Abstract
Rewriting mythological characters, tales and motifs is a popular strategy used in feminist literature from the late 20th century. Deconstructing sexist cultural canons, challenging gender normative narratives, subverting patriarchal values and offering new female perspectives are the main purposes. Within such a framework, the article analyzes the reinterpretation of the Sumerian myth of the goddess Inanna made by one of Poland's most prominent writers. Olga Tokarczuk's Anna In in the Tombs of the World employs such strategies as the modernization of the story, now set in a dystopian, high-tech and futuristic world; the introduction of a few, but significant, changes in the narrative structure, like the modification of the plot and the insertion of the figure of the Mother Goddess; the syncretic fusion of themes and topics belonging to different eras and cultures (Sumerian, Assyro-Babylonian, Classical Antiquity) and the redefinition of the psychological meanings underlying the descent of the goddess into the underworld. Ultimately, the writer carries out a deep resemantization and refunctionalization of the original Sumerian myth based on a feminist and Jungian approach. Published in the mid-2000s, the novel should be read as a critical voice in the context of the antifeminist backlash that took shape at that time in Polish politics and jeopardized feminist conquests gained to date.
Keywords
Olga Tokarczuk; feminism; mythology; Jung; rewriting; Inanna.
1. Introduzione
La reinterpretazione di narrazioni mitologiche e una prassi diffusa di scrittura femminista volta a "trasformare storie normative in potenti racconti di resistenza" (Zajko, Leonard 2006: 2). Ripensare topoi, figure e miti elaborati all'interno di culture androcentriche, di cui riflettono idee e valori, consente alle scrittrici di mettere in discussione il discorso patriarcale che li ha prodotti, riappropriarsi della tradizione e reinventarla in una nuova chiave (cfr. Irigaray 1974; Cixous 1975). In quest'ottica, riscrivere il mito significa alterarne il significato, attualizzarne l'intreccio, mutarne simbolismo e prospettive, elicitarne i sottotesti di violenza e oppressione, colmarne lacune e omissioni, dare voce a icone del femminino tradizionalmente mute. Celebri rifacimenti di questo tipo sono Le guerrigliere (1969) di Monique Wittig, La camera disangue (1979) di Angela Carter, Cassandra (1983) e Medea. Voci (1996) di Christa Wolf, Amatissima (1987) di Toni Morrison, La torcia (1987) di Marion Zimmer Bradley, Il canto di Penelope (2005) di Margaret Atwood o Lavinia (2008) di Ursula Le Guin.
In questo filone si inserisce anche Olga Tokarczuk, la piu importante prosatrice polacca della generazione post-1989, autrice di una quindicina tra romanzi e racconti trado tti in oltre venti lingue e due volte vincitrice del prestigioso premio Nike. Il suo Anna In w grobowcach świata (Anna In nei sepolcri del mondo, 2006) e una singolare reinterpretazione di uno dei miti piu antichi del mondo, quello della dea sumerica Inanna. Il romanzo e stato scritto nell'ambito del progetto internazionale promosso dall'editore scozzese Canongate Books e incentrato sulla rielaborazione di miti e leggende da parte di autori contemporanei1. Il procedimento di rimitologizzazione operato da Tokarczuk si basa su strategie quali l'ammodernamento del racconto, l'introduzione di modifiche rilevanti alla struttura narrativa, la fusione sincretica di topoi di origine differente, la ridefinizione dei significati psicologici insiti nel mito. L'aspetto piu interessante del romanzo consiste nella risemantizzazione e nella rifunzionalizzazione del materiale originario in chiave femminista e junghiana.
Tokarczuk non e nuova a operazioni del genere. Una delle linee narrative di Prawiek i inne czasy (1996, tradotto in italiano prima come Dio, il tempo, gli uomini e gli angeli e in seguito come Nella quiete del tempo) e incentrata sul tema del materno e del femminino ctonio. Il rapporto nonna-madre-figlia presente nel romanzo puo essere inteso alla luce della triade Rea-Demetra-Kore (Dragun 2005: 132), mentre il personaggio di Kłoska sembra modellato su Persefone e Lilith (Fliszewska 2005: 523; Lasoń-Kochańska 2005: 197). La protagonista di Dom dzienny, dom nocny (1998, Casa digiorno, casa di notte) e una personificazione della natura e contiene "un esplicito richiamo ai miti agrari e al mito di Aracne-tessitrice"2 (Dragun 2005: 130). In Ostatnie historie (Ultime storie, 2004) la scrittrice inserisce riferimenti alle Parche, mentre l'umile donna di servizio di Un mese in Scozia, contenuto in Gra na wielu bębenkach (2001, Che Guevara e altri racconti), incarna la sapiente, anziana depositaría di una conoscenza ancestrale. Si puo dunque affermare che "quasi tutta la sua produzione ricorre a motivi fantastici e mitologici" (Jarzębski 2008: 50), rimaneggiati e connessi alla sfera del femminile, della natura, della morte e della rinascita. Tuttavia, solo Anna In w grobowcach świata si configura come opera esplicitamente e pienamente rimitologizzante, in cui l'elemento mitico non ha carattere accessorio o episodico, ma informa le dinamiche narrative, gli orizzonti simbolici e la semantica del testo.
Prima di esaminare le strategie di riscrittura alle quali ricorre Tokarczuk, occorre introdurre alcune informazioni sulla dea Inanna.
2. Inanna
Dea poliade di Uruk, ma venerata in tutte le citta sumeriche, Inanna e "la divinita femminile piu importante dell'antica Mesopotamia" (Black, Green 1992: 108). Il significato comunemente accettato del suo nome e "signora del cielo" (Leick 2003: 86; Kramer, Wolkstein 1985: 12)3. A seconda della versione del mito giunta sino a noi, suo padre e il dio del cielo An o il dio della luna Nanna, sua madre la dea della terra Ningal, sua sorella la dea dell'oltretomba Ereškigal e suo fratello il dio del sole Utu (Leick 2003: 88; Black, Green 1992: 108). In alcune narrazioni e sposata con il re-pastore Dumuzi, ma nella saga di Gilgameš l'eroe omonimo rifiuta le sue profferte d'amore dato il trattamento che aveva riservato ai suoi amanti precedenti4. Ad accompagnarla nelle sue imprese e Ninšubur, dea minore e "regina d'oriente", messaggera e mediatrice. La natura della dea, definita di volta in volta paradossale, ossimorica, poliedrica e ambigua, continua a sfuggire agli studiosi e "una definizione generale di Inanna e impossibile" (Verderame 2009: 72). Questo e dovuto a fattori quali la frammentarieta delle fonti, che ostacola la ricostruzione di un'immagine integrale e coerente della dea; la sua natura sincretica, frutto della sedimentazione, stratificazione e fusione di diversi numi anteriori come risultato di una "graduale organizzazione delle divinita locali in un panteon nazionale" (Black, Green 1992: 108); problemi di ordine metodologico, come "il tentativo di ricondurre a modelli e categorie generali le specifiche figure divine" (Verderame 2009: 72). I racconti mitici incentrati su Inanna consentono tuttavia di affermare che i suoi principali ambiti di responsabilita siano l'amore erotico e la guerra. La dea e inoltre identificata col pianeta Venere e numerose sono le interpretazioni astrali dei suoi miti (Heimpel 1982). La sua figura non condivide con altre divinita femminili la sfera della famiglia, della casa, della maternita:
Se e indubbio che abbia incorporato differenti divinita femminili locali, residui dell'antica Dea Madre, non si comporta da madre. Rimane principalmente una dea dell'amore sessuale piuttosto che coniugale. Rappresenta la forza della fertilita piuttosto che il processo della nascita in sé (Leick 2003: 88).
