1. Una scuola nella 'scuola'
"Essendo nostro desiderio, e nostro peso di provvedere, che i Paggi, che servono nella nostra Corte ricevano una educazione proporzionata alia loro nascita, e siano indirizzati per un cammino che conduca allacquisto delle virtù, e de buoni costumi, vogliamo che per migliore, e più accurate regolamento del loro Governo, e de loro esercizi, come anche per fermare un método più fruttuoso, e più stabile alla forma del lor vivere, oltre a buoni ordini praticatisi per l'addietro dal Maestro, e SottoMaestro si facciano eziandio gli infrascritti osservare inviolabilmente per l'avvenire"1: cosi disponeva, il 14 Setiembre 1670, Cosimo III dei Medici, nelYlnstruzione e Capitoli da osservarsi nell'educazione dei Signori Paggi Rossi. A questa premessa facevano seguito 23 norme, indirizzate a paggi2, maestri, sottomaestri e servi, per l'organizzazione del percorso di studio di quei bambini nobili che venivano inviati dalle famiglie, a corte, per essere formati, all'interno délia paggeria3.
La stessa pratica era in uso, in età moderna, sia nelle corti italiane, sia in quelle straniere. Cosi riferiva, nel 1558, l'ambasciatore veneziano Giovanni Soranzo, di ritorno da un viaggio alla corte di Francia: "Vi sono anco cinquanta paggi, li quali si tengono per farli imparare a cavalcare, ed il re Ii fa vestire due volte l'anno délia sua livrea, e come si son fatti grandi escono di paggi, e il re dona loro un cavallo e cinquanta scudi"4.
Abitudine affine si riscontrava anche alla corte di Cario V, secondo quanto riportato dallambasciatoreMarino Cavalli, nel 1551: "Hasuamaestàda trenta in quaranta paggi, figliuoli di conti e signori suoi vassalli, e anche alcuni d'altra regione, per il viver dei quali sua maestà paga ogni giorno un sesto di scudo per uno a chi fa loro le spese, e di più il veste ogni anno, non molto riccamente, ma abbondantemente. Tien loro maestri che gl'insegnino danzare, giuocar di spada, cavalcare, volteggiare a cavallo e un poco di lettere. Questi, se continuano al servizio quindici o venti anni, sono cavati di paggi e fatti gentiluomini con un terzo di scudo al di di provvisione, e questi tali gentiluomini possono essere da venti in trenta"5.
Alio stesso modo a Firenze, Urbino, Ferrara, Torino, Modena o Mantova trovavano accoglienza, nelle paggerie di corte, bambini di circa dieci anni6, per compiere un percorso di studi e formazione della durata di cinque-sei anni, fondato sullesperienza nel servizio al signore, sull'acquisizione delle buone maniere e sull'esercizio nelle arti cavalleresche. Una pratica consolidata, di lunga tradizione e capillarmente organizzata, che faceva della corte, già in sé "gran maestra del vivere humano"7 - in quanto scena del potere e teatro del mondo -, anche luogo di formale apprendimento, sede di una vera e propria 'scuola', con articolate pratiche didattiche, con una precisa organizzazione interna e con un definite progetto formativo.
Una scuola tra le moite scuole delletà moderna, poco indagatafin ora, che costituiva un alternativa valida rispetto alie scuole laiche e religiose del tempo, cosí come rispetto alla tradizionale formazione legata al precettore private, in uso presso le famiglie nobili8.
Formarsi a corte ed entrare a far parte della paggeria significava, infatti, per il bambino lasciare la propria famiglia ed il proprio mondo culturale ristretto, per far parte di quell'universo curíale che Cesare Ripa, nella sua Iconología, nel 1593, aveva definite "teatro de gli honori, scala delle grandezze, e campo aperto delle conversationi, e delle amicitie; che impara di ubbidire, e di commandare, di essere libero e servo, di parlare e di tacere, di secondar le voglie altrui, di dissimular le proprie, di occultar gli odij, che non nuocono, di ascondere Tire, che non offendono, che insegna esser grave, e affabile, libe5 rale e parco, severo e faceto, delicato e patiente che ogni casa sà, e ogni cosa intende de' secreti de' Principi, delle forze de' Regni, de' provvedimenti delle Città, dell'elettione de'partiti, della conversatione delle fortune et, per diría in una parola sola, di tutte quelle cose più honorate, e degne in tutta la fabrica del Mondo, nel quale si fonda, e afferma ogni nostro operare e intendere"9.
Poter entrare nella paggeria significava accedere alio scenario del potere, divenirne parte integrante, poterlo osservare da vicino e apprenderne il funzionamento e le rególe, per poter un giorno, una volta "usciti di Paggi", agire all'interno di esso e fare carriera. Per le famiglie che vedevano accolti i propri rampolli nelle file dei pueri regii voleva dire, inoltre, consolidare alleanze, godere di favori e protezione da parte del principe e, cosi, rafforzare il proprio potere.
Solo a Firenze, presso la corte dei Medici, tra il 1588 e il 1735, vennero formati 513 paggi di cui all'incirca 70 stranieri10; un numero considerevole che, sommato a quello delle altre corti italiane ed europee, autorizza ad analizzare la paggeria come una delle "scuole" dell'età moderna.
Un oggetto storiografico recente e in gran parte ancora da studiare, rimaste a lungo a margine rispetto ai molteplici studi, degli ultimi decenni, sulla corte, sulla formazione dei cortigiani e sull'educazione dei principi. Uno studio che mérita peró attenzione, soprattutto in ámbito storico-educativo, perché va a colmare un'importante lacuna, per far ulteriore chiarezza su quel "guazzabuglio di diversi tipi di scuole" 11 - secondo l'efficace espressione di Robert Houston - che erano presentí, nei paesi europei, in età moderna.
Un'indagine che puó essere condotta anche secondo un'ottica comparativa12, confrontando la scuola di corte con le scuole coeve e analizzandone contaminazioni e differenze (pensó, ad esempio, ai modelli del collegio, dell'apprendistato o del precettore privato), cosi come secondo un'analisi di lunga durata che ne rintracci le origini dall'antichitá classica, passando attraverso l'educazione cavalleresca medievale, fino alia corte rinascimentale e oltre, per valutare l'evoluzione del modello formativo della paggeria e le sue caratteristiche nel tempo, secondo una doppia lettura, s ta sincrónica sia diacronica.
Uno studio certamente complesso e di difficile ricostruzione, poiché richiede un confronto serrato con una vasta serie di documenti d'archivio - pella maggior parte inediti - nei quali ricercare tracce della presenza dei paggi a corte: dalle relazioni degli ambasciatori ai resoconti delle feste, dai carteggi privati13 ai diari di cerimoniale e di etichetta, dai registri della Guardaroba e del Taglio agli Ordini, Capitoli e Istruzioni dei principi.
Una ricerca appena iniziata, sulla quale si sono affacciati, solo di recente, alcuni studiosi italiani14, che mérita sicuramente un più vasto approfondimento, per permeare nei gangli della formazione curíale e di quella scuola - nella "scuola" di corte15 - che è stata, per secoli, la "paggeria", luogo di apprendistato e di apprendimento quotidiano per generazioni di giovani paggi.
2. Tra norme e divieti: l'organizzazione della paggeria
"Assegni il maestro la stanza, et il letto ai Paggi novizi e vegga per quanto sia possibile, che in ogni tempo, e luogo stiano i grandi separati da piccoli, e trattino fra loro, co i riguardi della dovuta modestia"16. L'arrivo di un paggio a corte metteva in moto un processo organizzativo capillarmente definite e scandito da precise tappe che conferivano al novizio una sorta di nuova identità'. Una volta accolta la lettera di supplica - con la richiesta, al principe, di far entrare a corte il bambino, scritta da un genitore o da un parente17 - il piccolo, che accedeva a palazzo, 1. dismetteva i propri abiti civili, 2. veniva vestito dalla Guardaroba con la livrea di corte; 3. riceveva un giaciglio nelle stanze della paggeria ed 4. entrava sotto la diretta protezione del maestro/governatore dei paggi. Il 15 ottobre 1603, Belisario Vinta scriveva dalla villa di Artimino al Guardaroba maggiore di Pitti, affinché facesse immediatamente prendere la 'misura' al dodicenne "Signor Giorgio Berlingher [...] per vestirlo di tutto punto da capo a piedi"18.
