Content area
Abstract
Le ricerche per questa tesi si sono protratte per quasi cinque anni, un periodo durante il quale, vivendo per la maggior parte del tempo in Portogallo, oltre che con i documenti che costituiscono l’ambiente col quale ci si deve rapportare nella ricostruzione di una verità storica, mi sono inevitabilmente dovuto confrontare con una realtà molto più vasta di quelli che non siano gli obiettivi di ogni ricercatore, ovvero la cultura politica di un paese, la quale, per necessità di cose, non è stata solo l’oggetto di un’attività di studio ma è divenuta parte del mio stesso vissuto. E da questo punto di vista, il Portogallo di oggi presenta forti analogie, ma anche notevoli differenze, con la realtà italiana. Non molto tempo fa, tramite un sondaggio sponsorizzato da un network televisivo, Salazar è stato eletto “o maior português de sempre”. Sorvolando, non dico sulla scientificità, ma sull’onestà di questo singolare concorso che, su altri sicuramente più meritevoli e sicuramente meno nocivi personaggi, ha preferito il cupo fondatore dell’Estado Novo, non si può non rilevare un fatto altamente significativo. Vale a dire che in Italia non sarebbe mai stato possibile assegnare l’alloro di “maggiore italiano di tutti i tempi” all’assai poco compianta Sua Eccellenza Benito Mussolini. Questo, non perchè l’Italia non serbi, nel suo ventre profondo, un numero di estimatori del proprio dittatore inferiore a quelli portoghesi ma, molto più semplicemente, perchè in Italia l’apologia del fascismo è reato per legge e quindi nessun gruppo economico e/o di potere intende sfidare direttamente ed apertamente la damnatio memoriaesul fascismo, che giuridicamente ha avuto la sua cristallizzazione nella legge Scelba, che punisce appunto, come reato, non solo la ricostituzione del partito fascista, ma anche la sola apologia dello stesso. In pratica, questo non significa però che, in Italia, definirsi pubblicamente fascista comporti delle reali conseguenze, per chi voglia esplicitamente manifestare la propria devozione nel figlio del fabbro di Predappio. Ai gruppi neofascisti e neonazisti dello stivale viene, in pratica, deplorevolmente lasciata piena libertà organizzativa e solo quando ci scappa il morto (o i morti, molti morti, come nel caso delle bombe stragiste), si opera un giro di vite, mettendo questi movimenti fuori legge. In Portogallo, evidentemente, il “vizio”, se così vogliamo chiamare l’amore per il totalitarismo, non sente alcun bisogno di omaggiare il suo simmetrico contrario. Questo non perchè il Portogallo sia democraticamente meno maturo dell’Italia, ma molto più semplicemente perchè in Portogallo non si è avuto, a seguito di una sconfitta militare, nessun otto settembre, con la conseguente guerra civile e naturale ghettizzazione dello sconfitto, con i limiti, però, di cui abbiamo appena detto. Per una sorta di singolare coincidenza, in entrambi i paesi, il 25 aprile è la data che segna il rientro nell’ambito delle democrazie parlamentari, ma si tratta di una comune ricorrenza, molto diversa nella sua genesi.
In Italia significò la fine tragica e traumatica del fascismo e la sopravvivenza di una rancorosa e consistente minoranza fascista che, pur piegandosi al verdetto della storia, avrebbe cercato in tutto il secondo dopoguerra di sovvertirne l’esito.