musulman! consenta di entrare all'interno di un fitto e fluido tessuto di frontière, cultural! e simboliche, material! e immaterial!, in cui le ostilità e le tension! convivono pero con le relazioni, i riconoscimenti reciproci e i tentativi spesso riusciti di integrazione e peidino di assimilazione.8 Análogamente, anche la problemática dei matrimoni misti nati dalla conversione di uno dei coniugi o dal matrimonio del convertito/a con un/a cristiano/a originario/a, ci puô spingere e aiutare ad avanzare sul medesimo terreno di analisi per individuare caratteri e modalità complesse della percezione dell'altro e del diverso e comportamenti di contaminazione che possono giungere fino aU'assorbimento da parte della società de i nuovi soggetti, come ha messo in evidenza il citato convegno internazionale Matrimoni misti, una via per IHntegrazime dei popoli? Qriello che al giorno d'oggi è non die o impensabile, ma assai poco praticato e in ogni modo vissuto con gravissime difficoltà, come leggiamo nella cronaca quotidiana, secoli fa, in età moderna, era invece frequente. I matrimoni misti costituivano di fatto, se non di diritto, strumenti di integrazione, económica, sociale e di cittadinanza, di scavalcamento di frontière e potrebbero essere intesi come mediatori di valori quali la liberta di coscienza, la tolleranza, la convivenza e la solidarietá che dovrebbero stare alle fondamenta dell'Europa di oggi.
Per al tro verso, pero, tali unioni costituivano anche una espressione di intolleranza, in quanto eran o una modalità efficace di cancellazione, e dunque di non accettazione, della diversità da eliminare attraverso la conversione -più o meno forzata- di uno dei coniugi e l'educazione cristiana dei figli della coppia (specie se la convertita era la madre). Nel caso di matrimoni tra cristiani originari e convertiti, ma anche in quello di unioni tra fedeli che permanevano nelle differenti fedi (ad esempio, tra cattolici e protestanti), il matrimonio, in qualunque modo fosse stipulato, rendeva più facile l'assimilazione entro il gruppo maggioritario. Sieur amente esso creava tra i coniugi particolari rapporti. Non si traita, infatti, di casi interessanti solo sul piano giuridico e canónico, ma di scelte di relazioni tra individui, emotive e perfino affettive. In ogni modo, è evidente che l'assimilazione, oltre a tentare di cancellare ogni identità originaria passando per la conversione, non implicava affatto una piena tolleranza del mondo "altro", ma una sorta di "tolleranza repressiva".10 Si traita insomma di process! in cui l'intolleranza religiosa appare più strisciante, sottile e meno evidente, ma pur sempre attiva. Ció è tanto più interessante e ricco di implicazioni sul piano dell'analisi delle relazioni interpersonal! e comunitarie se si considera che l'Europa di età moderna si caratterizza per l'intensa mobilità dei suoi abitanti, ampiamente riscontrabile nel caso dei matrimoni. Assai ricco di informazioni in questo senso è, per Roma, il fondo delle Posizioni matrimonian conservato nell'Archivio Storico del Vicariato di Roma.11 Vi compaiono uomini e donne dai divers! mestieri e dalla diversa professione religiosa che spesso concludono la loro vita errabonda con l'arrivo nell'Urbe e la conversione. Ad essa segue in genere un matrimonio. Perché la città rappresentava la meta per tan ti non romani che aspiravano al battesimo? L'appro do romano costituiva spesso infatti l'ultima tapp a dei percorsi biografici e di lunghe peregrinazioni e Fermate.
Si veniva a Roma per battezzarsi per molti motivi, materiali e immaterial!. Sicuramente per l'assistenza e i privilegi che la città offriva ai convertit!, di cui i forestieri che vi arrivavano erano ben informât!, ma anche sicuramente per il molo simbólico rilevante che assumeva il battesimo impartito a Roma quando avveniva per una reale spinta spirituale. Naturalmente, è difficile stabilire se la scelta di ade rire a una nuova fe de fosse successiva all'arrivo a Roma o se viceversa il trasferimento fosse finalizzato alia conversione. Le autoritá ecclesiastiche spingevano i nuovi arrivati a integrarsi nella comunitá cattolica attraverso l'immissione nel mercato nuziale e un matrimonio a sua volta poteva essere garanzia di stabilità e del carattere definitivo della conversione. Esiste dunque un nesso stretto tra mobilitá e conversione e tra conversione/battesimo e matrimonio. Spesso, infatti, il battesimo precede di pochi giorni il matrimonio, ma anche quando il battesimo era stato impartito al trove, il matrimonio si celebrava a Roma, forse per la consapevolezza della usuale facilita nella concessione delle licenze e delle dispense matrimonial!. Roma diviene cosí il luogo delle nozze dei neofiti.12
In ogni modo, si giungeva a Roma come alla tapp a decisiva del viaggio, metafórico oppure reale, di conversione, e di conseguenza del percorso materiale incominciato a partiré dai vari approdi del Mediterráneo, dell'Africa, dell'Europa del Nord e dell'Est. E vale la pena di notare come, diversamente da quanto in genere si ritiene, la mobilità non fosse in Europa un fenómeno esclusivamente maschile perché anche la capacita di spostamento delle donne risulta in misura notevole dalla documentazione. Análogamente, anche per quest'ultime risulta la connessione tra conversione e mobilità, sia nel senso che il mutamento di religione costituiva una forte spinta alia migrazione, sia nel senso contrario, per cui era spesso la mobilità a induire alla conversione. Esempi disinvolti di donne che vagabondavano per l'Europa, cambiando identità, nome, coniuge e anche fe de non eran o affatto infrequenti, come emerge dalle fonti.13
Cambiare Jede, cambiare coniuge
Nella documentazione dell'Archivio della Congregazione per la Do tirina della Fe de compaiono numerosi dossier relativi alia richieste di dispense matrimonial! avalízate da ebrei o ebree e da musulmani/e convertiti alio scopo di potersi uniré in matrimonio con cristiane o cristiani, nonostante fossero sposati in precedenza con correligionari.14 Si trattava in genere di casi in cui non era possibile ritrovare il primo coniuge per chiedergli la disponibilità al battesimo o alla convivenza (interpellazione). Secondo il privilegio paolino, il diritto canónico consentiva infatti un nuovo matrimonio al/alia convertito/a già coniugato/a solo nel caso in cui i precedent! sposi non volessero convertirsi e seguiré Γ al tro/a.
