RESUMEN.
Questo articolo studia le interrelazioni tra la Oratio ad Graecos di Taziano e le Vitae Philosophorum di Diogene Laerzio e cerca di delineare il dibattito -che interesso pagani e cristianial quale essi presero parte.
PAROLE CHIAVE:
Clemente Alessandrino, Cultura greca e Cristianesimo antico, Diogene Laerzio, Filosofía greca, Origini della Filosofía, Taziano
ABSTRACT.
This paper studies the interrelationship between Tatian's Oratio ad Graecos and Diogenes Laertius Vitae Philosophorum and tries to outline the cultural debate -involving pagans and Christians- in which they took part.
KEY WORDS:
Clement of Alexandria, Diogenes Laertius, Greek culture and early Christianity, Greek philosophy, Origins of Philosophy, Tatian.
(ProQuest Information and Learning: ... denotes non-USASCII text omitted.)
Dell'autore delle Vitae philosophorum Diogene Laerzio, del quale di recente si è assístito a una rivalutazione e a una fioritura di interesse verso Topera 1, non abbiamo nessuna notizia precisa e diretta da parte degli antichi. In primo luogo, per la determinazione della cronología di Diogene disponiamo solo di indizi spesso labili: nonostante la debolezza intrínseca dell'argumentum e silentio, siamo costretti a prendere in considerazione anche questo, data la mancanza di altri elementi. Ora, Diogene non cita mai né Plotino né Porfirio né i Neoplatonici successivi, né i Neopitagorici, fornendo cosí, a quanto sembra, un terminus ante quem per la sua opera. D'altra parte, egli mostra di conoscere filosofi della seconda metà del II secolo come Sesto Empírico, citato in Vit. phil. IX 87 e 116, il suo discepolo Saturnino (IX 116), e Teodosio lo Scettico (IX 70). Inoltre, il Laerzio cita corne filosofo recente, vissuto ..., l'eclettico Potamone di Alessandria (I 21), la cui cronología è perô ardua da stabilire2.
Quanto, poi, alla collocazione geográfica, se per Wilamowitz il nome ... sarebbe stato interpretabile alla luce della reminiscenza omerica dell'epiteto ... 3, secondo Stefano di Bisanzio, Ménage, Fabricius e Harles, invece, ... richiamerebbe Laerte, la città della Cilicia che sarebbe stata patria di Diogene 4, forse identificabile con la città ..., citata da Strabone (XIV 5, 3) e da Stefano di Bisanzio s.v. ...5. Un possibile, ulteriore indizio potrebbe venire dall'espressione ... (Vit. phil. IX 109) riferita a un commentatore di Timone di Fliunte, il grammatico Apollonide di Niceza. Alcuni critici riferiscono l'espressione alla presunta patria di Diogene, sostenendo che egli fosse originario di Nicea; altri la interpretano in senso dottrinale, supponendo che Diogene fosse un simpatizzante dello Scetticismo; altri ancora pensano che ... si riferisca alla famiglia di Diogene, oppure ritengono che Diogene trovasse già il sintagma nella sua fonte Nicia di Nicea, e che esso non indichi nulla a proposito del Laerzio 6. In ogni caso, la circostanza che Diogene provenisse da Laerte o da Nicea non vieta di immaginare che egli sia stato attivo anche altrove, per esempio ad Alessandria: suggeriscono questa ipotesi sia il fatto che Diogene sembra essersi servito di opere di non facile reperimento1, che invece ad Alessandria, con la biblioteca, erano disponibili, sia probabili motivi culturali e polemici con autori alessandrini come Clemente, che ci accingiamo a vedere.
In effetti, se Diogene fosse stato attivo nella seconda metà del II secolo e negli inizi del III8, preferibilmente ad Alessandria, si potrebbe supporre una sua eventuale polémica con tesi corne quelle di Clemente di Alessandria e una sua conoscenza da parte di Taziano, la cui Oratio ad Graecos non a caso presenta, tra i varí possibili paralleli, la maggiore frequenza di passi dell'Alessandrino e del Laerzio 9.
Luciano Canfora 10 suppone che Diogene Laerzio conoscesse Clemente di Alessandria e che polemizzasse con le idee di quest'ultimo a proposito delle origini della filosofia. Egli fa rilevare la dura polémica, nella prefazione delle Vitae philosophorum, contro quanti riconducono ai barbari l'origine della filosofia, una polémica la cui vivacità si comprende soltanto ipotizzando che la controversia fosse attuale al suo tempo. Diogene, infatti, non si rivolgeva, probabilmente, a trattati antichi da lui stesso citati quali fonti documentarie, come il Mágico dello Ps. Aristotele, il Libro dei Magi di Eudosso o le Filippiche di Teopompo; piuttosto, la polémica era viva all'epoca di Diogene e le tesi che il Laerzio contrasta si trovano riflesse nell'opera di Clemente, il direttore del ... di Alessandria, fondato da Panteno 11, di cui Clemente fu allievo e collaboratore 12.
Negli Stromata, II 1 (Il p. 133, 13 Stählin)13, Clemente si mostra convinto che i Greci si fossero limitati a 'saccheggiare' la più antica filosofia barbárica, che a suo avviso è profondamente vera (Il p. 115, 10 St.)14 e della quale Platane stesso era stato un allievo (Strom. I p. 217, 21 St.) e aveva ripreso le teorie dell'amore universale e delle punizioni ultramondane (ibid. Il p. 388, 23; 385, 25 St.) e da cui Pitagora aveva tratto i suoi precetti simbolici (Il p. 342, 20 St.). Soprattutto al riguardo di Orfeo le rispettive posizioni di Clemente e di Diogene appaiono in forte contrasto e in reciproca polémica: per TAIessandrino, Orfeo, antichissimo (II p. 69, 20 St.), fu «teologo della filosofía barbárica» (Il p. 360, 19 St.) -secondo una concezione di tradizione stoica che attribuiva ai poeti antichi quali Orfeo, Omero ed Esiodo la conoscenza della verità a livello teológico e addirittura scientifico 15- e canta Túnico vero Dio (Protrettico, 74), intuendo forse addirittura Tidentità di Padre e Figlio (II p. 404, 20 St.).
