Apprendimento, educazione, adultità: note introduttive
Il tema dellapprendimento attiene a un ámbito di riflessione della didatti- ca, in quanto riguarda i processi dell'imparare e dell'insegnare, che si colloca- no a buon diritto in tale disciplina; esso si colloca, altresi, in una prospettiva psicológica, dato che sottostà alle leggi e alle teorie riguardanti il funziona- mento della psiche umana. In questa lettura, tuttavia, senza mínimamente disconoscere il valore e la funzione degli ambiti disciplinan appena menzio- nati, e, anzi, in connessione con essi, si privilegerà un approccio pedagógico sul problema dellapprendimento, ovvero si considérera quest ultimo come inscindibile dalleducazione.
Lo sguardo pedagógico sull'apprendimento tende, prevalentemente, a con- siderarlo come un elemento del più complessivo fenómeno dell'educazione. Ma vi puô essere una lettura, secondo la quale educazione e apprendimento rappresentano luna il processo e l'altra il risultato dello stesso; in tal caso si intende 1'apprendimento non nella sua processualità, ma nella sua compiu- tezza, dunque lo si osserva come il compimento di un processo educativo giá avvenuto. La prospettiva pedagógica prima accennata, che invece indica l'in- verso, cioé l'apprendere come un fatto essenzialmente processuale, che nella sua articolazione va a costituire Yeducazione di un soggetto, perô, puô essere abbastanza fácilmente confutata, o meglio, corretta da alcuni rilievi: si puô dire, ad esempio, che non sempre ció che si apprende, educa; non sempre, cioè, ció che si apprende è tale da risultare in quel complesso di dementi che si definisce educazione. Ció avviene, ad esempio, perché quanto si apprende puô risultare in un aggiunta di nozioni che non intaccano il sistema concettuale di un individuo al punto da determinare quella trasformazione cognitiva e identitaria che normalmente si attribuisce al fatto educativo.
In questo contesto di riflessione è importante sottolineare la diíferenza tra "apprendere" e "comprendere", che sono termini etimológicamente aíñni - in- cludendo la radice latina diprehendere, "aíferrare" - ma certo di non eguale si- gnificato; c'è un apprendimento cui non corrisponde comprensione, come puô esserci un imparare che non ha implicazioni educative, o un sapere senza com- prendere: quest ultima espressione infatti, come argomenta R. Bodei, implica la passione, l'affettivité e la trasformazione, l'effetto modificante sul protagonista di quell'atto1. Con educazione, a differenza che con apprendimento, non ci si limita a definiré il sapere posseduto da un soggetto, ma si indica l'interiorizza- zione, di sapere, valori, norme, che egli "fa sue" e dimostra di far sue attraverso i comportamenti e le azioni. Queste eccedono sempre ció che uno sa; quindi non c'è azione che dipenda in modo automático dal sapere e dalla conoscenza; l'azione implica la scelta, da parte del soggetto che la compie, di indirizzare le proprie nozioni verso una direzione o l'altra2. In tal senso, l'azione puó essere concepita come la piú originale delle espressioni dell'individualité.
Ancora, se ci si riferisce al concetto di formazione, è da notare che in esso sono inclusi processi che non possono essere definí ti apprendimenti; vi è un'im- portante dimensione della formazione che attiene ad aspetti predefiniti, "inna- ti" e non appresi, oppure non scelti e voluti dall'individuo, che possono essere prevalentemente riferibili al gié dato e al preterintenzionale, cioè alle condizio- ni di base dell'esistenza, oppure agli eventi e ai casi che la condizionano.
II problema su cui si cerca di indagare, inoltre, è relativo al tema peculia- re dellapprendimento degli adulti, cioè a come, e quando «l'adulto impari»3, ovvero a come, e se, i meccanismi d'apprendimento degli adulti differiscano da quelli dei non adulti. Rispetto a tale indagine è necessaria, o quantomeno opportuna, una lettura di tipo storico, che miri a metiere in evidenza i mo- menti nei quali emerge la consapevolezza della «suscettibilité educativa»4 dei soggetti adulti.
Da un certo punto di vista, per quanto riguarda le epoche passate, è par- ticolarmente difficile isolare il problema dell'apprendimento da quello dell'e- ducazione, poiché i distinguo che sono stati proposti precedentemente han- no senso soprattutto nella prospettiva della contemporaneity, in uñera, cioè, nella quale lo sguardo sull'uomo ha moltiplicato le sue visuali con il matu- rare e l'evolversi delle scienze umane. In una prospettiva, dunque, che con- sidera strettamente legati l'apprendimento e l'educazione, ció che emerge è la discrepanza storica tra la scoperta dell'apprendimento in été adulta e la sua codificazione scientifica: sebbene, infatti, questa sia frutto di un'evoluzione molto recente, collocabile, grosso modo, nel ventesimo secolo, molti caratteri dell'educazione in epoche pre-contemporanee indicano il fatto che gli uomini del passato storico fossero ben consapevoli della possibilité degli adulti di apprendere. Si puô, anzi, quasi affermare che le istituzioni educative (intese in senso letterale e metafórico) fossero orientate più all'insegnamento/appren- dimento degli adulti che a quello dei giovani e tale fatto puô essere argomen- tato annotando che nel percorso storico delleducazione e della pedagogía, la comparsa del bambino come «nuovo soggetto educativo» (insieme alla donna e al disabile) è ascrivibile appena al Novecento, época in cui la riflessione pe- dagógica perde la sua fissazione sul soggetto adulto, maschio, abile5 e fa scatu- rire percorsi sempre più articolati di indagine sulle specificità dello sviluppo e delPapprendimento di un discente che, oramai, viene riconosciute nelle sue caratteristiche peculiari.
L'apprendimento adulto nella storia
L'idea di un apprendimento necessario oltre Petà della crescita è presente per lo meno dal V e IV secolo a.C., dove si collega, con Socrate e i sofisti, ai motivi fondamentali della filosofía occidentale6. Non solo le "tecniche" edu- cative socratiche, come il dialogo (utilizzato poi anche da Platone) e la mai- eutica, ma anche PAccademia, rispondono a modalità pedagogico-didattiche che privilegiano i modi delPapprendimento di persone già intellettualmente mature e - non a caso - forniscono Pimpostazione fondamentale a quella che fino a oggi è Peducazione degli adulti. Sia il método dialogico sia quello mai- eutico, infatti, si basano sul presupposto della dialettica, cioè di una comuni- cazione e relazione tra docente e discente nelle quali vengono di volta in volta ridiscussi e riformulati i termini e i contenuti del rapporto formativo, tanto che H. Marrou parla di un Platone «partigiano dei metodi attivi»7.
Anche nelPAccademia, secondo autori di diversa matrice e provenienza8. Pintento educativo è quello di rispondere alle esigenze formative non di per- sone digiune di cultura, bensi di iniziati, spesso giovani adulti, che tra l'altro si associano liberamente per coltivare interessi legati al sapere. Sin dalle origini dell'umanesimo classico, secondo Elias e Merriam, convivono due tendenze di- stinte, Puna più utilitaristica, legata al sapere "per la vita" (che verra, per certi versi, riproposta da Comenio in época moderna) e, perianto, più vicina alle esi- genze del discente e Paîtra, più contemplativa e dottrinaria, legata alla centralita del docente/educatore come fonte assoluta di conoscenza. Ad ogni modo questa tradizione, nel suo complesso, mira a formare l'abito mentale filosófico della «meraviglia» come condizione necessaria delPapprendimento permanente9.
Guardando, poi, alla più complessiva educazione tra adulti, è possibile notare come nelTantichità classica, non solo il pensiero dei maestri Socrate, Platone e Aristotele assume rilevanza, ma anche il modello isocratico, teso corné alla for- mazione delTuomo come cittadino partecipante, più che a quella del fanciullo10.
Nel passaggio dallepoca antica a quella medievale, la grande figura di Sant'Agostino riassume in sé i motivi pedagogici del pensiero filosófico greco/ romano, in particolare quelli legati all'importanza dell'educazione dialogica, inoltre la riflessione, specifica, sul problema delTapprendimento si fa ancora più elaborata. Innanzitutto, infatti, Agostino pone il problema non dei mezzi e delle vie delTapprendimento quanto della sua fondamentale sostanza; più precisamente egli si chiede se sia possibile che un uomo insegni a un altro uomo e, dunque, se Tapprendimento possa risultare dalTinsegnamento di un altro essere umano. Il padre della chiesa, in sostanza risponde in modo nega- tivo al quesito posto: solo Dio puô realmente insegnare alTuomo, che, quindi, apprende come dal proprio interno, rispondendo alla vocazione divina11.
Si giunge, qui, a una pietra miliare del pensiero pedagógico e sulTappren- dimento: noi non apprendiamo che ció che già, in qualche modo, é in noi e che deve essere suscitato, non solo attraverso il logos, dunque il raziocinio, ma anche, e soprattutto, attraverso il sentimento della fede. Tale fatto non sminu- isce la figura del maestro terreno, ma la colloca in una funzione, imprescin- dibile, di mediazione tra il discepolo e la cultura e i saperi, che, in sostanza, si riconducono a Dio.