Inanna dunque "e una figura liminale; e androgina, marginale, ambigua" (Harris 1991: 265) e occorrere "identificare proprio nella liminalita e negli opposti l'essenza stessa della dea" (Verderame 2009: 72). Anche gli epiteti con cui viene chiamata ne rispecchiano le contraddittorieta. Inanna e "regina di tutti i me", dove i me sono i poteri divini (Black, Green 1992: 130; Leick 2003: 117), cosa che la rende "la piu influente tra le divinita nel mondo degli dei e degli esseri umani" (Leick 2003: 87). Ma e anche "ierodula del cielo", a testimonianza del legame con la prostituzione sacra, "campione eroico" e "distruttore di terre straniere", appellativi che la descrivono come nume tutelare della guerra e ne rimarcano la natura androgina e mascolina. A livello iconografico e ritratta spesso con arco e frecce, in compagnia di un leone, in armatura maschile, e persino con la barba, tanto da essere vista come "donna dallo stile di vita maschile" e "trasgressore di genere" (Frymer-Kensky 1992: 29). Secondo alcuni "rappresenta l'irrazionale all'interno della societa sumerica" (Alster 1973: 109), mentre il furto dei me per donarli all'umanita la rende icona della ribellione e prototipo della figura di Prometeo. Inanna "incarna polarita e contrari, e percio li trascende. In altre parole, incorpora paradossi fondamentali e irriducibili. Rappresenta l'ordine e il disordine, la struttura e l'antistruttura. Nei suoi tratti psicologici e nel suo comportamento fonde e confonde categorie e limiti normativi" (Harris 1991: 263).
3.Attualizzazione e arcaizzazione
Un primo aspetto della riscrittura attuata da Tokarczuk consiste nella manipolazione delle coordinate spazio-temporali del mito. Queste svolgono un ruolo centrale nelle sue opere, dove non costituiscono solo la cornice della narrazione, ma sono intessute di simboli e rimandi intertestuali (Fliszewska 2005; Larenta 2014). Tokarczuk colloca il mito di Inanna in una dimensione insieme futuristica e atemporale, una realta postapocalittica, un mondo ipertecnologico sorto sulle macerie di una precedente civilta cancellata da una catastrofe:
La citta si erge sulle rovine, sotto la citta si trova il mondo dei sepolcri. Non c'erano forze sufficienti per smaltire le macerie prima di procedere alla sua costruzione. Per questo la citta e stata eretta su pilastri di metallo [...]. E durato molti anni, migliaia di anni. [...] Ora la terra e coperta da un micelio di ferro che continua a crescere (Tokarczuk 2006: 7).
La realta finzionale non si basa su una concezione lineare del tempo. A dominare e il tempo cíclico della natura, con il perpetuo susseguirsi di nascita, morte, rinascita, e il tempo a spirale, dove gli eventi, pur ripetendosi, tendono verso un qualche sviluppo o evoluzione. Il primo trova concreta raffigurazione nell'epilogo: l'avvicendamento tra il Giardiniere e la sorella nell'oltretomba e una chiara metafora del succedersi delle stagioni. Il secondo e rappresentato dalle vicende della protagonista: tornando indietro dal "luogo del non ritorno" compie un'impresa mai realizzata prima e viola per sempre le leggi che regolano nascita e morte, segnando un punto di rottura definitivo nel tessuto del tempo. Tokarczuk ha cercato di coniugare due esigenze differenti: conservare il carattere eterno del mito e rendere il racconto appetibile per il lettore contemporaneo. La soluzione e un romanzo che da un lato ammicca alla letteratura distopica, al cinema, al fumetto di fantascienza, da cui mutua immagini e codici facendo leva sul bagaglio di conoscenze del lettore5, e dall'altro mantiene un'aura atemporale grazie a un racconto che avviene "allora, adesso e sempre" (Tokarczuk 2006: 207), in "un antico domani" (Czapliński 2006: 14).
Come quella temporale, anche la dimensione spaziale oscilla tra concretezza e indefinitezza. Con l'eccezione delle scene ambientate all'esterno, la steppa regno della Dea Madre Ninma e della natura, non soggetta alle regole della civilta, la trama e circoscritta alla sola megalopoli, un groviglio di metallo che si sviluppa in altezza e in cima al quale abitano gli dei, creature celesti, umane e robotiche insieme (alcune ricordano delle intelligenze artificiali), giacché alla verticalita e connesso lo status sociale. Lo spostamento avviene tramite ascensori, la cui mappa "ricorda un immenso intrico di liane, somiglia al tessuto nervoso, ai neuroni e ai fasci di nervi" (Tokarczuk 2006: 12). A segnare lo spazio e uno staffage tecnologico, un campionario di decorazioni high-tech che ricordano l'estetica cyberpunk: scale mobili, ologrammi, piattaforme sospese, trasformatori, diodi luminosi. La societa e costituita, oltre che da esseri umani e creature divine, anche da ibridi: conducenti di riscio il cui corpo e un tutt'uno con il veicolo, tartarughe il cui carapace e uno schermo su cui vengono proiettate le quotazioni della borsa, segretarie fuse con la propria sedia. Queste metamorfosi sono presentate in senso utilitaristico, sono funzionali a un migliore svolgimento delle proprie mansioni. Nei sotterranei e collocato l'oltretomba, spazio antinomico rispetto alla citta, della quale e una versione fatiscente e corrotta. Qui la tecnologia e atrofizzata, a regnare sono binari arrugginiti, cavi ammuffiti, polvere, muschio, umidita. Al baccano della citta, connesso all'imperativo della produttivita, corri- spondono il silenzio e la stasi, una perenne marcescenza che non giunge mai a termine, sospesa tra essere e non-essere. Se gli ibridi della citta sono invenzioni mirate all'efficienza e alla razionalizzazione, quelli dell'oltretomba sono una loro variante grottesca e insensata: polli fatti di sole cosce, pecore con le branchie, uccelli con le pinne al posto delle zampe, cani in livrea. Se la metropoli somiglia a un sogno malato che mescola visioni distopiche, anticapitalistiche e totalitarie, l'oltretomba si configura come reame dell'anarchia, del disordine e del nonsense in cui vige un solo principio: chi entra non puo piu uscirne, perché "il mondo puo essere un caos, ma quest'unica regola ci tiene a freno: nessuno e mai tornato da qui" (Tokarczuk 2006: 36). Nonostante il descrittivismo di Tokarczuk, la metropoli non assume mai reale concretezza, la sua topografia e volutamente confusa, la sua fisionomia nebulosa. Potrebbe essere l'Uruk del futuro che sorge sull'Uruk del passato, ma non e un luogo definito, per quanto immaginario: e una citta senza nome, un luogo archetipico, "e ogni citta" (Jentys 2007: 117).
Anche sul piano linguistico Tokarczuk oscilla tra attualizzazione e arcaizzazione. Da un lato notiamo l'ammodernamento dei nomi attuato tramite anagrammi o pseudoanagrammi: Inanna diventa Anna In, Ninšubur (in polacco Ninszubur) Nina Szubur, Gilgames e Giga Mass, Enheduanna e Anna Enhudu, Geštianna (in polacco Gesztianna) Anna Geszti. Al contempo, quasi Tokarczuk dubitasse della riconoscibilita della versione moderna dei nomi, oppure per circonfonderli di un'aura antichizzante, pospone talora quello originario: "io che interpreto i sogni, io, Anna Geszti, Gesztianna" (Tokarczuk 2006: 174); "l'attendo ai cancelli dei sepolcri, [...] io, Nina Szubur, Ninszubur" (Tokarczuk 2006: 140). Nel caso della protagonista la scrittrice mostra persino il procedimento di scomposizione e ricomposizione onomastica, meccanismo metanarrativo che svela la matrice originaria del racconto: "pronuncio melodiosa il suo nome: Anna In, In Anna, Inanna" (Tokarczuk 2006: 113).