Ora, il Laerzio non solo mette in dubbio Tantichità di Orfeo, ma non condivide nemmeno Tattribuzione a lui della conoscenza di verità teologiche: «Quanti, pero, assegnano la scoperta a quelli (i barban), adducono anche Orfeo il Trace, sostenendo che sia stato un filosofo e che sia il più antico. Io, dal canto mió, se si debba chiamare filosofo chi ha rivelato tali cose riguardo agli déi, non lo so, e <neppure> so come si debba chiamare chi non si fa scrupolo di attribute tutta la gamma delle passioni umane agli dèi, e anche gli atti turpi compiuti raramente da alcuni uomini con Torgano della voce» (Vit. phil. I 5).
Pur riconoscendo Timpossibilità di stabilire con precisione la cronología del Laerzio, Canfora fa osservare che Túnico filosofo contemporáneo nominato dal Nostro sia un Alessandrino proprio come Clemente (Teclettico Potamone, citato in I 21), la cui conoscenza è supposta da parte dei destinatarî di Diogene Laerzio. Lo studioso suppone in effetti che Clemente impiegasse come fonti dei testi di storia della filosofía molto simili a quelli che Diogene stesso usava: questa ipotesi mi sembra confortata, in effetti, da una serie di luoghi paralleli tra Diogene e Clemente 16. Canfora osserva, infine, che la definizione stessa di «setta filosófica» nella discussione relativa alio statuta dei Cinici da parte di Diogene (Vit. phil. 120) richiama analoghe questioni dibattute in Sesto Empírico, Pyrrh. Hypot. I 16, e in Clemente Alessandrino, Strom. VIII 5. La questione era dunque sentita e discussa, intorno al 200 d.C., sia tra i pagani sia tra i Cristiani.
D'altro canto, tra Diogene e i Cristiani sembrano essere effettivamente intercorsi scambi culturali, come conferma Timpiego di un termine lessicale cristiano in Diogene Laerzio (Vit. phil. V 17), nel contesto della narrazione di un episodio della vita di Aristotele: «Siccome lo si biasimava, una volta, poiché aveva dato l'elemosina [...] a un uomo vizioso, "Non ho avuto pietà [...] della condotta morale", replicó, "ma della persona umana"». Il nome ... è tipicamente cristiano, come era già stato osservato da Ménage: la conclusione desunta da Canfora é che nell'Alessandria della metà del II secolo «i colti delle diverse sette e scuole si frequentavano e si influenzavano, cristiani inclusi. Ecco perché è quasi certo che in un luogo di Taziano, apologista attivo in questi anni, si debba leggere la menzione di "Laerzio, colui che ha elaborate il racconto delle vite dei filosofi11»17.
Il passo a cui lo studioso si riferisce si trova nella Oratio ad Graecos, un testo che è stato variamente datato tra i tardi anni Cinquanta e i primi anni Settanta del II secolo 18, nel cap. 37, dove Taziano, raccogliendo testimonianze relative all'età in cui visse Omero, cita anche tre scrittori fenici, Teodoto, Issicrate e Moco, le cui opere, comprensive anche della storia del ratto di Europa e della relativa cronología, posta a confronto con quella ebraica, sarebbero state tradotte in greco da Laerzio (?), identificato con colui che «ha descritto minutamente le vite dei filosofi»:
...
....
(Tat. Or. ad Gr. 37, 1-3, p. 68 Marcovich)19
Come si nota, l'ed. Marcovich 20 presenta ..., «Leto», che è lezione fondata su ... di L, difesa già da Reinesius 21 e da Gaisford, in base a un passo di Clemente Alessandrino, che nomina questo «Leto» negli Stromata, in un contesto molto simile a quello di Taziano: ... (Strom. 1114, 2). Diversamente, M V P presentano xaiToç, mentre Eusebio e IOND hanno .... Come si vede, la tradizione testuale di questo nome è molto tormentata. È vero, dunque, che Clemente cita un Leto autore di Phoinikikà; tuttavia, credo che meriti considerazione la proposta di lettura «Laerzio» avanzata da Canfora, alia luce di quanto si è detto e di quanto si dirá, oltre che della constatazione che Diogene stesso descrisse estesamente le vite dei filosofi -circostanza che non ci è nota invece a proposito di Leto-, e che Taziano in più passi mostra di conoscerle.
Si impone dunque, a mió parère, un'indagine sistemática di tutti i passi paralleli fra Taziano e Diogene Laerzio. Innanzitutto, si è detto della polémica sulle origini greche, secondo Diogene Laerzio, o barbare, per Clemente, della filosofía: essa non è certo casuale, se si riflette che Taziano era discepolo di Giustino Martire, il quale considerava il Cristianesimo, e non la filosofía greca, come ... , con un pensiero fatto proprio anche da Clemente, che in Strom. Il 2 definisce il Cristianesimo, proveniente dal Giudaismo, come «la filosofía barbara di cui abbiamo parlato, realmente perfetta e vera» - e autore dell'Oratio ad Graecos, in cui alia filosofía greca è negato lo statuto di vera filosofía per essere conferito al Cristianesimo, e in cui si possono rilevare a più riprese forti affinité con le posizioni di Clemente Alessandrino, fin dall'inizio dell'opera.
Nel capitolo I, infatti, Taziano sembra trovarsi d'accordo con Clemente, contro Diogene, nell'attribuire l'origine di ogni conoscenza ai barbari e non ai Greci;Taziano domanda infatti ai Greci: ... (1, 1). E cosí Clemente negli Stromata, I 74, 1, sostiene che .... A dimostrazione del suo asserto, Taziano elenca divers popoli non greci e le loro scoperte culturali: i Telmessi per l'oniromanzia, i Cari per la prescienza degli astri, i Frigi e gli antichi Isauri per l'interpretazione de voli degli uccelli, i Ciprioti per l'arte sacrifícale, i Babilonesi per l'astronomia, Persiani per la magia, gli Egiziani per la geometría, i Fenici per le lettere (Or. ad Gr. 1,1); dei Frigi in 1, 2 sono citati i musici Marsia e Olimpo. Paralelamente Clemente negli Stromata, I 74, 3-6 enumera i Carii per la prescienza degli astri, i Frigi per l'interpretazione dei voli degli uccelli, gli Etruschi per l'arte sacrifícale, gli Isauri per l'arte augúrale i Telmessi per l'oniromanzia, i Frigi per il suono del flauto; anche Clemente cita Olimpo e Marsia23.
