Abstract. The article deals both with Childhood and Seniority. In particular, it examines the current considerations about these two different lifÈs seasons, analyzing the most important pedagogical studies about them and the latest international documents and recommendations. The myth of childhood, the active ageing and the lifelong learning perspective are some of the instance the article refers to, focusing also to the grandparenting as an opportunity to interpret the seniority in a new way.
Keywords. childhood, seniority, grandparenting, active ageing, intergenerational relationships.
1.L'infanzia nell'epoca attuale tra "mito" e "inattualita"
L'immagine dell'infanzia e profondamente mutata nel corso delle diverse epoche storiche. Fino alle soglie dell'eta moderna, il bambino era considerato unicamente come "colui che non e ancora adulto", come soggetto in possesso di caratteristiche da superare per raggiungere la pienezza vitale tipica dell'eta adulta (Becchi, 1994). Philippe Aries (1968), uno dei primi e dei principali storici dell'infanzia individua i primi segni della nascita del sentimento dell'infanzia alle soglie dell'eta moderna, poiché e in tale periodo che vengono riconosciute alcune peculiarity della condizione infantile; ma e il Seicento e il successivo secolo dei Lumi il periodo storico in cui la concezione dell'infanzia cambia in maniera definitiva grazie a due fattori: da un lato la nascita della scuola moderna, un'istituzione esterna alla famiglia, appositamente creata per l'educazione del bambino; dall'altro la nascita della vita privata, caratterizzata da quel "sentimento borghese" di intimita che spinge i membri della famiglia a ricercare gli affetti all'interno di essa, invece che nelle relazioni sociali esterne, come accadeva durante le epoche precedenti.
Tuttavia, per il vero riconoscimento dell'infanzia come specifica eta di vita che ha diritto ad una formazione istituzionalizzata, si deve attendere il XIX secolo, che pur presentando ancora una visione romantica e ideale di bambino, vede l'introduzione dell'obbligo scolastico e dei percorsi di formazione per i maestri in molti Stati europei, anche se con modalita e tempi differenti. In questo secolo il modello familiare aristocratico declina, cedendo il posto a quello borghese e il bambino, con i suoi bisogni fisici e psicologici e le sue peculiarity, si avvia a costituire il principale oggetto di indagine della moderna scienza pedagogica, che proprio nell'Ottocento conosce l'ingresso negli atenei universitari (Covato, Ulivieri, 2001). Inoltre, in questo secolo si registrano numerosi progressi nella pediatria, anche se per una sistematica tutela della salute infantile come interesse statale si deve attendere il secolo successivo, con lo sviluppo graduale di un welfare per l'infanzia, che in alcuni stati ha mascherato precisi disegni totalitari di controllo sull'educazione e sulla salute dei bambini e delle bambine (Polenghi, 2016).
Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, la Pedagogia Scientifica da un lato e l'Attivismo pedagogico dall'altro, hanno attribuito all'infanzia un ruolo fondamentale nella promozione del cambiamento sociale. La Pedagogia Scientifica l'ha definita come un periodo preciso all'interno del processo di sviluppo umano e ne ha evidenziato alcune caratteristiche peculiari, tra cui la sua educabilita; l'Attivismo pedagogico, di derivazione deweyana, ha considerato l'infanzia per la sua condizione essenziale di "crescita". Il progressivo desiderio di conoscenza rivolto al ?mondo segreto dell'infanzia?, come lo ha definito Leonardo Trisciuzzi (1990, p. 19), ha determinato la centralita di tale tematica nel dibattito pedagogico del Novecento, secolo che ha tracciato un'immagine spesso idealizzata e mitizzata dell'eta bambina (Cambi, Di Bari, Sarsini, 2012). A tal proposito, scrive Franco Cambi (2008, p. 101):
?Il mito dell'infanzia, mito o bisogno che fosse, ha attraversato il Novecento, lo ha "arato in profondita", lo ha innervato di modelli, istanze, ecc. i quali a loro volta hanno trasformato, e profondamente, sia le immagini di infanzia sia le pratiche sociali rispetto alla stessa infanzia. Il XX secolo e stato il secolo del riscatto dell'infanzia, del rifiuto dei suoi "abusi", del riconoscimento dei suoi diritti, dell'elaborazione di una conoscenza (scientifica e non solo scientifica) dell'infanzia, del permanere del suo mito (come mito emancipativo e del bambino e dell'uomo): si, e stato tutto questo?..
Simonetta Ulivieri (2016, p. 56) definisce la rappresentazione dell'infanzia dal punto di vista storico e storiografico come vero e proprio ?mosaico scientifico?, in quanto ambito di ricerca costitutivamente interdisciplinare e multidisciplinare e tuttavia ?perennemente incompiuto?, che necessita di riferirsi ad una pluralita di fonti per ricostruire le peculiarity dell'eta bambina e del sentimento dell'infanzia attraverso la scrittura, la narrazione, la storia materiale, la oral history e l'iconografia.
L'attuale panorama scienti fi co della pedagogia dell'infanzia o ffre analisi originali e multi-prospettiche della condizione dei bambini e delle bambine, che rispecchiano la complessita che caratterizza questa eta della vita nell'epoca presente (Bobbio 2011; 2013; Bobbio, Traverso, 2016). Uno dei paradigmi particolarmente esplicativi, che riesce a preservare ?l'elusivita dell'oggetto di indagine, refrattario ad ogni definizione esaustiva? (Becchi, Semeraro, 2001, p. 9), e quello della contraddittorieta, all'interno del quale convivono le diverse dimensioni della "violenza", della "scoperta" e della "scomparsa" (Cambi, 2012). Potremmo definire tali aspetti delle "traiettorie interpretative" strategiche per parlare di bambini e bambine oggi, preservando luci ed ombre che il XX secolo, complesso e contraddittorio, ha prodotto (Gecchele, Polenghi, Dal Toso, 2017). Le modalita in cui ciascuna di queste dimensioni si manifesta sono molteplici e variegate e cambiano a seconda dei contesti; tuttavia, per cercare di comprendere gli aspetti implicati nella complessa identita dell'infanzia attuale, e opportuno soffermarsi su alcune riflessioni pedagogiche emerse attorno a questi concetti-chiave.