La guardaroba forniva ai nuovi entrati un corredo completo per la permanenza a palazzo, da restituiré al momento delluscita dalla paggeria, in modo da poter essere riassegnato ad un altro paggio, dopo aver apportato le dovute modifiche19. II 24 dicembre 1560, vennero consegnati al paggio Ridolfo Sommara, che entrava alla corte dei Medici, "una uniforme da lavoro, composta da un cappotto con le mostré di raso, una casacca di velluto con le maniche anch esse di raso, un paio di calze di velluto con le trine, il berretto, una dozzina di stringhe e le scarpe a tre suole"20.
Indossate le insegne del potere principesco, attraverso la vestizione - dal valore altamente simbolico - délia livrea, il paggio entrava a far parte della 'famiglia di corte, sotto la protezione diretta del principe, pater patriae. Diveniva cosí esso stesso segno visibile della magnificenza del potere principesco, e la sua formazione, presso la paggeria, assumeva significati direttamente connessi alla complessa semiótica del potere21.
A corte il paggio veniva Vestito', nutrito', 'alloggiato' e 'formato' grazie alia liberalità del principe che, come dono, e in cambio di fedeltà e riconoscenza, si faceva carico del processo educativo del giovinetto. Questo processo si svolgeva aH'interno delle stanze della paggeria, appositamente pensate e predisposte per la cura dei pueri regii.
Nella Norma per il Guardarobba del Gran Palazzo della città di Fiorenza, redatta dal Guardaroba Maggiore Diacinto Maria Marmi, nel 1662, si ha traccia della composizione degli ambienti della paggeria medicea, a Palazzo Pitti22. Situata al secondo piano, nell'ala destra della reggia, al di sopra del quartiere dei Forestieri, la scuola di corte era composta da vari ambienti. Vi era la stanza del maestro dei paggi, collocata in modo da poter controllare gli spostamenti dei giovani ospiti23, alcune camerate-dormitorio per i paggi e per i servi, con letti in ferro "fissi al muro", "sacconi di canovaccio impuntiti alia franzese" e "meterasse di traliccio e lana"24 e alcuni ambienti per le lezioni: tra i quali una stanza con "una tavola d'albero fissa al muro da alzare, e abbassare", sulla quale si posava "il modello delle piante di fortezze o simili [...] per imparare a disegniare"25, e un'altra con "un cavallo di legnio coperto di pelle di cavallo con sella di marocchino ferma sopra", necessario "per imparare a saltare a cavallo"26. Vi era anche una stanza adibita a salottino, destinata alie ore di riposo dei paggi e arredata "con dei trespoli, sistemati intorno ad un tavolo"27 e delle panche. Per una scala interna alia paggeria, i ragazzi potevano, poi, raggiungere - attraversando il "Cortile de' paggi" - una sala al piano terreno, destinata, in estate, al pranzo28.
La scuola era una sorte di micro-comunità all'interno del palazzo, con un'esistenza semi-autonoma e distaccata rispetto al resto della corte29.1 paggi dovevano, infatti, essere protetti dai pericoli e dalle insidie dell'ambiente curíale e il principe stesso se ne faceva garante - attraverso precise disposizioni - rispondendo in prima persona nei confronti delle famiglie che - in segno di massima riconoscenza - avevano affidato i propri figli alie sue cure.
Molti erano i richiami negli Ordini e Capitoli di corte al contrallo dei costumi e della morale dei giovani paggi e altrettanti erano i dispositivi di controllo e sorveglianza messi in atto nella paggeria. Nell'Ordine et officij de casa de lo Illustrissime Signor Duca de Urbino, scritto fra la fine del Quattrocento e i primi anni del Cinquecento, si disponeva che i paggi non "dormisseno cum camerieri né altramenti che soli, possendo ciaschuno cum lo suo matarazetto"30; II maestro doveva accertarsi continuamente che vivessero "honestamente", non lasciandoli "andaré mai soli che non siano doi insieme et più secundo el locho sospecto", metiendo loro, se necessario, "le spie deretro ació che prevaricando potessino essere puniti"31.
"Quando i Paggi saranno a trattenersi in alcun luogo del nostro Palazzo, o sia il Cortile, o le Loggie, o il Giardino - disponeva Cosimo III - stiano sempre tutti insieme fra di loro, senza allontanarsi dai Maestri, o mescolarsi con altri: avvertano di non entrare in alcuna delle stanze et officine delli uffizi di Corte, ne di mettersi a discorrere, o a passeggiare con chi non sia loro stretto parente, e ció con la licenza del Maestro"32. Importante era controllare che non fosse "dato adito nelle stanze a persona senza licenza del Maestro, il quale sia di giorno come di notte" doveva tenere "le chiavi appresso di se" e "acceso il lume per ogni bisogno"33.
La corte, se da un lato offriva eccezionali condizioni di formazione, era, dall'altro, un luogo ricco di insidie per i giovanissimi paggi che potevamo venire a contatto - come avvertiva Tommaso Garzoni ne La piazza universale di tutte le professioni del mondo (1589) - "con cortigiani viziosi e depravati affatto, per cagione dei quali" i paggi potevano divenire "golosi, lascivetti, morbidi, superbetti, indiscreti, incivili e viziosetti da ogni parte"34. La frequentazione quotidiana con cortigiani, servitori e paggi di diversa età e provenienza rendeva necessario un rígido contrallo dei comportamenti, delle condotte e degli spostamenti dei ragazzi a corte.
La giornata dei paggi a palazzo si svolgeva cosi sotto l'occhio vigile del maestro che, ogni giorno, sceglieva chi inviare al servizio del signore, presso i diversi uffici della corte (camera, tavola, sala del trono...) e chi, invece, far rimanere a lezione (di matematica, latino, danza, scherma, volteggio...), nei locali della paggeria.
Pochi, ma presentí, i momenti di svago e di gioco: il maestro poteva talvolta condurre - secondo le disposizioni di Cosimo III - i paggi fuori città e, una volta alla settimana, poteva concedere loro di giocare alia Palla o al Palloncino nel Prato o sotto le Logge di palazzo Pitti. Assolutamente banditi erano i giochi nelle stanze "salvo che dalla sera di Natale fino a tutto il di dell'Epifania, e gli ultimi giorni del Carnevale, a condizione peró, che il gioco" fosse "moderato"35. Vietati del tutto erano, secondo le disposizioni della corte di Urbino, "omne giocho de dadi, tavole, carte et omne altro giocho inhonensto"36.
A Firenze era permesso - sempre sotto stretto contrallo - fare anche delle "bagnature" in Arno: i ragazzi venivano accompagnati in carrozza o a cavallo dai maestri e potevano entrare in acqua provvisti di "notatore", usando "ogni rispetto, e modestia fra di loro"37.
L'organizzazione della scuola di corte ricopriva ogni aspetto della permanenza a palazzo e della formazione dei pueri regir, dalle lezioni dei maestri alio svolgimento dei servizi al signore, dalla selezione e scelta dei docenti alie rególe di condotta dei giovinetti, dai giochi e gli svaghi ai libri da ammettere nella stanze (banditi quelli "inutili" e "poco onesti, ma solo libri latini, libri di Istorie, et altri che appartengono alle professioni che ivi si studieranno"38), fino alle disposizioni per il barbiere che "una volta la settimana almeno" doveva andaré "a servire i Paggi"39 e ai trattamenti medici " se ad alcuni Paggi sopravvenisse malattia"40.