Il romanzo ricorre anche a convenzioni linguistiche che rimandano alla narrazione epica, alla melorecitazione e "altri residui di oralita" (Uniłowski 2006: 14) quali l'iterazione, che Tokarczuk mutua dal mito originario6. A enfatizzare il carattere universale del racconto mitico e la strategia di autopresentazione dei narratori che si mostrano al lettore come "uno e chiunque": "io, Neti, io, un mucchio di ossa tenute insieme da uno spago, io chiunque, io che racconto" (Tokarczuk 2006: 199); "io, un conducente di riscio che nessuno ascolta mai, io che porto sulla schiena le persone, io chiunque, io che racconto" (Tokarczuk 2006: 173). A tal proposito Uniłowski (2006: 22) parla di una "comunita di narratori" per cui "il mezzo narrativo si rivela intercambiabile e trasferibile. I narratori creano un circolo all'interno del quale si passano di mano in mano il racconto [e] chiunque si assuma l'onere di narrare diventa figura dell'essere umano in generale".
4.Identificazione delle fonti e struttura compositiva
Nella postfazione al romanzo, Tokarczuk illustra il lavoro svolto sul mito mediante una serie di metafore e similitudini. Il processo di rinarrazione e definito "una sorta di archeologia letteraria" funzionale a "plasmare un racconto completo dai frammenti che si sono conservati" (Tokarczuk 2006: 196), mentre il mito e paragonato a un vaso antico che, dopo essere stato riportato alla luce, "non solo si rivela incompleto, ma non e chiara nemmeno la sua funzione" (Tokarczuk 2006: 196). Rinarrare, per Tokarczuk, significa anzitutto tentare di ricomporre il disegno originale, rielaborarlo e ridefinirne la semantica. La tecnica impiegata non e tuttavia quella del restauro, ma del collage. I passaggi oscuri, i problemi interpretativi, le lacune dell'intreccio sono sciolti sulla base di un principio analogico-deduttivo. La scrittrice ha esaminato la forma assunta da certi mitologemi (Kerényi 1983: 15-17)7, tra cui la discesa agli inferi e la Grande Madre8, in aree diverse da quella sumerica, facendovi ricorso per integrare il racconto su Inanna. Il risultato e un romanzo dalla tessitura sincretica basata su una molteplicita di fonti. In primo luogo, sono state rielaborate composizioni sumeriche indipendenti tra loro (poemi, inni, racconti, epopee). Alcuni brani del romanzo non paiono pero basati sulla versione sumerica del mito, ma sulla successiva rielaborazione assiro-babilonese imperniata sulla dea Ištar. Motivi attinti dalla mitologia greca sono introdotti nella parte centrale del romanzo e riguardano la Grande Madre in cui sono sussunti rimandi a Demetra e ai misteri eleusini. Tokarczuk non si limita tuttavia a riunire diverse narrazioni in un racconto coerente, ma introduce modifiche alla fabula volte alle rifunzionalizzazione del mito.
Il nucleo centrale del romanzo e basato sul ciclo noto come Discesa di Inanna agli inferi, costituito da tre composizioni: Dal Grande Superno al Grande Infero, Il sogno di Dumuzi, Il ritorno9. I primi sette capitoli riprendono l'inizio del primo racconto, di cui seguono l'intreccio: accompagnata da Nina Szubur, Anna In si reca nell'oltretomba per incontrare la sorella Ereškigal; al passaggio dei sette cancelli, il custode Neti le ordina di togliersi un capo di vestiario; nuda di fronte alla sorella, Anna In e condannata a morte per aver infranto il piu grande dei tabu, essere scesa negli inferi pur essendo ancora viva, e il suo cadavere e appeso a un gancio; passati tre giorni, Nina Szubur cerca aiuto dai tre 'padri'10 di Anna In. Qui Tokarczuk introduce la prima modifica strutturale dalle profonde ricadute sul piano narrativo e soprattutto ideologico. Nel mito, i primi due padri (Enlil e Nanna) respingono la richiesta di aiuto, mentre il terzo (Enki) acconsente. Nel romanzo, invece, tutti e tre rifiutano di soccorrere la figlia.
I successivi cinque capitoli, pur riprendendo alcuni motivi tratti da narrazioni mitiche, sono un'elaborazione originale di Tokarczuk. Nina Szubur cerca aiuto presso Szara e Lulal, fugacemente menzionati come figli di Inanna in Dal Grande Superno al Grande Infero (Kramer, Wolkstein 1985: 65-66) e dei poliadi di Umma e Bad-Tibira. In seguito, si reca da Giga Mass, ex amante di Anna In, attualizzazione dell'eroe Gilgameš. Questa sottotrama presenta motivi tratti dal Gilgameš e il toro celeste, poema ripreso poi nella tavola vi de La saga di Gilgameš, di cui nel romanzo sono presentí parafrasi e criptocitazioni11, e da L'albero di Huluppu, uno dei primi testi cosmogonici al mondo (Kramer, Wolkstein 1985: 27-30). Viene introdotto quindi il personaggio di Anna Enhudu, basato sulla figura storica di Enheduanna, figlia del re Sargon, vissuta intorno al 2300 a.C., poetessa, sacerdotessa e autrice di inni dedicati a Inanna12. Il nono capitolo e un racconto nel racconto basato sul mito Enki e Ninmah (Pettinato 2001: 407-415): Anna Enhudu narra della creazione degli uomini a opera di Ninma, unica dea in grado di plasmare la vita dall'argilla, e della sua rottura insanabile con gli altri dei. L'incontro tra Nina Szubur e Ninma, presentata come Grande Madre, e assente nel mito originario. La sua figura e il risultato di una fusione sincretica di diverse divinita femminili, tra cui Demetra, dalla quale trae l'attributo della cesta mistica, al centro di miti "il cui compito, dal punto di vista psicologico, e rendere inoffensiva la minaccia della morte" (Tokarczuk 2006: 209). Guardare dentro la cesta di Demetra era un rituale dei misteri eleusini e "l'iniziazione rivelava sia la prossimita con il mondo divino, sia la continuita fra la vita e la morte" (Eliade 2006: 326). Nel romanzo il contenuto della cesta non viene svelato, ma si tratta probabilmente di oggetti sacri e simboli sessuali connessi al mistera dell'immortalita intesa nell'ottica del ciclo di morte e rinascita13. Ninma formula una minaccia che Nina Szubur deve riferire ai padri per persuaderli a soccorrere Anna In e che sortisce l'effetto sperato. Con poche modifiche, il romanzo si riallaccia a Dal Grande Superno al Grande Infero. Il terzo padre crea delle mosche meccaniche che, non essendo né vive né morte, possono entrare nell'oltretomba senza sottostare alle sue regole. Questo motivo e una rielaborazione futuristica di galaturra e kurgarra, i due esseri né maschi né femmina del mito sumerico. Le mosche consolano Ereškigal mostrando compassione per il suo dolore e ne ricevono in cambio il cadavere di Anna In. Resuscitata, alla dea viene concesso di lasciare gli inferi a patto che trovi un sostituto. La narrazione segue quindi la trama de Il ritorno, in cui un'orda infernale segue la dea per accertarsi che rispetti il patto. Nina Szubur, Szara e Lulal sono risparmiati in quando amici fedeli che hanno mostrato dolore per la scomparsa di Anna In. A questo punto viene inserita, con modifiche, la trama de Il sogno di Dumuzi. Nel mito, il marito della dea fa un sogno che, interpretato dalla sorella Geštianna, si rivela un preannuncio di morte imminente. Nel romanzo questo personaggio e fuso con il protagonista del mito Inanna e Šukalletuda (Pettinato 2001: 380-395), dando vita alla figura del Giardiniere. Come Dumuzi, costui tenta di sfuggire al suo destino, ma e catturato e portato nell'oltretomba. La sua condanna e mitigata dal sacrificio della sorella Anna Geszti, che sceglie di soggiornare al suo posto negli inferi per sei mesi all'anno, garantendo il naturale ciclo delle stagioni.