Per quanto riguardo la dimensione della "violenza", se e vero che i comportamenti devianti attuati nei confronti dei bambini oggi sono riconosciuti come inammissibili e sempre meno spesso vengono taciuti, e anche vero che la violenza sui bambini ?non e uno stadio superato una volta per tutte nella storia dell'umanitå? (Ulivieri, 2016, p. 46). Allo sfruttamento del lavoro minorile, presente in gran parte del mondo, si affiancano le forme di violenza fisica e psicologica, perpetrate spesso all'interno delle mura domestiche, anche nei paesi culturalmente piu avanzati, dove la tutela dell'infanzia a livello legislativo ha conosciuto sensibili progressi nel corso del Novecento.
Infatti e proprio il XX secolo, il "secolo del fanciullo" (Key, 1906), il periodo in cui alla scoperta dell'infanzia si accompagna il riconoscimento graduale dei suoi diritti e Faumento progressivo dei servizi di cura ad essa rivolti (Silva, 2016). L'analisi storico-pedagogica circa i diritti dell'infanzia e divenuta nel nuovo millennio una delle prospettive di indagine della pedagogia dell'infanzia e offre interessanti spunti di riflessione non solo in chiave storica, per riscontrare l'evoluzione in ottica progressista del legislatore (Macinai 2007; 2013; Traverso 2016), ma anche in chiave interculturale, se pensiamo ai molti bambini stranieri che vivono sul territorio nazionale e partecipano ai contesti formativi scolastici ed extra-scolastici, pur provenendo spesso da paesi in cui i diritti dell'infanzia sono ancora un'utopia (Macinai 2015; Catarci, Macinai, 2015).
Infine la categoria della "scomparsa", che ha costituito nei secoli la principale minaccia per l'infanzia, considerata come un'etå "non ancora adulta" e per questo difettosa. Silvia Demozzi, a tal riguardo, evidenzia come questa dimensione rappresenti un rischio costitutivamente legato all'infanzia (etimologicamente "in-fans" e colui che non sa parlare), che da sempre e detta, raccontata e rappresentata da altri, necessariamente adulti, che tendono a racchiuderla entro categorie di pensiero e stili di vita attuali. Tuttavia, vi e un'ulteriore accezione di "scomparsa dell'infanzia" che esiste attualmente nei paesi occidentali, seppur mascherata sotto forme subdole e spesso difficili da rilevare. Essa rappresenta un rischio effettivo ogni volta che la centralitå assegnata al bambino dal punto di vista legislativo formale non coincide nella quotidianitå con la tutela dei bisogni infantili e con il rispetto delle caratteristiche essenziali dei bambini (Postman, 1984). Infatti, nonostante "sulla carta" ai bambini e alle bambine occidentali siano riconosciuti i diritti fondamentali sanciti dalla Convenzione ONU del 1989, nella nostra societå i bambini vengono attualizzati attraverso il fenomeno dell'adultizzazione, ?quell'assunzione precoce di atteggiamenti, comportamenti, espressioni che sono tipici del mondo dei grandi e che sono veicolati sia attraverso pratiche quotidiane ispirate dai modelli adulti sia attraverso le caratteristiche dominanti dello spirito del tempo in cui l'infanzia si trova gettata? (Demozzi, 2016, p. 46). Il fenomeno si manifesta attraverso comportamenti differenti, che variano anche in relazione al genere, come racconta Anna Oliverio Ferraris (2008) a proposito della "Sindrome Lolita". Tuttavia, l'essere "inattuale" rappresenta un diritto dell'infanzia ed e fondamentale valorizzare pedagogicamente le potenzialitå che questo concetto offre, se inteso in accezione bertiniana in antitesi all'"attuale", in quanto apre all'infanzia la possibilitå di vivere la sua dimensione piu autentica.
Nel riflettere sulla condizione attuale dell'infanzia nel nostro Paese, e opportuno considerare alcune particolaritå che caratterizzano spazi, tempi e relazioni vissute dai bambini di oggi. Un elemento di assoluta novitå dal punto di vista sociologico e la costante diminuzione del numero di bambini, a fronte di un progressivo aumento del numero di persone adulte ed anziane. Silvia Vegetti Finzi (2008, p. 27) evidenzia come attualmente non esista piu una ?dimensione bambini?, che vive autonomamente e in parallelo a quella degli adulti, perché i bambini di oggi sono circondati soprattutto da adulti che li adorano e li idealizzano, si piegano alle loro richieste piu assurde, fino a renderli dei "tiranni" familiari, pur di non far loro sperimentare alcuna forma di frustrazione. In particolare, e il rapporto tra bambini e genitori ad aver subito numerosi mutamenti negli ultimi anni, in conseguenza degli imperativi sempre piu stringenti del mercato del lavoro, che hanno limitato in maniera eccessiva il tempo che questi potevano potenzialmente trascorrere insieme (Corsi, Stramaglia, 2009; Contini, 2010, Zanatta, 2011; Corsi, 2016). Infatti, oggi i genitori sono costretti da esigenze lavorative a rimanere fuori casa per gran parte del giorno e i figli, sempre piu soli, rischiano l'omologazione ad un modello globalizzato di infanzia, costruito ad hoc dalla societa dei consumi e veicolato impercettibilmente attraverso i media, che ormai sono divenuti compagni e "baby-sitter" dei bambini per buona parte della giornata (Metastasio, 2002). Lo scambio comunicativo tra genitori e figli sembra subire una riduzione, anche in conseguenza del "potere dei telecomandi", attraverso i quali ognuno si isola in un mondo separato e parallelo a quello degli altri, senza che la parola possa creare un legame. Inoltre, e la stessa TV, con il dominio dell'immagine e del codice elettronico, che minaccia la scomparsa del linguaggio orale e del linguaggio del corpo: i bambini sono sempre piu silenziosi e fermi in appartamenti chiusi, dove l'unica a parlare e la televisione, che trasforma il variegato mondo infantile in uno spettacolo, avvincente ma estremamente riduttivo rispetto alle sue infinite potenzialita. Infatti, la TV mette a rischio la comunicazione sociale, il pensiero e l'espressivita a partire dalla quotidianita familiare, dove il principale protagonista diviene sempre di piu il silenzio. Cosi, i bambini vivono isolati e protetti dal mondo esterno, che appare minaccioso, e stentano a riconoscere i propri limiti e le proprie potenzialita fisiche, perché difficilmente possono correre spensierati sui prati e provare quel senso di stanchezza che si avverte dopo aver giocato per un'intera giornata all'aperto. Le stesse citta non riescono affatto ad assolvere ai bisogni di scoperta, di gioco e di socializzazione spontanea tipicamente infantili; al contrario, sono i luoghi in cui la ghettizzazione e la marginalizzazione dell'infanzia si rendono piu visibili. Infatti, nonostante siano piu numerosi i servizi accessibili e le possibilita educative e culturali per bambini, e la citta stessa a non essere piu vissuta come luogo di incontro (al contrario di quanto accadeva, per esempio, negli anni Sessanta e Settanta), ma semmai come luogo di transito tra posti chiusi e privati.