Come aweniva sempre nelle vicende di conversione al cattolicesimo di uno di due coniugi "infedeli" -ebrei o musulman!-, occorreva dunque innanzi tutto interpellare l'altro circa la su a volontá di convertirsi anche lui, oppure di convivere con il/la coniuge sine iniuria Créerions, vale a dire accettandone e rispettandone la nuova condizione. La legislazione ecclesiastica infatti prevedeva, nel caso di conversione di un solo coniuge ebreo o "infedele" che volesse risposarsi con un/una cattolico/a, la presentazione al coniuge non convertito di una citazione nella quale si prefiggeva un termine - in genere un mese- entro il quale egli avrebbe dovuto dichiarare se volesse o no convertirsi e tornare a vivere con il coniuge, mantenendo cosí il matrimonio dopo un nuovo rito nuziale cattolico. Trascorsi i tempi prefissati senza aver ottenuto la dichiarazione del coniuge non convertito o avendone ricevuto un rifiuto, si emanava il decreto che rendeva libero quello battezzato di risposarsi nella nuova fede.15 Qriando invece il coniuge fosse stato irraggiungibile e lontano o se ne presumesse la morte, quello convertito chiedeva la dispensa matrimoniale e procedeva alle nuove nozze. Cosí, secondo la dottrina canónica e in base al privilegio paolino, il matrimonio tra battezzato/a e non battezzato/a poteva essere sciolto. Era questa l'unica forma di divorzio ammessa nel mondo cattolico -a parte gli annullamenti rotali- su cui varrebbe la pena di riflettere. II sacramento del battesimo, che era la "porta'' di tutti gli altri sacramenti, elemento fondatore e performativo della identità cristiana, conteneva in sé il potere di annullare un contratto di matrimonio di per sé valido e riconosciuto.lb
La questione della richiesta di dispensa nel caso di impossibilitá di interpellare il coniuge, lontano o forse morto, riguardava soprattutto le donne in quanto in genere erano i mariti ad allontanarsi per lavoro o perché in guerra o ancora perché rapiti e fatti schiavi. In ogni modo, in conseguenza della forte mobilità riscontrabile in Europa -e fuori Europa- nell'età moderna, i fenomeni di emigra- zione e di mobilità, pur riguardando anche le donne, concernevano in primo luogo gli uomini.1'
Interpellare il coniuge era necessario sia per evitare i read gravis simi di bigamia e addirittura di adulterio, entrambi in sospetto di eresia per ingiuria nei confronti del sacramento del matrimonio, sia per restituiré la libera all'altro affinché potesse risposarsi.18 Se il coniuge non convertito accettava di rimanere con il/la neofita, consentendogli di seguiré la nuova fede, il matrimonio continuava. In questo caso si sarebbe trattato di un vero matrimonio misto, di cui pero non ho trovato ancora traccia tra ebrei (al contrario di quanto ho riscontrato per i musulmani). Se il coniuge non convertito rifiutava la convivenza, 1'al tro restava libero di sposarsi e il secondo sposalizio non costituiva bigamia.
Nel caso che il coniuge fosse irreperibile e dunque fosse impossibile consegnarli la citazione relativa al suo consenso, era dunque necessaria la dispensa per contraire nuovo matrimonio e per evitare l'accusa di poligamia o adulterio. Per le ebree la questione era ancora piú seria e complicata. In caso di irreperibilitá del marito, per motivi di lavoro o per fughe dovute a motivazioni le piú diverse, me litre lo sposo poteva costmirsi una nuova vita al trove e lontano, senza paura di essere perseguito e senza dare piú notizie, le mogli erano schiacciate da una doppia difficoltà: non soltanto all'interno del mondo ebraico, se non ricevevano dal marito il ghet -il lib ello del ripudio- che consentiva loro di risposarsi, ma anche all'interno del mondo cristiano se, una volta convertite, non riuscivano ad ave re alcuna notizia del marito.
Nel mondo ebraico esisteva dunque una forma di divorzio codificato, ma che implicava la consegna del libello; talvolta i mariti ebrei premurosi e preoccupati della sorte delle spose, prima di partiré per lunghi viaggi, consegnavano loro documenti di ripudio "a tempo" che, nel caso di ritorno, non sarebbero stati validi, ma che avrebbero consentito alie mogli di risposarsi se fossero morti o scomparsi. Era dunque plausibile e frequente che una donna rimasta sola in ghetto, per abbandono o perforo per decesso del marito irreperibile, senza aver ricevuto il libello di ripudio, e dunque esposta a po- vertà e maldicenze e impossibilitata a contrarre una nuova unione, scegliesse la conversione come forma di auto tutela.19 Ma, una volta entrate nel mondo cristiano e intenzionate a rimaritarsi, emergeva un'ulteriore difficoltà: dal momento che la consegna del libello di ripudio era proibita dalle autoritá cristiane in quanto pratica ebraica, queste donne dovevano dimostrare o che il marito era morto o che non era raggiungibile si da chiedergli di rispondere alYinterpellazione. In alcuni casi si inventavano scomparse o morti in mondi lontani, con testimoni improvvisati; in altri si chiedevano le dispense; in tutti le autoritá cristiane, interessate a promuovere la celebrazione dei matrimoni cristiani delle neoconvertite per vincolarle maggiormente alia nuova fe de, chiudevano un occhio ed erano tolleranti ed assai duttili. Obiettivo costante della religione cattolica, la conversione costituiva infatti una finalitá prioritaria che finiva per can cell are eventuali colpe commesse prima del matrimonio: bigamia, concubinato, falsificazione della propria identità o della sorte del coniuge, uso del matrimonio per acquisire uno status e una stabilità sociali, cioè una condizione riconosciuta sia presso la comunitá originaria che presso i cristiani.211 Anche la violenza maritale giustificava la fuga da casa e poteva costituire un valido motivo di allontanamento e perlino di separazione, che perô non giustificava certo la bigamia o l'adulterio.