Taziano dé subito inizio alla sua requisitoria contro i filosofi greci, fino dai capp. 2-3, per proseguirla nel corso dell'intera Oratio, mostrando apparentemente di conoscere Topera laerziana, o almeno le sue fonti, laddove espone motivi della dossografia e della biografía filosófica. Un primo esempio si trova nel cap. 2, 1, con la descrizione dello stile di vita di Diogene il Cinico e della sua morte a causa di un polipo, a sostegno della tesi dell'intemperanza dei filosofi greci: .... La notizia riportata da Taziano trova piena corrispondenza in Diogene Laerzio, Vit. phil. VI 76: ...24. Anche riguardo alla veste purpurea indossata da Aristippo, Taziano, subito dopo (2, 1 : ...), presenta un collegamento con Diogene, Vit. Il 78, dove è narrato l'episodio di Aristippo che, dietro invito di Dionisio di Siracusa, accettô, durante un simposio, di indossare una veste di porpora -mentre Platone, in quella stessa occasione, si rifiutó-, anche se l'autore cristiano accenna pure alla presunta dissolutezza del personaggio, condividendo la posizione di Tertulliano, Apolog. 46,16: Aristippus in purpura sub magna gravitatis superficie nepotatus25.
Il supplizio di Callistene di Olinto è biasimato da Taziano in 2, 2, corne esempio di aberrazione comportamentale di Alessandro Magno, pur educate da Aristotele: ... [sc. Alessandro],.... Tale supplizio si trova narrato paralelamente da Diogene Laerzio, anche qui nel conteste della trattazione su Aristotele, in Vit. V 5: «Poiché (Callistene) parlava con troppa liberté al re e non gli obbediva, riferiscono che egli lo abbia rimproverato e gli abbia dette: 'Mi morirai, figlio, presto dawero, per quello che did'26. E, in vérité, awenne anche. Siccome, infatti, parve che avesse partecipato insieme con Ermolao alla congiura contro Alessandro, fu condotto in giro entro una gabbia di ferro, pieno di pidocchi e trascurato; e alla fine, esposto a un leone, cosí se ne ando»27. Taziano, poco oltre, in 2, 3, critica Aristotele - e i suoi seguaci a sé contemporanei: si noti lo spostamento della polémica sul piano contemporáneo - pure per avéré fatto consistera la felicité non solo nei béni dell'anima, ma anche in quelli del corpo e in quelli avventizi: .... In questi stessi termini, quantunque senza nota polémica, Diogene riporta la teoría eudemonistica aristotélica in V 30: «Affermé inoltre che la felicité consiste nella píenezza derivata da tre tipi di béni: quelli relativi all'anima -quelli, in vérité, che egli chiama anche primi per potenza (...)-; in secondo luogo, invece, quelli relativi al corpo: salute, vigore, bellezza e consimili; infine, quelli esterai: ricchezza, nobiltá di nascita, fama e simili. E la virtù, a suo avviso, non è sufficiente in se stessa al fine della felicité: ha bisogno, infatti, in più sia dei béni relativi al corpo sia di quelli esterni, in quanto il sapiente sará infelice sia nel caso in cui si trovi tra gli affanni, sia qualora si trovi nella povertá e in casi simili»28. Come si vede, i dati dossografici corrispondono pienamente.
Nel cap. 3, 1 dell'Oratio ad Graecos, pressoché tutte le notizie relative a Eraclito mostrano precisi riscontri con le Vitae di Diogene. In primo luogo, due dati di natura biográfica trovano un parallelo nel Laerzio: il primo è la pretesa di Eraclito di non avere avuto maestri e di avere imparato tutto da solo: ...: queste parole corrispondono pienamente a quelle laerziane di Vit. 9, 5: ...; anche l'accusa di superbia mossa da Taziano a Eraclito nel passo appena citato puô essere posta in corrispondenza con Vit. 9, 1 : .... La proverbiale oscuritá di Eraclito e la deposizione del suo poema nel tempio di Artemide, cítate da Taziano con ostilitá (Tat. Or. 3, 1 : ...), sono menzionate in connessione anche da Diogene, Vit. IX 6: «dedico [sc. il ...] come offerta nel tempio di Artemide, a detta di alcuni, dopo avere fatto in modo di scriverlo nella forma più oscura possibile, affinché vi si accostassero soltanto quelli in grado di capirlo e perché non venisse sottovalutato per il suo carattere popolare. Lo descrive, per altro, anche Timone, dicendo: 'E tra di loro si levo Eraclito... che parla in modo oscuro'29. Ancora: l'episodio di Euripide che avrebbe fatto conoscere l'oscura opera di Eraclito (..., ibid. 3, 1) corrisponde al resoconto laerziano in Vit. Il 22: «Dicono, poi, che Euripide, dopo avergli dato [sc. a Socrate] lo scritto di Eraclito, gli abbia domandato: 'Che te ne pare?'. Ed egli avrebbe risposto: 'Le cose che ho capita sono eccellenti, e credo che lo siano, d'altra parte, anche quelle che non ho capita - tranne, almeno, il fatto che ci sarebbe bisogno di un palombaro di Délo'» (cfr. Diog. Vit. IX 11). Soprattutto un ampio parallelismo fra Taziano e Diogene è offerte dal racconto della curiosa morte di Eraclito, descritta da Taziano nei seguenti termini: ... (Orat. 7, 11). Si osservi la corrispondenza, anche lessicale e sintattica, con il racconto di Diogene, Vit. IX 3-4: ....
Non solo la morte di Eraclito, ma anche quella di Empedocle, ricordata da Taziano subito dopo -anche qui in chiave polémica, come dimostrazione della vanagloria del filosofo-, è narrata negli stessi termini da Diogene Laerzio. Anche in questo caso vale la pena di riportare in parallelo i due passi:
' .... (Tat. Or. 3,4);
' .... (Diog. Laërt. Vit. phil. VIII 69)30
Un ulteriore dato biográfico, quello del 'matrimonio cínico' di Cratete con Ipparchia, accomuna Diogene Laerzio, Taziano e Clemente Alessandrino. La ... di Or. 3, 6, infatti, anch'essa ricordata da Taziano in contesto fortemente polémico, non solo corrisponde alia lettera con il passo di Clemente Strom. IV 121,631, ma trova pieno parallelismo in Diogene, Vit. VI 96-97; «Non sarebbe potuta essere, infatti, sua compagna, se non la fosse stata anche del suo modo di vivere. La ragazza lo scelse e prese ad adottare lo stesso suo contegno [se. cínico]: andava in giro cosí con suo marito, stava con lui in pubblico e usciva a banchetto con lui».