A questo punto avviene una nuova interpolazione mediante l'inserimento di una narrazione che ricalca quella nota come Viaggio di Inanna ad Eridu (Pettinato 2001: 307-336): durante un banchetto, tra i fumi dell'alcol, uno dei padri concede una lunga serie di me alla dea, che si affretta ad allontanarsi per concederli agli esseri umani. Il romanzo si conclude con un rifacimento di uno degli inni composti da Enheduanna, la terza sezione di Signora dal cuore immenso (De Shong Meador 2009: 149-154), dove Inanna viene celebrata mediante l'enumerazione dei suoi poteri.
5. La reinterpretazione femminista del mito
Dal punto di vista della fabula, il rifiuto dei padri di soccorrere la figlia, l'introduzione della figura della Grande Madre e la risoluzione dell'intreccio mediante un'inattesa alleanza tra soggetti 'deboli' costituiscono le tre modifiche principali apportate da Tokarczuk al mito. Al tempo stesso sono anche i nuclei tematici intorno ai quali ruota il ripensamento del racconto in chiave femminista e, piu in generale, sociale.
Come in ogni narrazione distopica in cui l'universo finzionale si regge su un concetto distorto di ordine e logica, anche il rifiuto dei padri si basa su una motivazione stricto sensu razionale. Entrando da viva nel regno dei morti, Anna In infrange un divieto che neanche gli dei hanno il potere di trasgredire. La sua uccisione pare dunque giustificata. I padri, garanti del regolare funzionamento del mondo, non possono che biasimare il comportamento della figlia: "chi agisce senza riflettere deve pagarne le conseguenze" (Tokarczuk 2006: 48), afferma il primo padre, e il secondo domanda in maniera retorica "quando qualcuno e causa delle sue stesse sciagure dovrebbe forse contare sull'aiuto degli altri?" (Tokarczuk 2006: 52). A sintetizzare il giudizio sulla figlia e il terzo padre:
Anna In e sempre stata imprudente [...]. Ci ha sempre procurato guai. [...] Qui regna un bell'ordine gerarchico. [...] Ma lei, Anna In, In Anna, non e riuscita a inserirsi bene. E asociale, adivina. E una ladra e un'ubriacona, so bene quello che dico. Un'imbrogliona, una sgualdrina, una tossica. Un'attaccabrighe. Va sempre a caccia di avventure, ma cos e che va cercando? [...] Non posso metterla al di sopra della legge. Ormai l'ho eliminata dalla mia rubrica. Stanotte, a quanto vedo, e stata cancellata e il suo numero identificativo e stato annullato (Tokarczuk 2006: 58).
Anche il rifiuto di Giga Mass riecheggia quello dei padri: "Quello che [Anna In] fa non e umano. Noi vogliamo ordine, leggi, definizioni" (Tokarczuk 2006: 67).
I tre padri non hanno un nome, proprio come la citta sono una rappresentazione archetipica e incarnano cio che Jung chiama "ego-animus" (Jung 1980: 121), un io centrato unicamente sul principio maschile (animus) che, privo dell'elemento femminile (anima), appare "rigido, attaccato ai propri principi, pronto a imporre la legge, didascalico, riformatore del mondo, teorico, venditore di parole, litigioso e avido di potere" (Jung 1980: 122). I padri sono una personificazione dell'ordine patriarcale inteso come cieco mantenimento dello status quo: chiusi nel proprio universo fondato su una logica inflessibile e un'asettica razionalita, sono incapaci di comprendere le motivazioni altrui e integrarle nella propria visione del mondo. Anna In si configura come elemento di disturbo, portatore di disordine e scompiglio, contestatore di prassi e consuetudini. Come afferma Giga Mass,
la dove Anna In si ferma, dove si stabilisce un po' piu a lungo, dove si comporta come se fosse a casa sua, tutto diventa subito sfocato, una leggera nebbia cala sugli occhi, si formano crepe, piccoli passaggi tra il giorno e la notte. Ai confini si muovono i contrabbandieri, i segnali stradali perdono significato, la sinistra diventa la destra, il davanti diviene il dietro (Tokarczuk 2006: 67).
La dea rappresenta il fattore entropico, anarchico, sovversivo, ma e proprio il suo comportamento avventato, l'esplorazione dell'ignoto, il ritorno dal mondo dei morti a spezzare la ciclicita del tempo e dare avvio al cambiamento. L'evoluzione dei costumi e il progresso culturale, sembra dire Tokarczuk, non possono avvenire senza strappi allo status quo, senza metterne in crisi le norme. Il femminile e qui sinonimo di innovazione e rinnovamento.
L'introduzione del personaggio di Ninma serve a sbloccare Nina Szubur dallo stallo in cui si trova dopo il rifiuto da parte di tutti i personaggi maschili. La scrittrice non le affida la risoluzione diretta del problema, non sostituisce cioe il terzo padre del mito con la Grande Madre, ma le assegna il ruolo di mediatrice. Ninma e il risultato della fusione della sumerica Ninmah con altre divinita connesse alla creazione e alla maternita, e al contempo Grande Dea e Baba Jaga, demiurga e strega. Nel romanzo appare come la genitrice primordiale, "e piu vecchia di quanto pensi", confida Anna Enhudu a Nina Szubur, "dicono sia la madre di tutti loro" (Tokarczuk 2006: 76). Diversamente dal mito Enki e Ninmah, la Ninma del romanzo ha lasciato la citta, e dunque la civilta, stabilendosi nello spazio esterno, la steppa, che nella concezione sumerica del mondo e il regno del caos e del disordine. Il suo autoesilio e dovuto al fatto che, nonostante sia l'unica in grado di plasmare gli uomini dall'argilla, uno dei padri la umilia accusandola di essere solo un'esecutrice di idee altrui: "Oh, no, no, mia cara. Tu li hai solo fatti. Li hai realizzati benissimo, ma il progetto era mio. Sei un'abile artigiana, ma l'artista sono io" (Tokarczuk 2006: 87-88). Qui ravvisiamo una chiara allusione al dibattito sul 'genio femminile' che ha interessato a lungo la critica letteraria e artistica occidentale, in particolare tra la seconda meta del xix e la prima meta del xx secolo. Come ricorda Showalter (1977: 98), secondo i critici vittoriani "il difetto maggiore del genio femminile era la mancanza di immaginazione". Le donne possono dunque essere brave imitatrici, ma non vere artiste, opinione con cui ne veniva giustificata l'esclusione dalle arti svalutandone programmaticamente l'operato (Gilbert, Gubar 1979; Battersby 1989). In quanto Grande Madre, Ninma ha dalla sua la natura che, seppure sottomessa alla citta, ne e la fonte di sostentamento. Formula quindi un anatema che riecheggia quello di Demetra (Eliade 2006: 318) e che Nina Szubur deve riferire ai padri per convincerli ad aiutare la figlia:
Ora tornerai dai padri. Rimarrai davanti a loro senza alcuna paura. Ripeterai le mie parole, ricordale bene. Digli che se Anna In non tornera, io non muovero piu un dito, mi fermera, smettero di occuparmi di ogni cosa. Digli che finché non tornera, non germogliera neppure un seme, [...] le stagioni cesseranno, il sole si fermera a meta strada e loro governeranno un mondo vuoto [...]. Tutto morira. [...] Distruggero le parti del discorso, mescolero le lingue [...]. La gente abbandonera la citta e tornera selvaggia. Cosí faro (Tokarczuk 2006: 108-109).