Agostino, come è ben noto, affronta il problema educativo non solo nel De Magistro, ma anche nella sua massima opera, nella quale Tintera vicenda esistenziale del protagonista é vista come un processo di educazione ed ap- prendimento permanente (tema attualissimo nel método autobiográfico)12. In essa, Tautore fa emergere il problema - che diverrà cruciale nel pensiero peda- gógico e psicológico del Novecento - del complesso intreccio tra lo sviluppo e Tapprendimento13; cosí come egli fa emergere il problema del vero apprendere e del vero conoscere come qualcosa che non è se non é accompagnato da inte- ressi e passioni vere della persona che lo affronta.
Si afferma, in sintesi, nel pensiero agostiniano, una caratteristica fonda- mentale della pedagogía cristiana, per la quale Tuomo é sempre nella veste di discepolo e la vera maturità sta nelTassecondare questa realtà facendosi "fan- ciullo" rispetto a Dio e ai suoi insegnamenti. Non sarà casuale, quindi, che la definizione della fanciullezza, ritorni ne II pedagogo di Clemente Alessandri- no, dove essa racchiude due significati tra loro contrapposti, ambedue slegati dalTaccezione cronologica/anagraflea che ad essa generalmente si attribuisce. Luna è una fanciullezza intesa come immaturità e infantilismo, l'altra è in- tesa, invece, come capacita, propria anche dell'uomo adulto, di scegliere di crescere e migliorare, aprendosi permanentemente alla rivelazione divina14.
Nell'epocamedievalesiincontrano e scontrano - attraversoirapporti, più 0 meno conflittuali, tra popolazioni - sistemi ideali e culturali diversi. I terni della cristianità vengono raccolti, in forme, ovviamente, assai differenziate, da un lato dal monachesimo altomedievale e dall'altro dal mondo cavalleresco che unisce in una complessa sintesi la civiltà romana e quella germanica. Fon- damentale, ancora, è Fimpatto tra la cultura cristiano/europea e quella araba.
Tra gli apporti più important della cultura monástica, oltre alla sua fun- zione di conservazione degli scritti filosofici delFantichità, vi è Fidea della congiunzione tra fede e ragione, che richiama, dal punto di vista educativo, alFautorità della scrittura e della figura del maestro15. In questo contesto stori- co spicca la rilevanza del ruolo giocato dallTtalia nel resistere, culturalmente, alleffetto delle incursioni barbariche, ma anche, secondo lo storico dell'educa- zione Boyd, quello delFlrlanda16. In questa terra, infatti, la cultura e le idealità del monachesimo si fondono con le antiche tradizioni cebiche riferite ai Druidi, 1 sacerdoti che rivestivano un ruolo di guida educativa nei confronti della co- munità intera, per assumere un influenza che perdura fin nei secoli successivi.
Vi sono albori di una rinascita umanistica durante Fimpero carolingio, nel quale, come è noto, Fistruzione riveste grande importanza, ma occorre atten- dere la nascita della Scolastica e dell'istituzione universitaria perché tale ri- nascita assuma pieno significato. Alla voce History of Education del YEncyclo- paedia Britannica si mettono in evidenza i caratteri delFuniversità quale comunità autoregolata di docenti e discenti che aspira ad emanciparsi dalla rígida e autoritaria struttura della disciplina cléricale. Infatti le università ri- prendono i modelli educativi dellumanesimo classico, nei quali emergono i caratteri di autonomía e liberta del discente17.
Un capitolo a sé mérita il tema della concezione educativa cavalleresca, che è stata sovente esaminata nei suoi aspetti esteriori, oppure sottovalutata perché típicamente orale, fondata su caratteristiche ritualità e valori non pie- namente codificad. La cavalleria, come fenómeno típico della società feudale, racchiude in sé ideali di forte gerarchia, ma anche di cortesía, solidarietà con i deboli e capacita di governare equamente, che travalicano i confini dell época e del contesto in cui si sviluppano18. Nella figura del cavalière si condensano tratti ideali e culturad di diverso genere: c'è l'esaltazione delle virtù militari del coraggio, destrezza e abilità, ma anche di quelle spirituali ed etiche, in una tendenza a raggiungere un armonía tra corpo e spirito. C'è, altresi, quella che si potrebbe definiré la rilevanza pedagógica dell'esperienza individuale, là dove il curricolo del singólo individuo è costituito dalle imprese personali e non solamente - come spesso si è detto - dall'appartenenza nobiliare.
Il cavalière medievale, inoltre, rappresenta una figura di grande significato pedagógico, perché riassume in sé culture di spazi e tempi differenti: convive in lui un alto senso religioso19, proprio della cristianità romana e uno spirito istintuale e sensuale che proviene dalla cultura germanica, dei popoli della steppa provenienti dall'oriente, i quali facevano del loro rapporte con il caval- lo e con la natura - come ha scritto F. Cardini - un principio vitale20. Per rial- lacciarsi alio specifico oggetto di queste note, si potrebbe dire che nella cultura cavalleresca vi è un senso compiuto, per certi versi statico, del raggiungimento dell'adultità: questo infatti coincide con l'investitura del giovane attraverso le armi ed è in linea con una visione generale della vita, propria dell'epoca me- dievale, in cui scarso significato si attribuisce all'infanzia come età dotata di un senso autónomo21. Da un certo punto di vista, pensando a un'epoca, come quella greco-romana, nella quale si aveva già un senso acuto della gradualità dello sviluppo e finanche dell'educabilitá permanente dell'uomo, quella caval- leresca e, in genere, altomedievale, parrebbe un'epoca in cui vi è una grande regressione cultúrale. Ció sarebbe confermato da alcune visioni della storia dell'educazione, come quelle di Marrou e Boyd, che vedono in tale periodo un buio cultúrale, una battuta d'arresto, se non altro per quella «distruzione della scuola antica» quale prodotto fondamentale dell'evoluzione del pensiero greco/romano che esso comportó22.
Oggi, tuttavia, è possibile osservare i grandi passaggi d'epoca in un'ottica più continuistica e considerare il periodo medievale segnato dalle "invasioni barbariche" non solo come una frattura ma come un periodo di rimescola- mento che ha avuto una sua fecondità: probabilmente è, infatti, grazie a que- sto incontro/scontro fra popolazioni che il distintivo tratto di razionalità ed intellettualismo della cultura greco/romana si fonde con quello istintuale ed emotivo dei popoli del nordest, affermando in un modo confuso, ma che si chiarirà nei periodi seguenti, la centralitá della dimensione del pathos come contraharé del logos. Inoltre, in modo non slegato da quanto appena detto, emergono, proprio nell'epoca cavalleresca medievale (principalmente, in que- sto caso, nel Basso Medioevo), le idealitá relative al romántico e al romanti- cismo, espresse in particolare dalla letteratura cavalleresca23, che tanta parte avranno nello sviluppo del pensiero letterario, filosófico e pedagógico dei se- coli a seguiré. È nellambito della letteratura del romanzo, infatti, che nascono gli ideali di una vita condotta alla ricerca della passione sentimentale, dell'av- ventura e dell' espressione dell' i nd i vidual i Là, che sopravvivono, sebbene in forme molto articolate, spurie e mistifícate, fino a oggi.
La cultura del tredicesimo secolo è dominata dalla figura di San Tommaso d'Aquino; cosí come nell'opera omonima di SantAgostino, anche nel suo De Magistro si intende rispondere alla fondamentale domanda sulla possibilité di insegnare24: Tommaso, come nota E. Ducci, esplorando a fondo il tema e il si- gnificato del docere, contrariamente a come sembra prediligere la cultura con- temporánea, concentrata sul "come", quindi sulle forme della didattica, affronta il quesito radicale del "se"25. Se è vero che Tommaso ricalca, in sostanza, nella sua risposta, quella di Agostino, per cui l'uomo apprende solo ció che Dio, come único maestro, insegna, è vero anche che egli mette in evidenza come l'appren- dimento delluomo avvenga secondo le catégorie e gli schemi di un create di cui egli stesso è parte (in questo Tommaso riprende il pensiero aristotélico).
11 maestro terreno - problema di agostiniana memoria - ha una funzione molto importante, in quanto stimola e attiva le «ragioni seminali» giá presen- tí nell'allievo, il quale, attraverso questo processo, costruisce il suo individuale percorso di apprendimento e conoscenza26. La conoscenza secondo Tommaso, commenta E. Ducci, avviene per doctrina, ma anche per inventio, cioé per sco- perta, dunque il filosofo assegna un valore complementare all'istruzione forma- le e all'esperienza e propende per un'idea del soggetto umano come «autonomía relazionata», nella quale i motivi di autodeterminazione convivono con quelli della necessaria dipendenza da Dio e interdipendenza col mondo e con gli altri27.
Giungendo all'epoca moderna si osserva come nella grande figura di Co- mente vengano nuovamente a sintesi i terni filosofici e pedagogici che il pen- siero occidentale è andato elaborando nel corso dei secoli. ln Comenio risalta un umanesimo non libresco ma che vede al centro della riflessione l'uomo che apprende per raggiungere un'armonia sempre più alta nel rapporte con il divino e con la natura28. Nelle riflessioni della Pampaedia, emerge l'idea di un uomo adulto che deve sapere, in quanto tale, apprendere dalla vita e fare un uso più selettivo e meno disinteressato di quanto non abbia faite in età infantile e giovanile, dei libri, intesi come documenti della sapienza isti- tuzionale29. La scelta professionale, in tale contesto, rappresenta la vocazione fondamentale delluomo adulto, il suo servizio a Dio, che si concretizzain un servizio all'umanità e che risponde a motivi di realizzazione individuale ma anche collettiva30.