A livello più propriamente dossografico, la teoría della conflagrazione cíclica di Zenone, attaccata da Taziano nel cap. 3 e nel 25, è ricordata a più riprese da Diogene nel libro VII. In particolare, in Or. 3, 3 Taziano awersa la dottrina con l'argomento etico fondato sulla ripetizione, in tal caso, delle colpe e sull'argomento che Dio risulterebbe un creatore di mali, in questi termini: ...32. Taziano ritorna brevemente sulla teoria della ekpyrosis per prendere le distanze da essa in 25,4: .... Non c'è dubbio che le opinioni filosofiche antiche non fossero oggetto, in quel momento, di interesse soltanto 'antiquario' e compilatorio: gli autori cristiani esperti di filosofía, come Giustino, Taziano e Clemente, si interrogavano sul rapporte tra queste dottrine filosofiche e quelle cristiane, e pubblicavano opere in cui si pronunciavano in mérito. È in questo clima cultúrale che, probabilmente, comparve il lavoro di Diogene, compilatorio finché si vuole, ma anche rispondente a un interesse vivo dell'epoca.
Anche a proposito dello Scita Anacarsi, Taziano, che ne parla nel cap. 12, 10, presenta notizie molto vicine a quelle laerziane (Vit. I 41, Anacarsi nella lista dei sette sapienti, e 101-105, vita di Anacarsi, onorato dai Greci): Taziano lo cita infatti quale esempio di un barbara apprezzato dai Greci: ...33. Taziano ancora, in Or. 19, 3, ricorda, come esempio di esagerato amore per la gloria umana, Anassarco: ... : l'episodio che Taziano ha in mente - come lo ha in mente Clemente Alessandrino in Strom. IV 56, 4 - è sicuramente quello narrate da Diogene Laerzio, Vit. IX 59 (= 72 A 1 D.-K.), secondo cui Anassarco, posto per supplizio in un enorme pestello, invitava il suo carnefice a schiacciarlo, con le seguenti parole: ...34.
Anche Metrodoro di Lampsaco, trattato da Diogene in Vite, Il 3-7, viene citato da Taziano in Or. 21,6-7 come esempio di interpretazione allegorica di Omero - una tradizione dotata di lunga storia35 - e criticata da Taziano nei seguenti termini:
...
Símilmente, Diogene Laerzio in Vit. Il 11 attesta, parlando di Anassagora: «E sembra che egli per primo, secondo quanto afferma Favorino nella Storia varia, abbia mostrato che la poesia di Omero è relativa alla virtù e alla giustizia36. E si applicô ancor più al discorso Metrodoro di Lampsaco, essendo suo discepolo, e per primo si intéressé alla trattazione fisica del poeta»37.
Anche la breve notizia del cap. 25, 3 delTOratio ad Graecos, ..., corrisponde a quanto dice Diogene Laerzio, Vit. VIII 4, riferendosi alio stesso Pitagora: «Tempo dopo, sarebbe divenuto Euforbo e sarebbe stato ferito da Menelao»38. Del resto, Tintero cap. 25 delTOratio è dedicate a una requisitoria contra i filosofi e le loro discordie, dove Taziano ricorda con avversione, fra l'altro, non solo la teoria della metempsicosi di Pitagora, ma anche la negazione dell'immortalità dell'anima da parte di Aristotele, entrambi punti presentí in Diogene, che dell'anima in Aristotele parla in Vit. V 32-33.
Inoltre, iI rimprovero mosso da Taziano in Or. 26, 2 ai pagani di preoccuparsi delle realtà celesti e nel frattempo cadera nel fosso (...) ricorda molto da vicino il celebre episodio di Tálete, rífente da Diogene Laerzio nei seguenti termini: «Si dice anche che, mentre veniva condotto da una vecchietta fuori di casa, per osservare le stelle, cadde in una buca: egli levé lamenti e la vecchia replico: "Tu certo, o Tálete, che non sei capace di vedere quello che ti sta sotto i piedi, credi di conoscere le cose che stanno su in cielo?"» (Vit. phil. I 34)39.
Di nuovo, quando nel cap. 27, 7 Taziano si domanda: ...;, espone chiaramente Topinione di Anassagora quale riportata da Diogene Laerzio in Vit. Il 8 e 12, con una evidente affinité lessicale: ...40. Quando, poi, nel cap. XXVII Taziano si domanda «a che servono lo stile attico, i sonetti dei filosofi e le probabilité sillogistiche, gli studi sulle posizioni degli astri e sul corso del sole», cita elementi tutti presentí nella raccolta laerziana. Una ulteriora corrispondenza lessicale con Diogene si ha allorquando Taziano, subito dopo, nel cap. 27, 9, dichiara il proprio scetticismo sul giovamento arrecato dalle varie scienze della cultura greca: ...; L'espressione ... è stata posta in corrispondenza dall'editore Marcovich41, a mio awiso giustamente, con il celebre argomento del sorite, citato da Diogene Laerzio, Vit. Il 108, in riferimento all'eristico Eubulide, seguace di Euclide: «Tra i successori di Euclide c'è anche Eubulide di Mileto, il quale inoltre costrul molti ragionamenti in dialettica, in forma interrogativa: il Mentitore, il Nascosto, l'Elettra, il Velato, il Sorite, l'Uomo con le corna e il Calvo»42.
In Or. 28, 1 Taziano riferisce che per i Magi persiani il connubio con la madre è lecito, a differenza di quanto accade tra i Greci: .... Qui Taziano43 dice esattamente quello che riferisce anche Diogene in Vit. I 7, citando pure la sua fonte, Sozione (fr. 36 Wehrli): «I Magi... ritengono, invece, che non comporti impuritá unirsi alia madre o alla sorella, come dice Sozione nel ventitreesimo libro»44.
Anche alcuni dati cronologici risultano comuni a Taziano e al Laerzio, come quello relativo al floruit di Solone, posto nella 46^ Olimpiade sia dallo stesso Taziano in Or. 41,9 (... [...] ... [...] ...) sia da Clemente Alessandrino, Strom. I 65, .... In modo análogo, Diogene Laerzio in Vit. I 62 riferisce che Solone «fiori durante la quarantaseiesima Olimpiade, nel cui terzo anno fu arconte ad Atene, secondo quanto afferma Sosicrate45; fu precisamente allora che egli istitui anche le leggi». Diversa sembra invece la situazione rispetto al floruit di Pitagora, che viene situato nella 62a Olimpiade tanto da Taziano nello stesso passo (Or. 41, 9: ... [...] ... [...] ...) quanto da Clemente in Strom. I 65, 2: ... II Laerzio invece in Vit. VIII 45 indica un numero differente46: «E fiori durante la sessantesima Olimpiade», ossia nel 540-536 a.C., e non durante la sessantaduesima (532-528 a.C.).