La dimensione che Franco Frabboni (2012, p. 89) definisce ?Ecologica?, fino a qualche decennio fa era vissuta in particolar modo proprio dai bambini, che passavano ore ad esplorare l'ambiente esterno, sperimentando i propri linguaggi alla ricerca degli interessi personali. Oggi quell'infanzia e stata soppiantata gradualmente, ma in maniera radicale, dall'infanzia ?Mediatica?, resa spettatrice passiva e preda delle derive consumistiche a cui e indotta dal mercato. In maniera lenta e progressiva, il mondo virtuale dei video-giochi viene assimilato alla realta e i bambini avvertono la loro "onnipotenza" nel potersi trasformare nei diversi eroi dei cartoons; in tal modo la finzione del pensiero prevale sulle azioni concrete che sviluppano il senso dell'identita corporea. Percio i bambini sono sempre piu competenti intellettualmente, possiedono un vocabolario ricco ed articolato, anche se spesso vuoto di referenti semantici e povero di strutture logiche, ma sono sempre meno competenti a livello emotivo ed affettivo. Anche la competenza sociale, tradizionalmente acquisita all'interno del gruppo dei pari in maniera autonoma, risulta decisamente impoverita, perché i bambini sono sempre piu soli con gli adulti e persino il loro tempo "libero" e meticolosamente organizzato in attivita differenziate (dalla palestra alla piscina, dal calcio al pianoforte), senza che venga lasciato alcuno spazio per il gioco libero.
Nei genitori attuali si manifesta una tendenza a "iper-investire" sui figli, che rappresentano la proiezione narcisistica dei loro desideri; questa dinamica nascosta determina la ricerca spasmodica di una eccessiva precocita dei piccoli, nel tentativo di fargli "bruciare le tappe" per superare velocemente la condizione infantile e poter cogliere, cosi, le migliori opportunity di successo sociale (Gontini, Demozzi, 2016). Inoltre, sul piano affettivo-relazionale tale iperinvestimento si traduce nella volonta di preservare il figlio da esperienze frustranti e dolorose generando cosi figure di bambini fragili, incapaci di affrontare le difficolta perché inconsapevoli delle proprie capacita. Spinti dalla stessa logica protettiva, spesso i genitori intervengono anche nei piccoli conflitti che sorgono tra bambini e impediscono loro di gestire autonomamente le dinamiche relazionali. I frequenti atti di bullismo e il crescente numero di bambini passivi e indifferenti di fronte agli atti di violenza sono anche una conseguenza di tali atteggiamenti dei genitori, che frenano la manifestazione di determinate emozioni, espresse poi attraverso altri canali, come quello dell'aggressivita. La scoperta del limite, che avviene in conseguenza di una frustrazione, e invece fondamentale per stimolare l'impiego delle proprie risorse e per divenire piu competenti.
Ma questo bambino solo, a rischio di "analfabetismo emotivo" e di omologazione culturale, sempre piu ostaggio di spazi chiusi e di tempi organizzati, e davvero un nuovo bambino? A tal proposito ci sembra opportuno mettere in guardia dal cedere ad una simile considerazione dell'infanzia attuale, comunemente molto diffusa, secondo cui i bambini di oggi sarebbero completamente diversi da quelli delle precedenti generazioni. In realty, questa visione puo essere accettata solo se si considerano esclusivamente le condizioni apparenti, poiché, dietro ai molteplici cambiamenti che hanno interessato il mondo dell'infanzia, e possibile individuare degli elementi di continuity che caratterizzano l'esser bambino di tutti i tempi. In effetti, non sono mutati i bisogni primari e le esigenze fondamentali di ciascun bambino, come ad esempio il bisogno di nutrimento materiale ed affettivo e di sicurezza, anche se il mercato regolato dalla logica dei consumi cerca costantemente di indurre nuovi bisogni di natura secondaria. Dunque non e in corso una mutazione genetica che ha determinato la generazione dei "nativi digitali": i bambini di oggi non sono biologicamente diversi rispetto a quelli di prima, ma sono cambiate le variabili socioculturali in cui la loro identita si sviluppa. Per questa ragione, e necessario promuovere un adattamento dei sistemi educativi, affinché possano înglobare le nuove variabili dell'epoca contemporanea e scongiurare cosi il fallimento, pur riscoprendo e preservando la dimensione propriamente infantile che la societa dei consumi cerca di rimuovere, ma che tutti i bambini e le bambine hanno diritto a vivere.