Come è noto, sono ravvisabili, nell'opera più "didattica" di Comenio, in- tuizioni sulla gradualitá del sapere e dell'apprendere il cui significato trovera ampia conferma nella moderna educazione degli adulti. Karte dell'insegna- mento, per Comenio, consiste nell'assecondare la gradualitá dello sviluppo della persona, dunque procede non solo per gradi di complessità sempre più elevata, ma anche dai concetti generali e di base a quelli più particolari e spe- cialistici e - aspetto anch'esso interessante e denso di significato pedagógico - dagli esempi concreti alie rególe astratte31.
In sostanza, si potrebbe affermare che a Comenio si deve non solo l'i- dea compiuta della permanenza dell'educazione lungo il corso dell'esisten- za dell'uomo, ma anche l'intuizione dell'educabilità della persona adulta, del fatto che essa si inscrive in un disegno generale della didattica. Anticipando di molto i tempi, Comenio si addentra nei concetti di interesse e motivazione quali dementi su cui si fondano i processi d'apprendimento e ció vale per i grandi in misura forse anche maggiore che per i piccoli, in quanto la scuola in età adulta è più che mai "per la vita"32. L'aspetto da ultimo richiamato in- duce a riflettere sul fatto che F "utilitarismo" comeniano non sia da intendere in termini riduttivi, dell'apprendere per fare in senso immediato, bensi nei termini di un'utilità globale, coerente con il disegno identitario complessivo della persona del discente.
Nei secoli successivi a Comenio si confrontano, sul piano filosófico, le grandi scuole di pensiero inerenti al tema della conoscenza: da un lato l'empi- rismo di John Locke afferma il primato dellesperienza e dall'altro il raziona- lismo di Cartesio afferma il primate delle idee innate. Nella dottrina kantiana, in seguito, questi filoni di pensiero vengono sintetizzati nell'idea che l'intel- letto umano conosce sia attraverso le idee innate sia attraverso Fincidenza dellesperienza e che è proprio la dialettica tra questi dementi a costituire il processo della nostra conoscenza.
DelFumanesimo comeniano e non solo, permangono diversi tratti, che colgono la poliedricità dei suoi motivi essenziali: non solo Kant, ma anche, successivamente, Filluminismo, il romanticismo, Fidealismo e il marxismo. Queste filosofie, al di là delle loro differenze e contrapposizioni, colgono Le- lemente della centralità dell'uomo e vedono, progressivamente, il processo educativo come costruzione d'identità della persona, pur all'interno di una tradizione di valori ed dementi culturali33.
Il punto fondamentale del pensiero umanistico-rinascimentale, secondo B. Suchodolsky, è quello di avere posto, una volta e per sempre, il problema pedagógico dell'essenza e dellesistenza dell'uomo, ovvero se egli debba, nella sua formazione, ricalcare un modello ideale predefinito o se egli debba esplo- rare, con essa, dei sentieri inediti di significato, come appaiono fare i perso - naggi dei romanzi di Montaigne e Rabelais34.
È dunque, sempre secondo la riflessione non inattuale del pedagogista polacco, nel '700, con Rousseau, che inizia la vera e propria "pedagogía dellesistenza", in quanto l'uomo roussoiano deve essere, ai fini della sua educazione, collocate al di là della società civile e delle sue influenze indottrinanti, per poter scoprire la propria reale natura, le risorse e i talenti di cui dispone35. L'ideale di Rousseau viene, successivamente, ulteriormen- te aífinato agli albori della concezione esistenzialista, in Kierkegaard, in cui cifra essenziale dell'umano è lesposizione all'angoscia e alla precarietà. Taie condizione, per il filosofo dáñese, puô essere alfrontata solo attraverso un ra- dicale impegno autoformativo dell'uomo, che cosí controlla e progetta conti- nuamente la propria esistenza36: in tal senso l'uomo non è mai compiuto, ed è proprio in questa circostanza teorética che nasce la consapevolezza della permanenza dell'educazione per tutta la vita.
Concezioni della contemporaneità
AlTinterno di quella che è stata definita "pedagogía dellesistenza", con la propulsione degli studi sull'evoluzionismo di Darwin e Spencer, si produco- no due dilferenti concezioni, una più concentrata sulla natura dello sviluppo del singólo (e del fanciullo, nellattivismo) e l'altra più concentrata sull'adatta- mento del singólo alle funzioni sociali (nel sociologismo)37.
Emergono quindi nel Novecento prospettive pedagogiche, come la pe- dagogía della cultura e il personalismo cristiano, che combattono, cia- scuna con i propri mezzi concettuali, la riduzione dell'umano a funzione della società e aífermano il valore essenziale della cultura da un lato, e del- la persona dalTaltro. In particolare Maritain, afferma che Tordinamento sociale - dunque, nella sua visione, una democrazia sostanziale - ha esat- tamente la funzione di consentiré la piena realizzazione dell'individuo come persona, in un certo senso ribaltando il rapporte singolo-società elaborate da Dürkheim38 e tale fatto è, ovviamente, grávido di importanti conseguenze pedagogiche.
Il conflitto tra la concezione essenzialista e quella esistenzialista dell'edu- cazione, seguendo Suchodolsky, si risolve solamente in una prospettiva nella quale si afferma una nuova struttura materiale ed económica e cultúrale e ide- ale, nelle quali l'uomo è libero di "produrre" i propri ideali, in quanto è libero ideológicamente dal fardello dei modelli del passato, ma anche materialmente dagli ostacoli che si frappongono alla sua creativitá materiale e simbólica39.
Quanto appena detto pare premessa necessaria per affrontare più nello specifico i temi che si è andati finora indagando, in una sommaria ricostruzio- ne storica, rispetto alie circostanze della contemporaneità. In tale contesto J. Dewey è una figura dalla quale non si puô prescindere, soprattutto perché egli, più approfonditamente rispetto ad autori che possono essere raffrontati con lui, è entrato nel mérito dei processi e delle caratteristiche dellapprendimento. Símilmente a quanto fa Suchodolsky più di recente, anche il filosofo statuni- tense parla di un conflitto che ha attraversato le concezioni pedagogiche nella storia, ovvero l'opposizione tra un'educazione intesa come «svolgimento dal di dentro» e una intesa come «formazione dal di fuori»40; anche egli, inoltre, propone una sintesi tra le due prospettive, in una concezione dell'educazio- ne che consideri ugualmente rilevanti i temi dello svolgimento, dunque dello sviluppo individuale e i temi dell'ínter vento esterno. Questa sintesi, secondo l'Autore, nécessita di una teoría dell'esperienza, quale elemento qualificante il fenómeno dell'educazione41.
L'esperienza del discente non deve essere abbandonata alla spontaneità as- soluta, ma deve essere, in un certo modo, predisposta dal docente, che crea, cosí, un ambiente articolato di possibilità esperienziali. È il rapporte tra la qualità e il genere dell'esperienza e gli obiettivi formativi immaginati dall'e- ducatore a produrre apprendimento nell'allievo, che va inteso come un per- corso individuale di affinamento della conoscenza e dell'identitá42.
L'esperienza non è solo un fatto individuale, ma anche storico e sociale, è il modo in cui si sono evolute le civiltà e più in generale l'umanità e il singolo ne è portatore e interprete singolare, avendo la possibilità di elaborare tale bagaglio in modo personale.
Nella riflessione deweyana sull'esperienza come elemento fondamentale dellapprendimento si ritrovano anche problemi di grande rilevanza peda- gógica, che hanno attraversato il pensiero sull'educazione, come il binomio libertà/autorità e l'interazione tra interno ed esterno al soggetto. In mérito al primo punto Dewey afferma che non esiste un contesto educativo che possa essere libero da vincoli e rególe, ma che la libertà dev'essere intesa in senso positivo, come libertà per scegliere, agire, reperire strumenti di autorealizza- zione43. D'altra parte, l'esperienza dell'educando, per venire al secondo punto, non ha valore se non in quanto si rapporta a un contesto che la accoglie, la orienta e la valorizza e l'apprendimento è il prodotto dell'interazione tra que- sti due dementi44. Questo pensiero ricorda un fondamentale principio della teoría dello sviluppo di Erikson, secondo il quale il susseguirsi delle fasi nella vita dell'uomo, con il loro tendere verso definiti compiti evolutivi, ha signi- ficato solo in quanto viene compresa, vissuta e rielaborata dafl'ambiente che circonda l'individuo45: non stupisce come i concetti di esperienza, sviluppo e apprendimento non possano essere disgiunti e compaiono - come si vedrà - nelle piú rilevanti teorie sufl'apprendimento maturate nel Novecento.
Che rapporto c'è, inoltre, tra materie di studio e apprendimento del sin- gólo? Molto è stato scritto sulla divergenza di vedute tra Dewey e Bruner nel contesto della pedagogía americana; se luno affermava il primate dell'appren- dimento esperienziale, l'altro riaffermava il valore delle materie come modelli, paradigmi, strutture di pensiero che contribuiscono alla costruzione cogniti- va dell'allievo. Appare assai rilevante, per gli scopi di questo scritto, ripropor- re il concetto deweyano della disciplina, intesa in senso formale, come fatto che ha rilevanza solo in quanto si connette all'esperienza, agli interessi, alie scoperte del discente46. In un contesto non dissimile, la codificazione del sape- re ha significato formativo quando incontra E«apprendimento collatérale» del soggetto, cioè quando egli, con il suo libero approcciarsi alle materie scopre interessi e talenti non necessariamente legati ad esse47. I due aspetti della ri- flessione di Dewey da ultimo indicati appaiono di grande importanza ai fini della presente riflessione: ambedue, infatti, rendono evidente la grandezza e l'importanza della dimensione emotiva, collegata e non disgiunta da quella intellettiva, nefl'apprendimento.