Ninma si rivela non solo madre, ma anche dea della vendetta. E un femminino poliedrico e sfaccettato che sfoggia il suo immenso potere nel suo aspetto creativo e distruttivo, e insieme meravigliosa e mostruosa, in ogni caso terrificante. Rispecchia dunque la visione della Grande Dea in quanto "Dispensatrice di Tutto" e "Reggitrice di Morte" (Gimbutas 1997: 328-329), senza dimenticare la terza funzione, quella di "Rigeneratrice", secondo una visione non dualistica ma basata su un concetto di continuum nascita-morte-rinascita che ricalca la ciclicita della natura14.
Prima di lasciare Nina Szubur, Ninma le rivela un segreto. In una serra sta coltivando una nuova specie umana:
"Questi li sto creando con la luce e i minerali piu puri della terra, mercurio e argento", afferma con tenerezza la vecchia donna. "Sono leggeri, ma capaci di mettere radici. Sono calmi e fiduciosi come piante, ma non sono sciocchi. [...] Sono autonomi, ma non sono soli. Non combattono tra loro, non mangiano altre creature. Li ho dotati di un piccolo, buffo istinto: si sostengono a vicenda. Piu si aiutano l'un l'altro, piu diventano forti. [...] Li sto trasferendo fuori dalla citta, tra le rovine, di nascosto, li porto via nei cesti oltre i confini metropolitani e li lascio liberi un po' alla volta. Questi saranno diversi, avranno una maggiore consapevolezza, le loro citta saranno piu felici, ampie e pulite, andranno lontano", dice Ninma con orgoglio (Tokarczuk 2006: 110-111).
Qui la distopia lascia il passo all'utopia. Una nuova razza, figlia di una visione antimilitarista, solidale, ambientalista e antiutilitarista, sta per invadere pacificamente il mondo. Quella di Ninma e una concezione sovversiva, tesa a soppiantare i disvalori su cui si fonda la citta-incubo: competizione, aggressivita, dominazione, sfruttamento. "Non dirlo ai padri", conclude Ninma, coinvolgendo Nina Szubur in una cospirazione per plasmare un nuovo mondo. Il suo braccio destro si rivela la stessa Anna In. "Rifondero il mondo dal principio", aveva dichiarato la dea prima di chiedere alla madre la mappa degli inferi e realizzare le sue "visioni di risanamento" (Tokarczuk 2006: 107). Se l'attuale umanita e frutto di una Weltanschauung patriarcale, il futuro si apre a una rivoluzione al femminile, e per realizzarla occorre morire e rinascere con una nuova consapevolezza.
Il terzo aspetto della rilettura del mito ruota intorno al concetto di 'sorellanza', mutuato dal femminismo radicale degli anni Settanta, che indicava una rete di relazioni di vicinanza fondata sull'assistenza, l'incoraggiamento, il sostegno, il rispetto reciproco, costituiva un legame di solidarieta e forniva un símbolo dell'alleanza tra donne in quanto soggetti storicamente accomunati dall'esperienza dell'oppressione (cfr. Code 2000). Come afferma Humm (1989: 210), "la sorellanza e basata sulla chiara consapevolezza che tutte le donne, indipendentemente dalla classe sociale, la razza o la nazionalita, hanno un problema comune, il patriarcato". Tokarczuk ne amplia il campo semantico, includendovi qualunque soggetto socialmente emarginato, sottomesso, escluso. Dopo il rifiuto del terzo padre, Nina Szubur trova aiuto in un servo, una creatura senza volto, privata di un'identita, "perché ai servi un volto non serve" (Tokarczuk 2006: 60), che le suggerisce di rivolgersi ad Anna Enhudu. Questa introduce Nina Szubur al vincolo della sorellanza tramite il racconto della storia di Ninma, che assume i contorni della parabola della ribellione al patriarcato, e le fornisce l'indirizzo del rifugio della Grande Madre. E di nuovo una vittima del sistema, un anonimo conducente di riscio, che aiuta Nina Szubur a uscire di nascosto dalla cittaincubo portandola nella steppa. Ninma, infine, le fornisce la cesta mistica e l'anatema che convinceranno i padri ad agire. "Sorellanza e potere", recitava uno slogan degli anni Settanta divenuto il titolo di un'importante antologia del femminismo radicale (cfr. Morgan 1970), e Tokarczuk ne fornisce una dimostrazione concreta sul piano delle dinamiche narrative. La soluzione dell'intreccio e infatti il frutto di un lavorio comune, di un'alleanza tra oppressi fondata sulla solidarieta, l'empatia, la compassione. Anna In, "la nostra Anna In" (Tokarczuk 2006: 60), come afferma il servo senza volto, si configura come patrona delle vittime del sistema, e non a caso la sorellanza figura nell'elenco dei poteri divini della dea (Tokarczuk 2006: 192).
Vale la pena notare che alcuni critici hanno ravvisato un approccio manicheo alle questioni di genere e hanno espresso forti dubbi sulla rappresentazione della mascolinita nel romanzo (Nowacki 2006: 23; Siwor 2012: 121). Senza dubbio alcune dinamiche sono descritte in maniera volutamente esasperata o parodística. Tuttavia, le critiche non prendono in considerazione figure come Lulal, Szara, il conducente di riscio e il servo senza volto che incarnano una mascolinita inoffensiva, sensibile, empatica. Il binomio, infatti, non e mascolinita e violenza, ma potere e violenza. Slegata dall'esercizio del potere, un'altra mascolinita e possibile. Quella di Tokarczuk e una critica ad ampio raggio che non ha per oggetto solo il sessismo, ma a ogni forma di predominio basato su sottomissione e sfruttamento. E anche una critica anticapitalista, luddista, ecologista, antiurbanista: motivi come la citta che soppianta la natura, la tecnologia che manipola le identita, il paternalismo come forma totalitaria di 'buon governo', l'asservimento dei corpi alle esigenze della produttivita, la manipolazione genetica come sfruttamento dei piu deboli informano da sempre la sua scrittura (Czapliński 2006; Wiącek 2012).
6. Una rilettura psicanalitica
Quasi tutti i romanzi di Tokarczuk sono intessuti di riferimenti diretti o indiretti alla psicanalisi junghiana, dalla quale derivano concetti e nozioni (Olteanu 2006: 59; Witkoś 2009; Wiącek 2012), spesso sotto forma di criptocitazioni (Kantner 2015: 48), tanto che la scrittrice e "nota per filtrare le narrazioni mitiche attraverso il pensiero di Jung" (LasońKochańska 2005: 197)15. Da questo punto di vista, Anna In w grobowcach świata non costituisce un'eccezione. Stupisce, pertanto, la scarsa attenzione della critica a questo aspetto del testo, motivata forse dalla sua ricezione come semplice "parafrasi" o "trasposizione" del mito (Nowacki 2006: 23) e non come opera pienamente originale. Eppure, il romanzo puo essere visto come punto di arrivo di una tradizione esegetica che ha interpretato il mito di Inanna alla luce della psicologia analitica (Campbell 1976, 2012; Brinton Perera 1981; Kramer, Wolkstein 1985; De Shong Meador 2009; Palmiotto 2009).