La concessione di dispense alle convertite che volevano risposarsi con un cristiano fu assai larga, perlino in casi dubbi o controversi come poteva essere quello di una neofita che chiedeva la dispensa per poter sposare un neófito. Esisteva infatti il divieto che i convertid si coniugassero tra di loro, a meno che non fossero già sposati prima della conversione dato che la loro unione veniva ratificata nella nuova fe de. La legislazione ecclesiastica proibiva i matrimoni tra neofiti per scongiurare eventuali e concreti rischi di giudaizzazione provenienti dalla convivenza di due ex infedeli, e incoraggiava invece quelli tra convertiti e cristiani originad, per stimolare l'assimilazione e l'integrazione dei primi nella nuova società di appartenenza, specie dop o la nascita di figli, automáticamente cristiani. II divieto di matrimonio tra neofiti differenziava molto la situazione cattolica ita- liana da quella di al tri Stati europei, pure cattolici, dove i discendenti degli ebrei convertiti non solo non erano scoraggiati dalle autorità locali a unirsi tra di loro, ma erano essi stessi a preferiré matrimoni aU'interno del grupp o. Era una tendenza favorita dalle istituzioni e dagli stessi soggetti che se da un lato rendeva impossibile l'integrazione, dall'altro consentiva alla coppia di esibire la propria tà e l'appartenenza a una specifica comunità, data la difficoltà dell'assimilazione.21 In questo senso, la situazione italiana integrava attraverso il matrimonio e non perpetuava la condizione di minoranza, di differenza e di esclusione, come avveniva al trove. Il divieto dei matrimoni tra neofiti perciô porta a riflettere sulla pratica non endogamica dei convertiti in Italia e a Roma, che si discostava da quella in uso nel mondo ebraico di provenienza, caratterizzato dall'endogamia; al contrario, a somiglianza delle pratiche e degli usi del mondo cristiano a cui si erano aggregati, i convertiti italiani non rientravano in un sistema di endogamia, ma di esogamia. Ne consegue che acquisissero fin dalla somministrazione del battesimo una mentalità diversa, disposta aU'integrazione, mentre d'altro canto non costituire un gruppo chiuso facilitava la loro accettazione esterna, sia pure non totale.22 Si pub cosí avanzare hipótesi che in Italia la tradizione di favorire la conversione sia stata paradossalmente tanto strumento di intolleranza quanto anche di accettazione, assimilazione e integrazione; diversamente da quanto awenne, ad esempio, in Germania dove, soprattutto nell'Ottocento, questo molo assimilatorio del battesimo non ebbe luogo e dunque il processo di integrazione fu phi difficile e anzi perpetuó l'esclusione con le drammatiche conseguenze che conosciamo.23
I mariti ebrei ostinati
Nel 1691 la neofita veneziana Angela Bonetti si rivolse alla Congregazione della Inquisizione romana con un memoriale in cui chiedeva la dispensa che le serviva ad unirsi in matrimonio con Pietro 21 Fedele, anche lui neofita. Angela raccontava di essersi recata con due figli a Roma, alia Casa del catecumeni, per diventare cristiana insieme a loro e che li ave vano ricevuto il battesimo. Tuttavia, subito dopo, il marito Giuseppe Rossi era venuto anche lui a Roma e si era presentato alla Casa «facendo grave strepito» e chiedendo di poter parlare alla moglie, con l'evidente scopo di farla desistere. Naturalmente non gli fu permesso di ve derla e anzi, poiché si rifiutava di consegnare il terzo figlio Giacob, che pure era stato offerto dalla madre alla fe de cristiana, il rettore della Casa si recó personalmente in ghetto per chiedere a Giuseppe se volesse seguiré la moglie e i figli nella «vera» religione. Ma questi rispóse chiaramente di non voler abbandonare «la su a legge mosaica» e di non voler imitare la moglie, rifiutandosi inoltre di consegnare il figlio Giacob, asserendo che era fuggito. Sospettato di aver avuto parte nella scomparsa del figlio, fu incarcerato, ma poiché persisteva «nella su a ostinazione» fu rimesso in liberta e non se ne seppe più nulla. Dopo varie ricerche, il Vicario generale di Ancona comunicó che Giuseppe era fuggito con il figlio Giacob in Turchia. In conseguenza di questi fatti, da lei attestati in una scrittura consegnata al rettore della Casa, Angela chiedeva all'Inquisizione la licenza di potersi maritare con Pietro Fedele e di essere dispensata dall'obbligo di far un'altra interpellazime giudiziale al marito, dal momento che questi si trovava lontano, in Levante. Inoltre asseriva che era noto, per pubblica voce e per le deposizioni di testimoni di fronte al notaio, il suo stato libero, mantenuto per tutto il tempo in cui aveva dimorato a Roma.
La Congregazione discusse la questione se fosse sufficiente la prima interpellazime fatta al coniuge affinché dichiarasse se volesse seguiré la moglie nella nuova fe de o se invece fosse necessario interpellai! o una seconda volta per sapere se volesse coabitare con la donna sine in inri a Creatoris, come era richiesto dalla legge canónica. Si discusse anche il punto per cui, data l'impossibilità di fare la seconda citazione giudiziaria a causa della fuga del marito in Levante, potesse bastare solo la prima, benché fattagli in maniera extragiudiziale dal rettore. Dopo aver esaminato diversi precedenti che confortavano la loro decisione, i consultori decisero a favore della concessione della dispensa senza nécessita di ulteriore consultazione del marito ebreo, la cui irriducibilitá del resto era stata ampiamente verificata. La decisione fu formalizzata nel 1695. Dopo quattro anni di atiesa Angela poteva dunque sposare Pietro Fedele e liberarsi per sempre del marito ostinato.