Per concludere la riflessione sulla concezione deweyana dell'esperienza, va detto, infine, che uno dei principali compiti dell'educatore e dell'istituzione educativa è quello di valorizzare il vissuto del discente, anche e soprattutto quando esso è frutto di condizioni di deprivazione economica, sociale e cul- túrale. Il ruolo dell'educazione, quindi, è ravvisabile in quella che già Gramsci aveva intuito come una sorta di perequazione sociale, che possa non già ap- piattire Eesperienza dei discenti ma offrire a ciascuno la possibilità di espri- merla e valorizzarla. Come ritiene infatti Freire, anche il povero, il diseredato, l'analfabeta hanno dentro di sé un mondo di conoscenza che deve essere visto e portato maieuticamente alia luce.
Rilevanti contributi sulla teoría defl'apprendimento provengono, come è noto, dallo sviluppo del pensiero psicológico del Novecento: in particolare si mette in evidenza il ruolo della psicología umanistica di Maslow, Rogers e Lewin che inaugurano una visione dell'umano nella sua centralita individua- le/personale, reagendo da un lato all'accentuazione deH'elemento istintuale típico della psicanalisi freudiana e dall'altro alla predominanza del ruolo del comportamento esteriore caratteristica del behaviorismo.
La posizione suH'apprendimento espressa da Maslow, in particolare, pro- cede attraverso la messa in discussione delle teorie psicologiche vigenti. Egli ritiene insuficiente la dottrina associazionista adottata dai comportamentisti, in quanto ritiene non si possano spiegare i processi di apprendimento solo come applicazione di un procedimento stimolo-risposta trasferibile da un og- getto all'altro. Il gestaltismo oppone a tale visione un'idea di apprendimento per cui si conosce attraverso la comprensione delle strutture intrinseche del mondo esterno; anche tale prospettiva, tuttavia, per Maslow, non tiene conto di fattori importanti, che invece sono già svelati dalle ricerche in campo psi- coanalitico48. Egli afferma: «Abbiamo bisogno di cogliere dei nessi molto forti con un processo conativo ed affettivo, che ha luogo all'interno della persona e che non è coito né dalla dottrina associazionistica né da quella gestaltistica dellapprendimento»49. L'autore ritiene che l'apprendimento intrínseco, che definisce altresi affettivo, «del cuore», abbia a che fare - non come único ele- mento, ovviamente - in modo molto più forte di quanto non si ritenga con la formazione del carattere della persona e sia da metiere in relazione con il moto di autorealizzazione che guida l'esistenza. Esso ha la caratteristica di essere meno dipendente dalla gratificazione, in quanto questa è, invece, una caratteristica che rinforza il processo di apprendimento di altro genere, quello più esplicito e settoriale50.
Maslow sottolinea a più riprese il carattere affettivo dellapprendimento riguardo a riflessioni di ordine diverso; egli indica come anche nell'acquisi- zione di un "abito mentale", applicare una reazione che ha funzionato in un determinate contesto a un contesto ulteriora non è un processo meccanico e neutrale, bensi è frutto di una preferenza, di una scelta che impegna gli affetti e che dunque non si è in grado di contrallare pienamente in modo razionale51. L'idea di un'applicazione meccanica di un comportamento a contesti simili nel corso del tempo risente inoltre di una concezione ripetitiva degli eventi e ha il vizio di fondo di non considérame l'unicità e il fatto che le esperienze non si presentano mai perfettamente uguali al passato, rendendo, in un certo modo, ogni teoría incapace di contenerle. In tal senso, gli abiti sono tanto utili quanto pericolosi: utili ad affrontare gli dementi del presente affini a quelli del passato, ma d'impedimento a comprendere gli dementi nuovi e inediti dei problemi che via via si presentarlo52. Gli apprendimenti "ancestrali", proprio perché cosí legati alle emozioni dell'infanzia, oppure agli inizi di un percorso (l'inizio della permanenza in un luogo, di una relazione), sono determinanti anche sulla memoria di ciascuno: è infatti più facile affrontare e ricordare ció che entra negli schemi primordiali che un individuo possiede e più difficile affrontare ed apprendere ció che da essi fuoriesce53.
In sintesi si puó affermare che Maslow, attribuendo tanta importanza a un tipo di apprendimento non intenzionale54, né propriamente processuale (nel senso che non si possono cogliere del tutto, isolatamente, i processi attraverso cui si "apprendono" tratti della propria identità), ponga il problema dell'ap- prendimento su un piano accentuatamente pedagógico che implícitamente segnala Faffinità tra apprendimento ed educazione. Anch'essa, infatti, ha a che fare con i caratteri profondi di un individuo, che sono stati appresi per vie implicite e complesse e che, perô, hanno un grande peso nel facilitare o ostacolare le modalitá degli apprendimenti più settoriali che si compiono nel corso della vita. Non stupisce, allora, come si vedrá anche in seguito, come la psicología umanistica abbia oriéntate una prospettiva dell'educazione degli adulti in cui sono centrali le nozioni di "accoglienza" dell'ambiente, prontezza a conteneré e a valorizzare Faffettivo nei discenti, ad affrontare aspetti per loro significativi dal punto di vista emotivo ed esistenziale.
Anche nella prospettiva pedagógica e metodológica di P. Freire, in fin dei conti, si possono ravvisare concetti simili a quelli enunciati da Maslow, benché in letteratura la connessione tra approccio umanistico e freireiano sia sotto- lineata soprattutto nel legame tra il brasiliano e il promotore della pedagogía non-direttiva Rogers. In Freire si affronta Fapprendimento della letto-scrit- tura, che é un tipo di apprendimento per certi versi codifícate e procédurale, ma che per altri assomiglia molto a uno di quegli apprendimenti intrinseci, paradigmatici, che fondano Fappartenenza di specie (non a caso, e su questo si dirá più avanti, esso si colloca nell'infanzia dell'uomo e anche dell'umanità). Proprio per i caratteri che possiede questo tipo d apprendimento, esso deve essere, per Freire, significativo, avere come oggetto una parola che si lega al mondo reale, ma anche simbólico, affettivo, dei discenti55.
Nella prospettiva di Rogers i temi della motivazione e dell'autorealizzazio- ne giá promossi da Maslow assumono una curvatura più educativo/didattica. Egli parla di «apprendimento esperienziale»56, per definiré quelle caratteristi- che che concorrono a delineare un processo non neutro, né asettico, ma che comprende una forma di "dolore"57, in quanto intacca certezze intellettuali e valoriali acquisite, e comporta una fatica mentale ed emotiva, data dallo sfor- zo di separarsi dall'inerzia delle cognizioni già possedute.
In seno alla psicología umanistica e a quelle che potrebbero definirsi sue applicazioni educative nasce un orientamento segnatamente cooperativo, nel quale si promuove una formazione degli adulti nel gruppo e attraverso di esso, nella quale, cioè, l'apprendimento è massimizzato dal fatto che ciascun com- ponente contribuisce con le sue prerogative al raggiungimento di un obiettivo comune. All'interno di questo stesso ámbito, come notano Elias e Merriam, l'indirizzo umanistico mantiene il focus sulla persona singóla e sui benefici che essa puô trarre dalla cooperazione, mentre altre prospettive, quali quella progressista rappresentata da Lindemann e quella radicale, rappresentata da Freire, si concentrano decisamente sui processi e gli obiettivi del collettivo.
Vi sono, inoltre, percorsi di riflessione meno battuti dagli studiosi delle discipline dell'uomo (al contrario del legame, spesso celebrate, tra psicolo- gía umanistica e pedagogía ed educazione degli adulti), ma che potrebbero essere interessanti quanto quelli più sperimentati. Ci si riferisce, ad esem- pio, all'analisi esistenziale (Daseinsanalyse) fondata da Ludwig Binswanger, che - come ha messo in evidenza R. Fadda - ben si presta a comprendere i percorsi di formazione e apprendimento che riguardano le persone adulte attraverso un'"alleanza" tra strumenti pedagogici e strumenti psichiatrici58. Per Binswanger, la malattia mentale rappresenta una via, un rischio possi- bile dellesistenza, che consiste proprio nello smarrirsi nel processo umano del darsi forma. L'intervento terapéutico, in un certo senso, collima con quel- lo pedagógico, poiché rappresenta il prendersi cura della forma del soggetto sofferente, ahitarlo a riprendere il proprio cammino di significazione dell'e- sistenza59. Ció ha molto a che fare con l'idea di apprendimento, in quanto i suoi processi sono coinvolti nel percorso di acquisizione e trasformazione dell'identità, in diversa misura secondo le fasi della vita, che accompagna l'uo- mo nel suo corso. Altresi, lo smarrimento di cui tratta Binswanger, puô essere inteso come l'interruzione, più o meno temporánea, della capacità di appren- dere, nel suo senso più lato.
