Mariagrazia Contini, Elogio dello scarto e della resistenza. Pensieri ed emozioni di filosofia dell'educazione, Bologna, Clueb, 2009
Mariagrazia Contini sta, da anni, costruendo un modello assai fine e sensibile di filosofia dell'educazione. Fine per i temi che tratta, per l'argomentare teorico sì, ma culturalmente trasversale, per il «congegno» sofisticato che viene a delineare, consono a quel postmoderno in cui siamo collocati e che reclama processi riflessivi, anche e soprattutto in pedagogia, complessi e sfumati e bien reglés al tempo stesso. Sensibile proprio per il pluralismo di registri che intreccia e lo fa in un'ottica - ad un tempo - riflessiva e orientata in senso squisitamente ermeneutico. Così la studiosa bolognese - formatasi nel razionalismo critico di Bertin ma di cui ha sviluppato la tensione antropologico-esistenziale, guardando a un anthropos delineato anche (e prima di tutto) per vie emotiva e per via comunicativa, fissando il ruolo costruttivo e dialettico dell'impegno e del conflitto, come pure la centralità del dispositivo della cura - ha dato corpo a una filosofia dell'educazione agile e complessa, ben attenta a reintegrare le molte forme, anche marginali, anche meno organiche («di scarto»), dei processi formativi. Per dare a tutti emancipazione. Accesso alla comprensione di sé e del mondo. E farsi soggetti interi. E dinamicamente attivi, anche in direzione dell'utopia: del possibile sì, ma riletto come tensione del «non ancora». Una filosofia dell'educazione - questa - di «alta quota», poiché attenta a porsi dialetticamente nell'esperienza del presente e dipanarne, sempre, le frontiere più avanzate.
Il presente lavoro della studiosa si gioca proprio intorno allo «scarto» e alla «resistenza». Lo scarto è segnale sia di marginalità negativa sia di quella positiva. Marginalità relativa a emozioni, a conoscenze, al corpo stesso. Che vanno reintegrati nel pensare pedagogico e valorizzati come a quo per un discorso ricostruttivo della pedagogia, la quale rischia oggi, anch'essa, marginalità culturale e liquidazione sommaria (esportandola altrove, riducendola a fascio di tecnologie). Bertinianamente parlando è, invece, l'«inattuale» che deve farsi focus, dentro una pedagogia della libertà e della problematicità e della progettazione (esistenziale, culturale, sociale), poiché è la dimensione dell'assenza (rispetto a bisogni, a attese, a mete, sia pure assunte, più laicamente, come «direzioni») che fa trasparire, meglio e di più, il senso dell'educare/formare. Senso come problema, come possibilità, come direzione appunto, sia pure sempre spostata, aggiornata, rilanciata, in un gioco che è lifelong.
Nell'articolazione ricca e densa dei saggi che compongono il volume sono proprio i temi-problemi della libertà, dello stare in relazione dialettica col «mondo», della costante costruzione del sé - che è compito di ogni soggetto (e qui si fa risorsa anche la scrittura, che sviluppa un'ermeneutica dell'io e fissa un'«esistenza parallela») -, dell'ottica dell'alterità e dell'ulteriorità che vengono a sigillare il fare-pedagogia, e proprio en philosophie: poiché solo la riflessività aperta - nomade, meticcia, etc. - ci permette di tener viva un'ottica di universalità e di criticità, capace di farci cogliere il valore dello «scarto» e quella della «resistenza» nella tensione antropologica che fonda l'impegno educativo, sempre, e la consapevolezza pedagogica, sempre.
Allora, va ancora rilevato, il bel saggio di Mariagrazia Contini ci permette anche di leggere bene l'identikit e teorico e pratico della pedagogia, il suo legame indissolubile con l'anthropos e con la sua formazione (come io/sé e come coscienza attiva e responsabile nel mondo): punto-chiave mai da perdere di vista. Come pure ci consegna una teoria pedagogica per il tempo presente, in cui la stessa identità dell'anthropos viene ripensata e ridefinita e rilanciata in vista di una frontiera culturale che permetta sempre «di arricchire il più modesto esistere del più piccolo di noi» (p. 8). Che è un modo netto e giusto di fissare il pedagogico e come pensiero e come azione. E come critica e come compito.
Franco Cambi
You have requested "on-the-fly" machine translation of selected content from our databases. This functionality is provided solely for your convenience and is in no way intended to replace human translation. Show full disclaimer
Neither ProQuest nor its licensors make any representations or warranties with respect to the translations. The translations are automatically generated "AS IS" and "AS AVAILABLE" and are not retained in our systems. PROQUEST AND ITS LICENSORS SPECIFICALLY DISCLAIM ANY AND ALL EXPRESS OR IMPLIED WARRANTIES, INCLUDING WITHOUT LIMITATION, ANY WARRANTIES FOR AVAILABILITY, ACCURACY, TIMELINESS, COMPLETENESS, NON-INFRINGMENT, MERCHANTABILITY OR FITNESS FOR A PARTICULAR PURPOSE. Your use of the translations is subject to all use restrictions contained in your Electronic Products License Agreement and by using the translation functionality you agree to forgo any and all claims against ProQuest or its licensors for your use of the translation functionality and any output derived there from. Hide full disclaimer
Copyright Firenze University Press 2009