Un apparato di norme e di rególe - certamente spesso trasgredite con inosservanze e malfunzionamenti41 - ma che ci rimandano i caratteri di una struttura razionalmente organizzata, con ruoli e mansioni ben definiti, con consolidate modalità di gestione e con prassi educative collaudate, finalizzate a sostenere e a portare a compimento Y iter formativo dei giovani paggi - dalla vestizione délia livrea, fino all'uscita dalla paggeria - in vista di carrière come ambasciatori, cortigiani, uomini d'arme, funzionari di corte.
3. Tra arti cavalleresche e servizio al signore: il curriculum formativo
Nel 1528, veniva pubblicato II libro del Cortegiano di Baldassarre Castiglione nel quale si descriveva "la forma di cortigiania più conveniente a gentilomo che viva in corte de' principi, per la quale egli possa e sappia perfettamente loro servire in ogni cosa ragionevole, acquistandone da essi grazia e dagli altri laude"42. Tra le qualità del perfetto cortigiano, il Castiglione indicava la capacita di "maneggiar ben ogni sorte d'arme"43, il saper lottare e duellare, il volteggiare a cavallo, il cacciare, l'essere "più che mediocremente erudito" nelle lettere44, il suonare e il danzare, l'"aver cognizione dell'arte del dipingere" e il saper conversare. Il tutto guidato da "una certa grazia" che renda il cortigiano "al primo aspetto a chiunque lo veda grato ed amabile"45, fuggendo ogni affettazione46 e usando "in ogni cosa una certa sprezzatura, che nasconda l'arte e dimostri ció che si fa e dice venir fatto senza fatica e quasi senza pensarvi"47. Un percorso di formazione denso e articolato che doveva - secondo il Castiglione - "cominciar per tempo", apprendendo i "principi da ottimi maestri"48. Lo stesso curriculum studiorum veniva riproposto, negli anni successivi, da molti testi che - prendendo a modello l'architesto castiglionesco - indicavano ai futuri cortigiani le qualità e le competenze necessarie per accedere a corte. Nel 1569, Giovanbattista Giraldi Cinzio, nell'i7omo di corte. Discorso intorno a quello che si conviene a giovane nobile e ben creato nel servire un gran principe, suggeriva al lettore di coltivare tra gli esercizi del corpo: il cavalcare, il giuoco délia palla, il duello, la danza, la caccia e tra gli esercizi dell'animo: gli studi delle lettere e la pittura49.
Su questi stessi saperi si articolava il programma di formazione délia paggeria di corte che, alternando le lezioni dei diversi maestri con il servizio diretto al principe, mirava a educare i giovani paggi "per acquistare gratia" - si legge nelle disposizioni urbinati - "et ació che deventino homini"50.
La corte formava i ragazzi, contemporáneamente, a più livelli, e secondo diversi dispositivi pedagogici: ad un primo livello si avevano processi di inculturazione, legati alla diretta permanenza nellambiente curíale. Il vivere a corte, di per sé, significava per i pueri regii - convittori nella paggeria - acquisire naturalmente una complessa grammatica comportamentale, adeguandosi gradatamente a precisi codici linguistici, a capillari rególe di contegno e ad articolati protocolli cerimoniali. Si trattava di un apprendimento osmotico, non formalizzato né direttamente intenzionale, che rendeva la permanenza del giovinetto a corte una sorta di lungo "viaggio di formazione". L'apprendimento era in questo caso di tipo mimetico, basato sulla possibilità di guardare e di essere guardati, sullassistere alia vita curíale e sul potersi muovere nella scena di corte, tutto il giorno, per tutto l'anno.
Ad un livello più formalizzato vi erano poi i servizi al signore. Si trattava di compiti, apparentemente semplici, ma dall'alto valore simbolico, perché svolti nelle vicinanze o al cospetto del principe51; capillarmente organizzati, secondo le rególe del cerimoniale e dell'etichetta, cosi da non cadere in errori o improvvisazioni52.
Nella camera del signore, ad esempio, i paggi, sotto il diretto contrallo del cameriere maggiore, si occupavano - secondo gli Ordini urbinati - della "guarda de la camera", "alchuni a lo spazare et nutriré el fuocho ali tempi", "alchuni a tenere le torce presente el signore", "alchuni a portare a presso sua signoria quelli vestiti in valise o quelli mantelli che Ii accadessero de adoperare"53; mentre, nel servizio delle Tavole dei Principi, svolto sotto il contrallo dello scalco, aiutavano "a portare la vivanda in tavola", servivano e facevano "il servizio delle torcie, accompagnando con esse personaggi fino alla porta"54.1 paggi avevano anche il compito di contrallare che fosse rispettato il cerimoniale da parte di chi era ammesso alla presenza del principe e di accompagnare il signore in viaggio, occupandosi del suo bagaglio (paggio di valigia).
Si trattava di incarichi, di volta in volta, distribuiti dal maestro dei paggi, secondo un preciso ordine gerarchico che teneva conto dell esperienzae dell'età dei giovinetti. Lo svolgimento delle diverse mansioni richiedeva l'adeguarsi al complesso cerimoniale di corte, adattando, al servizio richiesto, modi, gesti, posture, sguardi, parole e silenzi. Un tirocinio formativo e di apprendistato, giocato direttamente sul campo, continuamente osservato e controllato - sia dal responsabile del servizio che dal maestro dei paggi - e, se necessario, immediatamente corretto con avvertimenti e punizioni55.1 bambini, scelti dal maestro e inviati a svolgere i diversi "servizi", dovevano agiré con "diligenza" e "con modestia non disgiunta da maniere nobili, e cortesi con ogni sorte di persona"56. Finito il compito i paggi avevano l'obbligo di rientrare immediatamente nei locali della scuola, evitando di fermarsi con persone estranee, per dedicarsi alio studio delle diverse materie che andavano a completare il loro curriculum formativo.
Música, calligrafia, lettere, storia, geografía, matematica, disegno, fortificazione, danza, equitazione, scherma, esercizi dellarme, nuoto erano le materie e le attività che si svolgevano nella scuola di corte o in ambienti ad essa attigui, come, ad esempio, la scuola di Cavallerizza in Piazza San Marco, a Firenze, presso la quale i bambini si recavano in carrozza, da palazzo Pitti, per prendere lezioni di equitazione57.
L'insegnamento di alcune materie veniva affidato a maestri esterni che si recavano quotidianamente a palazzo e percepivano un regolare stipendio58. NcW'Istruzione e capitoli di Cosimo III si disponeva "che la mattina, e il giorno finito loffizio si diaprincipio alie scuole, non meno delli esercizi, che della lingua latina, la quale si insegna a tutti, e non si consenta ai minori di passare ad altri studi, se prima non saranno in quella suficientemente avanzati; Avvertiranno peró i Maestri delle stanze, di assegnar tempo per tempo lore alii Maestri di fuori, i quali, se non siano puntuali, o lasceranno giornate, oltre alle feste sollte, o mancheranno in altro al debito loro, ne sia dato conto dal Maestro, o dal SottoMaestro al nostro Maiordomo Maggiore, acció si provveda come sarà espediente"59.
II Maestro dei paggi - che secondo Cesare Evitascandalo, doveva essere "più tosto vecchio, che giovane, Iliterato con più sorte di virtù [....] diligente nell'insegnare, patiente e amorevole"60 - aveva il compito di vigilare sull'andamento della paggeria, sull'operato dei maestri e sulla condotta degli allievi, rispondendo direttamente al maggiordomo maggiore e quindi al Principe.
Periódicamente, nella paggeria florentina, i ragazzi dovevano presentare uno compito per dimostrare i loro progressi nello studio e l'efficacia dell'insegnamento dei maestri: "Ad effetto, che si vegga il profitto loro nelle lettere, e nelli esercizi cavallereschi, sia cura de Maestri, tanto di Casa, che di fuora, che ogni mese abbiano i Paggi all'ordine qualche studio da mostrare, quando verra lor comandato perché vogliamo che siano tutti chiamati per riconoscere, se nell'insegnare fanno la lor parte, et se i Paggi perdano inútilmente il tempo"61.