Secondo il già citato contributo di Bodei, anche la psicoanalisi freudiana, soprattutto nel suo tratto più pratico di esperienza clínica (aspetto di Freud maggiormente apprezzato dallo stesso Binswanger), presuppone la cura attra- verso un nuovo apprendimento di se stessi e delle proprie relazioni col mondo. L'apprendimento, qui inteso come comprensione, non si limita al sapere la natu- ra dei sintomi, ma deve riguardare una loro penetrazione e interiorizzazione da parte delTammalato, poiché la sola conoscenza non è suficiente per curarsi60.
Sia nel caso delTanalisi esistenziale di Binswanger, sia in quello della psi- cología umanistica si rintraccia una concezione delTapprendimento che po- trebbe definirsi fortemente pedagógica, incline a interpretarlo in termini di interiorizzazione e trasformazione, quand anche le due prospettive abbiano antecedenti filosofici differenti, giacché la prima proviene dalla fenomenolo- gía e dalTesistenzialismo, da un pensiero che nasce e si sviluppa in Germa- nia, mentre la seconda fa riferimento alio strumentalismo e al pragmatismo statunitense.
Attualità e inattualità dell'andragogia
Si puô osservare la prospettiva andragogica, delineata da M. Knowles tra gli anni Cinquanta e Settanta del secolo scorso, con uno sguardo che si potrebbe definiré critico su differenti livelli. Da un lato, essa ci appare una formulazione eccessivamente tecnicistica di un método didattico orientato ai discenti adul- ti che contiene una serie di schematismi e rigiditá che eventualmente mal si applicano a situazioni differenti da quelle incontrate ed esaminate dalTautore americano. DalTaltro, oggi si è orientad a superare una concezione altrettanto schematica dello sviluppo nel corso della vita, secondo la quale anche Tedu- cazione potrebbe "tripartirsi" in pedagogía, andragogia e geragogia. Come invece afferma, ad esempio, Tramma, Tidea della tripartizione viene superata da un atteggiamento pedagógico che si basa «sugli stati piú che sugli stadi»61, atiento cioè alle condizioni particolari della persona, piú che alla sua rispon- denza a delle catégorie predefinite riferibili alia fase o stadio di vita che essa attraversa. Corrispettivamente, Naccari parla del concetto di «corso di vita» come piú adeguato a comprendere il reale, piuttosto che quello di «ciclo di vita»: mentre quest ultimo, infatti, indica Tidea di un eterno e universale ri- torno nel fluiré del tempo, il concetto di corso abbraccia Tidea dellunicità e della trasformazione nella continuitá del percorso di vita, nel quale ci sono dei ritorni e delle ripetizioni, ma non si è mai esattamente a un punto che è stato superato precedentemente62.
Viste tali premesse, la concezione andragogica, che appare cosí legata a un'idea temporalmente e concettualmente definita di "uomo adulto" (ctvep, ctvôpoc;), e che propone un método didattico collegato con tali requisiti, po- trebbe apparire piuttosto inattuale. Tuttavia si vorrebbero porre in evidenza aspetti di rilevanza e attualità di tale prospettiva a partiré dalTidea autore- volmente espressa da Elias e Merriam, secondo cui Topera di Knowles sia una emanazione dell'indirizzo umanistico in educazione degli adulti. Vi- sta in questa prospettiva, l'andragogia risulta essere non solo un corpus di metodiche relative airinsegnamento/apprendimento degli adulti e al ruolo specifico del formato re che opera in questo ámbito, ma un orientamento for- mativo che recupera i motivi umanistici della centralità della persona del discente, del rilevamento e della valorizzazione dei suoi interessi e bisogni e della sua esperienza. È lo stesso Knowles a fornire un itinerario storico delle riflessioni che hanno ispirato l'emergere dell'andragogia; tra queste spiccano le concezioni dell'apprendimento in Skinner da un lato e in Bruner dall'al- tro. Se il primo mette in evidenza gli elementi del contrallo, cambiamento e modellamento, il secondo insiste sull'apprendimento come processo di ac- crescimento intellettivo e acquisizione di competenze63. Come in parte già osservato, la psicología umanistica tende a superare criticamente ambedue i modelli per il fatto che considerano quasi esclusivamente il processo intel- lettivo insito nell'apprendimento.
Knowles considera, oltre aile teorie più meccaniciste sull'apprendimento (il comportamentismo di Skinner), anche prospettive che definisce più "or- ganiciste", che tendono ad attribuire all'uomo un ruolo più orgánico all'am- biente e più attivo e il cui riferimento è la filosofía di Dewey. Nello stesso contesto, inoltre, Knowles vede l'apporto della psicología della Gestalt, per la quale l'apprendimento non avviene tanto attraverso un'assommare di nozio- ni quanto attraverso la percezione di qualcosa che ha assunto forma davanti ai nostri occhi (Y insight)64. Sia il gestaltismo, sia la teoría del campo di Kurt Lewin contribuiscono a presentare Lapprendimento come un processo com- plesso che riguarda il gruppo quanto il singólo. Il promotore dell'andrago- gia, inoltre, evidenzia l'importanza delle teorie di Piaget e Bruner nell'avere posto con chiarezza il problema del legame tra sviluppo e apprendimento che tanto significherà nella ricerca successiva sul tema. Lautore americano pro- segue la sua disamina storica e teórica entrando nel vivo di quelli che appa- iono essere i prodromi della prospettiva andragogica, contrapponendo una visione scientifica dell'educazione degli adulti, rappresentata da Thorndike e una visione artistico/riflessiva rappresentata da Lindemann. In quest ultima sono contenuti i principi della valorizzazione esperienziale e motivazionale del discente che saranno promossi dallo stesso Knowles; egli afferma che la ricognizione fin li condotta manifesta di un ritardo accumulate dal pensiero pedagógico non tanto sul tema dell'educazione degli adulti, quanto sul tema del loro apprendimento65. Non è ladulto in quanto tale, per Knowles, a essere stato negletto, quanto ladulto che impara, che nel testo originale dell'autore è appunto definite learner (delle tonalitá di signifícate dell'inglese learning si dirá in seguito).
Si è già considerate, a varie riprese, l'apporto della psicología umanisti- ca alla riflessione sui problemi deU'apprendimento e della formazione degli adulti, in particolare rispetto al legame ira apprendimento e costituzione/ trasformazione dell'identità personale: riguardo a questo andrebbe inoltre ulteriormente sottolineato il ruolo fondamentale del contesto ambiéntale e relazionale nel quale si collocano i processi apprenditivi. Come ritiene Ro- gers, poiché nel processo di apprendimento sono coinvolti sentimenti di tipo diverso, vi è quella che potrebbe definirsi una naturale resistenza ad esso: l'apprendimento, infatti, "sconvolge" equilibri mentalied emotivi acquisiti. È per tale ragione che è necessario che lambiente sia suficientemente rilassato, accogliente e adeguato a conteneré la portata dei processi che in esso trovano spazio66. Anche da tale convincimento discende una connotazione essenziale della pedagogía umanistica, cioè il suo essere un indirizzo di pensiero che tiene in gran conto la dimensione collettiva e cooperativa della formazione, il che lo rende adatto a sostenere la democrazia e il lavoro di gruppo (infatti è in tal senso che l'indirizzo umanistico si è definite negli Stati Uniti).
La nozione della centralita del discente, mutuata da Knowles per la defini- zione della sua andragogia, diviene anche ricerca delle inclinazioni specifiche del soggetto, che nel contesto formativo vanno conosciute e pórtate a frutto. Vi sono, secondo lautere, tre sostanziali catégorie di discenti adulti: quella di coloro i quali sono orientad allobiettivo finale, all'attività, intesa come il processo attraverso cui si snoda il raggiungimento dei fini e infine all'appren- dimento. In quest ultima compagine si ritrovano i soggetti che si formano in quanto leducazione permanente è divenuta un loro habitus mentale. Al di là, tuttavia, di queste categorizzazioni, Knowles individua caratteristiche che generalmente si applicano in modo piuttosto preciso alie modalità adulte dell'apprendere e che possono essere sintetizzate in una percezione più ele- vata, da parte del discente adulto, della propria identità e storia, delle moti- vazioni e dei bisogni che lo sospingono verso la formazione. Nel leggere la disamina da parte di Knowles di queste catégorie, puô permanere nel lettore l'impressione di una certa contraddittorietà che lautere, forse volutamente, non scioglie. Egli infatti, da un lato afferma il bisogno del discente adulto di apprendere per fare, di collegare - più di quanto non faccia il bambino - le sue acquisizioni a compiti immediati della vita; dallaltro, Knowles esalta il ruolo della motivazione intrínseca allapprendimento, come spinta ad acquisi- re nozioni siégate, o apparentemente siégate, dai compiti immediati della vita del soggetto. Cosí dicendo, Knowles si avvicina molto a quello che Maslow chiama «apprendimento del cuore», cioè quella spinta personalissima, guidata dallemotivitá, non utilitaristica, ad approfondire conoscenze in ambiti che sentiamo il bisogno di fare nostri67.