Il primo a interpretare la figura di Inanna in questa chiave e stato Campbell, che ne parla come di "una dea in forma duale: da un lato era la dea della vita e dall'altra la dea della morte" (Campbell 1976: 48)16. La sua discesa agli inferi e la prima attestazione scritta del topos del "viaggio dell'eroe":
Inanna ed Ereškigal, le due sorelle, rispettivamente la luce e le tenebre, insieme rappresentano, secondo il simbolismo antico, i due aspetti di un'unica divinita; e il loro confronto costituisce l'epitome dell'intero significato del difficile cammino delle prove. L'eroe, sia egli dio o dea, uomo o donna, il protagonista di un mito o l'autore di un sogno, scopre e assimila il proprio contrario (il proprio io insospettato) inghiottendolo o venendone inghiottito. [...] Allora scopre ch'egli e il suo contrario non sono di specie diversa, ma sono un'unica carne (Campbell 2012: 130).
Il concetto e sviluppato da Sylvia Brinton Perera, che vede nel dualismo Inanna / Ereškigal la prima fase del processo di disgregazione e di depotenziamento subito dall'archetipo della Grande Dea, i cui attributi vengono prima disgiunti nei poli contrapposti del mondo superiore e inferiore e in seguito ridistribuiti tra varie divinita. La discesa agli inferi costituirebbe un rituale di iniziazione mirato alla "ricerca di interezza" (Brinton Perera 1981: 7) come risposta allo smembramento simbolico del femminino. Ottenere la "riconnessione del sé" implica il desiderio di entrare in contatto con gli aspetti repressi o negati del femminile, il sacrificio dell'identita della donna in quanto figlia spirituale del patriarcato e il successivo rinnovamento come individuo dotato di una consapevolezza piu profonda. Uscita dagli inferi, Inanna simboleggia la donna che ha concluso il "processo di individuazione" junghiano17 e ha saputo ripristinare una "coscienza integrale" (Brinton Perera 1981: 14).
Per Paola Palmiotto i personaggi del mito incarnano le diverse componenti dell'individuo. La dea che si spoglia davanti ai cancelli degli inferi simboleggia "l'io che lascia le redini del comando e si arrende al proprio sé", e la sua discesa e "un'immersione nell'inconscio" (Palmiotto 2009: 132). Ninšubur agisce da io ausiliario, quella "parte dell'io che rimane a vegliare quale garante del viaggio di ritorno" (Palmiotto 2009: 132). Ereškigal e l'Ombra in senso junghiano. Per Jung (1980: 276), "la figura dell'Ombra personifica tutto cio che il soggetto non riconosce e che purtuttavia, in maniera diretta o indiretta, instancabilmente lo perseguita: per esempio tratti del carattere poco apprezzabili o altre tendenze incompatibili". Condannando a morte Inanna, Ereškigal, la parte oscura del sé, compie un sacrificio, dato che "l'iniziazione comporta la perdita di una parte, qualcosa che si e inaridito deve finire" (Palmiotto 2009: 133). Questa aridita di Inanna e l'assenza di un ani- mus1%, ossia Tuomo interiore' della psiche femminile" (Jung 1985: 206). Se la donna non interiorizza Xanimus (e l'uomo Xanima), il benessere e l'equilibrio della persona sono compromessi. Per recuperarlo, Inanna si confronta con l' Ombra che, uccidendola, uccide l'io, ma e una morte simbolica che porta alla rinascita come individuo completo. Il mito narra percio di un'eroina "che scende nell'inconscio e si riconcilia al sé, acquisendo rinnovamento e saggezza" (Palmiotto 2009: 140).
Anche il romanzo contiene un'analoga interpretazione, ma la codifica mediante un linguaggio simbolico. Anna In va negli inferi perché sente la voce della sorella:
"Lei mi sta chiamando", afferma Anna In. Dice che da qualche giorno sente la sua voce, riflessa e amplificata dallo scheletro della citta, dai labirinti del proprio orecchio, il martello risuona sull'incudine come una campana. La voce e distorta; non riesce a distinguere le parole. Scuote la testa, ma quella voce non la lascia in pace. E un lamento, e un richiamo, ora e un grido, poi solo un sussurro.
"Cosa vuole ?", chiedo cauta, nel tentativo di nascondere il mio terrore.
"Non lo so. E un grido di dolore. Un lamento" (Tokarczuk 2006: 17-18).
Nel romanzo, Ereškigal e chiamata "Altro Lato" o "Signora Altro Lato". Questo epiteto deriva dal conio in circolazione nella realta romanzesca, una moneta che sul verso riporta l'effige di Anna In e sul recto quella di Ereškigal. Come afferma Nina Szubur, "[Giga Mass] mi lancia una moneta. L'afferro al volo, si scalda con il mio calore, sopra c'e la sua effige, il volto di Anna In, In Anna, il suo volto con un centinaio di treccine. L'Altro Lato e quell'altra, sua sorella" (Tokarczuk 2006: 69). Lo stesso appellativo e usato dal guardiano Neti, che non sa nulla della realta del mondo dei vivi, e lo impiega quindi in senso puramente metafórico: "Si potrebbe pensare che siano due lati di una stessa moneta, il recto e il verso. Quella piu luminosa e il recto. E la mia padrona e il verso, la Signora Altro Lato" (Tokarczuk 2006: 31). Jung (1980) usa proprio le espressioni "altro lato" o "lato oscuro" per definire l'Ombra, che chiama anche "fratello oscuro"19, e nel romanzo Ereškigal e la "sorella oscura" contrapposta alla "sorella luminosa". Quello che Anna In sente e allora il richiamo della sua Ombra: Ereškigal rappresenta "la componente della personalita che generalmente ha segno negativo" (Jung 1979: 191).
Quando Neti comunica a Ereškigal che qualcuno ha bussato alla porta degli inferi, afferma: "e venuta una persona che afferma di essere tua sorella" (Tokarczuk 2006: 26). In polacco il termine 'persona', attestato nel significato di 'osoba' nel Słownik języka polskiego (1807-1814) di Linde, e riportato come desueto gia nel Słownik języka polskiego (1958-1969) di Doroszewski, che fornisce come prima accezione quella ironica e scherzosa di 'persona che ha grande importanza, generalmente apprezzata, rispettata; dignitario, personalita, figura'. Dato il linguaggio solenne del personaggio di Neti, e improbabile che usi il termine 'persona' in senso ironico, tanto piu se consideriamo il terrore che prova alla sola idea di avvicinarsi alla sua padrona Ereškigal: "Non e piacevole portare notizie alla mia signora. Non e piacevole stare davanti a lei, e difficile riuscire a tirare fuori la voce. Io, Neti, un mucchio di ossa tenute assieme da una cordicella di lino, io chiunque, io che racconto, tremo, quando mi avvicino a lei" (Tokarczuk 2006: 23). E quindi plausibile che Tokarczuk usi questo termine in riferimento alla psicología analitica, dove la Persona e una maschera, "il sistema di adattamento o modo di confrontarci col mondo", ossia "non ció che uno e realmente, bensi ció che egli e gli altri credono che sia" (Jung 1980: 120-121). L'uso di una terminologia connotata pare quindi mirato a instradare il lettore verso una lettura psicanalitica del romanzo. Anna In, la Persona come maschera dell' individuo, sente il richiamo di Ereškigal, la sua Ombra, luogo del rimosso e delle emozioni celate. Prima dell'incontro, Anna In indossa i me sotto forma di capi di abbigliamento, che rappresentano meccanismi di difesa messi in atto dall'io cosciente per proteggersi dalla parte istintiva e irrazionale di sé, ma questi devono essere dismessi affinché il confronto possa avvenire. L'incontro tra le due sorelle e una raffigurazione concreta di quella che Jung (1985: 126) chiama "battaglia per la liberazione": messa di fronte alla sua Ombra in tutta la sua simbolica nudita, la maschera cade e la Persona soccombe. Secondo Jung (1983: 299), infatti, "la dissoluzione della Persona e condizione indispensabile dell' individuazione".