Qualora vi fosse stato uno studente particolarmente svogliato, "de poco ingegno, o desatto et adactarse a vivare senza pensiero, o vitioso et ribaldo", sarebbe stato necessario, secondo gli Ordini et officij urbinati, "più presto che se po' renderlo ali soi o darli altro inviamento ació che'l non perda tempo per sé et per altri, et cum nota del locho dove se alleva"62.
I ragazzi ricevevano cosi un'istruzione di tipo superiore, fondata sul model-lo cavalleresco-nobiliare, che Ii preparava ai possibili compiti che avrebbero un giorno svolto, sia all'interno della corte, sia al di fuori di essa. Una formazione che non trovava eguali nelle altre istituzioni educative del tempo poiché abbinava, come sottolineava Tommaso Garzoni, ne La piazza universale di tutte le profession! del mondo (1589), esercizio "nelle scienze, nelle creanze di corte, negli atti de cavalieri" e "negli uffici pertinenti al servizio de' principi"63.
Curriculum esplicito e curriculum implícito si integravano cosi a fondare un costume educativo stabile e duraturo64 che, a partiré dallo studio e dall'esperienza vissuta a palazzo, andava a creare nel giovane paggio un habitus comportamentale, condiviso nelle diverse corti italiane e straniere. Nella paggeria i giovani acquisivano cosi gli strumenti per affrontare il mondo curíale, per leggerne le rególe e i comportamenti e per poter agiré in esso, una volta adulti. Unapaideia nobiliare, formalizzata in precise rególe e contenuti, capace di permanere nel tempo, delineando un modello di formazione, rimasto a lungo ai margini, ma che vale sicuramente la pena continuare ad analizzare.
Laura Vanni, The "paggeria": a school at the prince's court
The text analyzes the organization of the "paggeria": the school, in the modern age, welcomed the children of noble families, in the court, with the aim to teach good manners, in the service of the Lord and to the rules of cortigiania. In an appendix to the text shows the handwritten document, signed by Cosimo III de' Medici, in 1670, alleging' "Istruzione e Capitoli da osservarsi nell'educazione dei Signori Paggi rossi", kept in the National Library of Florence.
1 Instruzione e Capitoli da osservarsi nell'educazione dei Signori Paggi Rossi, Firenze, IX, 1670, Biblioteca Nazionale di Firenze, Fondo Gino Capponi, ms. 241, 2r.
2 Nella prima edizione del Vocabolario della Crusca, del 1612, al lemma 'paggio' si legge la seguente definizione: "Famigliare, servidorgiovinetto, π?ιsfgr; [...]. Oggipropriamentepaggio si dice di garzonetto nobile, che serva Principe", in Vocabolario degli Accademici della Crusca, in Venezia, appresso Giovanni Alberti, 1612, ad vocem: paggio.
3 In appendice al saggio si riporta la trascrizione integrale del documento manoscritto conservato presso la Biblioteca Nazionale di Firenze, coll. Fondo Gino Capponi, ms. 241.
4 Relazione di Francia del carissimo Giovanni Soranzo tomato ambasciatore da quella corte nel 1558, in Relazioni degli ambasciatori veneti al Senate, raccolte, annotate ed edite da Eugenio Alberi, Firenze, Tipografía e calcografía all'insegna di Clio, 1840, vol. IV, p. 440.
5 di Marino Cavalli ritornato ambasciatore da Carlo V l'anno 1551, in Relazioni degli ambasciatori veneti al Senate, op. cit., pp. 205-6.
6 L'età di entrata, come quella di uscita, dalla paggeria era variabile. Di solito si entrava a corte a dieci/undici anni, ma vi erano anche bambini di sei-sette anni. Alio stesso modo, di solito, si terminava il percorso di formazione a sedici-diciassette anni, ma alcuni lasciavano prima la paggeria o altri vi permanevano fino ai diciotto anni e oltre. Si confronti, a tale proposito, il Ruolo della paggeria di S.A.S. come stanno il di 10 novembre 1684 conservato presso la Biblioteca Nazionale di Firenze, coll. Fondo Gino Capponi, ms. 241. Nel registro venivano segnati i paggi al momento dell'entrata a corte con nome, cognome, età, data di fine servizio e talvolta si trova indicata anche l'occupazione successiva all uscita dalla paggeria.
7 C. Ripa, Iconología, (1593), Milano, Tea, 2005, ad vocem: corte.
8 Cfr. R Grendler, La scuola nel Rinascimento italiano, Roma, Laterza, 1991 e R. A. Houston, Cultura e istruzione nell'Europa moderna, Bologna, Il Mulino, 1997.
9 C. Ripa, Iconología, op. cit.
10 I dati sono ripresi dallo studio di Iolanda Protopapa, La paggeria: una scuola per lagiovane nobiltà, in S. Berteiii, R. Pasta (a cura di), Vivere a Pitti. Una reggia dai Medici ai Savoia, Firenze, Olschki, 2003, p. 33.
11 R. A. Houston, Cultura e istruzione nell'Europa moderna, Bologna, Il Mulino, 1997, p. 21.
12 A tale proposito A. Cont afferma: "Tanto più interessante appare allora indagare il grado in cui i 'programmi' educativi, la distribuzione dei compiti cerimoniali e l'organizzazione delle camerate nelle scuole per paggi risentissero del condizionamento culturale di istituti come i collegi, le accademie, i seminari, oppure esercitassero a loro volta un influsso più o meno forte su queste strutture", in A. Cont, Servizio al principe ed educazione cavalleresca: i paggi nelle corti italiane del Seicento, parte prima, "Studi secenteschi", 52, 2011, p. 218.
13 Particolarmente interessante sarebbe recuperare tracce di 'scritture-bambine' nelle lettere inviate dai paggi ai genitori, per poter ricostruire in modo più dettagliato la vita dei bambini a corte e il loro percorso di studi. Cfr. Q. Antonelli, E. Becchi, Scritture bambine, Roma, Laterza, 1995.
14 Cfr., in modo particolare, A. Cont, Servizio al principe ed educazione cavalleresca: i paggi nelle corti italiane del Seicento, op. cit., pp. 211-256; Id., Servizio alprincipe ed educazione cavalleresca: i paggi nelle corti italiane del Seicento, parte seconda, "Studi secenteschi", 53, 2012, pp. 141-180; I. Protopapa, La paggeria: una scuola per la giovane nobiltà, in S. Berteiii, R. Pasta (a cura di), Vivere a Pitti. Una reggia dai Medici ai Savoia, op. cit., pp. 27-44. Alcuni brevi riferimenti si ritrovano anche nel saggio di M. P. Paoli, Di madre in figlio: per una storia dell'educazione alia corte dei medici, in "Annali di Storia di Firenze", III, on line: http://www.dssg.unifi.it/SDF/annali/ annali2008.htm, ultima consultazione 6 settembre 2012 e nel volume di G. Guerzoni, Le corti estensi e la devoluzione di Ferrara del 1598, Modena, Archivio storico Comune di Modena, 2000.
15 Per l'analisi della corte come scuola di formazione mi permetto di rimandare al mio saggio su La corte come istituzione educativa: la formazione del cortigiano, in "Studi sulla formazione", 2-2011, pp. 127-14.
16 Instruzione e Capitoli da osservarsi nell'educazione dei Signori Paggi Rossi, Firenze, IX, 1670, op. cit., 3 r.
17 Si veda, a titolo di esempio, la lettera di raccomandazione di Lelio Alii, in favore del figlio, conservata presso l'Archivio di Stato di Firenze, ASF, MM, 33, c 50 r.
18 In M. Fantoni, La corte del granduca. Forme e simboli del potere mediceo fra Cinque e Seicento, Roma, Bulzoni, 1994, p. 84.