Diversi sono gli elementi da notare. Innanzi tutto, la conferma della tendenza a recarsi a Roma per ricevere il battesimo, ed even- tualmente sposarsi, di cui si è detto sopra. Inoltre va rilevato che in Congregazione non si parló per nulla di quello che avrebbe dovuto costituire il primo impedimento a quel matrimonio: il fatto cioè che si traitasse di due neofiti, dal momento che la normativa impediva l'unione di due ebrei convertiti. Tale elemento sembra passare in secondo piano rispetto alla questione della dispensa e conferma quanto fosse ritenuta importante la stipula del matrimonio. In terzo luogo, come dimostrano i numerosi casi contenuti nel dossier inquisitoriale,24 va considérala la facilita con cui erano concesse sia la dispensa ab interpellatione juridica coniugis, sia la possibilità di contraeré un al tro matrimonio quando la richie dente asseriva -falsamente o meno- di non essere in grado di presentare la sua richiesta al coniuge lontano, introvabile o forse morto. Si trattava di una vera e propria forma di divorzio, fuñica consentita dal diritto canónico, come si è detto: di qui l'attenzione delle autorità ecclesiastiche a queste vicende.
E infatti, il dato che diverse richieste giungessero a Roma da altee località dimostra come esse fossero considerate delicate e di rilievo, tanto da dover essere decise in ultima istanza dall'Inquisizione romana. Questa funzionava da istanza di controllo e di discussione collegiale del singólo caso, ma alla fine la dispensa veniva quasi sempre concessa. Il matrimonio dei convertiti si conferma perciô come strumento di vigilanza, di disciplina e insieme di assimilazione delle minoranze. Inscrire un'ebrea convertita nel mercato matrimoniale, accettandone il divorzio dal primo marito, dunque la rottura di un legame valido e inoppugnabile sul piano del diritto naturale, significava garantirne l'assorbimento nel tessuto cristiano, soprattutto dopo la nascita di eventuali figli, anche a scapito della dottrina dell'indissolubilità del matrimonio. Va notato anche il fatto che nella richiesta di tali dispense prevalgono numéricamente le donne, in quanto -come si è già rilevato- erano soprattutto que- ste a subiré situazioni di abbandono. Va comunque ribadito che il motore della richiesta di un secondo matrimonio è pur sempre la conversione.
Alcune vicende relative alla concessione delle dispense erano conseguenze di conversion! drammatiche, tali da disgregare la famiglia: come fu il caso di Maria Teresa Salucci, nell'ebraismo Ester Medoro, ventiquattrenne di Livorno coniugata con Angelo Velletri, ebreo romano, dal quale aveva avuto due figli, uno di sei e 1'al tro di tre anni. Nel 1704 per motivi che ignoriamo, Ester si battezzó e volle offrire i due figli alla fe de cattolica. Ma mentre il più piccolo fu battezzato, nonostante fosse vivo il padre detentare della patria potestas che, secondo le leggi vigenti a Livorno, si pote va opporre con successo fino ai tredici anni del figlio, il maggiore non si trovava perché evidentemente era stato fatto fuggire. Nonostante che l'Arcivescovo di Pisa, titolare anche di Livorno, facesse incarcerare il padre per indurlo a restituiré il figlio trafugato, questi negó ogni coinvolgimento e fu liberato dietro pagamento di una multa e l'assicurazione di fare il possibile per ritrovare il bambino e "restituirlo'' alla Chiesa entro quattro mesi. Naturalmente, una volta libero, il padre ebreo fuggi in pac si stranieri, probabilmente raggiungendo il primogénito. La madre, oramai cristiana, essendole offerta l'opportunità di maritarsi con un cristiano, ció che -scriveva abilmente nella supplica- le avrebbe permesso di «maggiormente confermarsi nella fe de cattolica», chiedeva la dispensa dall'interpellazione del marito ebreo, oramai irraggiungibile. I consultori romani la concessero, previa pero l'affissione del documento in vari luoghi di Livorno e di altre città sedi di comunità ebraiche.25
Si tratta di una vicenda che puó dar luogo a diverse considerazioni, a cui accenno solo brevemente. Ad esempio, sembra legittima hipótesi che tra la donna e il cristiano aspirante marito esistesse giá da prima della conversione una relazione e che il battesimo dovesse risolvere la delicata situazione. Vanno anche rilevate sia l'astuta argomentazione della donna sulla funzione di "conforma" nella nuova fe de svolta dal matrimonio - e in effetti era proprio quanto si aspettavano le autorità ecclesiastiche- sia la strategia comune ai padri ebrei in questi casi, fatta di nascondimento de i figli e di fuga all'estero: una strategia che peral tro poteva essere stata concordata con la ex moglie, a cui rimaneva l'altro figlio. Ma tutti questi aspetti della vicenda sembravano sfuggire ai consultori che comunque non ave van o alcun interesse a farli emergere rispetto all'assoluta centralita del battesimo e dell'integrazione.
Non solo ebrei
A richiedere le dispense matrimonial! non erano solo donne né solamente ebrei convertiti. La tendenza delle inquisizioni periferiche a ricorrere a Roma per decidera la concessione delle dispense matrimonial! senza interpellare il coniuge, è dimostrata anche nel caso in cui a chiederle fossero dei musulmani neofiti. Mi soffermerô brevemente su due casi che mettono in scena il rapporta fra musulmani e cristiani in materia di dispense matrimoniali: due casi che possono far ipotizzare come le istituzioni della Chiesa di Roma tendessero ad assimilare le due minoranze, pur nella loro diversità e consuetudine di rapport!, adottando uno sguardo e soluzioni simili nei confronti di entrambi i gruppi.