2.Gli anziani oggi. Tra stereotipi della tradizione e nuove prospettive: active ageing e lifelong learning
Se i cambiamenti che hanno interessato l'infanzia nel corso degli ultimi decenni sono stati numerosi, ancora piu visibili sono stati quelli relativi alla condizione anziana. In parallelo ai fenomeni di adultizzazione e attualizzazione dell'infanzia, infatti, si assiste oggi ad un paradossale e generalizzato processo di infantilizzazione e al dominio di un'etica puerilistica, che valorizza l'eterna giovinezza e cerca di omologare ad essa tutte le eta della vita, dall'infanzia alla vecchiaia. I confini tra le fasi dell'esistenza sembrano sempre piu sfumati: da un lato c'e l'infanzia da bypassare velocemente, dall'altro l'anzianita sempre piu temuta e procrastinata, anche attraverso cure estetiche e make-up antiinvecchiamento. Nello scenario attuale risulta evidente come la condizione anziana abbia subito un mutamento interpretativo abissale rispetto ad alcuni decenni fa e necessiti pertanto di essere ri-tematizzata anche in chiave pedagogica.
In generale, l'invecchiamento e un fenomeno complesso, che ha interessato un numero sempre maggiore di persone a partire dal secondo dopoguerra grazie all'innalzamento dell'eta media di vita. Comprende mutamenti di carattere biologico, psico-fisico, ma anche socio-culturale, dal momento che le persone anziane devono fare i conti con l'affermazione di nuovi orientamenti valoriali nei quali spesso non si riconoscono e che possono generare disorientamento e tendenza all'emarginazione (Dozza, Frabboni, 2010; Baldacci, Frabboni, Pinto Minerva 2012; Pinto Minerva, 2015).
Nella famiglia patriarcale, caratterizzata dalla trasmissione lineare e unidirezionale dei valori e delle conoscenze, gli anziani rappresentavano i "saggi" a cui si doveva profondo rispetto e riverenza e una simile considerazione permane oggi nelle societa di tipo tradizionale. Tuttavia, nella logica dominante del mondo occidentale contemporaneo, dove la produttivita e l'efficienza sembrano essere i soli valori che conferiscono dignita alla persona, la senilita non puo che rappresentare una condizione negativa, perché il "disimpegno", associato al pensionamento, allontana dal mondo produttivo e tende a coincidere con una percezione di inutilita. Infatti, a livello sociale si alternano atteggiamenti di assistenzialismo, emarginazione e commiserazione nei confronti delle persone anziane, che contribuiscono a costruire l'immagine pregiudiziale di vecchiaia come "stagione residuale", come condizione di malattia, di decadimento psico-fisico e di scarso valore sociale (Tramma, 2017). Gli stessi giovani hanno spesso un'immagine negativa delle persone anziane, poiché non fanno piu parte della categoria dei produttivi e sono considerate un peso sociale, invece che una risorsa. Bruno Rossi descrive lucidamente lo sguardo rivolto ai pensionati, ai quali molti guardano ?come a un universo "a parte", non contrassegnato da un elevato coefficiente di cittadinanza e di rilevanza sociale? (Rossi, 2012, p. 63). Inoltre, per l'opinione comune, l'anziano e spesso ineducabile, incapace di apprendere perché privo delle risorse necessarie.
L'insieme di questi giudizi mostra come l'immagine della vecchiaia sia fortemente legata a stereotipi negativi, che impediscono di guardare alle persone reali, nascoste dietro alle categorie omologanti. Infatti, ogni anziano e diverso dagli altri, cosi come lo e ogni adulto: esistono diversi modi di vivere la vecchiaia, che dipendono dalla dotazione bio-psicologica, dalle condizioni di salute (normali o patologiche), dall'eta, dalla storia personale, dalle condizioni socio-economiche, dall'educazione, dal vissuto familiare e sociale, dalla cultura e da altri fattori. Molti anziani si mantengono attivi e si rivolgono a nuovi interessi; altri, invece, si ritirano in loro stessi e si isolano dall'ambiente sociale, in quanto non lo comprendono e non desiderano farlo.
Il fenomeno dell'invecchiamento ormai non puo piu essere considerato una condizione marginale. Le previsioni demografiche Istat (2011) stabiliscono che nel 2050 gli over 65 saranno circa il 34% della popolazione, mentre i giovani saranno circa il 13%. La condizione di anzianita, dunque, coinvolgera circa un terzo delle persone e queste previsioni trovano simili conferme anche in ambito europeo. Per tale ragione, l'Organizzazione Mondiale della Sanita ha definito delle "linee guida" per promuovere politiche nazio- nali e internazionali rivolte al miglioramento della qualita di vita delle persone anziane. In particolare, un nuovo termine e stato coniato ed e entrato ormai nel linguaggio comune: l'invecchiamento attivo o active ageing, definito esattamente come:
?the process of optimizing opportunities for health, participation and security in order to enhance quality of life as people age? (WHO, 2002, p. 12).
Questo documento sottolinea come health, non sia da intendere soltanto in termini di benessere fisico, ma anche come benessere psicologico e relazionalita sociale, che devono essere favorite affinché anche le persone anziane possano continuare ad apportare il loro contributo alla societa secondo le loro capacita, senza subire discriminazioni. Anche il termine active non deve essere considerato in termini di attivita fisica o di partecipazione alla forza lavoro, ma in riferimento alla partecipazione sociale, civica, economica, culturale e spirituale, che consente di massimizzare la qualita della vita ad ogni eta. Come propone Barbara Bocchi (2012) al riguardo, il concetto di active ageing potrebbe essere esteso a quello di "invecchiamento produttivo", se con "produttivita" si intende non solo la capacita di essere forza lavoro ma anche, per esempio, l'impegno nel volontariato, l'aiuto nell'ambito familiare, l'indipendenza e l'autosufficienza. In questi termini, il concetto di produttivita verrebbe ad assumere una valenza non piu strettamente economica, ma anche sociale, poiché includerebbe le forme di trasmissione culturale, di supporto morale, di sostegno e di saggezza che consentono il riconoscimento del valore sociale delle persone anziane.