19 La Guardaroba forniva, inoltre, ai paggi i vestiti per la città e la campagna, oltre alia biancheria per ogni stagione. Le livree cambiavano di colore in base al grado, o in base all'occasione d'uso (cerimonie, battesimi, lutti).
20 I. Protopapa, La paggeria: una scuola per la giovane nobiltà, in S. Berteiii, R. Pasta (a cura di), Vivere a Pitti. Una reggia dai Medici ai Savoia, op. cit., p. 43.
21 Cfr. S. Berteiii, F. Cardini, E. Garbero Zorzi, Lecorti italiane delRinascimento, Milano, Mondadori, 1985; S. Bertelli, G. Crifô (a cura di), Rituale, cerimoniale, etichetta, Milano, Fabbri, 1985; M. Fantoni, La corte del granduca. Forme e simboli del potere mediceo fra Cinque e Seicento, op. cit.
22 Cfr. D. M. Marmi, Norma per il Guardarobba del Gran Palazzo della città di Fiorenza dove habita il Ser. mo Gran Duca di Toscana. Per la quale si dimostra da Diacinto M.a Marmi al presente Guardarobba di detto Palazzo il modo più facile, per rendersi più spedito, e diligente al maneggio di essa, opera conservata presso la Biblioteca Nazionale di Firenze, coll. Magliabechiano II.1.284.
23 Sull'organizzazione panottica degli spazi cfr. M. Foucault, Sorvegliare e puniré. Nascita della prigione, Torino, Einaudi, 2005.
24 In S. Bertelli, Palazzo Pitti dai Medici ai Savoia, in A. Bellinazzi, A. Contini (a cura di), La corte di Toscana dai Medici ai Lorena, Roma, Ministero per i beni e le attività culturali, Direzione generale per gli archivi, 2002, p. 32.
25 I. Protopapa, La paggeria: una scuola per la giovane nobiltà, in S. Berteiii, R. Pasta (a cura di), Vivere a Pitti. Una reggia dai Medici ai Savoia, op. cit., pp. 38-39.
26 Archivio di Stato di Firenze, GM, 725, cc.l2r-14r.
27 In S. Bertelli, Palazzo Pitti dai Medici ai Savoia, in A. Bellinazzi, A. Contini (a cura di), La corte di Toscana dai Medici ai Lorena, op. cit., p. 32.
28 Cfr. I. Protopapa, La paggeria: una scuola per la giovane nobiltà, in S. Bertelli, R. Pasta (a cura di), Vivere a Pitti. Una reggia dai Medici ai Savoia, op. cit., pp. 36-41 e S. Bertelli, Palazzo Pitti dai Medici ai Savoia, in A. Bellinazzi, A. Contini (a cura di), La corte di Toscana dai Medici ai Lorena, op. cit., pp. 32-33.
29 Cfr. M. Fantoni, La corte del granduca. Forme e simboli del potere mediceo fra Cinque e Seicento, op. cit., p. 62.
30 Ordine et officij de casa de lo Illustrissime Signor Duca de Urbino, a cura di S. Eiche, Urbino, Accademia Raffaello, 1999, p. 99.
31 Ivi, p. 103.
32 Instruzione e Capitoli da osservarsi nell'educazione dei Signori Paggi Rossi, Firenze, IX, 1670, op. cit., 3v.
33 Ivi, 3r.
34 T. Garzoni, La piazza universale di tutte leprofessioni del mondo (1589), a cura di P. Cerchi, B. Collina, II, Torino, Einaudi, 1996, p. 1079, ad vocem: paggio.
35 Instruzione e Capitoli da osservarsi nell'educazione dei Signori Paggi Rossi, Firenze, IX, 1670, op. cit, 6r.
36 Ordine et officij de casa de lo Illustrissime Signor Duca de Urbino, op. cit., p. 100.
37 Instruzione e Capitoli da osservarsi nell'educazione dei Signori Paggi Rossi, Firenze, IX, 1670, op. cit., 4v.
38 Ivi, 5v.
39 Ivi, 6r.
40 Ivi, 4v.
41 Cfr. A. Cont, Servizio al principe ed educazione cavalleresca: i paggi nelle corti italiane del Seicento, op. cit., pp. 167-180.
42 ?. Castiglione, Il libro del Cortegiano, (1528), Milano, Garzanti, 1999, p. 15.
43 Ivi, p. 51.
44 Ivi, p. 93.
45 Ivi, p. 41.
46 Cfr. ivi, p. 59.
47 Ivi, p. 59-60.
48 Ivi, p. 58.
49 Cfr. G. Giraldi Cinzio, L'uomo di corte. Discorso intorno a quello che si conviene a giovane nobile e ben creato nel servire un gran principe (1569), Modena, Mucchi editore, 1989.
50 Ordine et officij de casa de lo Illustrissime Signor Duca de Urbino, op. cit., p. 103.
51 Cfr. S. Bertelli, Il corpo del re: sacralità delpotere nell'Europa medievale e moderna, Firenze, Ponte alle Grazie, 1995.
52 Cfr. S. Bertelli, G. Crifo (a cura di), Rituale, cerimoniale, etichetta, op. cit.
53 Ordine et officij de casa de lo Illustrissime Signor Duca de Urbino, op. cit., p. 99.
54 C. Evitascandalo, Dialogo del maestro di casa, nel quale si contiene di quanto il maestro di casa deve essere instrutto, et a ciascun'altro, che voglia essercitare officio in corte, deve sapere, et operare. Utile a tutti Ii padroni, cortegiani, officiali eservitori della corte, in Roma, appresso Gio. Martinelli, 1598, p. 197.
55 Instruzione e Capitoli da osservarsi nell'educazione dei Signori Paggi Rossi, Firenze, IX, 1670, op. cit., 5v.
56 Ivi, 4r.
57 Cfr. ivi, 2v.
58 Cfr. I. Protopapa, La paggeria: una scuola per la giovane nobiltà, in S. Berteiii, R. Pasta (a cura di), Vivere a Pitti. Una reggia dai Medici ai Savoia, op. cit., p. 35.
59 Instruzione e Capitoli da osservarsi nell'educazione dei Signori Paggi Rossi, Firenze, IX, 1670, op. cit., 2r-2v.
60 C. Evitascandalo, Dialogo del maestro di casa, nel quale si contiene di quanto il maestro di casa deve essere instrutto, et a ciascun 'altro, che voglia essercitare officio in corte, deve sapere, et operare. Utile a tutti Ii padroni, cortegiani, officiali e servitori della corte, op. cit., p. 190.
61 Instruzione e Capitoli da osservarsi nell'educazione dei Signori Paggi Rossi, Firenze, IX, 1670, op. cit., 6r.
62 Ordine et officij de casa de lo Illustrissime Signor Duca de Urbino, op. cit., p. 104.
63 T. Garzoni, La piazza universale di tutte le professioni del mondo (1589), a cura di P. Cerchi, B. Collina, II, op. cit., p. 1079, ad vocem: paggio.
64 Cfr. M. Ferrari (a cura di), Costumi educativi nelle corti europee (XIV-XVIII secolo), Pavia, Pavia University Press, 2010, pp. 17-26.
Bibliografia
Q. Antonelli, E. Becchi, Scritture bambine, Roma, Laterza, 1995.
E. Becchi, M. Ferrari, Formare alle professioni. Sacerdoti, principi, educatori, Milano, Franco Angelí, 2009.
A. Bellinazzi, A. Contini (a cura di), La corte di Toscana dai Medid ai Lorena, Roma, Ministero per i beni culturali e ambientali, 2002.