Tra i documenti del Sant'Uffizio emerge una vicenda relativa a un "turco'', dunque a un musulmano. Nel 1684 Giuseppe Leonardo Antonio, da Alessandria in Egitto, «olim Turca», aveva inviato un memoriale alla Sacra Congregazione in cui raccontava di non essere mai stato sposato, ma di avere convissuto con una fanciulla turca sposata e ripudiata dal marito, da cui alla fine era ritornata. Chiedeva di potersi sposare a Roma, dove ora si trovava, con una cattolica. Cardinal! e consultor! del Sant'Uffizio deliberarono che dovesse avere una dispensa perché la fanciulla turca andava considerata come una vera moglie e doveva essere interpellata. Fu consúltate, «per maggiore sicurezza» il pontefice in persona, che concesse subito la dispensa, dal momento che la donna era irragiungibile.2b II papa era allora Innocenzo XI Odescalchi, promotora proprio in quegli anni della Lega Santa impegnata a Moceare l'avanzata dei turchi nei territori imperiali asburgici, come awenne nell'assedio di Vienna del 1683.
L'interesse nei confronti della conversione dei musulmani era in quel periodo assai alto, come dimostra un'altra vicenda nella quale il nuovo matrimonio venue concesso anche solamente supponendo il rifiuto del coniuge rimaste nella vecchia fe de. Nel 1718 il vescovo della città spagnola di Cadice scrisse a Roma per sapere come doveva comportarsi in una situazione particolare. Raccontava che molti schiavi infedeli, turchi e anche neri, cresciuti nella religione maomettana i primi, nella gentilità i secondi, giunti a Cadice attraverso le vie del commercio schiavistico avevano abbracciato la fe de cattolica e ottenuto il battesimo. Essi avevano tutti lasciato nei loro lontani paesi delle mogli ma, volendo contrarre un nuovo matrimonio con donne cattoliche, non eran o in grado di interpellare le prime serondo il privilegio paolino, per sapere se volessero o no seguirli nella nuova fe de, data l'enorme distanza che oramai li separava; né d'altro canto eran o in grado, essendo tutti poveri schiavi, di procurarsi la dispensa pagandone i costi. Venne incaricato di fornire un parère il consultore Giuseppe Maria Baldrati, frate minore conventuale, e già inquisitore a Treviso, Siena e Firenze, il quale ricordava innanzi tutto quanto stabiliva il diritto canónico: il matrimonio tra infedeli era valido e legittimo non in quanto sacramento, ma come contratto naturale. Sempre per diritto di natura tali matrimoni erano indissolubili e di conseguenza neppure il battesimo di uno dei coniugi poteva scioglierlo. Soltanto se il coniuge infedele, interpellato in materia, avesse rifiutato sia di seguiré nella nuova fede il coniuge convertito, sia di coabitare con lui, pur senza convertirsi ma sine iniuria Creatoris, il matrimonio pote va sciogliersi e il convertito risposarsi secondo il dettato paolino. Nel caso in questione era praticamente certo che le mogli infedeli -ammesso che fossero raggiungibili- non avrebbero accettato di raggiungere i mariti in una lontana terra cristiana e di coabitare con loro. Dunque, affermava il consultore, la dispensa si poteva concederé. Il pontefice aderi al parère, concedendo sia la dispensa daWinterpellazione sia che fosse data gratuitamente, dato lo stato di povertà dei richiedenti.
I consultori, alla ricerca di precedenti in base ai quali decidere, fecero emergere una serie di vicende simili, in cui il comportamento tenuto era sempre quello di concederé le dispense in vista di un nuovo matrimonio. Veniamo cosi a conoscere la vicenda di una maomettana neofita, originaria di Faenza, che nel 1696 chiese lo scioglimento del matrimonio con un turco oramai irraggiungibile per sposare un cristiano. Risalendo indietro nel tempo viene riportata la decisione analoga a favore di un persiano, addirittura polígamo in patria, emessa nel 1604.2/
La dispensa per Mariana apostata e bigama
A conclusione di queste pagine dedicate ai labili confini fra tolleranza e intolleranza e fra integrazione ed esclusione - e alla dif- ferente prospettiva da cui si puô guardare a questi concetti e aile pratiche che ne definiscono gli usi e le funzioni nei diversi contesti storici e in relazione ai diversi soggetti coinvolfi-, concluderô l'analisi delle dispense matrimoniali richieste per contrarre un secondo matrimonio, e regolarmente concesse in vista deH'inserimento del convertito nella comunità maggioritaria, con la storia straordinaria e significativa di Mariana. Si trattava di un'ebrea polacca che, fingendosi cristiana, si faceva chiamare Maria e che aveva sposato un cattolico, per essere poi smascherata corne ebrea, già coniugata con un ebreo. Questa vicenda, finita davanti al Sant'Uffizio romano nel 1624, non solo rappresenta in maniera emblemática la complessità dei ruoli femminili in età moderna (la mobilità, la bigamia, il cambiamento di fede, la finzione religiosa, il battesimo, l'apostasia, il concubinato, il incitamento di nome), ma condensa in sé tutte le tappe dei mutamenti di identità che stanno dietro alla richiesta delle dispense matrimoniali per contrarre un nuovo matrimonio con al tro coniuge e che rivelano la volontà e la capacita di integrazione.28 D'al tro canto, essa ribadisce l'importanza che le istituzioni ecclesiastiche davano al matrimonio dei convertid per la sua funzione di consolidamento e di inserimento sociale e religioso. Quel che va notato è che se da un lato le due identità -ebrea e cristiana- della donna, a lungo finie e dichiarate a seconda delle circostanze, convivevano in Ici fino al punto di fade praticare entrambe le fedi con i rispettivi riti, apparentemente senza troppi problemi di coscienza, di identità e di appartenenza, è anche vero che la decisione delle istituzioni ecclesiastiche romane fu guidata dalla necessità prioritaria di privilegiare la conversione: ossessione e obiettivo cosían ti nel tempo della religione cattolica che finiva per cancellare le colpe, anche