Altri parallelismi sono poco stringenti, come quello segnalato da Marcovich47 tra la menzione di ... nel contesto della confutazione del determinismo astrale48 e la descrizione, in Diogene Laerzio, Vit. V1102, del particolare copricapo del filosofo Menedemo, che indossava «un cappello di stile arcade sulla testa con ricamati sopra i dodici segni zodiacali». Análogamente, l'editore49 indica una convergenza meno stringente, a mió parère, fra Taziano e Diogene, anche perché condivisa da molti altri autori: Taziano, in Or. 19, 4, scrive: ... la similitudine con la testa, la ..., è collegata infatti da Marcovich a Diogene, Vit. VIII 8, dove è riportato il pensiero di Pitagora: «era sólito assimilare la vita a una testa con le gare [...]: corne, infatti, alcuni ci vengono per prendere parte alle competizioni, altri per esercitare il commercio, altri invece - i migliori- come spettatori, cosí nella vita gli uni, a suo awiso, si rivelano schiavi, quelli che vanno a caccia di fama e di guadagno, gli altri, invece, filosofi, che vanno a caccia della verità». Il paragone, comunque, era diffuso, come attestano i comici Menandro, fr. 416, 8 Körte (...) e Alessi (fr. 222, 11 Kassel-Austin), ma anche Cicerone nelle Tusculanae, V 3,9; Epitteto, Diss. Il 14, 23; Giamblico, Vit. Pythag. 58. Ancora, nell'apparato delle fonti di Oratio ad Graecos, 27, 2, Marcovich50 cita i ... di Democrito in parallelismo con quelli di Diagora menzionati da Taziano: ...51. Non si tratta perô del medesimo filosofo e quindi credo che questo parallelismo non si possa considerare ai fini del nostro discorso.
Naturalmente, i parallels finora indicati non significano necessariamente che Taziano attingesse, in tutti i casi, a Diogene Laerzio, poiché poteva avere altre fonti, in particolare fonti comuni anche a Diogene; in molti casi, tuttavia, la corrispondenza è molto precisa e, soprattutto, si coglie Teco di dibattiti culturali in corso all'epoca. Taziano stesso dichiara di essere stato personalmente esperto delle dottrine dei Greci (cap. 29), in quanto egli, sebbene nato in terra assira, ricevette un'educazione greca: ... (cap. 42, 1). Sappiamo anche che aveva insegnato le dottrine greche (cfr. cap. 25; Euseb. Hist. Eccl. IV 16; Hieran. De vir. iII. 29), salvo imbattersi poi «in taluni scritti barbari, antichissimi in confronto alie dottrine dei Greci» (cap. 29), ossia l'Antico Testamento, e lasciarsene convincere: .... Per questo, nell'epilogo (cap. 42, 1 ), Taziano si definirá ormai ó ...
Quindi, nel cap. 31 Taziano si propone di mostrare «che la nostra filosofía è più antica della scienza greca», a partiré da Mosè e da Omero: ... (Or. 31, 1). Questa iStanza - contraria alla tesi di Diogene Laerzio, che fa derivare la sapienza solo dai Greci - si ritrova analoga, notoriamente, anche in Giustino, maestro di Taziano (I Apol. 32, 1 ; 44, 8; 54, 5; 59, 1), e in Clemente, che, da un lato, cita addirittura il passo di Taziano e, dall'altro, presenta numeróse corrispondenze con il testo laerziano, come abbiamo giá accennato. In particolare, la citazione compare in Strom. I 101, 1-2: ... (cfr. ibid. I 72, 4). L'argomentazione di Taziano fu molto apprezzata dai Cristiani, come attesta non solo l'esplicita menzione di Clemente, ma anche, più tardi, quella di Eusebio in Praep. Evang. X 11, 1-5 Mras (...)52.
La tesi esposta nel cap. 31 dell'Oratio ad Graecos si trova sviluppata nelle argomentazioni successive, fino al cap. 41. Taziano conclude quindi la sua dimostrazione in modo simile a Giustino e a Clemente, sostenendo che Mosè è più antico di Omero53 e dei primordi della cultura greca, e che i Greci attinsero alie sue dottrine, travisandole:
... (Tat. Or. 41, 1-2)54
Vale la pena di riportare anche il luogo di Clemente d'Alessandria (Strom. I 87, 2), per i forti parallelismi che rivela rispetto a Taziano: .... Si notino le corrispondenze lessicali precise con il passo di Taziano citato subito supra, ad esempio il ... (falsificare), l'espressione ..., o la ... dei sofisti. Sono polemiche comuni agli autori cristiani. Nello stesso torno di tempio, Diogene Laerzio sceglieva di compilare le sue Vitae philosophorum, rivendicando ai Greci i primordi della sapienza.
Sembra dunque che Topera di Diogene Laerzio, corn accennavamo all'inizio di questo discorso, vada considerata anche in rapporto a un contesto cultúrale dialettico con gli autori cristiani contemporanei, soprattutto rispetto alla visione che della cultura e della filosofía greca avevano Giustino, Taziano suo discepolo e Clemente Alessandríno. Quello che maggiormente conta, insomma, non è forse il dato isolate della comunanza di una notizia, o di una fonte, tra Diogene da un lato e Taziano -o Clemente- dall'altro, bensi Tinserimento di questi intellettuali in una polémica cultúrale viva e sentita all'epoca, che investiva il senso stesso della cultura greca e, per i Cristiani, la sua relazione con la nascente cultura cristiana.