In quest'ottica, si pone all'attenzione anche la scelta dell'Unione Europea che ha proclamato il 2012 "Anno dell'invecchiamento attivo e della solidarieta tra le generazioni", rimarcando il significato dell'invecchiamento attivo come ?ció che consente alle persone di realizzare le loro potenzialita di benessere fisico, sociale e psichico durante l'intero arco della vita e di partecipare alla vita sociale, dando loro nel contempo una sicurezza, una protezione e cure adeguate nel momento in cui ne hanno bisogno. Pertanto, la promozione dell'invecchiamento attivo richiede un approccio multidimensionale e un coinvolgimento tramite un sostegno duraturo tra tutte le generazioni? (Decisione n. 940/2011/EC). Cosi l'invecchiamento attivo viene accostato alla solidarieta intergenerazionale, definita nel documento dell'Unione Europea "AGE Platform Europe 2012-Ognuno ha il proprio ruolo da svolgere", come ?sostegno reciproco e cooperazione tra le diverse fasce d'eta volto a creare una societa che permetta alle persone di ogni eta di contribuire secondo le proprie esigenze e capacita e di beneficiare dei progressi economici e sociali della societa? (AGE Platform Europe, 2012, p. 6). In questo documento, inoltre, si sottolinea l'importanza della solidarieta tra generazioni per raggiungere gli obiettivi della lotta alla poverta e all'esclusione sociale, della promozione del dialogo civile e del miglioramento della qualita ambientale e vengono indicate possibilita operative per realizzare scambi intergenerazionali, tra cui per esempio progetti di grandmentoring nelle scuole, con il coinvolgimento di ragazzi ed anziani, e di tutoring digitale. Inoltre, la prospettiva dell'invecchiamento attivo rientra pienamente nell'ottica del lifelong learning, promossa dall'Unione Europea a partire dalla Strategia di Lisbona (2000) e con particolare evidenza dal 2007, quando e stato definito un Lifelong Learning Programm 20072013 per sostenere l'istruzione e la formazione permanente a livello europeo (Decisione n. 1720/2006/EC).
A partire da questi documenti internazionali, e impossibile non prendere atto del cambiamento nella concezione dell'anzianita che si e registrato negli ultimi anni. Del resto, si deve anche constatare che oggi un numero sempre maggiore di persone anziane non si riconosce piu nell'immagine di ?persona seduta, a braccia conserte e con il capo reclinato?, che vive la quotidianita ?in maniera sonnolenta? (Rossi, 2012, p. 72). Al contrario, si incontrano spesso ?giovani seniors, dinamici ed in buone condizioni fisiche ed economiche? (Cesari Lusso, 2004, p. 48), persone anziane che sono ancora capaci di agire nella societa, di impegnarsi attivamente e in maniera produttiva soprattutto nella realta familiare e di manifestare interessi culturali. Tuttavia, un ruolo fondamentale puo essere svolto dalla riflessione pedagogica, per evitare di cadere nell'eccesso opposto dell'"esser giovani ad ogni costo", all'interno di una societa che afferma con vigore il giovanilismo del presente e si rifiuta di attribuire valore anche alle altre eta della vita. Nel presente scenario, la pedagogia puo contribuire alla diffusione di un'immagine positiva della condizione di anzianita, valorizzandone le risorse specifiche, in un'ottica di empowerment, finalizzata allo sviluppo della consapevolezza di sé in positivo, della fiducia nelle proprie capacita e nelle possibilita di partecipare attivamente al contesto sociale di vita. Per garantire qualita di vita alla persona anziana, serve un intervento integrato di soggetti pubblici, privati e del terzo settore, nonostante questo comporti elevate spese ed investimenti. Infatti, da un lato e necessario che le politiche pubbliche si aprano a considerare questa condizione come una risorsa, dunque come oggetto di investimento, ma dall'altro e opportuno preparare alla vecchiaia attraverso l'educazione, cioe promuoverne una concezione positiva attraverso interventi educativi adeguati, che abbiano inizio dall'infanzia e proseguano poi nell'eta adulta (Musi, 2014).
L'interesse della pedagogia si e rivolto all'eta anziana in ritardo rispetto alla gerontología e solo a partire dagli anni Settanta si puo notare un'attenzione al processo di invecchiamento in chiave psicopedagogica, orientata a prevenire il decadimento psichico, fisico e sociale e a dare spazio al bisogno formativo presente anche in questa "terza fase" della vita. La ricerca scientifica ha dimostrato che l'anziano e educabile, ovvero e in grado di mantenersi dinamico, di trasformarsi, di apprendere e di evolvere a livello cognitivo, affettivo, relazionale ed estetico. Per questo e importante che la pedagogia eserciti la propria influenza sulle politiche sociali, al fine di promuovere una vera e propria "cultura della vecchiaia", che non si esprima in iniziative socio-assistenziali e ludico-ricreative, ma si sforzi di sottolineare l'educabilita delle persone anziane. E fondamentale che l'anziano si senta capace, possa nutrire speranza nel futuro e individuare gli scopi della sua esistenza, superando gli stereotipi che lo vorrebbero relegare in posizione marginale; pertanto, deve essere attivamente coinvolto nel processo di invecchiamento, in modo che non lo subisca in maniera passiva, come una trasformazione in negativo, ma riesca a guidarlo con consapevolezza e sappia trasformarsi senza perdere la propria identita originaria.
