Luca Gordini 1, Francesco Podda 2, Alessandro Longheu 2
1: Chirurgia Generale, Policlinico Abano, Abano Terme (PD)
2: Dipartimento di Scienza Chirurgiche, Policlinico Universitario “Duilio Casula”, Monserrato (CA)
Proprio quando si fa sempre più acceso il dibattito tra l’utilizzo o meno di protesi nella riparazione delle ernie inguinali e crurali, ecco che viene pubblicato un aggiornamento della Cochrane Systematic Review di Lockhart K. et al. dal titolo “Mesh versus non-mesh for inguinal and femoral hernia repair” a fornire ulteriori strumenti di analisi.
Il trattamento definitivo delle ernie è costituito dalla riparazione chirurgica che per quella dell’ernia inguinale rappresenta uno degli interventi più eseguiti su scala mondiale, con oltre 20 milioni di procedure all’anno (https://medicioggi.it/a-cura-e-a-cuore/operation-hernia-chirurgia-qualita-lafrica/). L’ernioplastica (con protesi) e l’erniorrafia (senza protesi) rappresentano le più comuni procedure riparative. Nei paesi ad alto reddito, le tecniche che prevedono l’utilizzo di una protesi sono decisamente prevalenti rispetto a quelle che non la prevedono. Le riparazioni non protesiche (Shouldice, Bassini, McVay, Desarda, Guarnieri) sono quindi maggiormente eseguite nei paesi a basso reddito: in Africa, meno del 5% delle ernie vengono riparate con l’impianto di una protesi.
Nella review di Lockhart sono stati inclusi 25 studi per un totale di 6.293 pazienti arruolati. La variabilità è ampia includendo tecniche open con protesi (Lichtenstein), senza protesi tension-free (Desarda e Guarnieri), senza protesi non tension-free (Bassini, McVay e Shouldice), ma anche tecniche laparoscopiche (TAPP e TEP).
Gli outcomes dello studio di Lockhart prevedono recidiva erniaria, complicanze (tra cui lesioni viscerali e neurovascolari, ematomi, sieromi, infezioni, lesioni testicolari), dolore postoperatorio e cronico, mortalità, durata dell’intervento, degenza postoperatoria e il ritorno alle attività quotidiane.
La riparazione protesica sembra ridurre il rischio di recidiva erniaria rispetto a quella non protesica, prevenendone una ogni 46 riparazioni con protesi rispetto a quelle senza.
Le procedure non protesiche presentano un tasso maggiore anche per quanto riguarda l’incidenza di lesioni viscerali e neurovascolari e di ematomi, mentre le infezioni della ferita e i sieromi si verificano più frequentemente nel gruppo di pazienti sottoposti a ernioplastica.
Le complicanze a carico del testicolo si sono presentate più frequentemente nella chirurgia protesica anche se l’intervallo di confidenza era piuttosto ampio.
A causa della variabilità nella metodologia di misurazione del dolore postoperatorio e nella durata del periodo di follow-up, non è stato possibile confrontare chiaramente il gruppo di pazienti sottoposto a riparazione protesica con quello sottoposto a riparazione non protesica, sebbene complessivamente gli studi suggeriscano che i pazienti sottoposti a riparazione con protesi, presentano una minore incidenza.
Non sono stati registrati decessi durante il periodo di follow-up.
La durata dell’intervento si è mostrata mediamente superiore di 4 minuti e 22 secondi nella riparazione non protesica.
Dati rilevanti sono stati evidenziati in termini di degenza ospedaliera e di ripresa delle attività quotidiane: la prima si è dimostrata di 0,6 giorni inferiore nelle riparazioni protesiche rispetto a quelle non protesiche e anche la seconda mette in risalto un più precoce ritorno alla quotidianità, mediamente 2,87 giorni prima, sempre a vantaggio della chirurgia protesica.
In realtà chi cercava una risposta al dilemma, rimarrà forse deluso. Le riparazioni protesiche e non protesiche delle ernie inguinali rappresentano ancora oggi due valide opzioni e quanto riportato ribadisce le indicazioni fornite dalle recenti linee guida di HerniaSurge (https://medicioggi.it/aree-terapeutiche/chirurgia/herniasurge-le-prime-linee-guida-internazionali-la-gestione-dellernia-inguinale/).
Se da un lato la chirurgia protesica offre minori tassi di recidiva e di lesioni viscerali e neurovascolari, una degenza ospedaliera minore e una più precoce ripresa delle attività quotidiane, dall’altro la chirurgia non protesica presenta una minore incidenza di sieromi e di infezioni di ferita.
Al chirurgo dell’ernia è richiesto un vasto bagaglio culturale e tecnico che deve includere la chirurgia protesica e non protesica, al pari di una chirurgia open, laparoscopica e robotica.
Bibliografia essenziale
Lockhart K, Dunn D, Teo S, Ng YN, Dhillon M, Teo E, van Driel ML. Mesh versus non-mesh for inguinal and femoral hernia repair, Cochrane Database of Systematic Reviews 2018. DOI: https://doi.org/10.1002/14651858.CD011517.pub2
HerniaSurge Group. International guidelines for groin hernia management, Hernia 2018. DOI: https://doi.org/10.1007/s10029-017-1668-x
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© 2019. This work is published under https://creativecommons.org/licenses/by-nc-nd/3.0/it/legalcode (the “License”). Notwithstanding the ProQuest Terms and Conditions, you may use this content in accordance with the terms of the License.
Abstract
Dipartimento di Scienza Chirurgiche, Policlinico Universitario “Duilio Casula”, Monserrato (CA) Proprio quando si fa sempre più acceso il dibattito tra l’utilizzo o meno di protesi nella riparazione delle ernie inguinali e crurali, ecco che viene pubblicato un aggiornamento della Cochrane Systematic Review di Lockhart K. et al. dal titolo “Mesh versus non-mesh for inguinal and femoral hernia repair” a fornire ulteriori strumenti di analisi. Mesh versus non-mesh for inguinal and femoral hernia repair, Cochrane Database of Systematic Reviews 2018. International guidelines for groin hernia management, Hernia 2018.
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