ILARIA RAMELLI
1 Diogene Laerzio storico del pensiero antico, Colloquio di Napoli-Amalfi 1985 = «Elenchos» 7 (1986); gli studi raccolti in Aufstieg und Niedergang der Römischen Welt, II 36, 5 e 6, Berlin-New York 1992, citati singolarmente qui infra nella Bibliografia; le opere di riferimento M. Gigante, Diogene Laerzio, in Lo spazio letterario della Grecia antica, edd. G. Carubiano-L. Canfora-D. Lanza, vol. I, tomo III, Roma 1994, pp. 723-740; D.T. Runia, Diogenes Laertios, «Der Neue Pauly» III, 1997, coll. 601-603. Per gli studi sulla contestualizzazione di Diogene Laerzio cfr. J. Mejer, Diogenes Laertius and the Transmission of Greek Philosophy, in ANRW, II, 36, 5, Berlin-New York 1991, pp. 3556-3602, part. pp. 3560-3561. Diogène Laërce, Vies et doctrines des philosophes illustres, traduction française sous la direction de Marie-Odile Goulet-Cazé, Introduction, traduction et notes de J.-F. Balaudé, L. Brisson, J. Brunschwig, T. Dorandi, M.-O. Goulet-Cazé, R. Goulet e M. Narcy, avec la collaboration de M. Patillon, Paris 1999, condotta sul testo critico oxoniense di H.S. Long; Diogenis Laertii Vitae Philosophorum, ed. M. Marcovich, I; Il (Excerpta Byzantina), Leipzig 1999, rec. da L. Canfora, Da Socrate a Epicuro, l'Occidente abita qui, recensione all'edizione Marcovich, «Corriere della Sera», 22. IV. 2001, p. 29; è attesa un'ed. Budé da parte di T. Dorandi. Una mia traduzione introdotta, commentata e corredata dalla versione degli Excerpta Byzantina è stata pubblicata a Milano (2004) in base all'edizione Marcovich: per le questioni della collocazione storica di Diogene se ne veda l'Introduzione, part. §§ 1 e 4.
2 Infatti, Túnica altra notizia che lo concerne è quella della Suda, P 2126, che presenta un testo corrotto, laddove riferisce che Potamone di Alessandria fu filosofo vissuto ....
3 U. Von Wilamowitz-Moellendorff, Epistula ad Maassium, Berlin 1880, Philologische Untersuchungen 3, pp. 142-164; Eiusd. Lesefrüchte, «Hermes» 34 (1899), pp. 629-633 = Kleine Schriften, IV, Berlin 1862, pp. 100-103.
4 Stephani Byzantii Ethnicorum quae supersunt, rec. Augustus Meineckius, I, Berolini 1849; Aegidii Menagii Observatlones et emendationes in Diogenem Laertium, nel III tomo dell'edizione laerziana di Hübner, I dei Commentarii, Lipsiae-Londinii 1830, p. 147; J.A. Fabricius-G.Ch. Harles, Bibliotheca Graeca, V, Hamburgi 1796, p. 564.
5 L'identificazione è proposta da O. Masson, La patrie de Diogene Laërce est-elle inconnue?, «Museum Helveticum» 52 (1995), pp. 225-230. La città citata da Strabone e da Stefano era in Cilicia presso la costa, a 15 km. da Korakesion, Todierna Alanya, ed è identificabile con la localité in cui negli anni Sessanta furono rinvenute monete con l'etnico .... Entrambe le interpretazioni, quella letteraria e quella geográfica che si richiama a Laerte, in Caria o in Cilicia, sono accettate come possibili da D.T. Runia, Diogenes Laertios, «Der Neue Pauly. Enzyklopädie der Antike» hrsg. von H. Cancik-H. Schneider, III, Stuttgart 1997, coll. 601-603, part. 601.
6 Senso geográfico: H. Diels, Relskii animadversiones in Laertium Diogenem, «Hermes» 24 (1889), pp. 302-325, part. 324 e oggi J. Mansfeld, Diogenes Laertius on Stoic Philosophy, «Elenchos» 7 (1986), pp. 300-301; Runia, Diogenes, col. 601; senso dottrinale: E. Schwartz, s.v. Diogenes, in P.-W. V 1 (1903), col. 761, ma cfr. J. Barnes, Diogene Laerzio e il Pirronismo, «Elenchos» 7 (1986), p. 386 n. 4; fonte: U. von Wilamowitz-Moellendorff, Antigonos von Karystos, Berlin 1881, Philologische Untersuchungen 4, p. 32 e H. Usener, Die Unterlage des Laertios Diogenes, «SitzBer. der Preussischen Akademie der Wissenschaften» 49 (1892), pp. 1023-1034 = Kleine Schriften 3, Leipzig-Berlin 1814; famiglia: J. Mejer, Diogenes Laertius and His Hellenistic Background, Wiesbaden 1978, Hermes-Heinzelschriften 40, p. 46 n. 95.
7 Così M.-O. Goulet-Cazé, Introduction générale à Diogène Laërce, cit., p. 21.
8 Runia, Diogenes, col. 601 parla della metà del III secolo al più tardi.
9 Non è difficile rendersene conto anche solo consultando il ricco apparatus fontium della nuova edizione Tatiani Oratio ad Graecos, edited by M. Marcovich, Berlin-New York 1995, Patristische Texte und Studien 43-44, pp. 7-75.
10 Clemente di Alessandria e Diogene Laerzio, in Storia poesía e pensiero nel mondo antico. Studi in onore di Marcello Gigante, Napoli 1992, pp. 79-81.
11 Su Panteno cfr. i miei La missione di Panteno in «India»: alcune osservazioni, in La diffusione delléredità classics nell'età tardoantica e medievale. Filologia, Storia, Dottrina, Atti del Seminario Nazionale di Studio, Napoli-Sorrento 29-31 ottobre 1998, a c. di C. Baffioni, Alessandria 2000, pp. 95-106; La missione di Panteno e il «Matteo aramaico», in C. Dognini-I. Ramelli, Gli Apostoli in India nella Patrística e nella letteratura sánscrita, Milano 2001. Confermati da K. Karttunen, in India e oltre: Greci, Indiani, e Indo-Greci, in I Greci, III, a. di S. SETTIS, Torino 2001, pp 167-202: 196-197.
12 Su Clemente mi limito a rinviare a C. Mondésert, Clément d'Alexandrie, Paris 1944; R Nautin, Lettres et écrivains chrétiens des llème et lllème siècles, Paris 1961, pp. 138-141 ; S. Lilia, Clement of Alexandria, A Study in Christian Platonism and Gnosticism, Oxford UP - London 1971 ; C. Moreschini - E. Norelli, Storia della letteratura cristiana antica greca e latina, I, Brescia 1995, pp. 360-377; S. Said - M. Trédé - A. Le Boulluec, Histoire de la littérature grecque, Paris 1997, pp. 585-588; Clément d'Aléxandrie, Les Stromates, Stromate VI, intr. par P. Descourtieux, Paris 1999, Sources Chrétiennes 446, pp. 7-11.