Franca Pinto Minerva individua alcuni tratti caratteristici della condizione anziana e propone spunti di riflessione pedagogica tesi alla valorizzazione del potenziale creativo, divergente e partecipativo delle persone anziane, per poterle reinserire nella dinamica rete relazionale che costituisce il mondo sociale, sempre meno attento a valorizzare la "terza" e la "quarta" eta della vita. Le caratteristiche che distinguono e separano il mondo dell'?eta adulta-veloce-produttiva? dall'eta anziana sono: ?lentezza?, ?puntigliosita? ed ?antichita? (Pinto Minerva, 2012, pp. 42-43). La "lentezza" e associata comunemen- te all'inattivitå ed e vista in termini negativi, come "mancanza" e debolezza rispetto a un mondo che ha assunto la velocitå del cambiamento e la produttivitå come leggi che ne governano il funzionamento. La sfida pedagogica consiste nel sostenere e formare gli anziani a sperimentare, ad accettare e a vivere in maniera assolutamente personale e creativa questo nuovo "tempo della lentezza", un periodo che consente di riscoprire le zone nascoste della personalitå (emozioni, sentimenti, sogni, fantasia, memoria), eclissate durante la vita adulta perché obbedienti all'imperativo dell'agire velocemente, che e responsabile peraltro di aver annullato la tridimensionalitå costitutiva dell'uomo in favore di una logica del presente omologante e massificante, in cui non c'e spazio per divergenze e riflessioni personali. In tal modo si apre la strada alla valorizzazione di questo "tempo della lentezza" come tempo delle relazioni interpersonali, della riflessione introspettiva e dei nuovi o riscoperti interessi, che danno la possibilitå di percepirsi ancora "vitali" e di poter agire a livello sociale. Inoltre, le persone anziane vengono accusate spesso di "pedanteria" e di "puntigliositå" che si esprimono, secondo i sostenitori di questa immagine, nei racconti ricorrenti e ricorsivi che genererebbero insofferenza ed intolleranza in chi li ascolta. Tuttavia, entrambe queste "categorie di accusa" possono essere mutate dalla riflessione pedagogica in risorse, in quanto rappresentano l'essenza piu intima del pensiero, che e per natura complesso, ricorsivo e stratificato e si oppongono al dogmatismo costituivo della modernitå produttiva, che penalizza invece qualsiasi tentativo di trasformazione riflessiva. L'ultima caratteristica distintiva, l'"antichitå", si e formata attraverso decenni di esperienze e di riflessioni, di fatti storici vissuti e di vicende personali che rendono la persona anziana ?memoria, archivio di storia e di storie? (Pinto Minerva, 2012, p. 46). Le persone anziane, quindi, rappresentano un effettivo ?patrimonio di esperienza esistenziale, di memoria e di cultura? (Iori, 2012, p. 80), di cui vengono erroneamente private le giovani generazioni, a causa della pregiudiziale inutilitå che culturalmente viene attribuita a questa ereditå storica. Il danno pedagogico che ne deriva e "bidirezionale", perché da un lato agisce sulle generazioni piu giovani, che vengono cosí private di un lascito culturale e storico essenziale dal punto di vista formativo, dall'altra inficia la stessa auto-percezione identitaria degli anziani, che vivono la propria vita come inutile, in una societå dominata da una cultura utilitaristica.
Il tema della solidarietå tra generazioni, da promuovere attraverso un'educazione intergenerazionale, finalizzata a costruire una cittadinanza attiva e coesa e ad incentivare il benessere psico-fisico e socio-relazionale in tutte le fasi della vita, si pone oggi sotto i riflettori degli studi pedagogici. Rosita Deluigi (2015) sottolinea come l'educazione intergenerazionale sia strettamente legata allo sviluppo della comunitå, del senso del "noi", della cittadinanza, come elementi cardine per una corresponsabilitå democratica che implichi cooperazione in vista di obiettivi comuni. Questa prospettiva sembra rappresentare una delle poche possibilitå per arginare la deriva individualistica e solitaria a cui e sottoposta oggi l'intera societå, frammentata attorno ad una molteplicitå di desideri e bisogni a cui sembra riuscire a rispondere solo il mercato dei consumi, che in realtå ne produce continuamente di nuovi e in conflitto tra loro (Bauman, 2008). Numerose sono le iniziative che negli ultimi anni hanno visto protagonisti bambini e anziani alla ricerca di un reciproco scambio di conoscenze ed esperienze attraverso attivitå condivise. E opportuno ricordare infatti che, se in passato la convivenza tra diverse generazioni avveniva automaticamente nella realtå familiare, oggi la crescente nuclearizzazione del- le famiglie e la proliferazione dei modelli familiari crea spesso forme di separazione tra anziani e bambini, che vivono in spazi appositi loro dedicati: asili, scuole e ludoteche da un lato; centri diurni, case di riposo e universita per anziani dall'altro. Pertanto, in molti territori sono nate esperienze di contatto tra strutture che ospitano bambini e anziani e, attraverso forme di progettazione pedagogica calata nei contesti reali, si sono ottenuti risultati molto positivi in relazione alla partecipazione sociale delle persone anziane e alla socializzazione e al rispetto con e per gli anziani da parte dei bambini (Pinto Minerva, 2011; Musi, 2014; Gecchele, Meneghin, 2016).
In conclusione, occorre lavorare collettivamente sulle rappresentazioni sociali, per impedire che l'anziano si identifichi con la perdita di utilita sociale, da cui deriva un indebolimento dell'autostima e una "chiusura al mondo" in attesa della morte. E necessario inoltre promuovere le capacita di resilienza e di agentivita unite alla percezione di autostima e autoefficacia, affinché la persona non perda la capacita di modificarsi e di ri-progettarsi continuamente in seguito all'acquisizione di nuove conoscenze: solo in tal modo, gli anziani potranno esprimere quell'evolutivita adattiva, che e caratteristica intrinseca dell'essere umano.
In questa prospettiva diventa realmente possibile Vactive ageing, che comporta non solo la partecipazione alle questioni che riguardano la collettivita, ma anche l'"imparare ad invecchiare", cioe a vivere la vecchiaia come un'eta diversa, carica di emozioni che investono le tre dimensioni di passato, presente e futuro, ma anche come una fase in cui e possibile ristrutturare l'immagine di sé e i propri valori, senza per questo vivere una crisi esistenziale (Deluigi, 2014).
3.I nonni odierni: alla ricerca di nuove identita
Una possibility per "invecchiare attivamente" e offerta in maniera del tutto gratuita e naturale dall'assunzione del ruolo di nonni, che attualmente presenta elementi di assoluta originalita. Diventare nonni non rappresenta un'opportunita equamente accessibile, anche se una novita rispetto al passato si rintraccia proprio nei dati demografici: i nonni sono sempre piu numerosi e se ne prospetta un ulteriore incremento nei prossimi anni, infatti le proiezioni statistiche prevedono che nel 2045 il 46,3% della popolazione europea avra raggiunto o superato i 50 anni. Per questa ragione, il XXI secolo e stato definito anche ?il secolo dei nonni? (Attias-Donfut, Segalen, 2005). Il potenziale aumento del numero dei nonni non e dovuto ad una previsione di giovani generazioni piu prolifiche, bensi e legato ai sensibili progressi della medicina negli ultimi decenni, che hanno prolungato le aspettative di vita media e migliorato le condizioni di salute delle persone anziane, che oggi diventano nonne e nonni godendo spesso di un significativo benessere fisico e psicologico di cui non si conoscono precedenti storici. Se e vero che essere nonni e un dato anagrafico, generazionale, oggettivo, dobbiamo pero considerare che la funzione sociale loro attribuita varia nel tempo, in relazione a numerose variabili, tra cui l'architettura familiare e le relazioni sociali (Sgritta, 2007; Di Nicola, 2008).