A questo punto dobbiamo notare che l'incontro tra Anna In e la sorella avviene in un'umida caverna il cui pavimento e perennemente coperto da uno strato d'acqua. Secondo Jung "l'acqua e il simbolo piu corrente dell'inconscio" (Jung 1980: 17) e "il nostro inconscio nasconde un'acqua vivente" (Jung 1980: 22). L'acqua stagnante, la grotta, la tomba, il mondo sotterraneo sono anche forme assunte dall'archetipo materno (Jung 1980: 82-83). L'infero e allora il ventre della dea, l'utero in cui ogni cosa muore e si rigenera secondo una visione ciclica del tempo20; non a caso Ereškigal "geme per le doglie partorendo la vita dalla morte" (Gimbutas 2005: 78). In questo luogo simbolico avviene il "rito di reintegrazione" (Jung 1980: 38), la ricongiunzione delle diverse componenti della personalita con cui giunge a compimento il processo di individuazione. "La caverna e il luogo della rinascita" (Jung 1980: 131) e "colui al quale accade d'imbattersi in quella caverna, cioe nella caverna che ognuno porta dentro di sé, ossia nell'oscurita che si trova dietro la sua coscienza, e coinvolto in un processo di trasformazione" (Jung 1980: 132). L'uscita dall'oltretomba rappresenta la nascita di un individuo nuovo, consapevole, completo. Come si evince dal dialogo tra Nina Szubur e Ninma, Anna In era cosciente di cosa la attendeva negli inferi: per portare a compimento la sua "visione di risanamento" doveva innanzitutto ricongiungersi con la sua Ombra:
Niente puo esistere infatti senza il suo opposto, perché entrambi erano al principio Uno e Uno saranno nuovamente alla fine. La coscienza puo esistere solo con il costante riconoscimento e rispetto dell'inconscio, cosí come tutto quello che e vivo deve passare attraverso varie morti (Jung 1980: 96).
7. Conclusioni
Frutto della reinterpretazione di uno dei miti piu antichi del mondo, il romanzo di Tokarczuk e un'opera complessa e articolata tanto a livello formale quanto contenutistico. Lo testimoniano l'interpolazione del materiale sumerico con fonti assiro-babilonesi e greco-romane, l'attualizzazione del racconto in direzione cyberpunk, il ricollocamento delle linee narrative all'interno dell'economia testuale, la risemantizzazione attuata tramite il topos della Grande Madre, il concetto della sorellanza, lo Spannung e la risoluzione dell'intreccio. Il portato e la valenza del romanzo risultano pienamente comprensibili alla luce della situazione politico-culturale polacca dell'inizio del xxi secolo. Nella postfazione al romanzo la scrittrice afferma: "Oggi la discesa della Dea nel mondo sotterraneo puo essere intesa come il desiderio di nascondersi, di restare nell'ombra durante l'inverno della civilta per tornare in futuro come ribelle e contestatrice di un ordine patriarcale corrotto e ingiusto" (Tokarczuk 2006: 214). Dietro questo "inverno della civilta" non e difficile ravvisare il clima che ha portato al primo governo Kaczyński (2006-2007), contraddistinto da un forte inasprimento dei toni e delle posizioni ufficiali su temi quali l'aborto, la fecondazione in vitro, i ruoli di genere, l'educazione sessuale, l'eutanasia, l'istruzione21. Si pensi, ad esempio, al progetto di legge, non approvato dal Parlamento, per la modifica dell'art. 38 della costituzione ("la Repubblica Polacca garantisce a ogni individuo la difesa giuridica della vita") mediante l'introduzione della dicitura "a partire dal concepimento", che di fatto avrebbe implicato il divieto assoluto di aborto, o la campagna contro la "propaganda omosessuale" portata avanti dall'allora ministro dell'istruzione Roman Giertych. Il romanzo di Tokarczuk si inserisce quindi in un clima di backlash antifemminista, termine con cui si intende "un massiccio contrattacco ai diritti delle donne, un vero e proprio contraccolpo, un tentativo di annullare quella manciata di sudate vittorie che il movimento femminista e riuscito a ottenere" (Faludi 1992: 19). In ambito polacco questo ha assunto la forma di un "meccanismo per cui la tensione sociale e l'inquietudine culturale connesse alla trasformazione dell'identita collettiva si riflette quasi di rimbalzo sulle donne" (Graff 2008: 10). Il recupero dell'immagine della dea nel romanzo non e quindi funzionale solo alla reinterpretazione e alla riappropriazione della tradizione culturale in chiave femminista, ma, in quanto símbolo e modello, dischiude la possibilita di una resistenza collettiva di stampo emancipativo e rivendicativo. Inanna / Anna In si presenta allora come emblema del femminino non addomesticato e dissidente in lotta contro un sistema repressivo e autoritario. E anche per questo che critici come Czapliński (2006: 14) hanno affermato che "se al giorno d'oggi i libri potessero scatenare una rivoluzione, definirei il nuovo romanzo di Olga Tokarczuk un libro rivoluzionario".
* Il presente articolo e stato realizzato nell'ambito del prin 2015 n. 2015KAZ284 intitolato (De)costruzione del mito nella letteratura femminile contemporanea in Russia e in Polonia. Uno studio comparato.
1Con tre pubblicazioni l'anno per una durata prevista di trentatré anni (2005-2038), accordi con quaranta editori nazionali e il coinvolgimento di autori provenienti da tutto il mondo, la Canongate Myth Series costituisce uno dei piu grandi progetti della storia dell'editoria.
2 Qui e di seguito, ove non diversamente indicato, la traduzione e mia (aa).
3 Una voce fuori dal coro e Jacobsen (1976: 36), che lo interpreta come "signora dei grappoli di dattero".
4 Nella saga di Gilgameš si parla invero di Ištar, equivalente assiro-babilonese di Inanna. Sull'identificazione tra le due figure cfr. ad es. Jacobsen 1976: 135-143; Heimpel 1982; Leick 2003: 96-97.
5Alcuni critici segnalano nessi con la letteratura e il cinema fantascientifico, soprattutto Blade runner (Nowacki 2006: 23), mentre per altri "il mito sumerico e stato adattato alle convenzioni dellafantasy contemporanea" (Uniłowski 2006: 16).
6Come afferma Diane Wolkstein, il "connotato stilistico predominante del ciclo di Inanna [e] l'iterazione. Vengono iterate le parole, viene iterata la struttura della frase; e, grazie a questa lenta, studiata, quasi ipnotica iterazione, veniamo trasportati in un'altra dimensione, la dimensione atemporale degli dei, dell'anima e delle origini della vita" (Kramer, Wolkstein 1985: 115).
7 Per Kerényi (1983: 15) il mitologema e un modello, un topos, un archetipo, un'unita di significato mitico: "Esiste un materiale particolare che determina l'arte della mitologia: un'antica massa di materiale tramandata in racconti ben conosciuti che tuttavia non escludono ogni ulteriore modellamento, - 'mitologema' e per essa il migliore termine greco, - racconti intorno a dei, esseri divini, lotte di eroi, discese agli inferi. La mitologia e il movimento di questa materia; qualcosa di solido e tuttavia mobile, materiale e tuttavia non statico, bensı suscettibile di trasformazioni".