13 Edizione critica di riferimento degli Stromata è quella di Clemens Alexandrinus, II, Stromata, Buch I-VI, ed. O. Stählin, nuova ed. di L. Fruchtel, 4A ed. a cura di U. Treu, Berlin 1985, GCS.
14 Questa idea della verità alle origini anche della cultura barbara era stata sviluppata dallo Stoicismo anche nel filone degli allegoristi e si ritrova, un secolo prima di Clemente, in Anneo Cornuto (per cui cfr. la mia traduzione introdotta e commentata L. Anneo Cornuto, Compendio di teología greca, Milano 2003) e in Cheremone di Alessandria; PW. van der Horst, Chaeremon, Egyptian Priest and Stoic Philosopher, Leiden 1984, Études préliminaires aux religions orientates dans l'Empire romain 101; M. Frede, Chaeremon der Stoiker, in Aufstieg und Niedergang der römischen Welt, II, 36, 3, Berlin-New York 1989, pp. 2067-2103. Si veda oggi il mio Allegoria, I, L'età classica, in collab. con G. Lucchetta, intr. di R. Radice, Milano 2004 in particolare capp. VI-VII.
15 Per questa concezione, connessa con il filone dell'allegoresi stoica del mito, basti in questa sede il rinvio al lavoro documentato di M. Hillgruber, Die pseudoplutarchische Schrift De Homero, l-ll, Stuttgart-Leipzig 1994-1999, Beiträge zur Altertumskunde 57/58; cfr. il mio Allegoria, I, cit., capp. VII e IX.
16 La lista è già fornita da E. Schwartz, art. Diogenes Laertios 40, in P.-W. IX (1903), coll. 738-763, part, coll. 751-752, e, più di recente, da Marcovich nell'apparato delle fonti della citata edizione critica di Diogene, a cui rinvio.
17 Canfora, Da Socrate a Epicuro, p. 29.
18 Su Taziano, la sua vita e le sue opere mi limito a rinviare alla documentazlone sistemática fondata su realia di M. Marcovich, nell'introduzione all'ed. Tatiani Oratio, cit. ; Taziano il Siró, Discorso ai Greci, ac. di S. Cristina, Roma 1991; R. Hanlg, Tatian und Justin, Vigiliae Christianae, 53 (1999), pp. 31-73; anche M. Whittaker, Tatian, Oratio ad Graecos and Fragments, Oxford-New York 1982 e R.F. Schedinger, Tatian and the Jewish Scriptures, Louvain 2001.
19 Cfr. FGH 784 T 1 ; 784 F 1 ; 794 F 5d. Per Cheramo cfr. il I Regum 5, 24; il nome compare sotto la forma «Eramo [...], ta cui figlia sposô Salomone, corne narra Taziano», cfr. Chron. Pasch. I, p. 169, 1 Dindorf; per Menelao cfr. Odissea, IV 83 e 617-619; per Menandro FGFI 783 T 4; F 2.
20 Marcovich, Tatiani Oratio, p. 70, testo, apparato critico e apparato delle fonti.
21 Ap. lo.G. Graeve, Syntax, varlae dissertationes, Ultraiecti 1702, p. 50.
22 Si veda Giustlno, Apologie, a c. di G. Girgenti, Milano 1995 con intr. e bibl.
23 Cfr. I.A.M. Kremmer, De catalogis heurematum, Lipsiae 1890.
24 Sulle versioni della morte di Diogene: E. Livrea, La morte di Diogene il Cinico, in Filologia e forme letterarle: studi offerti a F. Deila Corte, Urblno 1987, pp. 427-433. Cfr. anche Athen. VIII 241 E; Plut. De esu carnium, I 955D; Aquane an ignis 956B; Luc. Vitarum auct. 10.
25 Cfr. Luc. Vitarum auct. 12; Sext. Emp. Pyrrh. Hypot. Ill 204; Gnomol. Vat. 41.
26 Cfr. Iliade, XVIII 95.
27 Cfr. Plut. Alex. 55 = Hermipp. fr. 50 Wehrli; Arrian. Anab. IV 14, 1.
28 Cfr. Arist. Eth. Nie. A 8 1098 b 12 sgg.; Ret. A 5, 1360 b 25 sgg.; Divisiones Aristotel. 56 Mutschmann Hippol. Refut. I 20, 5.
29 Timone, B 43 Diels = Supplementum Hellenisticum 817.
30 Cfr. Emped. fr. B 112, 4-5 DK ... ; Strab. VI 274C; Hör. Ars poet. 464-466: Deus immortalis haberi / dum cupit Empedocles, ardentem frigidus Aetnam / insilut.
31 .... Cfr. Suda, K 2341 : .....
32 È interessante notare gli esempi di maivagi persecutori addotti da Taziano (ibid.): Anito e Meleto, accusatori di Socrate, e Busiride, a petto dei buoni, come Socrate ed Eracle, presentí in minor numero rispetto ai primi: .... Il caso di Socrate quale saggio perseguitato è addotto da un altro autore siriaco di poco precedente Taziano, ossia Mara Bar Serapion, iI quale, in una lettera indirizzata al figlio studente poco dopo il 73 d.C., porta quali esempi di saggi perseguitati da malvagi - i quali pero soggiacciono alla giusta punizione - Socrate e Pitagora, accanto al «saggio re dei Giudei», probabilmente Gesú Cristo: si vedano i miei Stoicismo e Cristianesimo in area siriaca nella II metà del I secolo d.C., «Sileno» 25 (1999) [2001], pp. 197-212; La lettera di Mara Bar Serapion: introduzione, traduzione, note essenziali, «Stylos» 13 (2004), in pubblicazione.
33 Per Anacarsi cfr. anche Plat. Reip. X 600 A 6; Diod. Bibi. IX 6. Un altro antico sapiente straniero, il Mago Ostane, è menzionato da Taziano in Or. 17, 1 (sempre nel contesto della valutazione della «saggezza Straniera») ....
34 Cfr. anche Plut. Virt. mor. 449E; Dion. Chrysost. Or. 37, 45; 64, 18; Philon. Omnis probus liber, 106; Ter. Apol. 50, 6; Orig. C. Cels. VII 53.