Infatti, le trasformazioni sociali, economiche e culturali che si sono susseguite nell'ultimo cinquantennio hanno indotto altrettanti cambiamenti nei ruoli familiari, fino a determinare l'esistenza di una pluralita di tipologie di famiglia e, per esteso, nuove forme di rapporti intergenerazionali. In particolare, la relazione tra nonni e nipoti assume carat- teristiche inedite, profondamente differenti dal tradizionale modello familiare patriarcale, all'interno del quale le generazioni piu anziane erano legate a quelle piu giovani da rapporti scarsamente affettivi, ma rivolti piuttosto alla trasmissione uni-direzionale di conoscenze, prassi comportamentali e orientamenti valoriali. A tal proposito, Elisabetta Musi (2014, p. 27), nel riflettere sui cambiamenti nei rapporti tra generazioni, sottolinea che:
?la convivenza tra anziani e bambini ha costituito per secoli un fatto naturale nella fisiología delle trame sociali. La frequentazione spontanea di questi soggetti consentiva ai bambini di avventurarsi nel passato attraverso la presenza e il racconto dei suoi protagonisti e agli anziani permetteva unestensione non effimera della propria esistenza, la verifica della semina di una vita?.
Le figure dei nonni, cosi come vengono considerate oggi, sono un prodotto della modernita. Prima del XVIII secolo, in Europa vi erano anziani e anziane, "patriarchi" e "matriarche" all'interno delle comunita, ma queste figure non rivestivano un ruolo specifico nella realta familiare, sebbene fossero circondate da un alone di rispetto e reverenza dovuto alla loro saggezza sviluppata con l'eta. Solo nel Settecento la nonna inizia ad assumere un ruolo pedagogico ed affettivo nei confronti dei nipoti. Tuttavia, per il vero riconoscimento delle figure di nonno e di nonna, diverse da quelle di anziano e anziana, si deve attendere il XIX secolo, quando infanzia da un lato e anzianita dall'altro, mutano ruolo e considerazione sociale: la prima diventa oggetto di cure e attenzioni all'interno della famiglia, la seconda diventa una vera e propria risorsa per la stessa realta familiare, dove il nonno e la nonna si avviano a rivestire un ruolo affettivo ed educativo specifico e cessano di essere considerati esclusivamente in negativo come "bisognosi di assistenza" o "decrepiti". Durante gli anni Sessanta del Novecento, come evidenzia Anna Oliverio Ferraris (2005, p. 19), ?la figura sociale dei nonni come dispensatori di cure e di affetto appare gia ben delineata?, anche se negli ultimi venticinque-trent'anni l'immagine dei nonni e ulteriormente cambiata, pur mantenendo tale caratteristica. Questo mutamento, oltre che ad eventi riguardanti la realta familiare, e strettamente legato al cambiamento dell'immagine e della qualita della vecchiaia, che oggi e stata rinominata "terza eta", grazie ai progressi della medicina e della cosmesi, ma anche alla diffusione della ginnastica e della sana alimentazione. Cosi hanno fatto la propria comparsa sulla scena sociale nonni e nonne giovanili, che guidano, leggono e viaggiano, ai quali persino la pubblicita si rivolge come "garanti" di autenticita ed efficacia dei prodotti, riconoscendone il ruolo specifico e l'identita sociale nell'assicurare i legami intergenerazionali e nel rappresentare un sostegno per i genitori. Dunque, se da un lato la societa intera e la sua espressione economica, costituita dal mercato e dalla pubblicita, assegna ai nonni un ruolo e un'identita precisi, dal canto loro i nonni moderni talvolta temono l'assunzione di questo ruolo, perché sono inclini ad associare ancora la parola "nonno" allo stereotipo del vecchio decrepito, della persona non piu produttiva e in declino. Molto spesso, tuttavia, quest'immagine e legata al personale vissuto dei loro nonni, nati all'inizio del secolo scorso, ma non si adatta piu al contesto sociale contemporaneo.