8 La Grande Madre (o Dea Madre) e uno degli aspetti o funzioni dalla Grande Dea, divinita primordiale connessa alla natura, al ciclo stagionale, al processo di nascita, morte e rigenerazione il cui culto si sviluppa nell'Europa preindoeuropea a partire dall'epoca paleolítica (Gimbutas 1997, 2005, 2012, 2013; Graves 1992; Campbell, Muses 1992). Con le trasformazioni legate alla scomparsa delle societa matrifocali viene scissa in diverse divinita e, con l'avvento delle religioni monoteiste, i suoi attributi finiscono per essere associati soprattutto alla sfera demoniaca (cfr. Gimbutas 2013). Si trattava di "una religione che venerava sia l'universo quale corpo vivente della Dea Madre Creatrice, sia tutte le cose viventi dentro di esso, in quanto partecipi della sua divinita" (Gimbutas 1997: xiii).
9 Le composizioni originarie, datate al 3500-1900 a.C., sono sprovviste di titoli, attribuiti solo in epoca recente. Pertanto, gli stessi testi riportano titoli diversi a seconda dello studioso che ne ha curato la pubblicazione, e anche la suddivisione interna puo variare. Qui seguiamo Kramer, Wolkstein 1985: 53-78.
10 Il termine 'padre' non deve essere inteso in maniera letterale. Nella cultura sumerica si tratta di "un termine di rispetto usato nei confronti degli dei maschili" (De Shong Meador 2009: 229) e in questa accezione viene utilizzato anche da Tokarczuk.
11 Si pensi, ad esempio, a quando Gilgameš rifiuta le profferte amorose della dea affermando: "Tu saresti comunque una montagna di ghiaccio, / una porta sgangherata che non puo trattenere i venti e la pioggia / [...] / pece che brucia l'uomo che la porta, / [...] / una scarpa che morde il piede del suo portatore" (Pettinato 2016: 180). Nel romanzo, Giga Mass definisce Anna In con queste parole: "E ghiaccio secco, una porta sgangherata che non trattiene il vento e non fornisce riparo, e pece che imbratta i vestiti, una scarpa che stringe il piede" (Tokarczuk 2006: 68).
12 Sulla figura di Enheduanna cfr. De Shong Meador 2009.
13Secondo Eliade (2006: 323), "si e cercato di ricostruire il rituale iniziatico partendo dalla formula segreta, il synthema o parola d'ordine degli iniziati, trasmessaci da Clemente d'Alessandria (Protreprico, 11, 21, 2): 'Ho digiunato, ho bevuto il ciceone; ho preso il paniere e dopo averlo maneggiato l'ho deposto nella cesta, poi, riprendendo dalla cesta, ho ricollocato nel paniere'. [...] Molti studiosi hanno creduto di poter identificare il contenuto del paniere e della cesta: si tratterebbe sia di una copia dell'utero, sia di un fallo, sia di un serpente, sia di dolci a forma di organi genitali. Nessuna di queste ipotesi e convincente. Puo darsi che i recipienti contenessero oggettireliquie dei tempi arcaici, solidali di un simbolismo sessuale caratteristico delle culture agricole".
14Cfr. Gimbutas 2005: 27: "La Dea era una e molte, unita e molteplicita. La dea ibrida uccello-serpente era la grande dea del continuum vitale, la dea della nascita, della morte e della rinascita, creatrice e distruttrice, fanciulla e vecchia, una dea che nel fiore degli anni sposava il giovane dio nello hieros gamos, le 'nozze sacre', e faceva nascere - per l'eternita - tutto il creato".
15Ricordiamo che Olga Tokarczuk si e laureata in psicologia all' Universita di Varsavia nel 1985 e, prima di raggiungere il successo come scrittrice, ha lavorato per alcuni anni come psicologa.
16 L'opera di Campbell e stata pubblicata originariamente nel 1949. Lo studioso vede nel mito di Inanna la prima testimonianza letteraria della Grande Dea. Cfr. le sue parole con quelle di Gimbutas (2005: 78): "la dea della nascita e della vita era anche la dea della morte e della rigenerazione. Rappresenta il ciclo completo del continuum vitale".
17 Nella psicanalisi junghiana e "quel processo che produce un 'individuo' psicologico, vale a dire un'unita separata, indivisibile, un tutto" (Jung 1980: 267) in cui le diverse componenti del sé vengono finalmente integrate, perché "questa totalita deve necessariamente includere non solo la coscienza ma anche lo sterminato campo degli accadimenti inconsci" (Jung 1980: 268).
18 A differenza dell'Ombra, che "coincide con l'inconscio 'personale'" (Jung 1980: 276), animus e anima "vivono e funzionano nei piu profondi strati dell'inconscio, in particolare in quel profondo strato filogenetico da me denominato 'inconscio collettivo'" (Jung 1980: 280).
19 Ecco come Jung (1983: 39) descrive l'Ombra: "Esiste in qualche luogo un sinistro, tremendo fratello, ossia la nostra antitesi in carne e ossa, legato a noi da vincoli di sangue, che contiene e accumula malignamente tutto cio che noi abbiamo cercato di far sparire sotto il tavolo".
20Marija Gimbutas (2005: 28) afferma, ad esempio, che "la tomba e anche il luogo sacro da cui emana una nuova vita. La tomba e il grembo della dea" e, piu avanti: "Come nel mondo naturale, in cui la nuova vita cresce sui resti di quella vecchia, la nascita, secondo gli Antico-europei, era parte di un ciclo che comprendeva la morte: l'utero della dea, fonte della nascita, e allo stesso modo scaturigine di morte; in senso simbolico, l'individuo ritornava nel grembo della dea per rinascere" (ibidem: 95).
21Secondo Agnieszka Graff (2008: 61-62) il linguaggio e le chiavi di lettura della realta socio-politica polacca hanno iniziato a mutare radicalmente intorno al 2003, quando il dibattito pubblico e passato dalle discussioni sull'entrata nella ue e sulle trasformazioni del sistema politico alla questione dei 'valori cristiani' messi a rischio, del 'rinnovamento morale' e del ritorno dell'immagine della Polonia come 'paese in stato d'assedio', baluardo del cattolicesimo e vittima della storia.
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Abstract
Rewriting mythological characters, tales and motifs is a popular strategy used in feminist literature from the late 20th century. Deconstructing sexist cultural canons, challenging gender normative narratives, subverting patriarchal values and offering new female perspectives are the main purposes. Within such a framework, the article analyzes the reinterpretation of the Sumerian myth of the goddess Inanna made by one of Poland's most prominent writers. Olga Tokarczuk's Anna In in the Tombs of the World employs such strategies as the modernization of the story, now set in a dystopian, high-tech and futuristic world; the introduction of a few, but significant, changes in the narrative structure, like the modification of the plot and the insertion of the figure of the Mother Goddess; the syncretic fusion of themes and topics belonging to different eras and cultures (Sumerian, Assyro-Babylonian, Classical Antiquity) and the redefinition of the psychological meanings underlying the descent of the goddess into the underworld. Ultimately, the writer carries out a deep resemantization and refunctionalization of the original Sumerian myth based on a feminist and Jungian approach. Published in the mid-2000s, the novel should be read as a critical voice in the context of the antifeminist backlash that took shape at that time in Polish politics and jeopardized feminist conquests gained to date.
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