35 Bastino qui i rinvii a F. Wehrli, Zur Geschichte der allegorischen Deutung Homers im Altertum, Borna-Leipzig 1928; F. Buffière, Les Mythes d'Homère et la pensée grecque, Paris 1956; F. Buffière, Héraclite, Allégories d'Homère, Paris 1962, part, l'ampia Introduction; C.L. Thompson, Stoic Allegory of Homer. A Critical Analysis of Heraclitus' «Homeric Allegories», Diss. Yale 1973; J. Pépin, Mythe et allégorie. Les origines grecques et les contestations judéo-chrétiennes, Paris 1976 2Aed.; A.A. Long, Stoic Readings of Homer, in Homer's Ancient Readers. The Hermeneutic of Greek Epic's Earliest Exegetes, edd. R. Lamberton - J.J. Keaney, Princeton 1992, pp, 41-66; ampia documentazione nel mio Allegoria. I, cit.
36 Cfr. Favorino, fr. 29 Mensching: Metrodoro di Lampsaco, 61 A 6 D.-K.; Platone, Apologia di Socrate, 28 C-D.
37 Metrodoro di Lampsaco, 61 A 2-3 D.-K.; 61 A 4 D.-K.:'...: Platone, lone, 530 D.
38 Cfr. Tertull. De anima 28, 3; Porphyr. Vit. Pythag. 45; Hippol. Ref. I 2, 11 ; 3, 3.
39 Cfr. Plat. Theaet. 174 A: "Tálete, mentre studiava gli astri e stava guardando in alto, cadde in un pozzo: una sua giovane schiava di Tracia, intelligente e graziosa, lo prese in giro, osservando che si preoccupava tanto di conoscere le cose che stanno nel cielo, e, invece, non vedeva quelle che aveva davanti, tra i piedi" (tr. C. Mazzarelli); Tert. Ad nat. Il 4, 18; De anima 6, 8; Hippol. Ref. 11,4; Gnomologio Vaticano, 319.
40 Cfr. anche Aet. Plac. II 20,6.
41 Ed. di Taziano cit., p. 53 apparato delle fonti.
42 Cfr. anche Cic. Lucull. 49, 92-94, 107, 147; Sext. Emp. Pyrrh. Hypot. 2, 253; 3, 80; Adv. mathem. Vil 416; IX 182.190; Luc. Symp. 23.
43 Nel cap. 28 l'argomentazione di Taziano, volta a mostrare le diverse norme in uso presso i vari popoli (..., 28, 1), procede in modo parallelo a quella di Bardesane personaggio del Liber legum regionum, che, pressoché contemporaneamnte a Taziano, descrive le varie norme in vigore tra i diversi popoli: si vedano eventualmente I miel Linee generali per una presentazione e per un commenta del Liber legum regionum con traduzione italiana del testo siriaco e dei frammenti greci, RIL, Classe di Lettere, 133 (1999), pp. 311-355; L'Europa e i Cristiani, in Studi sull'Europa antica, a c. di M. Sordi, II, Alessandria 2001, pp. 263-283.
44 La stessa notizia si trova nel Liber legum regionum della scuola di Bardesane, Patrologia Syriaca II 587, tr. mia nel cit. Linee generali: <>E, ancora, i Persiani hanno fatto leggi per se stessi che essi possano prendere per mogli le loro sorelle e le loro figlie, e le figlie delle loro figlie; e vi sono alcuni che vanno oltre, e che prendono persino le loro madrl. DI questi stessi Persiani, alcuni... sono chiamati Magi [Mgws']>>. Altri paralleli comunque non mancano: Phil. De spec. leg. 3, 13; Plut. De Alex. fort. 328 C; Sext. Emp. Pyrrh. Hypot. I 152;Tert. Apol. 9, 16; Ad nat. I 16, 4; Min. Fel. Oct. 31,3; Eus. Praep. Ev. I 4, 6; VI 10, 16.
45 46^ Olimpiade = 594/593 a.C.; Sosicrate, fr. 3 Giannattasio Andria.
46 Si veda la cit. ed. Marcovich di Diogene Laerzio, vol. I, ad I.
47 A p. 22 dell'edizione di Taziano, in apparato.
48 Anche qui è interessante notare come un altro autore siriaco di poco successivo a Taziano, Bardesane di Edessa, argomentasse contro questa dottrina, da lui chiamata «caldaica», come risulta dal Liber legum regionum della sua scuola: cfr. il mió Bardesane e la sua scuola tra la cultura occidentale e quella orientale: il lessico della liberta nel Liber Legum Regionum (testo siriaco e versione greca), in Pensiero e istituzioni del mondo classico nelle culture del Vicino Oriente, Atti del Seminario Nazionale di Studio, Brescia, 14-16 ottobre 1999, a c. di R.B. Finazzi - A. Valvo, Alessandria 2001, pp. 237-255.
49 Ancora in apparato, a p. 40.
50 A p. 52 dell'edizione critica di Taziano.
51 Cfr. F. Jacoby, Diagoras ..., «Abhandlungen Akademie Berlin» 3 (1959).
52 Si vedano anche, sulla stessa linea, Tert. Apol. 19,1 ; Ps. lust. Coh. 9,1 ;Theoph. Ad Autol, II 30; III 20 etc.
53 Cfr. J. Pépin, Le «challenge» Homère - Moïse aux premiers siècles chrétiens, «Revue des Sciences Religieuses» 29 (1955), pp. 105-122.
54 Il discorso finale legato alla verità giudlcata ingiustamente come mitología è di particolare intéresse: tutto il filone dell'allegoresi del mito antica presupponeva una verità sottesa al mito e aile sue espressioni poetiche, cultuali etc.; gli Stoici, senz'altro i maggiori esponenti di questo filone, facevano ovviamente coincidere queste presunte verità sottese al mito con i propri dogmi, soprattutto in ámbito fisico-teologico; cfr. il mió Allegoria, I, cít., particularmente il cap. IX. Sulla scia di Giustino, sia Taziano sia Clemente affermano che la verità su cui si fondano i miti greci è quella mosaico-cristiana, quantunque travisata. In entrambi i casi, comunque, sebbene da prospettive completamente differenti, viene ammessa la presenza di una verità alla base del mito. Cfr. il mió II multiforme uso di Mysterion in Giustino, in II mistero nella carne, II, ac. di A.M. Mazzanti, Bologna 2005, in pubblicazione.
RAMELLI ILARIA(*)
(*) Université Cattolica del S. Cuore, Milán]
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