Come puô essere, se deve esserlo, risolta la contraddizione tra un appren- dimento funzionale e un apprendimento "del cuore"? II fatto che Knowles abbia annoverato, nella sua teoria, ambedue gli aspetti, puô indurre a pen- sare che essi siano compresenti nell'esperienza formativa, e ció è già eviden- te nei principi che guidano la collocazione dei discenti in diverse catégorie. Quest ultima, infatti, potrebbe indicare che le tipologie d apprendimento (ad esempio, una modalità lógica e intellettualistica, una modalità più "diva- gante" ed emotiva), possono variare da soggetto a soggetto, benché tutte le dimensioni dellapprendimento siano, in diversa combinazione, presentí in ogni individuo. Oppure - e ció appare un punto sostanziale - questo con- frontara tra diverse dimensioni e modalità dellapprendimento richiama a un attenta riflessione sulle nozioni di utilità e di adattamento, ad esempio, che sono implicate nel discorso. Forse, ció che si desidera apprendere non è mai inutile, ma è utile su un piano più profondo, più intrínseco (direbbe Maslow), rispetto a quello di un'utilità intesa in un senso più socialmente ed esteriormente visibile, come un accrescimento pecuniario, occupativo, un successo evidente. Occorre, quindi, considerare la nozione stessa di utilità come orientata ad obiettivi non propriamente visibili né, spesso, del tutto chiari per lo stesso individuo, che possono essere, ad esempio, il recupero di una dimensione nascosta ma "rimembrata" della persona, urgente per defini- ré in modo più pieno la sua identità.
La riflessione sulla motivazione è sempre significativa rispetto all appren- dere e al formarsi delle persone adulte; piuttosto che cercare di comprendere se 1 apprendimento dell adulto risponda più a una spinta estrinseca o a una spinta intrínseca, tuttavia, secondo quanto già detto, si potrebbe affermare che in età adulta insorge il conflitto tra Fuño e l'altro genere di motivazione e la persona è indotta, visto il suo maggiore senso di sé, rispetto al non adulto, a esperire lo scarto tra ció che desidera imparare e ció che il suo ruolo sociale, le sue responsabilità e le necessarie gratificazioni lo inducono a imparare. Nel bambino motivazione intrínseca ed estrinseca paiono coincidere in modo più armónico, in quanto egli tende a voler apprendere ció che lo slancio biológico, psicológico dello sviluppo gli rendono necessario apprendere. Questa consi- derazione, tuttavia, non comprende il problema di quell'apprendimento in- fórmale, non intenzionale, latente e profondo, che tanta parte ha nel processo complessivo della formazione in età adulta.
Se la teoria andragogica di Knowles, soprattutto rispetto ai terni da ultimo menzionati, puô apparire superata da una visione meno "manichea" della dif- ferenza tra Fapprendere del non adulto e dell'adulto, è pur vero che è lo stesso Knowles a indicare una possibile compenetrazione tra prospettiva pedagógi- ca e prospettiva andragogica. Se agli esordi della sua esperienza e riflessione egli aveva contrapposto le due visioni educative, attribuendo alla prima la dipendenza del discente dal docente, una struttura autoritaria del rapporte, una rigidità dei contenuti trasmessi, negli anni successivi perviene all'idea di una compresenza tra metodi tradizionali e metodi innovativi in formazione e apprendimento. In particolare giunge ad affermare che gli dementi di re- sponsabilità, motivazione intrínseca e autonomía del discente, prima esclusi- vamente attribuiti agli adulti, possono essere presentí anche nei non adulti e, come si è visto, già gli antichi ne avevano, in qualche modo, consapevolezza. Inoltre riconosce che gli dementi attribuiti a priori ai processi di formazione in età adulta, non sono in realtà sempre ravvisabili, soprattutto nei casi di demotivazione e di difficoltà, nei quali anzi, leducatore deve stimolare un orientamento all'apprendimento nell'adulto, che puô essere sopito e difficile da far emergere68. Si pensa, in sostanza, a una separazione non netta, né cosi precisamente correlata all'età del discente, tra pedagogía e andragogia, affer- mando, in estrema sintesi, che, «né di pedagogía, né d andragogia si traita, bensi d educazione tout court»69.
Dopo Knowles; apprendimento e formazione professionale
Alcuni studiosi, prevalentemente nellambito anglosassone, si sono occu- pati deU'apprendimento in età adulta sulla scoria delle teorie, precedentemen- te richiamate, della psicología umanistica, del pensiero freireiano e della stessa andragogia; tra questi spicca la figura di J. Mezirow, autore considerate fon- datore del concetto di apprendimento trasformativo. Secondo questa prospet- tiva è centrale l'idea secondo la quale apprendere voglia dire sostanzialmente attribuire significato ai dati della percezione e della conoscenza. II discente adulto si accosta a nuove nozioni carico di prospettive di significato, date dalle sue esperienze, credenze e idéologie, stili d apprendimento acquisiti70. Ovvia- mente i sistemi di significato non hanno un valore esclusivamente soggettivo, ma sono mediati col mondo e con gli altri soggetti attraverso il linguaggio71. Le prospettive di significato creano dei «modelli di aspettativa», che determi- nano i dati che il discente si attende di trovare nellaccostarsi a nuove cogni- zioni. Quando i reperti della conoscenza non si accordano con le aspettative del discente è come se alio stesso si aprissero due strade alternative: egli puô accontentarsi di afferrare ció che conferma i suoi schemi apprenditivi pre ce - denti, vivendo in questo modo quello che Mezirow chiama apprendimento strumentale, oppure, a un livello più elevato e complesso, puô sottoporre a valutazione critica gli stessi assunti e presupposti del processo, modificandoli "in corso d opera", giungendo cosí a un apprendimento trasformativo. Questo livello più profondo di apprendimento, auspicabile, per Mezirow, nel discente adulto, è autentico in quanto non si limita a incamerare nozioni sulla base di schemi cognitivi e ideali precedenti, ma tende a trasformarli criticamente72. Nonostante ciô, afferma lautore, non è la teoría dellapprendimento trasfor- mativo a essere alla base degli attuali programmi ed esperienze di educazione degli adulti, ma approcci più riduttivistici73.
Nel corso del tempo, rispondendo anche ad alcuni rilievi critici, che vedo- no la teoría di Mezirow sbilanciata sul processo di trasformazione individua- le, ma dimentica del ruolo che i contesti sociali e culturali nei quali l'indivi- duo è inserito rivestono nell'incentivare o nell'ostacolare un apprendimento trasformativo del singólo, lautore formula alcune indicazioni in proposito. Egli sottolinea come il genere d apprendimento cui punta la sua ricerca non sia da considerarsi un fatto di carattere esclusivamente individuale, ma come il discente adulto apprenda in termini trasformativi soprattutto quando si confronta con ambienti (ad esempio gruppi e movimenti d'azione sociale) che mirano a una trasformazione collettiva e sulla base di tale obiettivo si scam- biano anche le reciproche prospettive di significato74. In questo modo, Mezi- row recupera un fondamentale elemento della visione di Freire, alle cui teorie egli pur si ispira sin dalle origini della sua ricerca.
In tema di riflessione sulle strutture sociali di potere e sulla loro influenza rispetto ai meccanismi d apprendimento dei singoli e dei gruppi, alcuni stu- diosi hanno concentrate la loro attenzione sul tema dell''autodirezione dell'ap- prendimento, proseguendo cosí una ricerca che Knowles ha proposto nell'ul- tima parte della sua esperienza. In tale contesto, P. Jarvis, ad esempio, mette in relazione la possibilità sociale e política dellapprendimento autodiretto con l'accrescimento del «contrallo dello spazio» da parte della persona, ma anche con la questione più filosófica se sia o meno possibile, e fino a che punto, pla- nificare il proprio apprendimento, dato che esso è il risultato di dementi che non sottostanno del tutto ai criteri della razionalità e delFintenzionalità75.
Si puô affermare che gli Ultimi decenni vedono l'espandersi, nel mondo delle scienze umane, della consapevolezza in mérito alla complessità e alla difficile programmabilità dellapprendimento, in un contesto di ricerca che accoglie tali caratteristiche. D'altro canto si assiste aU'ampliamento degli am- biti di applicazione delle teorie sull'apprendimento, presso le quali si ricerca una gestione razionale o ordinata dei processi riguardanti lo stesso
Da questo punto di vista, la trattazione del tema dellapprendimento in età adulta ha conosciuto unespansione innegabile nell'area della ricerca e dell'e- sercizio della formazione professionale. Vale a dire che molti autori si sono concentrad su processi d apprendimento finalizzati all'acquisizione di stati e competenze di tipo lavorativo. Se è vero che tale orientamento si discosta dal principio di affinità tra dimensione apprenditiva e dimensione educativa che qui si è spesso menzionato, è anche vero che la riflessione sui problemi teorici e didattici relativi alia formazione professionale ha spesso dato e puô dare molti spunti agli studiosi della pedagogía teórica e dell'educazione degli adul- ti76. Nell'ambito della formazione professionale, infatti, si sviluppano pratiche ed esperienze, si formulano criteri assiologici che possono trovare validazione e riscontro nel più ampio contesto della formazione in età adulta.