gravi, in cui Maria/Mariana era caduta. La donna aveva dichiarato abilmente di avéré ricevuto il battesimo e di avéré saputo che il primo marito ebreo, Aron, era morto da tempo, senza aggiungere altri particolari. Si trattava allora soltanto di stabilire la validità del secondo matrimonio contratto con il cristiano. Alla Congregazione del Sant'Uffizio non interessava di appurare chi fosse in realtà Maria/Mariana, e si contentava di fingere di credere alla sua narrazione per ribadiré la sua identità cristiana ottenuta attraverso la conversione. Ció che insomnia interessava a un atteggiamento che possiamo definiré di elasticità e di accomodamento alla realtà delle cose, senza troppo irrigidimenti teorici e ideologic!, non erano né la bigamia, né il concubinato né la possibile apostasia di una cristiana che spesso si era finta ebrea. Il problema era un al tro, cd era quello della validitá del secondo matrimonio e di come ristabilire una coppia "normale'' di coniugi cristiani, nonostante tutte le disavventure di una donna inquieta, ma suscettibile di rientrare nella normalità. Cosí, a questo punto l'interesse della Congregazione, per decidere della sorte di Maria/Mariana, si concentró s ul su o doppio matrimonio e sull'interrogativo se la donna andasse restituita al marito cristiano, nonostante il matrimonio contratto prima del battesimo con hebreo Aron, di cui tuttavia non si sape va con certezza se fosse vivo o morto. Come aweniva sempre nel caso di conversione al cattolicesimo di uno di due coniugi infedeli, occorreva innanzi tutto fare ricerche per s apere se Aron fosse ancora vivo e, nel caso che lo fosse, andava interpellate sulla sua volontà di convertirsi anche lui, oppure di convivere con Maria sine iniuria Creatoris, vale a dire accettandone e rispettandone la nu ova condizione.
Nessuno sape va che fine avesse fatto Aron, né se fosse vivo e dove eventualmente si trovasse. Tuttavia, basandosi sulle dichiarazioni, naturalmente molto interessate, della donna, ma prese per buone dai giudici per analoghi anche se diversi motivi di intéressé nonostante le tante menzogne da lei raccontate, il tribun ale ritenne che Aron non poteva essere trovato né interpellate per sapere da lui se volesse convertirsi o almeno convivere con la moglie divenuta cristiana; si decise perció di concederé a Maria la dispensa di vivere con il marito cristiano. L'único vero problema della complessa vicenda si era dunque ridotto al matrimonio di un'ebrea convertita con un cristiano, awenuto senza aver interpellato la volontà del primo coniuge ebreo. II fatto poi che l'incartamento su Maria/ Mariana si trovi nel fondo qui esaminato, dedicato alle dispense matrimonial! richieste da donne e uomini convertiti, ebrei e musulman!, che intendevano sposarsi con un/a cristiano/a, ma che non riuscivano a trovare il coniuge restato nella fe de originaria a cui consegnare la citazione, conferma questa ipotesi. Non erano dunque né il concubinato né la bigamia gli aspetti préoccupant!. Quello che interessava era ristabilire una situazione di legalità e un matrimonio legittimo e assimilatore. E a questo punto poco importava se Maria aveva fatto passare tanto tempo prima di chiedere la dispensa, viven do nel frattempo nel peccato di bigamia.
1 Per la normativa antiebraica volta alla separazione tra ebrei e cristiani rinvio a Alarma Caffiero, Legami pericolosi. Ebrei e cristiani tra libri proibiti, eresia e stregoneria, Torino, Einaudi, 2012.
2 Sul concubinato, si veda Lucia Ferrante, "Consensus concubmarius": mrinvenzione giuridica per il principe?, in Silvana Seidel Menchi, Diego Ouaglioni (a cura di), Trasgressioni. Seduziane, concubinato, adulterio, bigamia (XIV-XVHI secólo), Bologna, il Mulino, 2004, pp. 107-132, che tratta del passaggio da una visione ecclesiastica medievale indulgente della convivenza more uxorio, considérala quasi una sorta di "presunzione di matrimonio", a un atteggiamento più rigoroso assunto a partiré dalla fine del Cinquecento e dalle norme tridentine sul matrimonio che finirono per assimilare il concubinato al meretricio, e lo resero delitto perseguibile dai tribunali ecclesiastici. Sullo stupro, nello stesso volume, cfr. Daniela Lombardi, Il reato di stupro tra foro ecclesiastico e foro secolare, pp. 351-382. Sulle competenze dell'Inquisizione, Caffiero, Leganri pericolosi, pp. 224-227.
3 Sul delitto di commercio carnale tra ebrei e cristiani, Caffiero, Leganri pericolosi, pp. 227-237 e la punizione prevista specie se aggravate da contemptusfidei da parte dell'ebreo -cioé da atti blasfemi e da convivenza continua.
4 Su queste complesse question! matrimonial! e suH'mipedimento della disparitas cultus intervenue Benedetto XIV con una importante costituzione, Singulari nobis, del 1749, in cui ribadiva che la disparitá di culto tra cristiano e infedele, cioé ira un battezzato e un non battezzato, rendeva il matrimonio nullo, mentre quello tra due battezzati di cui uno cattolico e l'altro "crético" era illecito, ma valido. Sui matrimoni misti e sulle convivenze tra musulmani e cristiani, cfr. Marina Cafiiero, Per una storia comparativa: l'Inequisiziane romana mi confiront! di ebrei e musulmani in età moderna, in A died anrri dall'apertura dellArckivio della Congregazione per la Dottrina della Fede: storia e archivi dell'Inequisizione, Roma, Accademia nazionale dei Lincei, 2011, pp. 497518; Ermanno Orlando, Matrimoni misti ml basso medioevo tra diritto, prasst egiurisprudenza e Cecilia Cristellon, Matrimoni misti in Europa in età moderna, ambedue in Simona Marchesini (a cura di), Atti del convegno Matrimoni Misti: ma via per I'integrazione tra i popoli (Verona-Trento 1-2 dicembre 2011), Verona, Alterias, 2012, rispettivamente alle pp. 201-218 e 219-228. Cfr. ora Cecilia Cristellon (a cura di). Mixed Marriages in Europe 1300-1900 the Politics and Practices of Religious Plurality, London, Ashgate Publishing, 2015.