S. Berteiii, II corpo del re: sacralità delpotere nell'Europa medievale e moderna, Firenze, Ponte alle Grazie, 1995.
S. Berteiii, F. Cardini, ?. Garbero Zorzi, Le corti italiane del Rinascimento, Milano, Mondandori, 1985.
S. Berteiii, G. Crifo (a cura di), Rituale, cerimoniale, etichetta, Milano, Fabbri, 1985.
S. Berteiii, R. Pasta (a cura di), Vivere a Pitti. Una reggia dai Medici ai Savoia, Firenze, Olschki, 2003.
F. Cambi, Storia della pedagogía, Roma-Bari, Laterza, 1995.
F. Cambi, S. Ulivieri (a cura di), Isilenzi nell'educazione. Studi storico-pedagogici, Firenze, La Nuova Italia, 1994.
Capitoli de'paggi, sec. XVI (ante 1597), Archivio di Stato di Modena, Archivio segreto estense (ASE), Casa e Stato (CS), Corte, b. 454.
B. Castiglione, II libro del Cortegiano, (1528), Milano, Garzanti, 1999.
A. Cont, Servizio al principe ed educazione cavalleresca: i paggi nelle corti italiane del Seicento, parte prima, "Studi secenteschi", 52, 2011, pp. 211-256.
?. Cont, Servizio al principe ed educazione cavalleresca: i paggi nelle corti italiane del Seicento, parte seconda, "Studi secenteschi", 53,2012, pp. 141-180.
F. Diaz, II granducato di Toscana. I Medici, in Storia d'Italia, vol. XIII, tomo I, Torino, Utet, 1976.
M. Domenichelli, Cavaliere e gentiluomo. Saggio sulla cultura aristocratica in Europa (1513-1915), Roma, Bulzoni, 2002.
C. Evitascandalo, Dialogo del maestro di casa, nel quale si contiene di quanto il maestro di casa deve essere instrutto, et a ciascun'altro, che voglia essercitare officio in corte, deve sapere, et operare. Utile a tutti li padroni, cortegiani, officiait e servitori della corte, in Roma, appresso Gio. Martinelli, 1598.
M. Fantoni, La corte del granduca. Forme e simboli delpotere mediceofra Cinque e Seicento, Roma, Bulzoni, 1994.
M. Ferrari, "Per non manchare in tuto del debito mió". L'educazione dei bambini Sforza nel Quattrocento, Milano, Franco Angelí, 2000.
M. Ferrari (a cura di), Costumi educativi nelle corti europee (XIV- VIII secolo), Pavia, Pavia University Press, 2010.
T. Garzoni, La piazza universale di tutte leprofessioni del mondo (1589), a cura di P. Cerchi, B. Collina, II, Torino, Einaudi, 1996.
G. Genovesi (a cura di), Paideia rinascimentale. Educazione e "buone maniere" nel XVI secolo, Napoli, Liguori, 2011.
L. Ginori-Lisci, I palazzi di Firenze nella storia e nell'arte, Firenze, Cassa di Risparmio di Firenze, 1972, 2 voll.
G. Giraldi Cinzio, L'uomo di corte. Discorso intorno a quello che si conviene a giovane nobile e ben creato nel servire un gran principe (1569), Modena, Mucchi editore, 1989.
P. Grendler, La scuola nel Rinascimento italiano, Roma, Laterza, 1991.
G. Guerzoni, Le corti estensi e la devoluzione di Ferrara del 1598, Comune di Modena, Archivio Storico, 2000.
R. A. Houston, Cultura e istruzione neïl'Europa moderna, Bologna, Il Mulino, 1997.
Instruzione e capitoli da osservarsi neïl'educazione de' Signori Paggi rossi, Firenze, 14.IX.1670, Biblioteca Nazionale di Firenze, coll. Fondo Gino Capponi, ms.241.
Lettera per la sostituzione di un paggio cagionevole di salute con un altro, Archivio di Stato di Firenze, MM, 33, c. 54 r.
Lettera di raccomandazione di Lelio Alii in favore del figlio, Archivio di Stato di Firenze, MM, 33, c. 50 r.
A. Mariani, Foucault: per una genealogía dell'educazione. Modello teorico e dispositivi di governo, Napoli, Liguori, 2000.
D. M. Marmi, Norma per il Guardarobba del Gran Palazzo della città di Fiorenza dove abita il Ser. mo Gran Duca di Toscana. Per la quale si dimostra da Diacinto M.a Marmi al presente Guardaroba di detto Palazzo il modo più facile, per rendersipiù spedito, e diligente al maneggio di essa, Biblioteca Nazionale Firenze, Magliabechiano II.I.284.
G. L. Masetti Zannini, Maestri di creanza e paggi nel cinquecento romano, Roma, Roma amor, 1984.
Ordine et officij de casa de lo illustrissime signor duca de Urbino, a cura di S. Eiche, Urbino, Accademia Raffaello, 1999.
M. P. Paoli (a cura di), Saperi a confronto nell'Europa di antico regime, Atti del convegno (Pisa 2006), Pisa, Edizioni della Normale, 2008.
M. P. Paoli, Di madre in figlio: per una storia dell'educazione alia corte dei medid, in "Annali di Storia di Firenze", III, on line http://www.dssg.unifi.it/ SDF/annali/annali2008.htm, ultima consultazione 6 setiembre 2012.
G. Papagno, A. Quondam (a cura di), La corte e lo spazio: Ferrara estense, Roma, Bulzoni, 1982.
A. Prosperi (a cura di), La corte e il "cortegiano", Roma, Bulzoni, 1980.
I. Protopapa, La paggeria: una scuola per la giovane nobiltà, in S. Berteiii, R. Pasta (a cura di), Vivere a Pitti. Una reggia dai Medici ai Savoia, Firenze, Olschki, 2003, pp. 27-44.
A. Quondam, Forma del vivere. L'etica del gentiluomo e i moralisti italiani, Bologna, Il Mulino, 2010.
Relazioni degli ambasciatori veneti al senato, a cura di E. Albéri, Firenze, La Nuova Italia, 1839-1863, voll. 15.
Relazioni degli ambasciatori veneti al senato, a cura di E. Sagarizzi, Bari, Laterza, 1916, voll. 3.
C. Ripa, Iconología, (1593), Milano, Tea, 2005.
Ruolo della paggeria di S.A.S. come stanno il dï 10 novembre 1684, Biblioteca Nazionale di Firenze, coll. Fondo Gino Capponi, ms. 241.
R. Sabbadini, La grazia e l'onore. Principe, nobiltà e ordine sociale nei ducati farnesiani, Roma, Bulzoni, 2001.
L. Vanni, La corte come istituzione educativa; laformazione del cortigiano, in "Studi sulla formazione", 2-2011, pp. 127-141.
L. Vanni, Per un'archeologia della scuola. Le "lunghe durate" e il "palinsesto", Clueb, Bologna, 2011.
A. Ventura (a cura di), Relazioni degli ambasciatori veneti al senato, Bari, Laterza, 1980.
Vocabolario degli Accademici della Crusca, in Venezia, appresso Giovanni Albert!, 1612.
Appendice
Instruzione e Capitoli da osservarsi nell'educazione dei Signori Paggi rossi, Firenze, 14 Setiembre 1670, trascrizione del documento manoscritto conservato presso la Biblioteca Nazionale di Firenze, Fondo Gino Capponi, ms. 241. [nota: la numerazione dei capitoli è conforme all'originale. Sono state sciolte le abbreviazioni. Tra parentesi si tro vano le parole di dubbia interpretazione].
C <: >i»n<: 'Ji r/f J'i r r!i 'j)?<: (j'nnir!af a tfi /<:X //tl·/
[2i\] Essendo nostro desiderio, e nostro peso di provvedere, che i Paggi, che servono nella nostra Corte ricevano una educazione proporzionata alla loro nascita, e siano indirizzati per un cammino che conduca allacquisto délia virtù, e de buoni costumi, vogliamo che per migliore, e più accurate regolamento del loro Governo, e de loro esercizi, come anche per fermare un método più fruttuoso, e più stabile alla forma del lor vivere, oltre a buoni ordini praticatisi per l'addietro dal Maestro, e SottoMaestro si facciano eziandio gli infrascritti osservare inviolabilmene per lavvenire.