Nella prospettiva di M. Bruscaglioni, ad esempio, si trova ampia traccia di come le teorie sull'apprendimento, sviluppatesi a partiré dagli studi di Knowles in poi, siano in grado di trovare ambiti di applicazione anche nella "quotidianità dell'aula" della formazione professionale e aziendale. L'autore italiano, muovendo da un concetto di formazione sólidamente ancorato alia realtà lavorativa77, propone una visione dell'apprendimento degli adulti che implícitamente pare ricalcare la prospettiva di Mezirow, sebbene si esprima in termini più semplificati. Bruscaglioni parla di un apprendimento «semplice» e di un apprendimento «complesso», là dove il primo indica l'attività di aggiun- ta di nozioni a un campo cognitivo preesistente e il secondo quella di cambia- mento del campo cognitivo del soggetto. I due tipi d apprendimento, seppur tra loro contrapposti, convivono nell apprendimento reale e sta al formatore e alia filosofía complessiva dell'ínter vento formativo tendere più decisamente verso una prospettiva piuttosto che l'altra78.
Bruscaglioni ricollega decisamente la prospettiva dell'apprendimento complesso alie teorie di Knowles, affermando come in una prospettiva com- plessadapprendimento, anche se l'obiettivo è quello dell'aggiornamento pro- fessionale, non ci si possa accontentare dellaccrescimento delle competenze settoriali del discente, ma si deve puntare all'acquisizione, da parte dello stes- so, di un nuovo concetto di sé, fatto che ha risvolti sul piano deU'interiorità ma anche dei risvolti pratici dell'esistenza personale. In tale dimensione for- mativa, si ritrovano principi consolidati della prospettiva umanistica dell'ap- prendimento che si sono precedentemente annotati, quali il ruolo della mo- tivazione, dell'esperienza e del coinvolgimento razionale-emozionale di chi apprende. Ma sono anche degne di nota le nozioni di «dissonanza cognitiva» e di «contratto psicológico»79: con la prima Bruscaglioni riprende la rilevanza che riveste nel processo di apprendimento degli adulti la discrepanza che la persona puô percepire soggettivamente tra ció che sa e ció che sente di dover sapere; con la seconda, invece, l'autore ilndica la nécessita che in un contesto di educazione "tra adulti" i ruoli di docente e discente, in quanto non na- turalmente assunti come nel caso dell'adulto che insegna al bambino, siano negoziati sin dall'inizio, sulla base di competenze, interessi e obiettivi chiari.
Note conclusive
Quanto si è andati finora argomentando ha fatto emergere come si sia formata, nellevoluzione storica del pensiero filosófico e pedagógico, l'idea, che poi ha assunto forme di solida codificazione soprattutto nella riflessione della psicología della seconda metà del Novecento, che l'apprendimento sia strettamente legato alio sviluppo. Con i già menzionati studi di Erikson e di Levinson80 in particolare, benché essi non si siano mai propriamente occupati di apprendimento e formazione, si afferma il concetto che Eadulto puô, anzi deve, continuare ad apprendere in quanto continua a svilupparsi. Le teorie formulate dai due autori sono debitrici di quelle di Piaget e Bruner, che tanto hanno significato nellambito dello studio dei processi evolutivi, in particola- re, pero, rispetto all'infanzia.
Come già accennato riguardo al concetto di andragogia, tuttavia, negli Ul- timi decenni si è fatta sempre più strada una visione dello sviluppo adulto più slegata dallo schema della stadialità e più attenta ai percorsi specifici e indi- vidual! di evoluzione della persona81. Tale evoluzione non manca di produrre nuove cognizioni anche sul piano della riflessione suH'apprendimento in età adulta; se, infatti, non si apprende solo per acquisire competenze strettamente e funzionalmente legate alia fase di sviluppo nella quale ci si trova (le virtu relative agli stadi, come voleva Erikson), si apprende anche per vie inedite, maggiormente riferibili ad aspetti che travalicano i confini universalistici dél- ié fasi di sviluppo. È questo, da un certo punto di vista, il significato che quelle che Maslow definisce «esperienze uniche» ed «esposizioni precoci»82, rivesto- no nel percorso d apprendimento di un singólo individuo. D'altra parte, non si potrebbe comprendere Tefficacia del método di alfabetizzazione introdotto da Freire, di cui si è già detto, se non si uscisse dallo schema ideale secondo cui un esperienza, come quella dellapprendimento della letto-scrittura, debba necessariamente collegarsi a una fase di vita infantile.
In tal senso è importante considerare quelle prospettive che attribuiscono significato agli eventi dell'esistenza, sia quelli destinali, come nascita e morte, sia quelli di cui è disseminate il percorso di vita, che sono unici e irripetibili e, soprattutto, alla loro intrínseca preter-determinazione83. Esse rivalutano il caso e la casualità, ma anche i diversi e fortemente individual! ritmi di svilup- po che costituiscono i percorsi di vita di ciascuno; considerano, dunque, come la persona non sia in continua e lineare trasformazione, ma come i cambia- menti dell'esistenza seguano una loro temporalità. Da ciô discende, ad esem- pio, anche la convinzione che la persona, in particolare quella adulta, non sia in costante cambiamento, e che il processo del continuo apprendere per apprendere, come lo definisce il sociologo Luhmann, in realtà non sia lineare e armónico, ma conosca momenti di regressione, di stallo, di "stazionamento". Questi, inoltre, non hanno un senso esclusivamente negativo, ma sono anzi necessari per affermare e consolidare fidentità, anche contro la frammenta- zione e la disarticolazione da cui è costantemente minacciata.
La riflessione da ultimo proposta, non ha lo scopo di presentare 1 appren- dimento come qualcosa di casuale e arbitrario, non collegato con una funzio- ne psicológicamente vitale, al contrario ha lo scopo di affermare la funzione dell apprendimento su un piano profondo di costruzione dell'identità, cosí come l'hanno intesa autori come Dewey, Maslow (in modo particolare), ma anche Freire e Knowles.
Si propone qui una sommaria considerazione lingüistica che, tuttavia, pare avere una notevole importanza concettuale rispetto agli argomenti che si è andati esaminando: l'espressione inglese education puó essere tradot- ta col nostro "educazione", ma nel parlare inglese corrente assume spesso il significato di "istruzione, apprendimento". Ció puó essere confermato dal pensiero di P. Jarvis, secondo cui «gli studiosi delleducazione devono essere consapevoli di quanto sia pericoloso cercare di rinchiudere le teorie dell'ap- prendimento nei confini delleducazione»84, intendendo con "educazione" soprattutto il momento formale, intenzionale del trasmettere educativo. Per converso, il termine learning, che corrisponde, ad esempio, al tedesco Lernen, ha primariamente il significato di "apprendimento", ma, soprattutto nell'e- spressione lifelong e lifewide learning, puó essere tradotto in italiano, in modo non infedele, come "educazione"85. Nella vaghezza dei confini concettuali di apprendimento ed educazione si trova, da un lato, l'idea, già formulata in partenza, di una stretta parentela nel significato dei due termini, dall'altro, l'idea che tale parentela è riconosciuta in egual modo - anche se, certamente, elaborata in modo differente - nelle culture pedagogiche di differente ma- trice. Soprattutto - e in questa direzione va l'affermazione di Jarvis appena menzionata - le teorie contemporanee contribuiscono a guardare all'educa- zione e anche all'apprendimento come aspetti complessi, che si presentano in modo differenziato nell'esperienza della persona e che vanno studiati nei loro momenti intenzionali e processuali, ma anche in quelli intrinseci e piú "nascosti". Tuttavia, se è vero che gli studiosi delleducazione, come sostiene Jarvis, devono accettare uno sguardo multidisciplinare sull'apprendimento, è anche vero - per le ragioni di parentela e affinitá prima dette - che non devono nemmeno demandare del tutto il tema ad altri, ma affrontarlo appro- fonditamente e con piena titolaritá.
Claudia Seed, Adult learning: historical views and theoretical perspectives
An historical path is followed, aimed at identifying the notion of adult learning and its evolution from the ancient times until nowadays. With especial reference to the contemporary age, the concept of learning is considered in relation to the notions of education, lifelong construction of the subject, comprehension and development, as it appears in some philosophical, pedagogical and psychologi- cal perspectives. Particular attention is moreover pinned on the contribution of humanistic psychology and of andragogy.
1 R. Bodei, Comprendere, modificarsi. Modelli e prospettive di razionalitä trasformatrice, in A. Gargani (a cura di), Crisi della ragione, Torino, Einaudi, 1979. Si veda, in particolare, a p. 226, in cuil'autore chiama in causa Gramsci.
2 R. Fadda, Sentieri della formazione. La formatività umana tra azione ed evento, Roma, Ar- mando, 20021, p. 73.
3 Ci si riferisce alla traduzione italiana del testo di M.S. Knowles (1973), trad, it., Quando l'adulto impara. Pedagogía e andragogia, Milano, FrancoAngeli, 20028.
4 E. Marescotti, Educazione degli adulti. Identità esfide, Milano, Unicopli, 2012, p. 68.
5 F. Cambi, Manuale di storia della pedagogía, Roma-Bari, Laterza, 20031, p. 174.
6 Ibidem , pp. 37-38.
7 FF. I. Marrou (1948), Storia dell'educazione nell'antichitä, vol. I, trad. It., Roma, Studium, 1950, p. 100.
8 A. Santoni Rugiu, Storia sociale dell'educazione, Milano, Principato, 19 8 72, pp. 76-77; J. L. Elias, S. B. Merriam, Philosophical Foundations Of Adult Education, Malabar, Krieger Publi- shing Company, 19 9 52, p. 13.
9 U. Bonanate, La conquista dell'età adulta e la filosofia, in A. M. Mariani, M. Santerini, Educazione adulta. Manuale per una formazione permanente, Milano, Unicopli, 20021, p. 49.