Per comprendere piu da vicino alcune peculiarity identitarie dei nonni, emerse da differenti studi, e necessario fare riferimento alle loro caratteristiche generazionali, che influenzano inevitabilmente le modalita di assunzione del ruolo. A tal proposito, Silvia Vegetti Finzi (2008, p. 47) definisce gli attuali nonni ?nuovi nonni? in termini psicologici, piu che cronologici. Infatti, essi appartengono ad una generazione che si e contraddistinta per caratteristiche specifiche rispetto alle altre che l'hanno preceduta o seguita e che, per questo motivo, non puo ereditare modelli del passato da incarnare, ma deve costruire nuove identita di nonni e di nonne. Quella dei nonni odierni e la ?generazione fortunata?, ?la generazione che ha sognato? (ivi, pp. 48-49), che si e identificata nel cambiamento fino a renderlo parte della sua stessa identita, tanto che tale generazione ha modificato ogni ruolo che ha assunto, prima come genitori e adesso come nonni. Ne fanno parte tutti coloro che sono nati nell'immediato dopoguerra fino ai primi anni Cinquanta, periodo in cui l'Italia ha registrato un record assoluto di nascite; tale generazione dei "baby-boomers" e cresciuta durante il "miracolo economico" degli anni Sessanta, ha sfruttato i benefici dell'industrializzazione nascente ed e stata protagonista di profonde trasformazioni sociali, riguardanti la sfera pubblica e privata, la famiglia, la scuola, la politica e i costumi (Ulivieri, 1992). Gli "ex-Sessantottini" sono stati una generazione di giovani che si e imposta sulla scena sociale con determinazione, per combattere il clericalismo e l'autoritarismo patriarcale e per rivendicare la possibilita di scegliere, mossa dalla speranza per il futuro e da un concetto di progresso migliorativo e graduale, che non sembrava possibile interrompere. Le donne di questa generazione hanno iniziato a maturare consapevolezza dei condizionamenti sociali che le avevano relegate in secondo piano e a rivendicare una "sorellanza" che consentisse loro la possibilita di fare rete e di essere visibili sulla scena sociale (Ulivieri, Biemmi, 2011). In generale, la protesta condivisa contro l'autoritarismo del potere istituzionale e familiare, la pratica di una democrazia assembleare e partecipata, l'appartenenza ad organismi collaborativi (partito, sindacato, movimenti d'opinione), nonché l'immaginazione unita alla speranza, hanno conferito a ragazzi e ragazze degli anni Settanta una solida identita generazionale, che non ha precedenti né conseguenti nella storia. Per tali motivi, gli appartenenti a questa generazione, quando diventano nonni e nonne, devono inventare ex-novo il proprio ruolo, perché i modelli del passato non gli si confanno. Loro stessi, come genitori, hanno messo in atto una trasformazione interna ai ruoli genitoriali che ha portato ad una maggiore parita tra i sessi e alla corresponsabilita educativa verso i figli (prima demandata esclusivamente alla madre). Pertanto oggi, in qualita di nonni, non riescono e non intendono incarnare il modello di "nonno autoritario", ma instaurano con i nipoti rapporti di complicita e di sintonia, di apertura e disponibilita ad apprendere da loro e a dialogare.
Una costante dell'attualita e l'autonomia abitativa delle famiglie, che rende sempre meno frequente la coabitazione tra diverse generazioni nella stessa unita. Tuttavia, questo dato non e indice della formazione di nuclei veramente autonomi, come potrebbe sembrare ad un'osservazione superficiale, poiché si assiste ad un intenso scambio di servizi tra una generazione e l'altra, a una relativamente nuova interdipendenza sul piano materiale ed affettivo, caratterizzata da un forte investimento dei nonni nei confronti di figli e nipoti (Gigli, 2007; Catarsi, 2008). Nonni e nonne sono disposti ad aiutare i figli sotto vari aspetti, compresa la cura dei nipoti, per consentire loro prospettive di carriera in ambito lavorativo. Questo fenomeno e anche sintomo di un importante cambiamento nella considerazione del ruolo femminile e nei rapporti tra donne di diverse generazioni; infatti, se in passato era scontato che alla giovane madre spettasse in maniera quasi totale ed esclusiva la cura dei figli, adesso sono le nonne, soprattutto quelle materne (Stramaglia, 2013), a supportare le figlie nel conciliare gli impegni professionali con il lavoro domestico e la cura dei figli e ad essere loro complici nella lotta per l'afferma- zione fuori dalla famiglia, che si realizza attraverso il personale successo professionale, esprimendo cosi una nuova solidarieta femminile intergenerazionale. Infatti, la generazione di nonne che ha vissuto il Sessantotto si e distanziata dal modello materno della propria madre e si e avvicinata in misura maggiore alla figlia, instaurando con lei una relazione di forte reciprocita.
Un'effettiva modalita alternativa dell'essere nonni oggi si manifesta visibilmente soprattutto nelle nonne e in quei nonni che, ormai in pensione, hanno deciso di dedicare molta parte del loro tempo alla cura dei nipoti, fino a spingere le loro carrozzine e a manifestare gesti d'affetto, impensabili per la generazione che li ha preceduti. In realta, la distanza che si frappone tra il loro vissuto e quello delle generazioni dei figli e dei nipoti sembra essere per certi aspetti abissale, ma nonostante tutto si moltiplicano le forme e le occasioni di interazione tra nonni e nipoti, a causa delle buone condizioni di salute dei primi e del permanere a lungo nella famiglia di origine dei secondi e tali occasioni danno la possibilita di sperimentare e costruire nuovi ruoli e relazioni inedite tra bambini e anziani. A tal proposito numerosi studi evidenziano l'importanza della trasmissione della memoria storica per lo sviluppo infantile; Manuela Ladogana (2014, p. 89), per esempio, sottolinea che ?non si tratta, infatti, semplicemente di riconoscere il legame affettivo tra nonni-nipoti quanto di porre l'enfasi sulla dimensione culturale di tale rapporto, sulla ricchezza dei possibili scambi di conoscenze e di esperienze?. Nello specifico questa funzione trasmissiva e culturale e da interpretare nell'ottica della co-educazione, poiché, oltre ad essere utile per la strutturazione identitaria del bambino, e anche essenziale per l'anziano, che sente di poter ancora comunicare qualcosa e non essere inutile e improduttivo (Pinto Minerva, 2011).
In conclusione dunque, partendo dalla complessita del mondo infantile, stretto tra minacce di scomparsa e istanze di valorizzazione e gettando uno sguardo sulle caratteristiche attuali della "terza stagione della vita" e sul dibattito nazionale e internazionale attorno ad essa, ci sembra opportuno rimarcare il ruolo della riflessione pedagogica nell'analizzare le potenzialita del rapporto intergenerazionale tra bambini e anziani, a partire da quello che si realizza nel contesto familiare tra nonni e nipoti. Infatti, se i benefici che derivano dalla relazione tra nonni e nipoti sembrano essere reciproci, e fondamentale che la pedagogia passi dall'analisi conoscitiva alla progettualita educativa per promuovere interventi rivolti a sviluppare le potenzialita formative di questa relazione, per estenderle anche a chi non la vive all'interno dei contesti familiari.
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Abstract
The article deals both with Childhood and Seniority. In particular, it examines the current considerations about these two different life's seasons, analyzing the most important pedagogical studies about them and the latest international documents and recommendations. The myth of childhood, the active ageing and the lifelong learning perspective are some of the instance the article refers to, focusing also to the grandparenting as an opportunity to interpret the seniority in a new way.
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