5 Marina Cafiiero, L'lnquisiziom romana e i musulmani: le questioni dei matrimoni misti, «Cromohos», 2009, n. 14, pp. 1-10.
6 Sul prixilegio paolino, mi limito a rimiare a André Bride, Privilège paulin, in Dictionnaire de Théologie Catholique, XIII, 1, Paris, Letouzey et Ané, 1936, pp. 400-416 e Paolo Palazzini, Privilegio paolino, in Enciclopedia Cattolica, X, Città del Vaticano, Ente per l'Enciclopedia cattolica e per il libro cattolico, 1953, coll. 4956. II prixilegio paolino, ancora in xigore (nel nuoxO codice di diritto canónico ai can. 1143-1150), riguarda le cause di scioglimento del xincolo matrimoniale cd è cosí denomínalo perché trae origine dalla lettera di S. Paolo 1 Cor. 7, 12-16. In base ad esso, i matrimoni legittimi sono sciolti, m favore della jede (A favor field, che. nel dubbio, prevale sul favor matrimonii) quando uno dei coniugi, sposatosi senza essere battezzato, successivamente riceva il battesimo e l'altro coniuge si rifiuti di continuare la convivenza o non voglia coabitare pacificamente, "senza offesa del Creatore" (sine iniuria Creatoris). In tal caso la "parte" battezzata, interpellata l'altra "parte" per conoscere la sua eventuale disponibilità al battesimo o almeno alla pacifica convivenza, ove besito sia negativo, acquista il diiitto di contrarre un nuovo matrimonio con altra parte cattolica in favorem fielet, ed eventualmente, per grave causa e con dispensa del vescovo, anche con una parte non cattolica, battezzata o non.
7 Su questa confraternita dei neofiti, sconosciuta fino a tempi recenti, Marina Caffiero, Battesimi forzati. Storie di ebrei, cristiani e convertiti nella Rama dei papi, Roma, Viella, 2009/ pp. 316-325.
8 Marina Caffiero, Eine neue Identität, Renversions und Assimilationsszenarien von Juden und Muslimen, in Ricarda Matheus, Elisabeth Oy-Marra, Kaus Pietschmann (eds). Barocke Bekehrungen. Rmversionsszenarien im Rom der Frühen ,Neuzeit, Bielefeld, Transcript Verlag, 2013, pp. 21-44.
9 Cfr. nota 4.
10 Herbert Marcuse, La tolleranza repressive, in Robert Paul Wolff, Barrington Moore ji; Herbert Marcuse, Critica della tolleranza, I mascheramenti della repressione, tr. it. Torino, Einaudi, 1968, pp. 77-105 e ora Milano-Udine, Mimesis, 2011.
11 Dalle suppliche matrimonial! indirizzate al cardinale Vicario di Roma e consérvate nel fondo Posizioni matrimonian emerge con evidenza falto tasso di mobilitá, anche femminile: cfr. Elisabetta Picchietti, 'E'oratrice umilissima devotamente respone". Le suppliche matrimonian, in Marina Cafiiero, Manola Ida Venzo (a cura di), Scritture di donne. La memoria restituita, Roma, Viella, 2007, pp. 313-325. Sulla mobilitá in Europa e nel Mediterráneo la bibliografía è vasta. Mi limito a ricordare Laurence Fontaine, Gli studi sulla mobilitá in Europa nell'età moderna. Problem e prospective di ricerca, «Ouaderni storici», 1996, n. 93, pp. 739-756 e gli studi contenuti in Simonetta Cavaciocchi (a cura di). Le migrazioni in Europa, secoli XIII-XVIII, Firenze, Le Monnier, 1994; Claudia Moatti (éd.), La mobilité des personnes en Méditerranée de l'antiquité ¿i l'époque moderne. Procédures de contrôle et documents d'identification, Rome, Ecole Française de Rome, 2004 e Claudia Moatti, Wolfgang Kaiser,· Christophe Pébarthe (éds.). Le monde de l'itinérance en Méditerranée de l'antiquité ài l'époque moderne. Procédures de contrôle et d'identification, Bordeaux, Ausonius, 2009. Molti gli studi sulla mobilitá transatlántica e verso le Ameiiche: mi limito a citare per i terni che interessano Gregorio Salinero (ed.). Mezclado y sospechoso. Movilidad e indentitades, España y América (siglos XVI-XVIII), Madrid, Casa de Velázquez, 2005. Sulla mobilitá femminile si vedano i contribuí! in Dinora Corsi (a cura di), Altrove. Viaggi di donne dall'antichitéi al ,Novecento, Roma, Viella, 1999 e Adriana Valerio, María Luisa Silvestre (a cura di). Donne in viaggio. Viaggio religioso, politico, metafórico, Roma-Bari, Laterza, 1999.
12 Cfr. Donatella Battaglia, Matrimoni ''misti". Benedetto XIV legislator del talamo nuziale, te si di laurea magistrale discussa nell'anno accademico 2007-2008, Università di Roma "La Sapienza": qui sono stati esaminati un centinaio di matrimoni tra convertiti e cristiani original! per gli anni 1740-1758 sulla base delle Posizioni matrimonian dell'Archivio Storico del Vicariato di Roma.
13 Rinvio, per esempi in proposito, alie vicende femminili ricostruite nel capitolo intitolato IJnioniproibite e mutamenti di identità di Cafliero, Legarnipericolosi, pp. 215-266.