1. Che sia cura del Maestro l'allevargli col timore d'Iddio, facendo loro recitare ogni giorno l'offizio della Madonna tutti insieme all'ore consuete il giovedi quello dello Spirito Santo, ed il venerdi [l'altro] della Croce. Di farli udire ogni mattina la messa, recitare ogni sera le sollte orazioni, e confessare almeno una volta il mese, e tutte le feste più principali col veder che si comunichino quelli che saranno in età. Poi ogni settimana sia letta la Dottrina Cristiana per instruzione de più piccoli.
2. Che la mattina, e il giorno finito l'offizio si dia principio alle scuole, non meno delli esercizi, che della lingua latina, la quale si insegna a tutti, e non si consenta ai minori di passare ad altri studi, se prima non saranno in quella suficientemente [2v.] avanzati; Avvertiranno peró i Maestri delle stanze, di assegnar tempo per tempo lore alii Maestri di fuori, i quali, se non siano puntuali, o lasceranno giornate, oltre alle feste sollte, o mancheranno in altro al debito loro, ne sia dato conto dal Maestro, o dal SottoMaestro al nostro Maiordomo Maggiore, acció si provveda come sarà espediente.
3. Nel dare i luoghi per la scuola della Cavallerizza, sia il maestro, col medesimo nostro Maiordomo Maggiore, dimostrandolsi, a chi [si] aspettino secondo l'ordine dell'anzianità, la quale resti osservata, quando alcuno pero non la demeritasse, o co'l poco profitto, ed attenzione alli loro esercizi, o con l'inobbedienza, o con altri difetti, da conoscersi per l'istesso nostro Maiordomo Maggiore.
Quelli poi che haveranno la [suddetta] abilità ogni volta che Ii tocchi il turno di cavalcare, ne piglino la sera avanti licenza dal maestro, o dal sottoMaestro, e vadano la mattina accompagnati da un servitore, senza uscir di strada, o fermarsi a fiattar con alcuno, osservando in ogni conto la dovuta modestia, e restituendosi con sollecitudine al servizio. Mentre abbiano nel ritorno il comodo della carrozza, non sia lor ecito in alcun modo di ammettervi altre persone di qualunque condizione; e se in caso di inosservanza il servitore non ne dia conto [3i\] alo Maestro, abbia questo la faculta di sospenderli la provvisione, e la parte.
4. Assegni il maestro la stanza, et il letto ai Paggi novizi, e vegga per quanto sia possibile, che in ogni tempo, e luogo stiano i grandi separati da piccoli, e trattino fra loro, co i riguardi della dovuta modestia.
5. Nell'ingresso loro non diano mancie ad alcuno senza saputa del maestro dal quale gli verra insinuato, come abbiano da contenessi, et egli vigili attentamente a che non facciano spese superflue, e particolarmente con Artisti, come Merciari, Guantari, e Calzolari, senza la permissione dei loro Padri, o Parenti, o di chi ne tenga la cura: e quando havranno da provvedersi di qualche cosa sian chiamati alle stanze gli Artisti medesimi: a fare i prezzi in presenza del Maestro, il quale non permetta che comprino cose inutili, essendo nostra intenzione che aggravino le Case loro meno che sia possibile, e che salva una decente pulizia, osservino anche nel vestire la modestia.
6. Non sia dato adito nelle stanze a persona senza licenza del Maestro, il quale si di giorno, come di notte, ne tenga le chiavi appresso di se e faccia, che nelle camere, stia acceso il lume per ogni bisogno.
7. Il servitore che sarà di guardia non si sposta mai dalle stanze per quelo [3v] giorno senza saputa del Maestro, e sia quivi atiento a servire in ogni occorrenza i Paggi, et i Maestri, ed a tener nette le stanze medesime, acció vi sia sempre la conveniente pulizia.
8. Quando i Paggi saranno a trattenersi in alcun luogo del nostro Palazzo, o sia il Cortile, o le Loggie, o il Giardino stiano sempre tutti insieme fra di loro, senza allontanarsi dai Maestri, o mescolarsi con altri: avvertano di non entrare in alcuna delle stanze et officine delli uffizi di Corte, ne di mettersi a discorrere, o a passeggiare con chi non sia loro stretto parente, e ció con la licenza del Maestro il quale saprà di non doverla negare et in qualche caso [deve haverse] repugnanza, ne darà conto al nostro Maiordomo Maggiore volendo noi, che ai Paggi sia conservato il rispetto dovuto alla nascita, e professione loro: e che godano anche di tempo in tempo qualche recreazione, onde il Maestro potrà talvolta condurgli fuori dalla Città, e permettergli che giuochino alla Palla, o al Palloncino almeno un giorno della settimana, o nel Prato, o sotto le Loggie, dove per altro non si tratterranno, che per occasione del servizio; e quando Testate tralasciano di salire alle stanze nell'ore calde, stiano, o in Tinello, o sul Prato della Spezieria, essendo poco decente, che si fermino quivi la sera senza lume prima, che la Corte scenda ad abitare a terreno. [4r.]
9. Nel servizio delle Tavole de Principi, vada sempre quel numero di Paggi, che sarà richiesto dalli scalchi, a elezione perô de Maestri, e quelli che saranno mandati tanto nellandare, quanto nel ritorno dal servizio stesso si riassegnino al maestro, o al sotto maestro, i quali gli ricordino sempre la diligenza, e la modestia, non disgiunta da maniere nobili, e cortesi con ogni sorte di Persona: e se sarà di notte vadano in ogni occasione accompagnati con la torcía, et avvertano, o soli, o tutti insieme che siano di non passare avanti a quella, e massimamente nel portarsi per il corridore alle commedie, acciô in tutti [gli spazi] s avvezzino a praticar l'osservanza, tanto necessaria all'età, e condizione loro.
X. In occorrenza di viaggiare a Pisa, o altrove, faccia il Maestro una nota di tutti i Paggi e la esibisca al nostro Maiordomo Maggiore, determinando insieme con esso quelli che dovranno andaré per intimarlo loro anticipatamente, acció habbiano campo di mettersi allordine.
XI. Essendo la Corte in Campagna non si permetta ai Paggi di andaré a caccia senza ordine del nostro Maiordomo Maggiore che quando Ii piaccia di consentirlo, dovria prescrivere il modo che abbiano da tenere.
XII. Al tempo della bagnatura non sia lecito di portarvisi senza [4v.] espressa licenza del medesimo nostro Maiordomo Maggiore e siano accompagnati i Paggi dalli Maestri in carrozza, o a cavallo al solito luogo del Bagno dove non sia lasciato entrare alcun altro quando vi sono essi e peró durante il tempo dell'acqua vi si facciano star di guardia i famigli, avvertendosi anche da i Maestri che i paggi non entrino in Arno senza il notatore, e che usino ogni rispetto, e modestia fra di loro.
XIII. Se ad alcuni Paggi sopravvenisse malattia, lo facciano subito visitare i Maestri dal Medico della nostra Casa, e giudicando necessario levarlo dalle stanze, ne diano parte al Maiordomo Maggiore prima di muoverlo e poi lo mandino al luogo destinato per li infermi, con fame haver notizia al [Maiordomo] di Casa, alla spezieria, e alia dispensa, acció da tutti venga somministrato quanto bisogni; e veggano principalmente che siano sacramentati quando convenga. Quei Paggi peró che ammalati si porteranno alie Case loro, o a quelle di Persone, alle quali siano raccomandati, non abbiano la parte, ma solo i medicamenti et ogni giorno siano visitati dal medico e da alcuno de Maestri per esser da essi ricondotti alle stanze, subito che paiano guariti. Non si permetta già a nessun Paggio senza licenza nostra, o del Maiordomo Maggiore l'andare a magniare, o a dormiré fuori delle stanze, e quando li sia concesso, vadano [5r.] accompagnati, o dal Maestro, o da altro Prete delle lor Case mentre non fussero con Padre, o con parenti stretti, o persona ben cognita al maestro medesimo.