10 F. Cambi, Manuale di storia della pedagogía, cit., pp. 40-41.
11 M. Parodi, Introduzione, in Agostino dTppona, II maestro, Milano, BUR, 19961, pp. 7-9.
12 Agostino dTppona, Le confessioni, Torino, Einaudi, 2000.
13 Ibidem, p. 109: Agostino si chiede se gli insegnamenti e le influenze educative abbiano significato anche in rapporto al momento della crescita in cui si collocano.
14 Clemente Alessandrino, IIpedagogo, Torino, UTET, 1971, pp. 224-225.
15 H. I. Marrou, Storia dell'educazione nell'antichità, cit., p. 443; si veda anche la voce History of Education, in Encyclopaedia Britannica, p. 19.
16 W. Boyd, Storia dell'educazione occidentale, trad, it., Roma, Armando, 19653, pp. 127-131.
17 History of Education, in Encyclopaedia Britannica, p. 21.
18 Ibidem, p. 23. Si veda, pero, anche la prospettiva di Santoni Rugiu, cit. p. 172, che mette in evidenza anche Luso della violenza e del potere corne sopruso verso gli indifesi. La contrad- dittorietà (ma anche l'universalità dei valori) típica della figura cavalleresca è brillantemente messa in scena nel film Le crociate (Kingdom of Heaven), di Ridley Scott, del 2005.
19 J. Le Goff (a cura di), L'uomo medievale, trad, it., Roma-Bari, Laterza, 1987, p. 3.
20 F. Cardini, Alle radici della cavalleria medievale, Firenze, La Nuova Italia, 1981, p. 28; si veda anche J. Flori, Cavalieri e cavalleria nel Medioevo, trad, it., Torino, Einaudi, 1999.
21 L. Gautier, La cavalleria, trad, it., Milano, Massimo, 1965, pp. 26-27.
22 H. Marrou, Storia dell'educazione nell'antichità, cit., pp. 451-452; W. Boyd, Storia dell'edu- cazione occidentale, cit., p. 119.
23 J. Flori, Cavalieri e cavalleria nel Medioevo, cit., pp. 262-267.
24 Tommaso D'Aquino, De Magistro, a cura di E. Ducci, Roma, Anida, 2009, p. 75.
25 E. Ducci, Introduzione, in Tommaso D'Aquino, cit., p. 27.
26 Ibidem, pp. 32-34.
27 Ibidem, p. 55.
28 J. L. Elias, S. B. Merriam, Philosophical Foundations Of Adult Education, cit., pp. 45-46.
29 Comenio, Pampaedia, Roma, Armando, 1968, p. 264.
30 Ibidem, pp. 266-270.
31 Id., Didáctica Magna e Pansophia, Firenze, La Nuova Italia, 1952, pp. 46-63.
32 Ibidem, p. 64; si veda anche Comenio, Pampaedia, cit., p. 139.
33 J. Elias, S. Merriam, Philosophical Foundations Of Adult Education, cit, p. 110. Secondo i due autori, i principi unitari delEumanesimo non impediscono che i modelli di uomo pro- posti spazino, ad esempio nella cultura italiana, dal Cortigiano di Castigliane al Principe di Machiavelli.
34 B. Suchodolsky (1960), Pedagogía dell'essenza e pedagogía dell'esistenza, trad, it., Roma, Armando, 19621, p. 31.
35 Ibidem, pp. 43-45.
36 R. Fadda, La cura, la forma, il rischio. Percorsi di psichiatria e di pedagogía critica, Milano, Unicopli, 1997, ad esempio alle pp. 108-109.
37 B. Suchodolsky, cit., pp. 62-76.
38 Ibidem, p. 114.
39 Ibidem, pp. 119-124: l'autore, pur non nominándolo, fa riferimento al marxismo.
40 J. Dewey (1938), Esperienza e educazione, trad, it., Firenze, La Nuova Italia, 199610, p. 3
41 Ibidem, p. 14.
42 Si veda, in proposito, la distinzione tra Erlebnis e Erfahrung, in R. Fadda, Sentieri della formazione, cit., p. 24.
43 J. Dewey, Esperienza e educazione, cit., p. 49.
44 Ibidem, p. 28.
45 E. H. Erikson (1963), Infanzia esocietà, Roma, Armando, 200119.
46 Come si è già visto, l'idea del procederé dal concreto all'astratto è già contenuta nella Di- dáctica Magna di Comenio.
47 J. Dewey, Esperienza e educazione, cit., p. 33.
48 A. H. Maslow (1954), Motivazione e personalitá, trad, it., Roma, Armando, 1973, pp. 123- 125.
49 Ibidem, p. 125.
50 Ibidem, p. 228.
51 Ibidem, pp. 339-340.
52 Ibidem, pp. 341-343.
53 Ibidem, pp. 344-345.
54 Se si considera il bambino nella famiglia e negli altri luoghi formativi, Fapprendimento non intenzionale corrisponde soprattutto all'acquisizione di tratti provenienti dall'esempio, dunque dall'essenza delle persone che lo circondano e dall'ambiente in senso più generale.
55 P. Freire (1974), La pedagogía degli oppressi, trad, it., Milano, Mondadori, 1971.
56 Si tratta di un apprendimento che comporta: 1) coinvolgimento personale; 2) autopro- mozione; 3) pervasivitá; 4) autovalutazione, infine: 5) il suo significato viene incorporato nell'esperienza totale del discente: in J. Elias, S. Merriam, Philosophical Foundations Of Adult Education, cit., pp. 127-128.
57 G. Blandino, Il ruolo deifattori emotivi nell'apprendimento dell'adulto, in A. M. Mariani, M. Santerini (a cura di), Educazione adulta, cit., p. 162.
58 R. Fadda, La cura, la forma, il rischio, cit.
59 Ibidem, pp. 33-121.
60 R. Bodei, Comprendere, modificarsi. Modelli eprospettive di razionalità trasformatrice, cit., pp. 203-216.
61 S. Tramma, Educazione degli adulti, Milano, Guerini, 19971, p. 30.
62 A. G. Naccari, Pedagogía dei cicli di vita in età adulta, Roma, Anida, 2010, pp. 38-40.
63 M. S. Knowles, Quando l'adulto impara. Pedagogía e andragogia, cit., pp. 22-25.
64 Ibidem, p. 40.
65 Ibidem, p. 56.
66 Ibidem, p. 60.
67 A. H. Maslow, Motivazione e personalità, cit., p. 434. Maslow scrive: «Pochissimo sappia- mo deH'apprendimento nei campi in cui non c'è una subordinazione ad un fine, per esempio dell'apprendimento latente, dell'apprendimento sulla base di interessi genuini ed intrinseci ecc.».
68 M. S. Knowles, Quando l'adulto impara. Pedagogía e andragogia, cit., pp. 70- 84.
69 L'espressione, attribuita a J. L. Elias, è riportata in A. M. Mariani, L'educazione in età adul- ta, in A. M. Mariani, M. Santerini (a cura di), Educazione adulta, cit., p. 135.
70 J. Mezirow (1991), Apprendimento e trasformazione, trad, it., Milano, Raffaello Cortina Editore, 2003, p. 12.
71 Mezirow coglie diverse direttive sull'interpretazione e la comunicazione dalle teorie di J. Habermas.
72 J. Mezirow, Apprendimento e trasformazione, cit., pp. 13-15.
73 Ibidem, p. 15.
74 Ibidem, pp. 181-187.
75 P. Jarvis, Libera scelta, liberté e apprendimento autodiretto, in G. P. Quaglino, Autoforma- zione, Milano, Raffaello Cortina, 2004.
76 In proposito si veda S. Tramma, Educazione degli adulti, cit., p. 72.
77 M. Bruscaglioni, La gestione dei processi nella formazione degli adulti, Milano, FrancoAn- geli, 1997, p. 21.
78 Ibidem, pp. 25-28.
79 Ibidem, pp. 41-55.
80 D. Levinson, The seasons of a man's life, Ballantine Books, New York, 1978.
81 Oltre a A. G. Naccari, Pedagogía dei cicli di vita in età adulta, cit.; si vedano D. Demetrio, Manuale di educazione degli adulti, Roma-Bari, Laterza, 20032, pp. 33-50; D. Loro, Pedagogía della vita adulta, Brescia, La scuola, 2006; S. Tramma, Educazione degli adulti, cit..
82 A.H. Maslow, Motivazione epersonalità, cit. p. 125.
83 R. Fadda, Sentieri della formazione, cit., pp. 39-58 e pp. 165-183.
84 P. Jarvis, Libera scelta, liberté e apprendimento autodiretto, cit., p. 61.
85 A. M. Mariani, L'educazione in été adulta, in A. M. Mariani, M. Santerini (a cura di), Edu- cazione adulta, cit., p. 120.
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Claudia Secci
Ricercatore di pedagogía generale e sociale, Università di Cagliari
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Abstract
An historical path is followed, aimed at identifying the notion of adult learning and its evolution from the ancient times until nowadays. With especial reference to the contemporary age, the concept of learning is considered in relation to the notions of education, lifelong construction of the subject, comprehension and development, as it appears in some philosophical, pedagogical and psychologi- cal perspectives. Particular attention is moreover pinned on the contribution of humanistic psychology and of andragogy. [PUBLICATION ABSTRACT]
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