14 Presso l'Archivio della Congregazione per la Dottrina della Pede (da ora in avanti ACDF), S.O, St. St., M5-m si trovano diverse richieste, soprattutto di donne: le dispense furono tutte concesse. Ma le demande si trovano sparse anche in altri fondi delf Archivier Spesso le autoritá romane, prima di concederé la dispensa, imponevano agli inquisitori locali di afliggere il documento dell' interpellazione del coniuge nel ghetto e in pubblici luoghi della città e persino in diverse città per tre mesi.
15 Cfr. Caffiero, Battesimi forzad, p. 308. Un caso famoso e clamoroso di divorzio di convertito dalla moglie ebrea, verificatosi nella Francia di meta Settecento, fu quello dell'ebreo alsaziano Baruch Levi, cfr. anche Ead., Religione e modernité, pp. 201-202 e bibliografía citata.
16 Per una discussione sul battesimo rinvio a Adriano Prosperi (a cura di), Salvezza delle anime disciplina dei corpi. Un seminario sulla storia del battesimo, Pisa, Edizioni della Scuola Normale di Pisa, 2006.
17 Sulla mobilità femminile, oltre ai testi citati a nota 10, cfr. Eric R. Dursteler, Renegade 11amen. Gender, identity, and boundaries in the early modern Mediterranean, Baltimore, Johns Hopkins University Press, 2011.
18 Sul significato canonistico del termine bigamia e sulla punizione, Giuliano Marchetto, ''Primus fuit Lantech ". La bigamia tra irregolarità e delitto nella dottrina di diritto comme, in Seidel Menchi, Quaglioni (a cura di), Trasgressioni, pp. 43-105.
19 In un documento conservato presso ACDF, S.O, St, St. M5-m, si legge la vicenda, del 1678, di una ebrea di Venezia ripudiata con il ghet dal marito ebreo di cui si dice che «dovunque egli si porta prende moglie, e quando vuol partiré la ripudia». La donna, una volta convertita, chiese la licenza di sposare un cristiano che le fu accordata non solo per l'irreperibilità, ma anche considerati i trascorsi del primo marito (ma non certo perché le era stato dato il libello di ripudio).
20 Cafiiero, Leganri pericolosi, p. 246 ss.
21 Come a Maiorca: cfr. Enriques Porqueres i Gêné, Lourde alliance. Mariage et identité chez les descendants de juifs convertis à Majorque (1435-1750), Paris, Kinié, 1995. Anche a Venezia si verificarono casi di matrimoni tra neofiti: Giuseppina Minchella, Frontière aperte. Musulman!, ebrei e cristiani mita Repuhhlica di Venezia, Roma, Viella, 2014, p. 59. 22
22 Sülle contraddizioni dell'assimilazione, Zygmuntb Bauman, Visti di uscita e higlietti di entrata, Paradossi dell'assimilazione ehraica, Firenze, Giuntina, 2014 (ed. or. 1988). 23
23 Ibidem.
24 Molti casi di richiesta da parte di convertite di avéré licenza di risposarsi con un cristiano, come quello di Angela Bonetti, sono reperibili in ACDF, S. O, St. St., M5-1H, cc. non numerate. Nel 1721 fu discusso il caso di Bianca, neofita di Venezia, il cui marito Abranlo Aboaf aveva rifiutato di seguirla nella nuova fede e, dicendo di non voler sapere più niente di lei, era fuggito da Venezia alla volta del Levante senza più farsi trovare. Bianca, volendosi rimaritare con un cattolico, chie se allora a Roma di poter sostituire l'atto deWinterpelleizione del marito con una citazione afiissa aile porte del ghetto di Venezia. I cardinali acconsentirono e decisero che, trascorsi i termini, il Patriarca di Venezia permettesse "il divorzio" e il nuovo matrimonio: in questo archhio altre richieste di dispense da Livorno 1705 e Venezia 1678.
25 Ibidem, cc. non numerate.
26 Ibidem, cc. non numerate.
27 Ibidem, cc. non numerate.
28 Sulla complessa vicenda di Mariana /Maria de Fiore, ebrea polacca coniugata con un cristiano, cristiana apostata e bigama, Cafliero, i¿garni pericolosi, pp. 246-254.
Biodata: Marina Caffiero è professore ordinario di Storia Moderna nella Facoltá di Lettere e Filosofía della Université di Roma "La Sapienza", Dipartimento di Storia, culture e religión!. Le principal! aree tematiche della sua ricerca riguardano la storia sociale e culturale dell'Europa moderna, nei secoli XVI-XIX, con particolare attenzione alie problematiche relative ai rapport! tra política e religione, alia storia delle minoranze religiose e alia gender history. Da ultimo le sue ricerche si sono concentrate sulla storia dell'lnquisizione romana, tra Cinque e Ottocento, e sulle relazioni tra ebrei e cristiani a in Italia.
Marina Caffiero is full professor of Modern History at the University of Rome "La Sapienza", Department of History, Cultures and Religions. Her research interests are mainly devoted to the social and cultural history of modern Europe (XVI-XIX centuries), with particular attention to the relation between politics and religion, the history of religious minorities, and gender history. More recently, her research has focused on the history of the Roman Inquisition between the sixteenth and the nineteenth centuries, and on the relationships between Jews and Christians in Italy (marina. caffiero@uniroma1 .it).
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Copyright Firenze University Press 2015
Abstract
This paper aims to deal with an unknown side of the history of marriage in Ancien Régime: the grant of marriage dispensations offered by the Roman Inquisition to the women belonging to minorities -Jewish or muslim. This people after their conversion to Christian religion asked for a permission to re-marry with a Christian. They, in this way, had to obtain a kind of divorce from the first husband. The facility to obtain the grant shows that these marriages worked as instruments of integration an assimilation of the women in the majority group. But on the other side the assimilation aimed to delete the original identity with the conversion. It did not involve a full tolerance of the "other", but a sort of "repressive tolerance": the religious intolerance appeared to be less evident but not less strong.
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