XIIII. Nel tinello veggano i Maestri, che sian serviti con pulizia, e che habbiano il lor dovere senza consentiré che gridino co'i Tinellanti, o co i Cuochi ne che mal trattino di parole nessuno, et in caso che chi ha la cura del Tinello non serva con puntualità, o non porti a i Paggi il dovuto rispetto, sia lecito al Maestro di proibirgli l'ingresso, sospendergli la parte, e levargli gli emolument secondo che meriti l'azione. [E perché] per i bisogni di quel servizio è solito di introdursi talhora qualche aiuto non stipendiato, sappia il tinellante di non havere a poter metiere simili persone dove mangiano i Paggi senza consenso dei loro Maestri, i quali per ordinario non vi lascino entrare, oltre i servitori delle stanze e delle valigie se non quelli Aiuti, che sono provisionati.
XV. Non si permetta, che nel Tinello, o alle stanze siano pórtate robe commestibili, eccettuate le sollte, che somministra la nostra Casa, salvo che con l'approvazione del Maestro, il quale in ció vada ritenuto per molti rispetti, e massime per non dar luogo alie spese non necessarie, et alli abusi. In caso poi che di nascosto alcun servitore delle stanze e delle valigie, o per- sona [5v.] di Tinello, o delle Cucine, tenessero mano a comprare, preparare, e cucinare si faite cose, possa il Maestro negar loro l'adito alle stanze, e al Tinello, e con partecipazione del Maiordomo maggiore fargli anche ritenere il soldo e la parte.
XVI. Qualunque dei Paggi, che porti la livrea, e per grazia speciale non abiti nelle stanze, o serva alle valigie, sappia di dovere osservare gli ordini suddetti. Volendo noi inoltre che da ognuno di loro si prestí la dovuta obbedienza al Maestro, et al SottoMaestro, acciô il [...] con buon ordine. E quando disubbidiranno (il che non si crede), è nostra mente, che i Maestri medesimi doppo averli avvertiti, passino anche a mortificargli a misura de mancamenti; e se ció non bastasse, ne diano conto al nostro Maiordomo Maggiore, che vi provvederà in altra forma.
XVII. Dovendo i Paggi di valigia valersi d'altri, che del servitore a loro destinato, non s'ammettino mai i sostituti, ne alle stanze, ne in Tinello, ma si permetta ciô solo al servitore attuale délia valigia, il quale serva al Paggio in quell'ore, che il Maestro Ii prescriverà per andarsene poi subito finite le sue faccende.
XVIII. Una volta la settimana almeno, vada il Barbiere a servire i Paggi, e sempre che bisogni, avvertendo di non usar mai polvere di Francia, senza licenza del Maestro, il quale [6r.] non la dará salvo che in occasione di Feste, o di Balletti. Poi se il Barbiere trasgredirá, Ii sia dal Maestro sospesa la provvisione, e ritenuta la parte.
XIX. Non si permettano alle stanze libri inutili, o poco onesti, ma solo libri latini, libri di Istorie, et altri che appartengono alle professioni, che ivi si studieranno;
XX. Le lettere che arriveranno a i Paggi, o quelle che scriveranno i medesimi tutte siano lette dal Maestro, il quale saprà farlo con la discretezza conveniente.
XXI. Ad effetto, che si vegga il profitto loro nelle lettere, e nelli esercizi cavallereschi, sia cura de Maestri, tanto di Casa, che di fuora, che ogni mese abbiano i Paggi all'ordine qualche studio da mostrare, quando verra lor comandato perché vogliamo che siano tutti chiamati per riconoscere, se nell'insegnare fanno la lor parte, et se i Paggi perdano inútilmente il tempo.
XXII. Alle stanze non si consenta mai giuoco d alcuna sorte, salvo che dalla sera di Natale fino a tutto il di dell'Epifania, e gli ultimi giorni del Carnevale, a condizione peró, che il giuoco sia moderato, e li usino solamente fra di loro, senza, che si permetta a qualsivoglia altro di giocare con essi, escludendo anche tutti i Maestri, ai quali comandiamo eziandio di [6v.] avvertire che per alcun tempo non si facciano riffe di robe che vengano da Persone di fuora.
XXIII. Le ordinazioni suddette, si leggano almeno una volta il mese, ed anche a tutti i Paggi Novizi quanto entreranno a servire, tenendosi affise in luogo, dove possano essere lette, tanto dai Paggi, quanto da tutti i Maestri, acciô da nessuno possa allegarsene ignoranza. I servitori poi che non sappiano leggere, siano instruiti dal Maestro di quel che appartenga a loro, et in caso di mutazione de medesimi, o per loro mancamenti, o per morte d alcuno, ne dia conto subito il Maestro al nostro Maiordomo Maggiore e deva anche egli esser sentito nella elezione del nuovo servitore: tanto per le stanze, che per le valigie, acció non sia introdotta persona poca atta a quel servizio.
Allattenzione poi, et alio zelo dell'istesso nostro Maiordomo Maggiore incarichiamo con speciale premura di haver l'occhio alla piena e puntuale osservanza dalle predette ordinazioni, le quali saranno fírmate di mia mano e contrassegnate dall' [...] [nostro] Segretario di Stato, e delli affari della nostra Casa.
Data
In Firenze Ii 14 Setiembre 1670
Il Granduca Cosimo
Francesco Panciatichi
You have requested "on-the-fly" machine translation of selected content from our databases. This functionality is provided solely for your convenience and is in no way intended to replace human translation. Show full disclaimer
Neither ProQuest nor its licensors make any representations or warranties with respect to the translations. The translations are automatically generated "AS IS" and "AS AVAILABLE" and are not retained in our systems. PROQUEST AND ITS LICENSORS SPECIFICALLY DISCLAIM ANY AND ALL EXPRESS OR IMPLIED WARRANTIES, INCLUDING WITHOUT LIMITATION, ANY WARRANTIES FOR AVAILABILITY, ACCURACY, TIMELINESS, COMPLETENESS, NON-INFRINGMENT, MERCHANTABILITY OR FITNESS FOR A PARTICULAR PURPOSE. Your use of the translations is subject to all use restrictions contained in your Electronic Products License Agreement and by using the translation functionality you agree to forgo any and all claims against ProQuest or its licensors for your use of the translation functionality and any output derived there from. Hide full disclaimer
Copyright Firenze University Press 2012
Abstract
The text analyzes the organization of the "paggeria": the school, in the modern age, welcomed the children of noble families, in the court, with the aim to teach good manners, in the service of the Lord and to the rules of cortigiania. In an appendix to the text shows the handwritten document, signed by Cosimo III de' Medici, in 1670, alleging' "Istruzione e Capitoli da osservarsi nell'educazione dei Signori Paggi rossi", kept in the National Library of Florence. [PUBLICATION ABSTRACT]
You have requested "on-the-fly" machine translation of selected content from our databases. This functionality is provided solely for your convenience and is in no way intended to replace human translation. Show full disclaimer
Neither ProQuest nor its licensors make any representations or warranties with respect to the translations. The translations are automatically generated "AS IS" and "AS AVAILABLE" and are not retained in our systems. PROQUEST AND ITS LICENSORS SPECIFICALLY DISCLAIM ANY AND ALL EXPRESS OR IMPLIED WARRANTIES, INCLUDING WITHOUT LIMITATION, ANY WARRANTIES FOR AVAILABILITY, ACCURACY, TIMELINESS, COMPLETENESS, NON-INFRINGMENT, MERCHANTABILITY OR FITNESS FOR A PARTICULAR PURPOSE. Your use of the translations is subject to all use restrictions contained in your Electronic Products License Agreement and by using the translation functionality you agree to forgo any and all claims against ProQuest or its licensors for your use of the translation functionality and any output derived there from. Hide full disclaimer